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DOSSIER IN RISPOSTA ALLE OBIEZIONI SU PAPA FRANCESCO

Ultimo Aggiornamento: 10/12/2019 21:20
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15/04/2015 19:35
 
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37. SILENZIO SULL’ISLAM E SUI CRISTIANI PERSEGUITATI

Nonostante i suoi ripetuti interventi, incredibilmente Francesco è stato anche accusato di tacere sulla discriminazione dei cristiani e di essere così complice del terrorismo islamico. In particolare gli viene accusato di non nominare i carnefici e «non condannare la loro ideologia islamista».

Eppure Francesco, oltre ad aver inviato il card. Filoni «per meglio assicurare la mia vicinanza a quelle care popolazioni» dell’Iraq, ha più volte fatto appello ai leader islamici invitandoli a condannare il terrorismo, operando giustamente una distinzione tra islam e fondamentalismo religioso.

Così come in uno dei suoi principali documenti, la ”Evangelii Gaudium”, ha scritto: «Prego, imploro umilmente i Paesi di tradizione islamica affinché assicurino libertà ai cristiani, affinché possano celebrare il loro culto e vivere la loro fede, tenendo conto della libertà che i credenti dell’Islam godono nei paesi occidentali! Di fronte ad episodi di fondamentalismo violento che ci preoccupano, l’affetto verso gli autentici credenti dell’Islam deve portarci ad evitare odiose generalizzazioni, perché il vero Islam e un’adeguata interpretazione del Corano si oppongono ad ogni violenza».

Lo scrittore Antonio Socci ha accusato Francesco di tacere sul caso specifico di Asia Bibi, la cristiana imprigionata da cinque anni. Lo stesso ha fatto il vaticanista Sandro Magister. Effettivamente Benedetto XVI aveva espresso vicinanza alla donna una volta sola, il 17/11/10 e da allora le cose non sono affatto migliorate, anzi la corte d’appello ha confermato la sua condanna a morte. Socci ha ricordato che «la povera donna scrisse al Papa, ma invano». E’ vero, ma Asia Bibi chiese semplicemente a Francesco di pregare per lei e non di esprimersi pubblicamente, aggiunse anche «ti esprimo tutto il mio ringraziamento per la tua vicinanza». Evidentemente la diplomazia vaticana ritiene inopportuno esprimersi ancora pubblicamente, come ha spiegato il vaticanista J. Allen, preferendo operare dietro le quinte. Sandro Magister ha infatti scritto che «è lui in persona a dettare tempi e modi della geopolitica vaticana».

E’ più che mai necessario esporsi con prudenza per non peggiorare la situazione dei cristiani perseguitati, così come fece Pio XII nei confronti del nazismo. Il prof. Paolo Branca, docente di Islamistica presso l’Università Cattolica, ha spiegato che ogni presa di posizione del capo della Chiesa richieda la massima ponderatezza, considerato «il rischio di possibili ripercussioni sulle comunità cristiane presenti nei Paesi», e visto anche il «tentativo di molti di soffiare sulle divisioni confessionali – vedasi in Egitto – per creare caos e invocare governi forti». L’arcivescovo Jacques Behnan Hindo, capo dell’arcieparchia siro-cattolica di Hassakè-Nisibi ha spiegato che «Il momento è delicato e ogni iniziativa o parola non calibrata e presa senza ponderazione può aumentare i rischi per tutti».

Occorre ricordare che nemmeno Benedetto XVI volle mai condannare “l’islamismo”, ovvero creare la generalizzazione equiparando l’islam al terrorismo come vorrebbe il giornalista conservatore, preferendo restare sul generale: il 18/07/05, parlò solo di “orribile attentato”; il 19/04/06, parò di “atto terroristico”; il 9/05/09, parò di “perversione della religione”; il 15/05/09 /parlò di “terrorismo”)l’11/11/10, parlò di “discriminazione e violenza”; il 2/01/11, parlò di “strategia di violenza!; il 25/01/11, parlò di “grave atto di violenza”; il 20/10/12, parlò di “terribile attentato”; il 7/01/13 parlò di “pernicioso fanatismo di matrice religiosa” e di “falsificazione della religione stessa” ecc. Tanto che nel 2009 la Chiesa di Benedetto XVI fu accusata dal rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, di avere “reazioni ammiccanti all’islam”.



Di seguito in ordine cronologico le varie occasioni in cui il Pontefice si è espresso su questo:

Il 14 aprile 2013 durante il Regina Caeli, Francesco ha affermato: «Preghiamo in modo particolare per i cristiani che soffrono persecuzione; in questo tempo ci sono tanti cristiani che soffrono persecuzione, tanti, tanti, in tanti Paesi: preghiamo per loro, con amore, dal nostro cuore. Sentano la presenza viva e confortante del Signore Risorto».

Il 19 maggio 2013 nel messaggio per la Giornata missionaria mondiale, Francesco ha scritto: «Un pensiero infine ai cristiani che, in varie parti del mondo, si trovano in difficoltà nel professare apertamente la propria fede e nel vedere riconosciuto il diritto a viverla dignitosamente. Sono nostri fratelli e sorelle, testimoni coraggiosi – ancora più numerosi dei martiri nei primi secoli – che sopportano con perseveranza apostolica le varie forme attuali di persecuzione, Non pochi rischiano anche la vita per rimanere fedeli al Vangelo di Cristo. Desidero assicurare che sono vicino con la preghiera alle persone, alle famiglie e alle comunità che soffrono violenza e intolleranza e ripeto loro le parole consolanti di Gesù: «Coraggio, io ho vinto il mondo» (Gv 16,33)».

Il 12 giugno 2013 dopo l’Angelus, Francesco ha detto: «In particolare, pregherò per le vittime della violenza, specialmente per i cristiani che hanno perso la vita a causa delle persecuzioni».

Il 25 settembre 2013 durante l’udienza generale, Francesco ha affermato: «Quando sento che tanti cristiani nel mondo soffrono, sono indifferente o è come se soffrisse uno di famiglia? Quando penso o sento dire che tanti cristiani sono perseguitati e danno anche la vita per la propria fede, questo tocca il mio cuore o non mi arriva? Sono aperto a quel fratello o a quella sorella della famiglia che sta dando la vita per Gesù Cristo? Preghiamo gli uni per gli altri? Vi faccio una domanda, ma non rispondete a voce alta, soltanto nel cuore: quanti di voi pregano per i cristiani che sono perseguitati? Quanti? Ognuno risponda nel cuore. Io prego per quel fratello, per quella sorella che è in difficoltà, per confessare e difendere la sua fede?».

