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DOSSIER IN RISPOSTA ALLE OBIEZIONI SU PAPA FRANCESCO

Ultimo Aggiornamento: 10/12/2019 21:20
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10/04/2015 18:41
 
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32. CONTINUE CRITICHE ALLA CHIESA E AI CATTOLICI

Alcuni cattolici hanno sostenuto che Francesco continua a colpire e criticare il comportamento dei cristiani, non prendendo posizione sul mondo laico. Invece, come si dimostra in questo dossier, il Papa continua a segnalare i mali de mondo (la “cultura dello scarto”, l’economia senza volto, il decentramento della persona umana ecc.) ma ha effettivamente anche un occhio critico verso il mondo cattolico.

Ci sembra però assolutamente indispensabile alla luce del fatto che in Italia, ad esempio, il 90% delle persone si definisce cattolica e le chiese rimangono vuote. C’è evidentemente un problema, una debolezza e una ritrosia all’impegno nei cattolici che invece Francesco sta stimolando. Molta colpa hanno anche sacerdoti e gerarchia quando non sono più capaci di essere testimoni affascinanti, è un bene che ricevano questi continui richiami e stimoli.

Nell’“Evangelii Gaudium”, Francesco ha scritto: «Se qualcuno si sente offeso dalle mie parole, gli dico che le esprimo con affetto e con la migliore delle intenzioni, lontano da qualunque interesse personale o ideologia politica. La mia parola non è quella di un nemico né di un oppositore. Mi interessa unicamente fare in modo che quelli che sono schiavi di una mentalità individualista, indifferente ed egoista, possano liberarsi da quelle indegne catene e raggiungano uno stile di vita e di pensiero più umano, più nobile, più fecondo, che dia dignità al loro passaggio su questa terra».

Nel novembre 2014, in seguito al richiamo di Francesco alle Chiese perché non siano affariste e non affiggano listini prezzi per i sacramenti nelle parrocchie, don Piero Coda, ordinario di Teologia sistematica e preside dell’Istituto Universitario Sophia a Loppiano ha spiegato: «Un Pontefice che non ha paura di mettere in rilievo le fragilità, i punti deboli, le incongruenze della vita ecclesiale per invitare ad una conversione permanente. Se il Papa, che è un grande uomo di Dio, ci dice queste cose vuol dire che ne abbiamo bisogno. Forse non ci rendiamo sufficientemente conto del momento che viviamo come Chiesa e come umanità”, sottolinea don Piero Coda. ” Oggi c’è bisogno di una Chesa ‘purificata’. E se il Signore ci ha mandato questo Papa che dice queste cose, in ascolto della voce dello Spirito, vuol dire che ne abbiamo bisogno»





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33. IL CASO DELLA “VIOLENZA FRATICIDA” E DELL’OFFESA DEI CRISTIANI UCRAINI

Il 4 febbraio 2015 Francesco ha rivolto un pensiero «all’amato popolo ucraino. Purtroppo la situazione sta peggiorando e si aggrava la contrapposizione tra le parti», facendo riferimento agli scontri con i filo-russi. «Preghiamo anzitutto per le vittime, tra cui moltissimi civili, e per le loro famiglie, e chiediamo al Signore che cessi al più presto questa orribile violenza fratricida. Rinnovo l’accorato appello affinché si faccia ogni sforzo – anche a livello internazionale – per la ripresa del dialogo, unica via possibile per riportare la pace e la concordia in quella martoriata terra. Fratelli e sorelle, quando io sento le parole “vittoria” o “sconfitta” sento un grande dolore, una grande tristezza nel cuore. Non sono parole giuste; l’unica parola giusta è “pace”. Questa è l’unica parola giusta. Io penso a voi, fratelli e sorelle ucraini … Pensate, questa è una guerra fra cristiani! Voi tutti avete lo stesso battesimo! State lottando fra cristiani. Pensate a questo scandalo. E preghiamo tutti, perché la preghiera è la nostra protesta davanti a Dio in tempo di guerra».

A causa di queste parole sono arrivate alcune critiche da parte di gruppi cattolici ucraini, che hanno interpretato questa riflessione come una accusa verso di loro. Il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi, è intervenuto chiarendo: «Di fronte alle diverse interpretazioni che sono state date alle parole del Papa, specialmente quelle di mercoledì 4 febbraio all’udienza generale, ritengo utile precisare che egli ha sempre inteso rivolgersi a tutte le parti interessate, confidando nello sforzo sincero di ciascuna per applicare le intese raggiunte di comune accordo e richiamando il principio della legalità internazionale, al quale la Santa Sede ha fatto riferimento più volte da quando è cominciata la crisi».

