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RIFLESSIONI BIBLICHE

Ultimo Aggiornamento: 02/12/2017 23:42
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10/11/2017 08:29
 
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La domanda che Gesù ha posto ai suoi discepoli, la pone continuamente anche a noi, per impegnarci a contemplarlo più profondamente, ad approfondire il suo mistero: "Voi chi dite che io sia?".
San Leone Magno, divenuto papa nel V secolo, affermò con fede luminosa la divinità di Cristo e la sua umanità: Cristo, Figlio del Dio vivente e figlio di Maria, uomo come noi. Non ha accettato, per esprimerci così, che si abbreviasse il mistero, né in una direzione né nell'altra, e il Concilio di Calcedonia ha cercato una formula che preserva tutta la rivelazione. Dio si è rivelato a noi nel Figlio, e il Figlio è un uomo che è vissuto in mezzo a noi, ha sofferto, è morto, è risorto.
"Dio dice la lettera agli Ebrei aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti". E parlando per mezzo dei profeti Dio aveva fatto desiderare la sua presenza: "Se tu squarciassi i cieli e scendessi!" esclamava Isaia. E Dio è disceso, si è reso presente nel Figlio: "A noi Dio ha parlato per mezzo del Figlio".
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11/11/2017 09:13
 
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Casa di Preghiera San Biagio FMA
Commento su Fil 4, 10

"Ho provato grande gioia nel Signore perché finalmente avete fatto rifiorire la vostra premura nei miei riguardi: l'avevate anche prima, ma non ne avete avuto l'occasione".

Fil 4, 10
Come vivere questa Parola?

La gioia è la parola chiave di questo quarto e ultimo capitolo della lettera ai Filippesi. Paolo riscatta anche questo sentimento e lo rende prerogativa cristiana. In tutte le sue forme: possiamo rallegrarci perché il nostro nome è scritto nel cielo, possiamo rallegrarci perché i nostri amici si sono dimostrati tali e hanno avuto cura di noi!

La gioia è un altro modo di rendere un culto spirituale a Dio, perché si fa riconoscimento e celebrazione del bene in cui siamo immersi e di cui tendiamo a non essere consapevoli. È manifestazione pasquale, antidoto al pessimismo e all'ottimismo ottuso. Parte dal reale, dalle evidenze che ci dicono"bene", "bello" e dà loro risonanza, perché tutti vedano, capiscano e a loro volta gioiscano. Papa Francesco dice che alcuni cristiani hanno paura della gioia, hanno paura della vicinanza di Gesù, perché questo ci dà gioia.
Signore, non ci spaventi la gioia, non ci spaventi dimostrare che la speranza anima la nostra vita e ci obbliga a vedere con occhi diversi quello che accade.
La voce di Papa Francesco

Con un po' di senso dell'umorismo possiamo dire che ci sono cristiani pipistrelli che preferiscono le ombre alla luce della presenza del Signore». Invece "Gesù, con la sua Risurrezione ci dà la gioia: la gioia di essere cristiani; la gioia di seguirlo da vicino; la gioia di andare sulla strada delle Beatitudini, la gioia di essere con Lui.

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12/11/2017 10:58
 
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Gaetano Salvati
Commento su Matteo 25,1-13