Il 20 ottobre 2013 durante l’Angelus, Francesco ha affermato: « In questa Giornata siamo vicini a tutti i missionari e le missionarie, che lavorano tanto senza far rumore, e danno la vita. Come l’italiana Afra Martinelli, che ha operato per tanti anni in Nigeria: qualche giorno fa è stata uccisa, per rapina; tutti hanno pianto, cristiani e musulmani. Le volevano bene. Lei ha annunciato il Vangelo con la vita, con l’opera che ha realizzato, un centro di istruzione; così ha diffuso la fiamma della fede, ha combattuto la buona battaglia! Pensiamo a questa sorella nostra, e la salutiamo con un applauso, tutti!».

Il 17 novembre 2013 durante l’Angelus, Francesco ha affermato: «pensiamo a tanti fratelli e sorelle cristiani, che soffrono persecuzioni a causa della loro fede. Ce ne sono tanti. Forse molti di più dei primi secoli. Gesù è con loro. Anche noi siamo uniti a loro con la nostra preghiera e il nostro affetto; abbiamo ammirazione per il loro coraggio e la loro testimonianza. Sono i nostri fratelli e sorelle, che in tante parti del mondo soffrono a causa dell’essere fedeli a Gesù Cristo. Li salutiamo di cuore e con affetto».

Il 24 novembre 2013 viene pubblicata l’“Evangelii Gaudium” in cui si legge: «In quest’epoca acquista una notevole importanza la relazione con i credenti dell’Islam, oggi particolarmente presenti in molti Paesi di tradizione cristiana dove essi possono celebrare liberamente il loro culto e vivere integrati nella società. Non bisogna mai dimenticare che essi, “professando di avere la fede di Abramo, adorano con noi un Dio unico, misericordioso, che giudicherà gli uomini nel giorno finale”. Gli scritti sacri dell’Islam conservano parte degli insegnamenti cristiani; Gesù Cristo e Maria sono oggetto di profonda venerazione ed è ammirevole vedere come giovani e anziani, donne e uomini dell’Islam sono capaci di dedicare quotidianamente tempo alla preghiera e di partecipare fedelmente ai loro riti religiosi. Al tempo stesso, molti di loro sono profondamente convinti che la loro vita, nella sua totalità, è di Dio e per Lui. Riconoscono anche la necessità di rispondere a Dio con un impegno etico e con la misericordia verso i più poveri. Per sostenere il dialogo con l’Islam è indispensabile la formazione adeguata degli interlocutori, non solo perché siano solidamente e gioiosamente radicati nella loro identità, ma perché siano capaci di riconoscere i valori degli altri, di comprendere le preoccupazioni soggiacenti alle loro richieste e di fare emergere le convinzioni comuni. Noi cristiani dovremmo accogliere con affetto e rispetto gli immigrati dell’Islam che arrivano nei nostri Paesi, così come speriamo e preghiamo di essere accolti e rispettati nei Paesi di tradizione islamica. Prego, imploro umilmente tali Paesi affinché assicurino libertà ai cristiani affinché possano celebrare il loro culto e vivere la loro fede, tenendo conto della libertà che i credenti dell’Islam godono nei paesi occidentali! Di fronte ad episodi di fondamentalismo violento che ci preoccupano, l’affetto verso gli autentici credenti dell’Islam deve portarci ad evitare odiose generalizzazioni, perché il vero Islam e un’adeguata interpretazione del Corano si oppongono ad ogni violenza».

Il 25 novembre 2013 durante l’omelia a Santa Marta, Francesco ha affermato: «Quando noi sentiamo la vita dei martiri, quando noi leggiamo sui giornali le persecuzioni contro i cristiani, oggi, pensiamo a questi fratelli e sorelle in situazioni limite, che fanno questa scelta. Loro vivono in questo tempo. Loro sono un esempio per noi e ci incoraggiano a gettare sul tesoro della Chiesa tutto quello che abbiamo per vivere ».

Il 22 settembre 2013, in seguito al doppio attacco a Peshawar (Pakistan) dopo messa, dove hanno perso la vita 78 persone, Francesco, concludendo la visita a Cagliari e incontrando un gruppo di giovani, è intervenuto dicendo: «Oggi in Pakistan, per una scelta sbagliata, di odio, di guerra, è stato fatto un attentato e sono morte 70 persone. Questa strada non va, non serve. Soltanto la strada della pace, che costruisce un mondo migliore. Ma se non lo fate voi, se non lo fate voi, non lo farà un altro, eh? Questo è il problema, e questa è la domanda che io vi lascio: ‘Sono disposto, sono disposta a prendere una strada per costruire un mondo migliore?’. Soltanto quello. E preghiamo un Padre nostro per tutte queste persone che sono morte in questo attentato in Pakistan. La Madonna ci aiuti sempre a lavorare per un mondo migliore, a prendere la strada della costruzione, la strada della pace e mai la strada della distruzione e la strada della guerra».

Il 26 dicembre 2013 Francesco attraverso Twitter ha inviato questo messaggio: «Davanti al Presepe, preghiamo in modo speciale per quanti soffrono persecuzione a motivo della fede».

Il 26 dicembre 2013 durante l’Angelus, Francesco ha affermato: « oggi preghiamo in modo particolare per i cristiani che subiscono discriminazioni a causa della testimonianza resa a Cristo e al Vangelo. Siamo vicini a questi fratelli e sorelle che, come santo Stefano, vengono accusati ingiustamente e fatti oggetto di violenze di vario tipo. Sono sicuro che, purtroppo, sono più numerosi oggi che nei primi tempi della Chiesa. Ce ne sono tanti! Questo accade specialmente là dove la libertà religiosa non è ancora garantita o non è pienamente realizzata. Accade però anche in Paesi e ambienti che sulla carta tutelano la libertà e i diritti umani, ma dove di fatto i credenti, e specialmente i cristiani, incontrano limitazioni e discriminazioni. Io vorrei chiedervi di pregare per questi fratelli e sorelle un attimo in silenzio […] E li affidiamo alla Madonna».

Il 10 maggio 2014, in seguito al rapimento delle studentesse cristiane in Nigeria da parte degli islamisti di Boko Haram, Papa Francesco si è unito all’appello per la loro liberazione: «Uniamoci tutti nella preghiera per l’immediato rilascio delle liceali rapite in Nigeria. BringBackOurGirls». Nel novembre 2014 Socci lo accuserà di aver «taciuto su questa tragedia».

