È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!
Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

INTRODUZIONE AI VANGELI

Ultimo Aggiornamento: 24/08/2015 15:20
Autore
Stampa | Notifica email    
24/08/2015 15:11
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

Il Vangelo di Matteo


l) L'autore.


La più antica voce che ha accreditato la paternità del primo vangelo a Matteo è quella di Papia, che scrive intorno al 120-130. Eusebio di Cesarea nella "Storia Ecclesiastica", III, 39,15-16, riporta un testo di un'opera di 



Eusebio di Cesarea †


Nacque verso il 263 a Cesarea, dove divenne vescovo nel 313. Aderì al partito ariano e per questo venne scomunicato nel 325 dal Sinodo di Antiochia. Partecipò al Concilio di Nicea dove propose come traccia per il nuovo "Credo" il simbolo battesimale in uso presso la sua comunità. Grande ammiratore di Costantino, morì nel 339. È considerato uno dei maggiori storici della Chiesa.



questo Papia dal titolo "Esegesi dei detti del Signore", opera che è andata persa, nella quale l'autore scrisse:


« Matteo, poi, ordinò (una lezione variante dice "mise in iscritto") i detti (in greco tà lòghia) in lingua ebraica: e ciascuno li interpretò come ne era capace. »


La testimonianza di Papia, veramente interessante, non eccelle purtroppo in chiarezza per il fatto che ogni sua parola è suscettibile di svariate interpretazioni. A parte, infatti, l'espressione "in lingua ebraica" in cui è da ravvisare con ogni probabilità, come in At 21,40, la lingua aramaica, del tutto ambiguo rimane il termine "tà lòghia" (che è la parola chiave). Si tratta di soli detti, oppure di detti e fatti insieme, vale a dire di dottrina e di gesta quali sono appunto i nostri Vangeli?


Oltre a questa testimonianza va ricordata anche quella di Origene:


« Così ho ricevuto dalla tradizione circa i quattro Vangeli che soli, senza discussione alcuna, sono ammessi in tutta la Chiesa che è sotto il cielo. Per primo fu scritto il Vangelo secondo Matteo, il quale era stato pubblicano e poi apostolo di Gesù Cristo; pubblicò il suo scritto in lingua ebraica per i credenti venuti dal giudaismo. »



Ireneo di Lione †


Nacque fra il 140 e il 160 a Smirne, discepolo del vescovo Policarpo durante la sua giovinezza. Nominato vescovo di Lione, è l'autore di numerose e fondamentali opere fra le quali l'"Adversus haereses". Non si conosce la data della sua morte. Secondo Gregorio di Tours morì martire, ma non è provato.



Quella di Ireneo suona così:


« Dopo che il Signore fu risorto da morte e dopo che gli Apostoli furono rivestiti della forza superiore dello Spirito Santo [...] partirono per i confini del mondo ad annunciare le grazie provenienti da Dio a noi e la pace celeste, avendo tutti e ciascuno, in eguale misura, il Vangelo di Dio. Così Matteo, fra gli Ebrei, nella loro lingua, compose un Vangelo scritto, mentre Pietro e Paolo evangelizzavano Roma e fondavano la Chiesa. »


Ma chi era questo Matteo?


Dai Vangeli sappiamo che il suo vero nome era Levi, e che prima di convertirsi esercitava l'attività di pubblicano, cioè esattore delle imposte, mestiere che presso i giudei assumeva il significato di tradimento, tanto che era sinonimo di "pubblico peccatore". Svolgendo questa professione, la conversione dovette essere difficile e radicale, sia per la dottrina che abbracciava, sia per la povertà cui andava incontro.


Dopo la chiamata di Gesù, il suo nome appare ancora qualche volta nei Vangeli, ma mai in posizione preminente, né mai accompagnato a fatti sensazionali.


Quanto ci è tramandato circa il suo apostolato dopo la morte e la resurrezione di Gesù proviene da tradizioni non sempre attendibili. È detto pure martire, ma anche ciò è incerto.