Il Signore Gesù, ancora con una parabola, ci mette in guardia dal rischio di non essere sufficientemente consapevoli nel valutare il tempo dell'attesa del suo ritorno, dell'incontro con Lui.
La parabola di oggi presenta molteplici difficoltà di comprensione, dovute soprattutto all'apparente incoerenza dello sposo: è possibile che il Signore misericordioso non aspetta fino alla fine alcune vergini? Perché chiude la porta?
Per non cedere alla tentazione di un Dio freddo calcolatore, lontano dalle nostre speranze, è necessario sia una lettura diligente del vangelo, che la nostra intelligenza per comprendere la Sua volontà nella nostra esistenza.
Gesù racconta che vi erano dieci ragazze, "cinque stolte e cinque sagge" (Mt 25,2), promesse spose di un signore, le quali vollero andare "incontro allo sposo" (v. 1). Tutte avevano con sé delle lampade poiché l'amato tardava a venire da loro; ma solo cinque, le prudenti, "presero con sé l'olio" (v. 3-4). Intanto, si avvicinava la sera, il buio, e le vergini si addormentarono (v. 5). A mezzanotte qualcuno gridò: "Ecco lo Sposo! Andategli incontro" (v. 6). Tutte si destarono: quelle sagge erano già pronte; le stolte, invece, per timore che le lampade si spegnessero, andarono a comprare l'olio (v. 10). Nello stesso momento, arrivò lo sposo che condusse le cinque rimaste alle nozze. Con ritardo arrivarono le altre vergini, ma trovarono la porta del signore chiusa. Inutili furono le suppliche perché lui aprisse: le stolte erano rimaste fuori.
Fra le tante e legittime domande che può suscitare questa pagina del vangelo di san Matteo è: perché tanta severità da parte dello sposo? Le ragazze stolte, in qualche modo, hanno avuto perseveranza nell'attendere l'amato; sono andate persino fin sotto la porta dove si celebravano le nozze. La risposta ai nostri dubbi, allora, sopraggiunge nella reale comprensione del regno dei cieli. Non è una realtà statica, ma un movimento divino che anima tutta la nostra vita. Questo dinamismo è rappresentato nel vangelo dalla volontà da parte dello sposo di venire incontro alle vergini, all'umanità. L'uomo, quando risponde alla chiamata universale alla salvezza, va incontro a Dio, ha la possibilità di unirsi a Lui. Altra domanda: perché lo sposo lascia da sole le vergini? Dio non ha mai lasciato le ragazze, le vergini; è stato sempre con loro. Questa presenza è rappresentata dalle lampade e dall'olio. La lampada è Dio, l'olio è la volontà, sincera, di servirlo, di ascoltare la sua voce. Dunque il Signore è sempre con loro, anche quando dormono, cioè cadono nel sonno del peccato: la lampada è la speranza che Dio non abbandona l'uomo nelle tenebre dello sconforto, della depressione della solitudine. Sta dalla parte dell'uomo: silenziosamente lo incoraggia a non cedere alla superficialità del peccato. Infatti al grido di mezzanotte tutte si svegliano. Allora la differenze fra le vergini risiede nell'olio dell'amore. Questa è la dolce fermezza a non compiere ciò che è giusto per noi, ma a fare la volontà di Dio. Come possiamo alimentare la lampada? Amando i fratelli, il prossimo: dobbiamo sforzarci di vedere nel volto degli altri, il volto di Dio; essere Chiesa d'amore, di misericordia, di perdono, di salvezza per gli altri. In altri termini, vedere negli altri Dio, perché questi possano vedere in noi il Suo mistero di redenzione.
Non scoraggiamoci se, a volte, ci addormentiamo. Dio sta al nostro fianco, sempre. Lui è quella lampada, accesa forse fievolmente, ma comunque presente nella nostra esistenza: ci sostiene quando manchiamo; ci alimenta quando necessitiamo di Lui; ci solleva quando cadiamo; ci conforta quando siamo tristi; sta con noi quando siamo soli.
Amen.
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13/11/2017 08:15
 