Il 20 giugno 2014, ai partecipanti di un convegno sulla libertà religiosa, Francesco ha detto: «Alla luce delle acquisizioni della ragione, confermate e perfezionate dalla rivelazione, e del progresso civile dei popoli, risulta incomprensibile e preoccupante che, a tutt’oggi, nel mondo permangano discriminazioni e restrizioni di diritti per il solo fatto di appartenere e professare pubblicamente una determinata fede. È inaccettabile che addirittura sussistano vere e proprie persecuzioni per motivi di appartenenza religiosa! Anche guerre! Questo ferisce la ragione, attenta alla pace e umilia la dignità dell’uomo. E’ per me motivo di grande dolore constatare che i cristiani nel mondo subiscono il maggior numero di tali discriminazioni. La persecuzione contro i cristiani oggi è addirittura più forte che nei primi secoli della Chiesa, e ci sono più cristiani martiri che in quell’epoca. Questo accade a più di 1700 anni dall’editto di Costantino, che concedeva la libertà ai cristiani di professare pubblicamente la loro fede. Auspico vivamente che il vostro convegno illustri con profondità e rigore scientifico le ragioni che obbligano ogni ordinamento giuridico a rispettare e difendere la libertà religiosa».

Il 20 luglio 2014 dopo l’Angelus, Francesco ha affermato: «Ho appreso con preoccupazione le notizie che giungono dalle Comunità cristiane a Mossul (Iraq) e in altre parti del Medio Oriente, dove esse, sin dall’inizio del cristianesimo, hanno vissuto con i loro concittadini offrendo un significativo contributo al bene della società. Oggi sono perseguitate; i nostri fratelli sono perseguitati, sono cacciati via, devono lasciare le loro case senza avere la possibilità di portare niente con loro. A queste famiglie e a queste persone voglio esprimere la mia vicinanza e la mia costante preghiera. Carissimi fratelli e sorelle tanto perseguitati, io so quanto soffrite, io so che siete spogliati di tutto. Sono con voi nella fede in Colui che ha vinto il male! E a voi, qui in piazza e a quanti ci seguono per mezzo della televisione, rivolgo l’invito a ricordare nella preghiera queste comunità cristiane. Vi esorto, inoltre, a perseverare nella preghiera per le situazioni di tensione e di conflitto che persistono in diverse zone del mondo, specialmente in Medio Oriente e in Ucraina. Il Dio della pace susciti in tutti un autentico desiderio di dialogo e di riconciliazione. La violenza non si vince con la violenza. La violenza si vince con la pace! Preghiamo in silenzio, chiedendo la pace; tutti, in silenzio…. Maria Regina della pace, prega per noi!».

Il 1 agosto 2014 il sociologo Massimo Introvigne ha scritto: «Papa Francesco ha ricordato oltre venti volte, in meno di un anno e mezzo di pontificato, i cristiani perseguitati oggi nel mondo. Chissà perché, non è la parte del suo magistero su cui i grandi media insistono di più, anche se Francesco ha cercato di attirare l’attenzione su questo tema più di ogni altro Pontefice precedente e certamente più di qualunque leader politico mondiale».

L’8 agosto 2014 Francesco attraverso Twitter ha inviato tre messaggi: «Chiedo a tutti gli uomini di buona volontà di unirsi alle mie preghiere per i cristiani iracheni e per tutte le comunità perseguitate; Vi prego di dedicare un momento oggi alla preghiera per tutti coloro che sono costretti a lasciare la loro casa in Iraq. #prayforpeace; Signore, ti preghiamo di sostenere coloro che in Iraq sono privati di tutto. #prayforpeace”».

Il 10 agosto 2014 durante l’Angelus, Francesco ha affermato: «ci lasciano increduli e sgomenti le notizie giunte dall’Iraq: migliaia di persone, tra cui tanti cristiani, cacciati dalle loro case in maniera brutale; bambini morti di sete e di fame durante la fuga; donne sequestrate; persone massacrate; violenze di ogni tipo; distruzione dappertutto; distruzione di case, di patrimoni religiosi, storici e culturali. Tutto questo offende gravemente Dio e offende gravemente l’umanità. Non si porta l’odio in nome di Dio! Non si fa la guerra in nome di Dio! Noi tutti, pensando a questa situazione, a questa gente, facciamo silenzio adesso e preghiamo. Ringrazio coloro che, con coraggio, stanno portando soccorso a questi fratelli e sorelle, e confido che una efficace soluzione politica a livello internazionale e locale possa fermare questi crimini e ristabilire il diritto. Per meglio assicurare la mia vicinanza a quelle care popolazioni ho nominato mio Inviato Personale in Iraq il Cardinale Fernando Filoni, che domani partirà da Roma».

Il 12 agosto 2014 il prof. Massimo Introvigne, vice-responsabile nazionale di Alleanza Cattolica e coordinatore dell’Osservatorio della libertà religiosa, ha commentato: «Altri invece contrappongono Benedetto XVI al suo successore Francesco, sostenendo che Papa Ratzinger, a differenza dell’attuale Pontefice, avrebbe chiaramente denunciato il potenziale di violenza e di odio dell’islam. Nell’uno e nell’altro caso, si rischia di presentare un’immagine riduttiva di Benedetto XVI». Ha anche «insegnato che il dialogo interreligioso con l’islam è una scelta irrinunciabile della Chiesa. Poco prima di morire, proprio Oriana Fallaci confidava che il Papa tedesco, a lei che definiva questo dialogo “impossibile”, avrebbe ribadito che si tratta di un dialogo “impossibile, ma obbligatorio”».

Il 18 agosto 2014 durante la conferenza stampa nel volo di ritorno dalla Corea del Sud, Francesco ha risposto alla domanda se approva che gli Stati Uniti abbiano iniziato a bombardare dei terroristi in Iraq per prevenire un genocidio, per proteggere il futuro delle minoranze: «In questi casi, dove c’è un’aggressione ingiusta, posso soltanto dire che è lecito fermare l’aggressore ingiusto. Sottolineo il verbo: fermare. Non dico bombardare, fare la guerra, ma fermarlo. I mezzi con i quali si possono fermare, dovranno essere valutati. Fermare l’aggressore ingiusto è lecito. Ma dobbiamo anche avere memoria! Quante volte, con questa scusa di fermare l’aggressore ingiusto, le potenze si sono impadronite dei popoli e hanno fatto una vera guerra di conquista! Una sola nazione non può giudicare come si ferma un aggressore ingiusto. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, è stata l’idea delle Nazioni Unite: là si deve discutere, dire: “E’ un aggressore ingiusto? Sembra di sì. Come lo fermiamo?”. Soltanto questo, niente di più. Secondo, le minoranze. Grazie della parola. Perché a me dicono: “I cristiani, poveri cristiani…” Ed è vero, soffrono. I martiri, sì, ci sono tanti martiri. Ma qui ci sono uomini e donne, minoranze religiose, non tutte cristiane, e tutti sono uguali davanti di Dio. Fermare l’aggressore ingiusto è un diritto dell’umanità, ma è anche un diritto dell’aggressore, di essere fermato per non fare del male». Rispetto ai profughi del Kurdistan, ha rivelato: «ci siamo detti: che cosa si può fare? Abbiamo pensato tante cose. Abbiamo scritto prima di tutto un comunicato che ha fatto padre Lombardi a nome mio. Dopo, questo comunicato è stato inviato a tutte le Nunziature perché fosse comunicato ai governi. Poi, abbiamo scritto una lettera al Segretario Generale delle Nazioni Unite… Tante cose… E alla fine abbiamo deciso di inviare un Inviato Personale, il Cardinale Filoni. E infine abbiamo detto: se fosse necessario, quando torniamo dalla Corea, possiamo andare lì. Era una delle possibilità. Questa è la risposta: sono disponibile. In questo momento non è la cosa migliore da fare, ma sono disposto a questo».