2) La composizione.


Considerando le caratteristiche interne di questo Vangelo è probabile una duplice edizione di questo Vangelo. Ci fu, in altre parole, un'edizione aramaica seguita da una seconda greca, frutto di un unico autore, e Matteo greco dipende completamente da un Matteo aramaico andato perso. La lingua greca del nostro vangelo presenta i sintomi di una lingua di traduzione da originale semitico, e di fatto, il greco di Matteo abbonda di aramaismi, che permettono di spiegare le differenze con gli altri sinottici. Così, in Mc 8,27 Gesù percorre "i villaggi" (qiryot) e in Mt 16,13 "le regioni" (qesawwot) di Cesarea di Filippo: la differenza è evidentemente dovuta a un errore di lettura, poiché Y e W in ebraico si scrivono quasi identiche. Tuttavia alcuni studiosi rifiutano quest'ipotesi, sostenendo che Matteo non contenga più aramaismi degli altri vangeli, compreso quello dell'ellenista Luca. Inoltre la maturità sia letteraria sia teologica riconosciuta a Matteo, che lo pone non agli inizi, ma quasi al vertice del processo evolutivo subito dalle tradizioni storiche-letterarie del cristianesimo primitivo, secondo questi autori non consentirebbe di scorgere nel primo Vangelo la riproduzione sic et simpliciter, in terreno greco, di un Vangelo aramaico sorto per primo, in terra di Palestina, subito dopo la resurrezione.


Alla luce degli studi attuali si può concludere che il Vangelo di Matteo di cui ci parla Papia, scritto in aramaico, è stato redatto intorno al 40-45, mentre quello greco che possediamo noi va datato tra il 50 e il 70 d.C. Gli altri autori citati sopra sono di diverso avviso, e ritengono che Matteo, scritto direttamente in greco, sarebbe frutto di una comunità almeno dell'80 d.C., riflettendo il mondo culturale del giudaismo rabbinico posteriore di qualche anno alla caduta di Gerusalemme. Una data, questa, probabilmente troppo tarda.


Il luogo della prima edizione deve essere individuato in ambiente palestinese, mentre la traduzione greca con ogni probabilità fu effettuata in Siria, forse ad Antiochia. Il motivo di tale preferenza sta nel fatto che Antiochia rappresentò fin dai primi anni della Chiesa il punto d'incontro fra il giudeo-cristianesimo di origine palestinese con il paganesimo ellenista assetato di salvezza, come anche il punto di partenza dell'evangelizzazione del mondo affidata da Cristo alla Chiesa (At 13,1-3).


3) La struttura.


Nei 28 capitoli del suo Vangelo, Matteo non segue tanto l'ordine cronologico, quanto quello logico-didattico, basato soprattutto su cinque discorsi, raggruppanti gli insegnamenti di Gesù, i quali a loro volta sono inquadrati da una narrazione sull'infanzia, che fa da prologo, e dal racconto della passione-resurrezione, che fa da conclusione.


Tutti e cinque i discorsi intorno ai quali si sviluppa il ministero di Gesù sono chiusi da una stessa formula:


« Ed avvenne che quando Gesù ebbe finito questi discorsi... » (Mt. 7,28; 11,1; 13,53; 19,1; 26,1).


Il tema dei discorsi è unico, ma trattato da punti di vista differenti:




  • promulgazione del Regno (5-7)




  • predicazione del Regno (10)




  • mistero del Regno (15)




  • realizzazione del Regno (18)




  • avvento finale del Regno (22-24)




Questi cinque discorsi sono tra loro separati da sezioni narrative che fanno da preparazione al tema del discorso successivo.


4) La dottrina.


Punto centrale della dottrina di Matteo è il Regno. È questo il tema fondamentale, quello che inaugura e sintetizza la predicazione di Gesù:


« Convertitevi, perché il Regno dei cieli è vicino » (4,17)


Il termine "Regno" è quello che ricorre più frequentemente nei sinottici, particolarmente in Matteo, e che sembra meglio definire l'oggetto proprio e specifico del messaggio di Gesù.


