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IL PECCATO ORIGINALE (secondo Maria Valtorta)

Ultimo Aggiornamento: 29/04/2017 16:29
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26/03/2015 15:18
 
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Dall'Epistola ai Romani

Nel diluvio perirono i rami corrotti dell’umanità brancolante nelle tenebre conseguenti alla caduta, nelle quali e solo per i pochi giusti, come attraverso nebbie pesanti, giungeva ancora un solo raggio della perduta stella: il ricordo di Dio e della sua promessa.
Perciò, distrutti i mostri, l’Umanità fu conservata e moltiplicata nuovamente dalla stirpe di Noè, giudicata giusta da Dio. Venne perciò resa alla natura prima del primo uomo: fatta sempre di materia e di spirito e rimasta tale anche dopo che la colpa aveva spogliato lo spirito della Grazia divina e della sua innocenza.
Quando e come avrebbe dovuto l’uomo ricevere l’anima, se egli fosse il prodotto ultimo di un’evoluzione dai bruti? E’ da supporsi che i bruti abbiano ricevuto insieme alla vita animale l’anima spirituale? L’anima immortale? L’anima intelligente? L’anima libera? E’ bestemmia solo pensarlo. Come allora potevano trasmettere ciò che non avevano? E poteva Dio offendere se stesso infondendo l’anima spirituale, il suo divino soffio, in un animale, evoluto sin che si vuole pensarlo ma sempre venuto da una lunga procreazione di bruti? Anche questo pensiero è offensivo al Signore.
Dio, volendosi creare un popolo di figli per espandere l’amore di cui sovrabbonda e ricevere l’amore di cui è sitibondo, ha creato l’uomo ‘direttamente’, con un suo volere perfetto, in ‘un’unica operazione’ avvenuta nel sesto giorno creativo, nella quale fece della polvere una carne viva e perfetta che poi ha animata, per la sua speciale condizione di uomo, figlio adottivo di Dio ed erede del Cielo, non solo già dell’anima (che anche gli animali hanno nelle nari) e cessa con la morte dell’animale, ma dell’anima spirituale che è immortale, che sopravvive oltre la morte del corpo e che rianimerà il corpo, oltre la morte, al suono delle trombe del Giudizio finale e del trionfo del Verbo Incarnato, Gesù Cristo, perché le due nature, che insieme vissero sulla Terra, vivano insieme gioendo o soffrendo, a seconda di come insieme meritarono, per l’eternità. Rm. 132 – 28.5.48

Per espiare la Colpa d’origine, non sarebbero state sufficienti montagne di vittime. Infatti, perché lo spirito dell’uomo fosse ricreato in Grazia e fosse reintegrato alla sua dignità di figlio di Dio, coerede del Cielo, perché la giustizia fosse placata e il Male vinto, occorreva una Vittima perfetta, una Vittima unica che, essendo Dio come il Dio offeso, pagasse, da Dio a Dio, il riscatto dell’uomo e da Uomo santissimo espiasse per l’uomo peccatore.
Solo l’Uomo-Dio, Gesù, poteva placare Dio e redimere l’uomo, essendo vero Dio e vero Uomo. E Gesù fu immolato e il suo Sacrificio non fu consumato su carni morte, ma da Corpo vivo, sul quale furono scagliati tutti i tormenti ad espiare tutte le colpe di cui l’Innocente s’era gravato per consumarle tutte.
Sacrificio totale: dello spirito del Cristo provato dall’abbandono del Padre, per riparare la colpa dello spirito di Adamo colpevole di avere abbandonato Dio e la sua Legge; dell’intelletto perfetto del figlio dell’Uomo, per riparare la superbia di Adamo; della carne innocente dell’Agnello di Dio, per riparare la lussuria di Adamo.
E, perché il mondo, sempre peccatore, avesse sempre una vittima perfetta, avanti l’immolazione, il Cristo e Pontefice eterno, costituisce il Sacrificio perpetuo, quello eucaristico, in cui è ancora e sempre il Cristo, in Corpo, Sangue, Anima e Divinità che viene offerto e consumato sugli altari. ( …)
Al sacrificio vivente che si consuma sugli altari, l’uomo deve unire il proprio individuale sacrificio, quello di tutte le ore, da esplicarsi in tutte le occupazioni, doveri, volontà di Dio soprattutto, anche se è volontà di dolore. Sacrificio che può essere della parte carnale, o di quella morale, o di quella spirituale. Malattie, povertà, lavoro estenuante, per la parte materiale di voi. Ingiustizie, calunnie, incomprensioni, per la parte morale. Persecuzioni da parte degli uomini o abbandoni di Dio per provare la fedeltà del suo servo, per la parte spirituale. E ancora: fedeltà alla Legge, conservando casti, giusti e amorosi i corpi, i pensieri, i sentimenti e gli spiriti. Rm. 8.11.50

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