Il 22 agosto 2014 il vaticanista Andrea Tornielli ha risposto a coloro che criticano i presunti silenzi di Papa Francesco nei confronti dei cristiani perseguitati: «Hanno pesantemente criticato il Papa (meglio Bergoglio, come lo definiscono, senza mai ricordare una volta il nome pontificale di Francesco, dato che per qualcuno di costoro il vero Papa è l’emerito) per i suoi presunti “silenzi” circa l’Iraq, con le stesse identiche motivazioni per le quali esattamente mezzo secolo fa, pochi anni dopo la sua morte, venne messo alla berlina Pio XII. Dimenticano di rileggersi le dichiarazioni analoghe fatte dai predecessori negli ultimi decenni in casi di persecuzioni, guerre, emergenze umanitarie (scoprirebbero che il Papa quando interviene in questi casi, evita sempre di additare con nome e cognome i “cattivi” e la loro eventuale appartenenza religiosa, si vedano gli interventi di Papa Wojtyla sul Kosovo)».

Il 3 settembre 2014 durante l’udienza generale, Francesco ha affermato: «Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua araba, in particolare a quelli provenienti dall’Iraq. La chiesa è Madre e, come tutte le madri, sa accompagnare il figlio bisognoso, sollevare il figlio caduto, curare il malato, cercare il perduto e scuotere quello addormentato e anche difendere i figli indifesi e perseguitati. Oggi vorrei assicurare, specialmente a questi ultimi, cioè gli indifesi e perseguitati, la vicinanza: siete nel cuore della Chiesa; la Chiesa soffre con voi ed è fiera di voi, fiera di avere figli come voi; siete la sua forza e la testimonianza concreta e autentica del suo messaggio di salvezza, di perdono e di amore. Vi abbraccio tutti, tutti! Il Signore vi benedica e vi protegga sempre!».

Il 21 settembre 2014 durante il suo viaggio in Albania, Francesco ha affermato: «Non possiamo non riconoscere come l’intolleranza verso chi ha convinzioni religiose diverse dalle proprie sia un nemico molto insidioso, che oggi purtroppo si va manifestando in diverse regioni del mondo. […]. Nessuno può usare il nome di Dio per commettere violenza! Uccidere in nome di Dio è un grande sacrilegio! Discriminare in nome di Dio è inumano».

L’8 ottobre 2014 il vescovo francescano, mons. Georges Abou Khazen, vicario apostolico di Aleppo ha rivelato in seguito al suo incontro con Francesco: «Mi ha detto che ha la Siria nel suo cuore e nella sua preghiera, e che prega per tutti i cristiani del Medio Oriente. E’ ben consapevole di quello che sta succedendo ai cristiani e per questo noi lo ringraziamo veramente. E io, quando sono andato a Roma, molti – non solo cristiani, ma soprattutto musulmani – mi hanno detto: “Per favore, ringrazi il Santo Padre a nostro nome per tutto quello che sta facendo per noi”».

Il 20 ottobre 2014, in occasione della fine del Sinodo sulla Famiglia, Francesco ha ricordato «un’altra questione che mi sta molto a cuore, ovvero il Medio Oriente e, in particolare, la situazione dei cristiani nella regione. Come ho avuto occasione di ribadire a più riprese, non possiamo rassegnarci a pensare al Medio Oriente senza i cristiani, che da duemila anni vi confessano il nome di Gesù. Gli ultimi avvenimenti, soprattutto in Iraq e in Siria, sono molto preoccupanti. Assistiamo ad un fenomeno di terrorismo di dimensioni prima inimmaginabili. Tanti nostri fratelli sono perseguitati e hanno dovuto lasciare le loro case anche in maniera brutale. Sembra che si sia persa la consapevolezza del valore della vita umana, sembra che la persona non conti e si possa sacrificare ad altri interessi. E tutto ciò, purtroppo, nell’indifferenza di tanti».

Il 10 novembre 2014 lo scrittore Antonio Socci ha accusato Francesco di non essere intervenuto sulla morte di due cristiani gettati in una fornace e bruciati. E’ vero, ma sono due anni che ogni mese ricorda i cristiani perseguitati e infatti interverrà su questo caso specifico due giorni dopo. Lo stesso silenzio, ha affermato Socci, ci sarebbe stato anche sul caso di Meriam: una falsità, non solo appena la donna è stata liberata ha voluto incontrare Papa Francesco, ma ha anche «ringraziato per il sostegno che nella sua vicenda ha sempre avuto dalla Chiesa cattolica». E da questo si evince chiaramente che c’è stato un lavoro dietro le quinte per la sua liberazione, gestito da Francesco.

Il 12 novembre 2014, al termine dell’Udienza generale, Francesco ha affermato: «Con grande trepidazione seguo le drammatiche vicende dei cristiani che in varie parti del mondo sono perseguitati e uccisi a motivo del loro credo religioso. Sento il bisogno di esprimere la mia profonda vicinanza spirituale alle comunità cristiane duramente colpite da un’assurda violenza che non accenna a fermarsi, mentre incoraggio i Pastori e i fedeli tutti ad essere forti e saldi nella speranza. Ancora una volta, rivolgo un accorato appello a quanti hanno responsabilità politiche a livello locale e internazionale, come pure a tutte le persone di buona volontà, affinché si intraprenda una vasta mobilitazione di coscienze in favore dei cristiani perseguitati. Essi hanno il diritto di ritrovare nei propri Paesi sicurezza e serenità, professando liberamente la nostra fede. E adesso per tutti i cristiani, perseguitati perché cristiani, vi invito a pregare il Padre Nostro».