Il 20 febbraio 2015 il vaticanista Sandro Magister ha tuttavia accusato Francesco di aver offeso il popolo ucraino «mettendo tutti alla pari, aggressori e aggrediti». Il 23 febbraio 2015 è arrivata la risposta su “Il Sismografo”: «In queste ore alcuni analisti si dilettano, nel caso del dramma ucraino, a cercare di usare certe parole del Papa o dei presuli dell’Ucraina per sostenere e alimentare personali campagne contro Francesco. In questa occasione si cerca di montare un caso mediatico con l’espressione “guerra fratricida”, scrivendo che il Papa avrebbe usato questa dicitura, la quale se applicata al conflitto nel Paese, “ferisce la sensibilità degli ucraini”. In realtà il Papa il 4 febbraio scorso alla fine dell’Udienza generale parlò di “violenza fratricida” e lo fece perché, come ha spiegato mille volte con chiarezza, coraggio e lucidità (si legga l’omelia della Messa nel Sacrario di Redipuglia), ogni conflitto, guerra, scontro… è sempre fratricida semplicemente perché oppone tra se, con l’uso dell’odio, della menzogna, degli strumenti di morte, della propaganda e tanto altro, essere umani che sono tutti e comunque fratelli. Dal punto di vista evangelico e morale non ha nessuna importanza se una guerra è interna, civile, di aggressione o espansione imperialistica, o di difesa … perché è sempre “violenza fratricida”; oppure c’è chi, a seconda la definizione tecnica e geopolitica, è in grado di dire chi è o chi non è fratello? E poi, perché si ignorano gli altri concetti espressi dal Papa, le sue esortazioni, e i suoi appelli nel caso in questione? Perché? Per il cattivo gusto di trovare ogni giorno un pretesto, spesso infondato, per attaccare e criticare il Papa. Sarebbe molto più serio scrivere sul proprio blog: “Sono contro il Papa comunque e a prescindere”, almeno il lettore così capisce subito».





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34. IL CASO DEL “PUGNO” DI FRANCESCO E DEL “VANGELO COME TEORIA”

Il caso del “pugno” di Francesco è emerso durante la conferenza stampa nel viaggio nelle Filippine, al Papa è stata posta questa domanda: “Santo Padre, ieri mattina durante la Messa ha parlato della libertà religiosa come diritto umano fondamentale. Ma nel rispetto delle diverse religioni fino a che punto si può arrivare nella libertà di espressione, che anche quella è un diritto umano fondamentale?”. La domanda richiama il discorso sulla libertà d’espressione in seguito all’attentato terroristico al settimanale satirico “Charlie Hebdo”. Francesco ha risposto: «abbiamo l’obbligo di dire apertamente, avere questa libertà, ma senza offendere». Per farlo capire meglio ha quindi fatto una battuta: «Perché è vero che non si può reagire violentemente, ma se il dott. Gasbarri, grande amico, mi dice una parolaccia contro la mia mamma, gli arriva un pugno! E’ normale! Non si può provocare, non si può insultare la fede degli altri, non si può prendere in giro la fede. E questa è un’eredità dell’illuminismo. Tanta gente che sparla delle religioni, le prende in giro, diciamo “giocattolizza” la religione degli altri, questi provocano, e può accadere quello che accade se il dott. Gasbarri dice qualcosa contro la mia mamma. C’è un limite. Ogni religione ha dignità, ogni religione che rispetti la vita umana, la persona umana. E io non posso prenderla in giro. E questo è un limite. Ho preso questo esempio del limite, per dire che nella libertà di espressione ci sono limiti come quello della mia mamma».

In seguito a questa risposta, da più parti Francesco è stato accusato di “istigazione alla violenza”. Antonio Socci ha parlato di «legittimazione della violenza fisica», sul Papa contrario «alla civiltà giuridica e soprattutto cestina il Vangelo», che è tornato alla «legge del taglione», che non andrebbero prese alla lettera ma aiutano a capire meglio il senso del discorso. La stessa metafora è stata utilizzata anche dal grande educatore don Luigi Giussani, padre spirituale di Antonio Socci: «Quando uno mi viene a dire: “Ma io voglio bene a questa ragazza, è un pezzo che siamo insieme, però non sono più innamorato di lei!», gli darei un pugno, perché l’unico modo per rispondere è quello di fargli capire che c’è qualcosa di storto (il naso, per esempio!)». (L. Giussani, “Uomini senza patria, 1982-1983″, Bur 2008, p. 332). Basterebbe anche ricordare la violenza di Gesù quando rovescia i tavoli e scaccia violentemente i mercanti davanti al Tempio di Gerusalemme o quando afferma: «È meglio per lui che gli sia messa al collo una pietra da mulino e venga gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli» (Lc 17,1-6). Gesù non istiga alla violenza neppure quando disse: “Non sono venuto a portare pace, ma una spada” (Mt 10,34). Basta mettere da parte l’ideologia e contestualizzare le parole.

Come ha spiegato padre Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede, il Papa «parlava di una reazione spontanea che si può sentire e che, di fatto, uno sente, quando è offeso profondamente. Ha voluto ricordare che ci sono due libertà che vanno tenute assieme: quella di espressione e quella religiosa, che implica il rispetto della religione altrui. Ha usato un esempio che tutti possiamo capire, quando veniamo toccati nei nostri sentimenti più profondi».