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Oggi il Vangelo ci presenta Gesù nello stesso tempo molto severo e molto indulgente. "Guai a coloro per cui avvengono gli scandali! È meglio per lui che gli sia messa al collo una pietra da mulino e venga gettato nel mare"; ma: "Se un tuo fratello pecca sette volte al giorno contro di te e sette volte ti dice: Mi pento, tu gli perdonerai".
Nella vita siamo sempre nella condizione di assumere atteggiamenti contrastanti ed è la sapienza che ci fa compiere il giusto discernimento. Altrimenti l'attitudine che ci è naturale è esattamente il contrario di quelle che il Vangelo ci propone. Naturalmente siamo indulgenti per noi stessi, e anche quando provochiamo scandalo non lo vediamo neppure, ci rassicuriamo dicendo che non c e assolutamente motivo di scandalizzarsi. Abbiamo tante buone ragioni per fare quello che vogliamo, che lo scandalo ci sembra una cosa irrilevante. Ma diventiamo severissimi quando si tratta del nostro interesse, della nostra dignità. Se qualcuno pecca contro di noi, diventa una cosa dell'altro mondo: non possiamo perdonare, non possiamo dimenticare. Veramente i contrasti che sono in noi sono rovesciati rispetto a quelli giusti, e siamo indulgenti per ciò che il Signore giudica con severità, mentre siamo severi per le cose che egli guarda con indulgenza.
Dobbiamo chiedere con grande perseveranza il dono di saper giudicare le cose con il suo metro, perché questa è l'unica strada buona. Dobbiamo continuamente, correggere il nostro modo di giudicare: questo è fondamentale, perché se sono sbagliati i nostri giudizi continueremo a sbagliare anche le nostre azioni. Se invece cerchiamo di avere il giudizio del Signore, potremo anche sbagliare, ma ce ne accorgeremo subito e a poco a poco ci correggeremo, con il suo aiuto.
Nel Libro della Sapienza è detto: "La sapienza è uno spirito amico degli uomini" (1,6). E molto bello: questo spinto guida con soavità e forza e insegna la via per giungere a Dio e per trovare i giusti rapporti con gli altri.
"La sapienza è uno spirito amico degli uomini". Ne facciamo l'esperienza quando riflettiamo davanti al Signore: se ci mettiamo alla scuola della sapienza essa ci ispira cose buone, che magari all'inizio ci sconcertano, ma di cui intuiamo che sono per il nostro vero bene.
Chiediamo dunque al Signore questa sapienza divina, che metta nella nostra vita la luce retta della sua parola al posto delle ingannevoli luci delle nostre inclinazioni naturali.
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14/11/2017 11:24
 
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DO322 ;
Il Libro della Sapienza ci invita a saper guardare le cose in profondità e a non lasciarci ingannare dalle apparenze: "Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio... Agli occhi degli stolti parve che morissero, ma essi sono nella pace. Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi, la loro speranza è piena di immortalità". Ecco l'illusione di chi giudica dalle apparenze: credere che chi è contrariato, perseguitato, tormentato dagli uomini, sia profondamente infelice, invece chi è nelle mani di Dio, unito a lui, è pieno di speranza e di pace in ogni situazione. Chi vede nel fondo delle cose, avverte benissimo che, al contrario, non c e felicità nel godere del mondo, ma un terribile vuoto, ed è proprio questo che provoca la corsa al piacere, nella speranza di trovare soddisfazione e pienezza di vita.
Ho letto tempo fa la testimonianza di un missionario, arrestato in Cina negli anni della rivoluzione di Mao come nemico del popolo. Dopo interrogatori estenuanti, torture fisiche e psicologiche, fu sottoposto al giudizio del popolo. Egli dice che, coperto di insulti e di accuse infamanti, provava "una gioia fortissima": sapeva di essere più che mai unito a Gesù nella sua passione. "Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi, la loro speranza è piena di immortalità".
Continua il Libro della Sapienza: "Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé. Li ha saggiati come oro nel crogiolo e li ha graditi come un olocausto".
In ogni pena non fermiamoci alla superficie, cerchiamo l'intenzione di Dio, che è sempre un'intenzione d'amore: ci saggia come oro nel crogiolo, per purificarci, per portarci ad un amore più profondo, più disinteressato. Se Dio ci dà di capire questo, saremo nella pace, anche nelle sofferenze più grandi.
Siamo sempre nelle mani del Signore, i suoi occhi sono su di noi con amore mentre permette che siamo provati dal dolore: rimaniamo dunque fedeli a lui in ogni circostanza e avremo la vita in pienezza: "Coloro che gli sono fedeli vivranno presso di lui nell'amore".
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15/11/2017 08:35
 