Il 25 novembre 2014 nel discorso al Parlamento Europeo, Francesco ha ricordato «le numerose ingiustizie e persecuzioni che colpiscono quotidianamente le minoranze religiose, e particolarmente cristiane, in diverse parti del mondo. Comunità e persone che si trovano ad essere oggetto di barbare violenze: cacciate dalle proprie case e patrie; vendute come schiave; uccise, decapitate, crocefisse e bruciate vive, sotto il silenzio vergognoso e complice di tanti».

Il 30 novembre 2014 nella conferenza stampa durante il ritorno dal viaggio in Turchia, Papa Francesco ha affermato: «Sull’islamofobia: è vero che davanti a questi atti terroristici, non solo in questa zona ma anche in Africa, c’è una reazione e si dice: “Se questo è l’islam, mi arrabbio!”. E tanti islamici sono offesi, tanti, tanti islamici. Dicono: “No, noi non siamo questo. Il Corano è un libro di pace, è un libro profetico di pace. Questo non è islam”. Io capisco questo e credo che – almeno io credo, sinceramente – che non si possa dire che tutti gli islamici sono terroristi: non si può dire. Come non si può dire che tutti i cristiani sono fondamentalisti, perché anche noi ne abbiamo, in tutte le religioni ci sono questi gruppetti. Io ho detto al Presidente [Erdogan]: “Sarebbe bello che tutti i leader islamici – siano leader politici, leader religiosi o leader accademici – parlino chiaramente e condannino quegli atti, perché questo aiuterà la maggioranza del popolo islamico a dire “no”; ma davvero, dalla bocca dei suoi leader: il leader religioso, il leader accademico, tanti intellettuali, e i leader politici”. Questa è stata la mia risposta. Perché noi tutti abbiamo bisogno di una condanna mondiale, anche da parte degli islamici, che hanno quella identità e che dicano: “Noi non siamo quelli. Il Corano non è questo”. Questa è la prima cosa. Cristianofobia: è vero! Non voglio usare parole un po’ addolcite, no. Noi cristiani, ci cacciano via dal Medio Oriente. Alcune volte, come abbiamo visto in Iraq, nella zona di Mosul, devono andarsene e lasciare tutto, o pagare la tassa, che poi non serve… E altre volte ci cacciano via con i guanti bianchi. Per esempio, in uno Stato, una coppia, il marito vive qua, la donna vive là… No, che il marito venga a vivere con la donna. No, no: che la donna lasci e lasci libera la casa. Questo succede in alcuni Paesi. E’ come se volessero che non ci siano più cristiani, che non rimanga niente di cristiano. In quella zona c’è questo. E’ vero, è un effetto del terrorismo, nel primo caso, ma quando si fa diplomaticamente, con i guanti bianchi, è perché c’è un’altra cosa dietro, e questo non è buono […]. Tornando ai due primi aspetti, soprattutto a quello dell’islamofobia, dobbiamo sempre distinguere qual è la proposta di una religione dall’uso concreto che di quella proposta fa un determinato governo. Forse dice: “Io sono islamico – io sono ebreo – io sono cristiano”. Ma tu governi il tuo Paese non come islamico, non come ebreo, non come cristiano. C’è un abisso. Bisogna fare questa distinzione, perché tante volte si usa il nome, ma la realtà non è quella della religione».

Il 6 dicembre 2014 il vaticanista John L. Allen è entrato nel merito delle accuse a Francesco sui suoi “silenzi” verso Asia Bibi, la cristiana incarcerata in Pakistan per un’assurda accusa di blasfemia. «Tuttavia, papi e funzionari del Vaticano hanno sempre pesato le parole con attenzione, per paura che dire qualcosa di provocatorio possa peggiorare le cose. In questo contesto si apprezza il fatto che il Vaticano possa preferire di operare dietro le quinte».

Il 21 dicembre 2014 Francesco ha inviato una lunga lettera ai cristiani del Medio Oriente, scrivendo: «Lo faccio nell’imminenza del Santo Natale, sapendo che per molti di voi alle note dei canti natalizi si mescoleranno le lacrime e i sospiri […]. L’afflizione e la tribolazione non sono mancate purtroppo nel passato anche prossimo del Medio Oriente. Esse si sono aggravate negli ultimi mesi a causa dei conflitti che tormentano la Regione, ma soprattutto per l’operato di una più recente e preoccupante organizzazione terrorista, di dimensioni prima inimmaginabili, che commette ogni sorta di abusi e pratiche indegne dell’uomo, colpendo in modo particolare alcuni di voi che sono stati cacciati via in maniera brutale dalle proprie terre, dove i cristiani sono presenti fin dall’epoca apostolica. Nel rivolgermi a voi, non posso dimenticare anche altri gruppi religiosi ed etnici che pure subiscono la persecuzione e le conseguenze di tali conflitti. Seguo quotidianamente le notizie dell’enorme sofferenza di molte persone nel Medio Oriente. Penso specialmente ai bambini, alle mamme, agli anziani, agli sfollati e ai rifugiati, a quanti patiscono la fame, a chi deve affrontare la durezza dell’inverno senza un tetto sotto il quale proteggersi. Questa sofferenza grida verso Dio e fa appello all’impegno di tutti noi, nella preghiera e in ogni tipo di iniziativa. A tutti voglio esprimere la vicinanza e la solidarietà mia e della Chiesa, e offrire una parola di consolazione e di speranza […]. Ricordo con affetto e venerazione i Pastori e i fedeli ai quali negli ultimi tempi è stato chiesto il sacrificio della vita, spesso per il solo fatto di essere cristiani. Penso anche alle persone sequestrate, tra cui alcuni Vescovi ortodossi e sacerdoti dei diversi Riti. Possano presto tornare sane e salve nelle loro case e comunità! Chiedo a Dio che tanta sofferenza unita alla croce del Signore dia frutti di bene per la Chiesa e per i popoli del Medio Oriente […]. Le sofferenze patite dai cristiani portano un contributo inestimabile alla causa dell’unità. E’ l’ecumenismo del sangue, che richiede fiducioso abbandono all’azione dello Spirito Santo. […]. Il vostro sforzo di collaborare con persone di altre religioni, con gli ebrei e con i musulmani, è un altro segno del Regno di Dio. Il dialogo interreligioso è tanto più necessario quanto più difficile è la situazione. Non c’è un’altra strada. Il dialogo basato su un atteggiamento di apertura, nella verità e nell’amore, è anche il migliore antidoto alla tentazione del fondamentalismo religioso, che è una minaccia per i credenti di tutte le religioni. Il dialogo è al tempo stesso un servizio alla giustizia e una condizione necessaria per la pace tanto desiderata. La maggior parte di voi vive in un ambiente a maggioranza musulmana. Potete aiutare i vostri concittadini musulmani a presentare con discernimento una più autentica immagine dell’Islam, come vogliono tanti di loro, i quali ripetono che l’Islam è una religione di pace e può accordarsi con il rispetto dei diritti umani e favorire la convivenza di tutti. Sarà un bene per loro e per l’intera società. La situazione drammatica che vivono i nostri fratelli cristiani in Iraq, ma anche gli yazidi e gli appartenenti ad altre comunità religiose ed etniche, esige una presa di posizione chiara e coraggiosa da parte di tutti i responsabili religiosi, per condannare in modo unanime e senza alcuna ambiguità tali crimini e denunciare la pratica di invocare la religione per giustificarli […]. Continueremo ad aiutarvi con la preghiera e con gli altri mezzi a disposizione. Nello stesso tempo continuo a esortare la Comunità internazionale a venire incontro ai vostri bisogni e a quelli delle altre minoranze che soffrono; in primo luogo, promuovendo la pace mediante il negoziato e il lavoro diplomatico, cercando di arginare e fermare quanto prima la violenza che ha causato già troppi danni. […]. Ogni giorno prego per voi e per le vostre intenzioni. Vi ringrazio perché so che voi, nelle vostre sofferenze, pregate per me e per il mio servizio alla Chiesa. Spero tanto di avere la grazia di venire di persona a visitarvi e confortarvi».

