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DOSSIER IN RISPOSTA ALLE OBIEZIONI SU PAPA FRANCESCO

Ultimo Aggiornamento: 10/12/2019 21:20
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17/03/2015 11:16
 
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5. UDIENZA PRIVATA AL TRANSESSUALE


Nel gennaio 2015 il quotidiano spagnolo “Hoy” ha rivelato che Francesco ha incontrato privatamente il transessuale spagnolo, accompagnato dalla fidanzata, Diego Neria Lejarraga. Il transessuale gli aveva scritto più volte dicendo di sentirsi emarginato dalla sua parrocchia e il vescovo di Plasencia, Amedeo Rodriguez Magro, lo ha invitato a rivolgersi al Pontefice. Secondo molti tale incontro avrebbe legittimato la transessualità nella Chiesa, o, per lo meno, Francesco avrebbe operato un lassismo morale.


Abbiamo fatto notare che queste stesse scandalizzate critiche non si levarono quando, nel settembre 2007, Benedetto XVI ha ricevuto in udienza privata il dittatore sudanese Omar al-Bashir, accusato di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra nel Darfur, avendo appoggiato politicamente e finanziariamente la pulizia etnica operata per anni dalle milizie islamiche. Se Francesco avrebbe legittimato la transessualità ricevendo un transessuale in udienza privata in Vaticano, allora per coerenza bisognerà sostenere che Benedetto XVI ha commesso qualcosa di ben più grave: ha legittimato il genocidio del Darfur ricevendo in udienza privata in Vaticano il dittatore del Sudan. La verità è che Benedetto XVI ritenne opportuno quell’incontro come un’occasione per riportare la pace in Sudan, mentre Francesco ha ritenuto opportuno quell’incontro come un’occasione per riportare la pace nel cuore di quel transessuale, magari inducendolo in decisioni diverse sulla sua vita. L’incontro privato tra Francesco e Diego Neria Lejarraga non legittima nulla, così come Gesù non legittimò pubblicani e peccatori quando si recò a mangiare a casa loro. Pubblicamente Francesco ha già affermato di pensarla come la Chiesa («sono figlio della Chiesa»), ha condannato l’educazione di gender (il sentirsi uomo o donna a prescindere dal dato biologico) definendola «colonizzazione ideologica» e paragonandola alle dittature fasciste e naziste. Ha quindi apertamente condannato il “peccato”, ma ha voluto incontrare privatamente il “peccatore” e la notizia sarebbe rimasta privata se non fosse stato per un quotidiano spagnolo.


Francesco ha voluto far sentire questa donna una persona umana e non uno scarto della natura, ha voluto comunicarle che la Chiesa non rifiuta mai nessuno, indipendentemente dalle scelte che si prendono nella vita. Forse le ha detto anche altro, non lo sappiamo e non sappiamo come si evolverà la sua storia personale. Quando Gesù incontrò il delinquente Zaccheo, recandosi a casa sua, creò scandalo tra il popolo, sembrò legittimare le sue azioni. Eppure fu l’occasione per Zaccheo di convertirsi e cambiare vita, donando metà dei suoi averi ai poveri. Non sarebbe accaduto nulla se Gesù lo avesse scacciato dalla città e respinto come “figlio del Demonio” (l’epiteto che avrebbe ricevuto il transessuale nella sua parrocchia, secondo il suo racconto).


Un mese dopo il Papa sembra aver replicato anche ai facili scandalizzatori attraverso una metafora con un racconto del Vangelo che parla di un lebroso: «Immaginate quanta sofferenza e quanta vergogna doveva provare un lebbroso: fisicamente, socialmente, psicologicamente e spiritualmente! Egli non è solo vittima della malattia, ma sente di esserne anche il colpevole, punito per i suoi peccati! È un morto vivente, “come uno a cui suo padre ha sputato in faccia” (cfr Nm 12,14). Inoltre, il lebbroso incute paura, disdegno, disgusto e per questo viene abbandonato dai propri familiari, evitato dalle altre persone, emarginato dalla società, anzi la società stessa lo espelle e lo costringe a vivere in luoghi distanti dai sani, lo esclude. E ciò al punto che se un individuo sano si fosse avvicinato a un lebbroso sarebbe stato severamente punito e spesso trattato, a sua volta, da lebbroso. Gesù rivoluziona e scuote con forza quella mentalità chiusa nella paura e autolimitata dai pregiudizi. Gesù, nuovo Mosè, ha voluto guarire il lebbroso, l’ha voluto toccare, l’ha voluto reintegrare nella comunità, senza “autolimitarsi” nei pregiudizi; senza adeguarsi alla mentalità dominante della gente; senza preoccuparsi affatto del contagio. Gesù risponde alla supplica del lebbroso senza indugio e senza i soliti rimandi per studiare la situazione e tutte le eventuali conseguenze! Per Gesù ciò che conta, soprattutto, è raggiungere e salvare i lontani, curare le ferite dei malati, reintegrare tutti nella famiglia di Dio. E questo scandalizza qualcuno! E Gesù non ha paura di questo tipo di scandalo! Egli non pensa alle persone chiuse che si scandalizzano addirittura per una guarigione, che si scandalizzano di fronte a qualsiasi apertura, a qualsiasi passo che non entri nei loro schemi mentali e spirituali, a qualsiasi carezza o tenerezza che non corrisponda alle loro abitudini di pensiero e alla loro purità ritualistica. Egli ha voluto integrare gli emarginati, salvare coloro che sono fuori dall’accampamento (cfr Gv 10). Sono due logiche di pensiero e di fede: la paura di perdere i salvati e il desiderio di salvare i perduti. Anche oggi accade, a volte, di trovarci nell’incrocio di queste due logiche: quella dei dottori della legge, ossia emarginare il pericolo allontanando la persona contagiata, e la logica di Dio che, con la sua misericordia, abbraccia e accoglie reintegrando e trasfigurando il male in bene, la condanna in salvezza e l’esclusione in annuncio. Queste due logiche percorrono tutta la storia della Chiesa: emarginare e reintegrare. San Paolo, attuando il comandamento del Signore di portare l’annuncio del Vangelo fino agli estremi confini della terra (cfr Mt 28,19), scandalizzò e incontrò forte resistenza e grande ostilità soprattutto da coloro che esigevano un’incondizionata osservanza della Legge mosaica anche da parte dei pagani convertiti. Anche san Pietro venne criticato duramente dalla comunità quando entrò nella casa del centurione pagano Cornelio (cfr At 10). La strada della Chiesa, dal Concilio di Gerusalemme in poi, è sempre quella di Gesù: della misericordia e dell’integrazione. Questo non vuol dire sottovalutare i pericoli o fare entrare i lupi nel gregge, ma accogliere il figlio prodigo pentito; sanare con determinazione e coraggio le ferite del peccato; rimboccarsi le maniche e non rimanere a guardare passivamente la sofferenza del mondo. La strada della Chiesa è quella di non condannare eternamente nessuno; di effondere la misericordia di Dio a tutte le persone che la chiedono con cuore sincero; la strada della Chiesa è proprio quella di uscire dal proprio recinto per andare a cercare i lontani nelle “periferie” essenziali dell’esistenza; quella di adottare integralmente la logica di Dio; di seguire il Maestro che disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Lc 5,31-32)».



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Lu 12,42 Il Signore rispose: «Qual è dunque l'amministratore fedele e saggio, che il Signore porrà A CAPO della sua servitù, per distribuire a tempo debito la razione di cibo?
 
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