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IL PECCATO ORIGINALE (secondo Maria Valtorta)

Ultimo Aggiornamento: 29/04/2017 16:29
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26/03/2015 15:17
 
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Dai Quaderni
L’uomo è partito da una tenebra fonda e da un peso immane di fango, dopo aver perduto la Luce divina, di sua volontà, ubbidendo alla seduzione nemica il cui vero essere si adombra nel frutto che insegna il Bene e il Male, ossia che ha svelato all’uomo, quanto per suo bene Dio aveva nascosto alla materia, alla mente, al cuore. Così puri, così pacifici, così onesti, così pii sareste stati se non aveste morso la triplice concupiscenza che è dolce alla bocca ma amara allo spirito, più dell’aceto e fiele che mi fu porto sulla Croce!
Piombato dalla dimora paradisiaca sulla terra, schiacciato dalla rivelazione della sua carne profanata dalla lussuria, torturato dal rimorso di aver causato il suo male, angosciato dalla persuasione d’aver suscitato l’ira punitiva di Dio Creatore, l’uomo era un povero essere animale in cui si dibattevano e lievitavano tutte le forze inferiori. 16.8.43

La Colpa commessa dall’uomo doveva essere scontata dall’uomo e non dalla divinità non incarnata. Come avrebbe potuto la Divinità, Spirito incorporeo, redimere col sacrificio di Se stesso le colpe della carne? Necessità dunque che Io, Dio, pagassi con lo strazio di una Carne e di un Sangue innocente, nati da un’innocente, le colpe della carne e del sangue.
La mia mente, il mio sentimento, il mio spirito, avrebbe sofferto per le colpe vostre di mente, di sentimento e di spirito ma per essere Redenzione di tutte le concupiscenze, inoculate in Adamo e nella sua progenie dal Tentatore, doveva, l’Immolato per tutte, essere dotato di una natura simile alla vostra, resa degna d’esser data in riscatto a Dio dalla divinità nascosta in essa, come una gemma d’infinito soprannaturale valore, nascosta sotto una veste comune e naturale.
Dio è ordine e Dio non viola e non violenta l’ordine, salvo in casi eccezionalissimi, giudicati utili dalla sua Intelligenza. Tale non era il caso della mia Redenzione.
Non dovevo unicamente cancellare la colpa dal momento di essa, al momento del sacrificio e annullare nei futuri gli effetti della colpa facendoli nascere, come Adamo, prima di commetterla, ignari del male. No, Io dovevo con un sacrificio totale riparare la Colpa e le colpe di tutta l’umanità, dare all’umanità già estinta, l’assoluzione della colpa, a quella vivente in quell’ora e nella futura, il mezzo per essere aiutata a resistere al male e per essere perdonata dal male che la sua debolezza l’avrebbe indotta a commettere.
Il mio sacrificio doveva perciò essere tale, da presentare tutti i requisiti necessari e poteva esserlo solo in un Dio fatto uomo: ostia degna di Dio, mezzo compreso dall’uomo; inoltre Io venivo a portare la Legge. ( … )
Necessità dunque che una donna mi generasse secondo la carne, dopo avermi concepito sopra la carne, poiché da nessun coniugio di creature, per sante che fossero, poteva essere generato il Dio-Uomo, ma solo da uno sponsale tra la Purezza e l’Amore, tra lo Spirito e la Vergine, creata senza macchia per essere matrice alla carne di un Dio. 6.9.43

La Colpa, ha sconvolto alle radici dell’uomo, quel complesso perfetto di carne e spirito, di carne, non dissimile in moti di sentimento, dallo spirito, di cui era solo più pesante ma non contraria e tanto meno nemica; di spirito non prigioniero e prigioniero vessato nella carcere della carne, ma di spirito giubilante nella docile carne che esso guidava a Dio poiché molecola dello spirito di Dio, era attratto da Dio, come da calamita divina, mediante i rapporti d’amore fra il Creatore, il Tutto, e lo spirito, la parte. La colpa ha sconvolto quell’armonico contorno che Dio aveva messo intorno al suo figlio perché fosse re e re felice.
Caduto l’amore dell’uomo verso Dio, cadde l’amore della Terra verso l’uomo. La ferocia si scatenò sulla Terra fra gli inferiori, fra gli inferiori e l’uomo e, orrore degli orrori, fra l’uomo e l’uomo. Quel sangue che doveva essere caldo solo d’amore di Dio, si fece caldo d’odio e ribollì e gocciò, contaminando l’altare della Terra su cui Dio aveva messo i suoi primi perché lo amassero, amandosi e insegnassero l’amore ai futuri: unico rito che Dio voleva da voi.
Ecco allora che una pianta è nata dal seme della Colpa; fu una pianta d’amaro frutto e di pungenti rami: il dolore.
Prima il dolore sofferto come l’uomo lo poteva soffrire nella sua embrionale spiritualità contaminata; un dolore animale fatto dei primi dolori della donna e delle prime ferite inferte alla carne fraterna, un dolore feroce di ululi e maledizioni, seme di sempre nuove vendette. Poi, raffinandosi nella ferocia ma non nel merito, anche il dolore si evolse divenendo più vasto e complicato. 23.9.43