Il 3 gennaio 2015 lo storico Franco Cardini ha spiegato che gli jihadisti non «rappresentano il nuovo volto dell’Islam. Ci sono un miliardo e mezzo di musulmani nel mondo e gli integralisti sono una minima parte. Certo potrebbe aumentare, ma, pur essendo l’Islam come l’ebraismo una religione di “Legge”, cioè finalizzata alla realizzazione della giustizia divina e non della pace in senso stretto tra gli uomini, non vedo i presupposti per una sua trasformazione globale in senso estremista». L’osservazione è giusta e questo aiuta a spiegare perché Francesco abbia tentato di evitare il più possibile di accusare l’islam del massacro dei cristiani, preferendo parlare di fondamentalismi religiosi in generale.

Il 3 gennaio 2015 è stato recensito il saggio di Angela Lano, giornalista e saggista esperta di islam, nel quale la studiosa spiega che per l’Is il mondo non si riduce più a “musulmani” e “non credenti” (cristiani, ebrei, buddisti, atei, ecc.), ma a “credenti veri” (loro) e “miscredenti” (tutti gli altri, musulmani compresi). Il che dà l’idea della profondità della faglia apertasi con l’affermazione militare ed economica dello Stato islamico. Per questo l’Is rappresenta una minaccia anche per l’islam più autentico e pacifico e per questo non ha senso accusare l’islam del terrorismo verso i cristiani ed è più sensato parlare di fondamentalismo religioso, come ha optato -anche in segno ecumenico- Papa Francesco.

Il 7 gennaio 2015 un gruppo di prominenti imam francesi ha assistito all’udienza generale di Papa Francesco. Raggiunti dalla notizia dell’attentato al settimanale satirico Charlie Hebdo da parte di terroristi musulmani, hanno subito condannato i fatti: «E’ necessario che la comunità musulmana si ribelli» per esprimere il suo «disgusto» di fronte al fatto che «la maggioranza silenziosa si vede presa in ostaggio da dei folli». Allo stesso modo ha fatto l’Unione delle moschee francesi parlando di «attentato vile, criminale e imperdonabile», poiché «nulla, assolutamente nulla, può giustificare o scusare questo crimine». E’ evidente che il mondo musulmano non c’entra nulla con il fondamentalismo dell’Is e Francesco, correttamente, scinde l’islam dai fomentatori di odio.

L’8 gennaio 2015 è intervenuto il prof. Massimo Introvigne, vice-responsabile nazionale di Alleanza Cattolica e coordinatore dell’Osservatorio della libertà religiosa, spiegando: «sbagliano i politicanti estremisti e sciacalli di tutte le risme, i quali sperano di lucrare su queste tragedie per fare i martiri con il sangue degli altri alla ricerca di un miserabile tornaconto elettorale, o per arruolare anche i poveri morti di Parigi in rese dei conti ecclesiastiche che hanno di mira Papa Francesco, accusato di inventare un dialogo con l’islam che invece già Benedetto XVI in un discorso del 28 novembre 2006 definiva “non opzionale”, cioè obbligatorio. Sbagliano i buonisti per cui i terroristi “non sono islamici” ma sbagliano anche i “cattivisti” per cui tutti gli islamici sono terroristi». Invece «la “strategia Francesco” che Papa Bergoglio ha più volte proposto di fronte alle stragi dell’ISIS è l’unico modo ragionevole di rispondere alla criminale follia dei terroristi. Non è spegnendo la luce del dialogo e strillando in piazza slogan contro l’Islam che si disinnesca l’ultra-fondamentalismo assassino. Al contrario, lo si alimenta. E’ solo trovando interlocutori islamici disposti non a rinnegare la propria storia e la propria identità ma a cercare al loro interno le ragioni per condannare e isolare i terroristi che gli assassini potranno essere davvero sconfitti. È la strategia di Papa Francesco, era la vera strategia di Papa Benedetto. È la strategia più difficile. Ma non ce ne sono altre».

Il 12 gennaio 2015 nel discorso al corpo diplomatico presso la Santa Sede, Francesco ha affermato: «Il pensiero corre subito al Pakistan, dove un mese fa oltre cento bambini sono stati trucidati con inaudita ferocia. Alle loro famiglie desidero rinnovare il mio personale cordoglio e l’assicurazione della mia preghiera per i tanti innocenti che hanno perso la vita». Ha ricordato anche «la tragica strage avvenuta a Parigi alcuni giorni fa». Accade questo perché «l’essere umano da libero diventa schiavo, ora delle mode, ora del potere, ora del denaro, talvolta perfino di forme fuorviate di religione […]. Il Medio Oriente è purtroppo attraversato anche da altri conflitti, che si protraggono ormai da troppo tempo e i cui risvolti sono agghiaccianti anche per il dilagare del terrorismo di matrice fondamentalista in Siria ed in Iraq. Tale fenomeno è conseguenza della cultura dello scarto applicata a Dio. Il fondamentalismo religioso, infatti, prima ancora di scartare gli esseri umani perpetrando orrendi massacri, rifiuta Dio stesso, relegandolo a un mero pretesto ideologico. Di fronte a tale ingiusta aggressione, che colpisce anche i cristiani e altri gruppi etnici e religiosi della Regione – gli yazidi, per esempio – occorre una risposta unanime che, nel quadro del diritto internazionale, fermi il dilagare delle violenze, ristabilisca la concordia e risani le profonde ferite che il succedersi dei conflitti ha provocato. Nel sollecitare la comunità internazionale a non essere indifferente davanti a tale situazione, auspico che i leader religiosi, politici e intellettuali specialmente musulmani, condannino qualsiasi interpretazione fondamentalista ed estremista della religione, volta a giustificare tali atti di violenza».