Il 19 gennaio 2015 al Pontefice è stato chiesto di chiarire meglio le sue parole dopo la loro strumentalizzazione, ha risposto: «In teoria, possiamo dire che una reazione violenta davanti a un’offesa, a una provocazione, in teoria sì, non è una cosa buona, non si deve fare. In teoria, possiamo dire quello che il Vangelo dice, che dobbiamo dare l’altra guancia. In teoria, possiamo dire che noi abbiamo la libertà di esprimere e questa è importante. Nella teoria siamo tutti d’accordo, ma siamo umani, e c’è la prudenza, che è una virtù della convivenza umana. Io non posso insultare, provocare una persona continuamente, perché rischio di farla arrabbiare, rischio di ricevere una reazione non giusta, non giusta. Ma è umano, quello. Per questo dico che la libertà di espressione deve tenere conto della realtà umana e perciò dico [che] deve essere prudente. È una maniera di dire che deve essere educata, pure, no? Prudente: la prudenza è la virtù umana che regola i nostri rapporti. Io posso andare fino a qui, posso andare di là, di là … Questo volevo dire: che in teoria siamo tutti d’accordo: c’è libertà di espressione, una reazione violenta non è buona, è cattiva sempre. Tutti d’accordo. Ma nella pratica fermiamoci un po’, perché siamo umani e rischiamo di pro-vo-care gli altri e per questo la libertà deve essere accompagnata dalla prudenza. Quello volevo dire. ».

La risposta è stata nuovamente oggetto di accuse da parte del giornalista Antonio Socci, il quale ha accusato il Papa di essersi «rimangiato lo scivolone del pugno» e di aver definito il Vangelo «una teoria». Anche in questo caso è una mistificazione della realtà: Francesco non ha rimangiato nulla, gli è stato chiesto di chiarire meglio il suo discorso a causa di alcune strumentalizzazioni mediatiche e lui lo ha fatto, riproponendo lo stesso identico concetto. Ha invitato gli uomini, cristiani e non, alla prudenza nell’uso della libertà d’espressione: è vero che il Vangelo chiede di porgere l’altra guancia ma non si può confidare sul fatto che tutti ascoltino il Vangelo, e c’è il rischio serio di provocare reazioni violente. Francesco si è messo nei panni dell’uomo qualunque che sentendosi minacciato nel profondo reagisce a modo suo, facendo dunque capire quale rischio si corre nell’offendere gli altri.

II 30 gennaio 2015 il prof. Paolo Branca, docente di Islamistica presso l’Università Cattolica di Milano, ha scritto: «La sua battuta a proposito della probabile reazione di chiunque senta insultare la propria madre nasce dal semplice buon senso. Dire che un buon cristiano dovrebbe “porgere l’altra guancia” (com’è stato fatto) significa sia banalizzare il vero senso del perdono, sia fingere che non esistano istinti “sani”… cui certamente non si deve cieca obbedienza, ma che dovrebbero essere alla base di una conoscenza onesta dell’essere umano in quanto “animale simbolico”. Dire o meno qualcosa, come andarsene in giro vestiti o nudi non è, né potrà mai essere, “la stessa cosa”, in barba al “se ti senti bene con te stesso, fai pure tutto quel che ti passa per la mente”. Questa non è libertà, ma la sua caricatura».

Sulla “questione del pugno” è intervento il 6 febbraio 2014 anche il vaticanista anticlericale Marco Politi de ”Il Fatto Quotidiano”, citando le occasioni in cui Francesco ha parlato in questo modo colorito: il pugno a chi offende la mamma, un calcione “là dove non batte il sole” a un faccendiere e il papà che dice: “ogni tanto devo picchiare un po’ i figli, ma mai in faccia per non avvilirli”, mimando la sculacciata. Ha commentato Politi: «Si era pensato che, quando Francesco in aereo aveva esposto ai giornalisti l’immagine del pugno, si trattasse di uno scivolone. Invece il nuovo linguaggio pare riflettere una strategia per scuotere la terminologia del politically correct, allontando da sé ogni sospetto di buonismo liquoroso e cominciando a porre interrogativi scomodi. Se la libertà di satira è un diritto assoluto, è giusto porsi anche la domanda delle reazioni che può provocare in situazioni infiammate? Anche sul piano educativo Bergoglio mette in questione – con parole da parroco – l’ideologia pedagogica del “vietato vietare”, con il suo corollario “schiaffoni mai”. Questione controversa, che spesso ha prodotto esiti contrastanti: i ribelli coccolati a oltranza in famiglia, dove tutto è permesso, il più delle volte posti a confronto delle rigide gerarchie sociali nel mondo reale strisciano davanti alle autorità o supposte tali».
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Lu 12,42 Il Signore rispose: «Qual è dunque l'amministratore fedele e saggio, che il Signore porrà A CAPO della sua servitù, per distribuire a tempo debito la razione di cibo?
 
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