I due primi, opera eccelsa del Creatore, avevano, oltre alla bellezza incorporea dell’anima innocente, la bellezza fisica del corpo creato dal Padre.
La bruttezza fisica è venuta all’uomo, come una delle tante conseguenze della colpa. La colpa non ha lesionato soltanto lo spirito, ma ha portato tale lesione anche alla carne. Dallo spirito, che aveva perduto la Grazia, sono venuti istinti contro natura, che hanno avuto per frutto le mostruosità della razza. Se l’uomo non avesse conosciuto il peccato, non avrebbe avuto certi stimoli e non avrebbe contratto alleanze deprecate e maledette che hanno poi pesato, nei secoli, con marchio di bruttezza sulla prima originaria bellezza.
Anche quando l’uomo non giunse ad avvilire se stesso con certe colpe, la cattiveria, portata sino alla delinquenza, segnò stigmate sui volti dei malvagi e sui loro discendenti, stigmate che ancora oggi studiate per reprimere la delinquenza. 15.10.43

Satana sedusse i figli di Dio con pensiero di superbia. Inoculò agli innocenti la sete d’esser grandi di tutte le grandezze: del potere, del sapere, del possedere.
“Diverrete simili a Dio”. Da secoli era spento il sibilo del Serpente, ma il suono che più non fendeva l’aria, era fuso col murmure del sangue nel cuore dell’uomo. E’ tuttora fuso a questo vostro sangue, a voi più caro dell’anima vostra e vivete nuocendovi in anima e corpo, per ubbidire all’imperativo del vostro sangue avvelenato da Satana.
Ma sbagliate nell’applicare valore e significato alle cose e alle parole. Essere simili a Dio, ve l’aveva già dato per dote il Padre Creatore, ma una somiglianza nella quale, non ha nulla a che fare ciò che è carne e sangue, ma sebbene lo spirito, perché Dio è essere spirituale e perfetto e vi aveva fatti grandi nello spirito e capaci di raggiungere la perfezione mediante la Grazia, piena in voi e l’ignoranza del Male.
Io venni a mettere cose e parole nella luce giusta e con le parole e con gli atti vi mostrai che la vera grandezza, la vera ricchezza, la vera sapienza, la vera regalità, la vera deificazione, non sono quelle che voi credete. ( … )
Fui grande, perché volli essere piccolo. Ricordatevelo, voi che essendo piccoli, volete essere grandi a qualunque costo, anche illecito e il mio Regno non avrà né fine, né confine, perché a costo del mio annichilimento totale, Io me lo sono conquistato.
Se mi aveste fatto regnare in luogo di uccidermi prima sulla Croce e poi nelle vostre coscienze, avreste conosciuto ère di pace, lunghe quanto la Terra, dal momento in cui su essa posai il mio piede di Innocente, poiché Io sono il Re della Pace, sono la Pace stessa.
Vi avrei dato la pace nelle nazioni e la pace nelle coscienze, perché col mio Sangue (sarebbe bastato il sangue della circoncisione a redimere l’umanità) vi sono venuto a liberare dalla fossa senz’acqua che Satana vi aveva scavato e dove perivate e perite perché, nonostante da essa Io vi abbia tratti, in essa avete voluto tornare, dato che il Seduttore l’ha pavimentata d’oro e dipinta nella parete di destra di immagini lubriche e in quella di sinistra di immagini di potere. Tre cose che per voi hanno il massimo valore.
Eppure Io mi sono lasciato tendere sulla Croce per fare del mio martirio freccia perforante i Cieli chiusi e aprente il varco al perdono di Dio. Nonostante mi abbiate odiato, Io continuo a chiamarvi a raccolta, come tromba impugnata da alfiere, per fare di voi il mio esercito pacifico che conquista i Cieli. ( … )
Io, Agnello del mio Padre e Signore, salvo al Padre mio i suoi figli per il mio Sangue, di cui ho tinto, non la materia del legno e della pietra che muoiono, ma la vostra anima immortale. 7.12.43