Il 13 gennaio 2015 durante il suo viaggio in Sri Lanka e Filippine, Francesco ha affermato: «Per il bene della pace, non si deve permettere che le credenze religiose vengano abusate per la causa della violenza o della guerra. Dobbiamo essere chiari e non equivoci nell’invitare le nostre comunità a vivere pienamente i precetti di pace e convivenza presenti in ciascuna religione e denunciare gli atti di violenza quando vengono commessi».

Il 15 gennaio 2015 il francescano custode di Terrasanta, padre Pierbattista Pizzaballa, ha spiegatore: «Il Papa ha uno sguardo d’assieme sulla realtà mondiale che pochi altri possono avere. Ha colto il cambiamento epocale e, in esso, la violenza che lo abita come nocciolo. Il fanatismo, il dire io sono nel giusto; o diventi come noi, o devi sparire. Poi, a seconda delle situazioni, si avrà in Medio Oriente l’Isis e in Africa Boko Haram. È un ritorno al punto più buio di secoli passati».

Il 21 gennaio 2015 durante l’udienza generale, Francesco ha invitato a «pregare insieme per le vittime delle manifestazioni di questi ultimi giorni nell’amato Niger. Sono state fatte brutalità verso i cristiani, i bambini e le chiese. Invochiamo dal Signore il dono della riconciliazione e della pace, perché mai il sentimento religioso diventi occasione di violenza, di sopraffazione e di distruzione. Non si può fare la guerra in nome di Dio! Auspico che quanto prima si possa ristabilire un clima di rispetto reciproco e di pacifica convivenza per il bene di tutti».

Il 24 gennaio 2015 mons. Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, ha spiegato cosa si intenda per “dialogare con i terroristi”: «Qui il realismo del Papa ci aiuta molto. (…) Il dialogo sì, sempre, ma non significa mettersi di fronte all’altro e necessariamente aspettare che lui impari la mia lingua quando la sua è soltanto orientata, sintonizzata sulla violenza e sul sopruso. Bisogna che io trovi tutti i mezzi possibili e necessari perché l’altro capisca che il suo linguaggio è sbagliato, che sta portando morte».

Il 27 gennaio 2015 l’arcivescovo Metropolita di Aleppo, mons. Jean-Clément Jeanbart ha spiegato che «la religione c’entra solo perché alcuni hanno tentato di coprire gli interessi economici con quelli presunti religiosi. Questo non corrisponde alla realtà. Io ho rapporti con tantissimi esponenti religiosi, anche autorevoli, dell’islam. Nessuno è convinto che in nome di Dio si possa uccidere. E’ la violenza di pochi che prevale sulla volontà alla pace di molti».

Il 30 gennaio 2015 durante il discorso alla Commissione mista internazionale per il dialogo teologico, Francesco ha affermato: «In questo momento, in maniera particolare, noi condividiamo la costernazione e il dolore per quanto accade in Medio Oriente, specialmente in Iraq e in Siria. Ricordo tutti gli abitanti della regione, compresi i nostri fratelli cristiani e molte minoranze, che vivono le conseguenze di un estenuante conflitto. Insieme a voi prego ogni giorno affinché si trovi presto una soluzione negoziata, supplicando la bontà e la pietà di Dio per quanti che sono colpiti da questa immensa tragedia. Tutti i cristiani sono chiamati a lavorare insieme in mutua accettazione e fiducia per servire la causa della pace e della giustizia. Possano l’intercessione e l’esempio di molti martiri e santi, che hanno dato coraggiosa testimonianza di Cristo in tutte le nostre Chiese, sostenere e rafforzare voi e le vostre comunità cristiane».

Nel febbraio 2015 una delle massime autorità religiose musulmane, Ahmed Al Tayeb ha attaccato l’Isis parlando di “organizzazione terrorista satanica”.

Il 06 febbraio 2015 durante l’omelia a Santa Marta, Francesco ha affermato: «penso ai nostri martiri, ai martiri dei nostri giorni, quegli uomini, donne, bambini che sono perseguitati, odiati, cacciati via dalle case, torturati, massacrati. E questa non è una cosa del passato: oggi succede questo. I nostri martiri, che finiscono la loro vita sotto l’autorità corrotta di gente che odia Gesù Cristo. Ci farà bene pensare ai nostri martiri. Oggi pensiamo a Paolo Miki, ma quello è successo nel 1600. Pensiamo a quelli di oggi! Del 2015».

Il 16 febbraio 2015 nel discorso al moderatore della Chiesa di Scozia, Francesco ha affermato: «oggi ho potuto leggere dell’esecuzione di quei ventuno o ventidue cristiani copti. Dicevano solamente: “Gesù aiutami!”. Sono stati assassinati per il solo fatto di essere cristiani. Lei, fratello, nel suo discorso ha fatto riferimento a quello che succede nella terra di Gesù. Il sangue dei nostri fratelli cristiani è una testimonianza che grida. Siano cattolici, ortodossi, copti, luterani non importa: sono cristiani! E il sangue è lo stesso. Il sangue confessa Cristo. Ricordando questi fratelli che sono morti per il solo fatto di confessare Cristo, chiedo di incoraggiarci l’un l’altro ad andare avanti con questo ecumenismo, che ci sta dando forza, l’ecumenismo del sangue. I martiri sono di tutti i cristiani».

Il 17 febbraio 2015 prima della messa a Santa Marta, Papa Francesco ha chiesto: «Offriamo questa Messa per i nostri 21 fratelli copti, sgozzati per il solo motivo di essere cristiani. Preghiamo per loro che il Signore come martiri li accolga, per le loro famiglie, per il mio fratello Tawadros, che soffre tanto».