Questo termine ricorre nei Vangeli, in bocca a Gesù, 18 volte in Marco, 56 volte in Matteo, 12 volte in Luca, 3 volte in Giovanni. Si noterà che Matteo ha il numero maggiore di ricorrenze. Ma che cosa intendeva Matteo con questo concetto?


Il Regno di Dio è qualcosa di celeste che viene fra gli uomini (6,10; 12,28), discende sulla terra, vi è come piantato (13,24), non per rimanervi, ma per ritornare alla fine (13,40), con abbondanza di frutti, nella sfera celeste. Questa realtà dai molteplici volti è vista concretarsi da Matteo nella società visibile che si raccoglie intorno a Cristo e nel nome di Cristo (18,20), come già la "comunità di Yahwè" nel deserto (Dt 23). A lei il primo evangelista, e l'unico, dà, in 16,18 e 18,17, il nome di Chiesa, termine con cui la LXX traduce l'ebraico "qahal" cioè "comunità di Yahwè".


Agli Apostoli, i dodici capostipiti del nuovo Israele (19,28), sono affidati i misteri del "regno dei cieli" (13,11); ed essi con a capo Pietro, la roccia-fondamento (16,18), sono, con l'incarico di "maggiordomi del Regno", i distributori sulla terra delle ricchezze misteriose del cielo (18,18).


Per tutto questo non ha senso credere in Cristo e non credere nella chiesa cristiana, in quanto essa non è altro che il risultato visibile dell'opera di Cristo stesso. Chi non crede nella chiesa, non può credere neanche in Cristo.


Per entrare in questo Regno Gesù proclama, poi, la necessità di una perfetta giustizia, una giustizia superiore a quella degli scribi e dei farisei (5,20); per questo "perfeziona" la Legge (come ben evidenziato nelle unità "ma io vi dico",5,22.28.32.34.39.44), dandone un'interpretazione vera, si mostra rigido di fronte al formalismo ebraico ed insiste sul rinnovamento del cuore e dello spirito.


Gesù, per Matteo, è colui che adempie le profezie dell'A.T. Infatti Matteo lo presenta come il Messia promesso dall'A.T., in quanto figlio di Abramo e di Davide che realizza le profezie (nasce a Betlemme, da una vergine, è richiamato in Egitto, predica in Galilea, parla in parabole, entra trionfalmente e umilmente in Gerusalemme, patisce, muore e risorge).


Matteo lo presenta anche come il Figlio di Dio: le manifestazioni della sensibilità umana di Gesù che in Marco sono intense e vive, in Matteo diventano più quiete e luminose, anzi più tenui. Cristo è dichiarato Figlio di Dio dal Padre, dai demoni e da Pietro, è affermato da lui stesso attraverso i miracoli e l'atteggiamento da padrone nei confronti della Legge mosaica.


5) Matteo e i numeri.


Matteo ama i raggruppamenti numerici, secondo una simpatia propria della letteratura semitica. I numeri che ricorrono più di frequente sono sette, cinque, tre e due.


7 sono le domande del Padre Nostro, le parabole, i guai contro i farisei, i demoni, i pani.
5 sono i grandi discorsi e i “quadri” del Vangelo dell’infanzia.
3 sono le tentazioni, le pratiche pie (elemosina, preghiera e digiuno), le preghiere nel Getsemani.
2 sono i ciechi guariti, le vocazioni, i falsi testimoni.

Chi volesse sapere di più sul confronto tra la genealogia di Gesù data da Matteo e quella di Luca è invitato a cliccare qui.

Caravaggio, "San Matteo e l'angelo", Chiesa di San Luigi dei Francesi, Roma

Caravaggio, "San Matteo e l'angelo", Chiesa di San Luigi dei Francesi, Roma

.


Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi
 
*****************************************
Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra | Regolamento | Privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 01:26. Versione: Stampabile | Mobile - © 2000-2024 www.freeforumzone.com