Eva, Adamo, non respinsero la tentazione. La lussuria della mente ossia la superbia, del cuore ossia la disubbidienza, accolte nella loro anima sino allora incorrotta, la corruppero svegliando febbri impure che Satana acutizzò sino al delirio e al delitto. Non dico parole errate, dico “delitto” ed è giusto. Non hanno forse, peccando, fatto violenza al loro spirito ferendolo, piagandolo duramente? Non è un delitto contro lo spirito quello che fa il peccatore che uccide con la colpa mortale o ferisce, indebolendolo continuamente con le colpe veniali, il proprio spirito? (…)
Eva, dotata di una scienza proporzionata al suo stato – notate bene questo perché è aggravante della colpa e perciò cosciente del valore della prudenza – va all’albero proibito. Primo lieve errore. Vi va con leggerezza, non per intenzione buona di raccogliersi al centro dell’Eden per isolarsi in orazione. Giunta là, contrae conversazione con l’Ignoto. Non la fa guardinga il fenomeno di un animale parlante, mentre tutti gli altri avevano voce ma non avevano parola comprensibile all’uomo. Secondo errore. Terzo: nel suo stupore non invoca Dio perché le spieghi il mistero, non ricorda e non riflette neppure che Dio ha detto ai suoi figli che quello era l’albero del bene e del male e che perciò era da ritenersi imprudente accogliere ogni cosa che da esso venisse senza averne prima chiesto al Signore la vera natura. Quarto errore: il suo aver fede più forte nel credere all’asserto di un Ignoto che non ai consigli del suo Creatore. Quinto: la cupidigia di conoscere ciò che solo Dio conosceva e di divenire simile a Dio. Sesto: la golosità dei sensi che vogliono gustare guardando, palpando, fiutando, mangiando ciò che l’Ignoto aveva suggerito di cogliere e gustare. Settimo: da tentata, divenire tentatrice. Passare dal servizio di Dio a quello di Satana, dimenticando le parole di Dio per ripetere quelle di Satana al suo compagno e persuaderlo al furto del diritto di Dio.
L’arsione era ormai al grado massimo. La salita dell’arco fatale era giunta al punto più alto. Là si consumò completamente il peccato con l’adesione di Adamo alle lusinghe della compagna e fu la caduta dei due lungo l’altra parte della curva. Caduta veloce, molto più veloce della salita perché appesantita dalla colpa consumata e la colpa si aggravò nel suo peso dalle conseguenze della stessa: ossia fuga da Dio, scuse insufficienti e prive di carità e giustizia e anche di sincerità nel confessare il fallo, spirito latente di ribellione che impedisce di chiedere perdono.
Non si nascondono per il dolore di essere bruttati dalla colpa e di apparire tali agli occhi di Dio, ma perché sono nudi, ossia per la malizia che ormai è entrata in loro e dà nuovi aspetti a tutte le cose e rende tanto ignoranti da non saper più riflettere che Dio, che li aveva creati e aveva loro dato tutto il creato, ben sapeva che essi erano nudi né si era affaticato a rivestirli, né si era sdegnato di contemplarli tali, perché non c’era bisogno di coprire l’innocenza né c’era sdegno a contemplare un corpo innocente. 18.2.47

Nelle risposte dei due colpevoli manca, fra le tante parole, l’unica che doveva esserci: “Perdono perché ho peccato”. Manca quindi la carità verso Dio, manca la carità verso il prossimo. Adamo accusa Eva, Eva accusa il serpente; manca infine la sincerità della confessione. Eva confessa ciò che è innegabile ma crede poter nascondere a Dio i preliminari del peccato, ossia la sua leggerezza, la sua imprudenza, la sua debole volontà, subito ammalatasi dopo aver fatto il primo passo verso la disubbidienza al comando santo di non porsi in tentazione di cogliere il frutto proibito. Quel comando doveva esserle di avviso, a lei, intelligentissima, per farle capire che essi non erano tanto forti da poter impunemente mettersi nelle condizioni di peccare senza giungere a peccare. Vi sarebbero giunti perfezionando con volontà propria la libertà concessa loro da Dio, giungendo ad usarla unicamente per il Bene. Eva mente dunque a Dio tacendo la ragione per la quale mangiò il frutto: per divenire simile a Dio. Ecco che la concupiscenza triplice è nell’Uomo. Tutti i segni dell’amicizia col serpente sono palesi nella superbia, ribellione, menzogna, lussuria, egoismo, sostituitisi alle virtù esistenti prima. 18.2.47
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