Il 01 marzo 2015 durante l’Angelus Papa Francesco ha detto: «non cessano, purtroppo, di giungere notizie drammatiche dalla Siria e dall’Iraq, relative a violenze, sequestri di persona e soprusi a danno di cristiani e di altri gruppi. Vogliamo assicurare a quanti sono coinvolti in queste situazioni che non li dimentichiamo, ma siamo loro vicini e preghiamo insistentemente perché al più presto si ponga fine all’intollerabile brutalità di cui sono vittime. Insieme ai membri della Curia Romana ho offerto secondo questa intenzione l’ultima Santa Messa degli Esercizi Spirituali, venerdì scorso. Nello stesso tempo chiedo a tutti, secondo le loro possibilità, di adoperarsi per alleviare le sofferenze di quanti sono nella prova, spesso solo a causa della fede che professano. Preghiamo per questi fratelli e queste sorelle che soffrono per la fede in Siria e in Iraq…. Preghiamo in silenzio…».

Il 02 marzo 2015 incontrando i vescovi del Nord Africa, ha affermato: (qui una traduzione) «mi unisco ai fedeli delle vostre diocesi del Nord dell’Africa. Portate loro l’affetto del Papa e la certezza che egli resta vicino a loro e li incoraggia nella generosa testimonianza che rendono al Vangelo di pace e di amore di Gesù. Vorrei in particolare rendere omaggio al coraggio, alla fedeltà e alla perseveranza dei Vescovi in Libia, come pure dei sacerdoti, delle persone consacrate e dei laici che rimangono nel Paese nonostante i molteplici pericoli. Sono autentici testimoni del Vangelo. Li ringrazio vivamente, e vi incoraggio tutti a proseguire i vostri sforzi per contribuire alla pace e alla riconciliazione in tutta la vostra regione».

Il 02 marzo 2015 l’arcivescovo Jacques Behnan Hindo, capo dell’arcieparchia siro-cattolica di Hassakè-Nisibi ha spiegato che i capi delle Chiese e delle comunità locali cercano di tenere aperti i contatti e i negoziati con i miliziani dell’Is attraverso la mediazione di alcuni leader tribali musulmani locali. Se lo scrittore Antonio Socci accusa il Vaticano di non “tuonare” contro l’Islam, mons. Behnan Hindo, fisicamente a fianco dei cristiani perseguitati, ha affermato: «Il momento è delicato e ogni iniziativa o parola non calibrata e presa senza ponderazione può aumentare i rischi per tutti».

Il 02 marzo 2015 nella lettera ai vescovi nigeriani, Francesco ha scritto: «Credenti, sia cristiani che musulmani, sono stati accomunati da una tragica fine, per mano di persone che si proclamano religiose, ma che abusano della religione per farne una ideologia da piegare ai propri interessi di sopraffazione e di morte».

Il 15 marzo 2015 durante l’Angelus, Francesco ha affermato: «Con dolore, con molto dolore, ho appreso degli attentati terroristici di oggi contro due chiese nella città Lahore in Pakistan, che hanno provocato numerosi morti e feriti. Sono chiese cristiane. I cristiani sono perseguitati. I nostri fratelli versano il sangue soltanto perché sono cristiani. Mentre assicuro la mia preghiera per le vittime e per le loro famiglie, chiedo al Signore, imploro dal Signore, fonte di ogni bene, il dono della pace e della concordia per quel Paese. Che questa persecuzione contro i cristiani, che il mondo cerca di nascondere, finisca e ci sia la pace».

Il 16 marzo 2015 Shahid Mobeen, docente di Pensiero e religione islamica alla Pontificia università lateranense e all’Urbaniana e fondatore dell’associazione dei pachistani cristiani in Italia ha risposto alle critiche che riceve Papa Francesco secondo le quali dovrebbe fare di più per i cristiani perseguitati: «Non condivido questa critica. Personalmente, come pachistano cattolico, mi sento rappresentato dal pontificato e ringrazio Francesco per quanto sta facendo […]. Francesco, dopo Benedetto, ha per la prima volta chiamato il problema col suo nome, ha detto ciò che tutti dovrebbero dire: in Pakistan i cristiani sono perseguitati per la loro fede».

Il 29 marzo 2015 durante la celebrazione della Domenica delle Palme, Francesco ha detto: «Pensiamo anche all’umiliazione di quanti per il loro comportamento fedele al Vangelo sono discriminati e pagano di persona. E pensiamo ai nostri fratelli e sorelle perseguitati perché cristiani, i martiri di oggi – ce ne sono tanti – non rinnegano Gesù e sopportano con dignità insulti e oltraggi».

Il 5 aprile 2015 nella domenica di Pasqua, Francesco ha affermato: «A Gesù vittorioso domandiamo di alleviare le sofferenze dei tanti nostri fratelli perseguitati a causa del Suo nome, come pure di tutti coloro che patiscono ingiustamente le conseguenze dei conflitti e delle violenze in corso. Ce ne sono tante!»

Il 6 aprile 2015 Francesco ha detto: «ono lieto di accogliere la delegazione del Movimento Shalom, che è arrivata all’ultima tappa della staffetta solidale per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle persecuzioni dei cristiani nel mondo. Il vostro itinerario sulle strade è finito, ma deve continuare da parte di tutti il cammino spirituale di preghiera intensa, di partecipazione concreta e di aiuto tangibile in difesa e protezione dei nostri fratelli e delle nostre sorelle, perseguitati, esiliati, uccisi, decapitati per il solo fatto di essere cristiani. Loro sono i nostri martiri di oggi, e sono tanti, possiamo dire che sono più numerosi che nei primi secoli. Auspico che la Comunità Internazionale non assista muta e inerte di fronte a tale inaccettabile crimine, che costituisce una preoccupante deriva dei diritti umani più elementari. Auspico veramente che la Comunità Internazionale non volga lo sguardo dall’altra parte».

Il 6 aprile 2015 Asia Bibi ha approvato il viaggio che suo marito Ashiq Masih e una delle sue figlie hanno intrapreso in Europa per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla sua carcerazione con queste parole: «Quando bacerete la mano del Papa, fatelo anche per me. Quello sarà il mio bacio. E chiedetegli una benedizione»

Il 12 aprile 2015 nel saluto ai fratelli armeni, Francesco ha detto: «In diverse occasioni ho definito questo tempo un tempo di guerra, una terza guerra mondiale ‘a pezzi’, in cui assistiamo quotidianamente a crimini efferati, a massacri sanguinosi e alla follia della distruzione. Purtroppo ancora oggi sentiamo il grido soffocato e trascurato di tanti nostri fratelli e sorelle inermi, che a causa della loro fede in Cristo o della loro appartenenza etnica vengono pubblicamente e atrocemente uccisi – decapitati, crocifissi, bruciati vivi –, oppure costretti ad abbandonare la loro terra»
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Lu 12,42 Il Signore rispose: «Qual è dunque l'amministratore fedele e saggio, che il Signore porrà A CAPO della sua servitù, per distribuire a tempo debito la razione di cibo?
 
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