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Gesù sottolinea l'importanza del ringraziamento, della riconoscenza. Egli ha guarito dieci lebbrosi, ma soltanto uno straniero ritorna a ringraziarlo. Gli altri erano abituati ai benefici di Dio, credevano di averne diritto e non hanno ritenuto doveroso ringraziare.
Noi che riceviamo moltissimo da Dio a volte siamo meno riconoscenti di quelli che, vissuti lontani da lui, quando lo conoscono sono pieni di meraviglia per la sua bontà. Se lasciamo che nel nostro cuore si insinui l'abitudine di non rendere grazie, ci allontaniamo dal Signore, perché il ringraziamento è necessario per completare il beneficio di Dio. Soltanto a questo straniero venuto a ringraziare Gesù ha potuto dire: "La tua fede ti ha salvato". Gli altri hanno ricevuto la guarigione, se ne sono andati felici di essere guariti, ma non sono in relazione con Dio, non hanno la fede che salva.
Il rendimento di grazie, in un certo senso, chiude il circuito con Dio, stringe il legame con lui, ed è questa la cosa importante. Ricevere un beneficio in fondo è secondario: importante è essere in relazione con il benefattore, con colui che dà. Un bambino deve ricevere tutto quanto ha bisogno, ma non è importante che lo riceva a volte da uno e a volta da un altro, dal punto di vista materiale; importante è che egli si senta amato dalla mamma, altrimenti il suo cuore non si svilupperà, non potrà crescere nell'amore, perché gli sarà mancato il rapporto con una persona che lo ama.
Dio vuole che noi sentiamo il suo amore, vuole che lo riconosciamo, non perché è geloso dei suoi diritti, ma proprio perché non vuol darci solo dei benefici: vuol dare se stesso. Riconoscendo i suoi doni noi ci mettiamo in relazione con lui, completiamo quel rapporto che egli ha iniziato e che non può essere perfetto senza la nostra collaborazione. Per questo è importante l'azione di grazie, perché è riconoscere che Dio ci ama, invece di assaporare egoisticamente i suoi benefici richiudendoci in noi stessi. E un nutrimento per l'anima approfittare di ogni dono di Dio per avvicinarsi di più a lui, rallegrarsi del suo amore, della sua bontà.
E a questa gioia che Gesù ci chiama insistendo sul dovere della riconoscenza.
È anche chiaro che la riconoscenza, mettendoci nel giusto atteggiamento, è un grande aiuto nella vita spirituale. Chi non è riconoscente cade infallibilmente nell'egoismo e nell'orgoglio, mentre chi è riconoscente è liberato da queste tentazioni. Dovremmo essere riconoscenti non soltanto quando riceviamo un beneficio, ma in tutte le nostre azioni, come lo era Gesù che ringraziava continuamente il Padre. Anche durante la passione egli ringraziava il Padre, anzi la passione stessa è un sacrificio di ringraziamento, come dimostra l'istituzione dell'Eucaristia. Gesù rende grazie a Dio, riceve da Dio l'imminente passione come un suo meraviglioso dono, attraverso il quale il Padre glorifica il Figlio e permette al Figlio di glorificarlo.
Anche noi possiamo ringraziare Dio ricevendo da lui tutte le nostre azioni, facili o difficili che siano: così siamo nel giusto rapporto con lui e siamo liberati dalle insufficienze umane, dalle imperfezioni umane, dalle tentazioni. Quando tutto va bene, se non ringraziamo Dio, se non pensiamo che questo è un dono meraviglioso che ci aiuta a crescere nel suo amore e nell'amore per gli altri, istintivamente ci compiacciamo di noi stessi e snaturiamo la grazie che Dio ci ha appena dato, invece di vivere nell'amore. E quando le cose non vanno bene, se invece di indispettirci, di scoraggiarci apriamo gli occhi a vedere nella fede che Dio sta lavorando in noi per renderci somiglianti al suo Figlio che ha sofferto e per questo è stato glorificato, il nostro cuore è cambiato. Invece di sprofondare nell'amarezza ci voltiamo verso la vera luce e così troviamo la sorgente della generosità. La vera generosità non è lo sforzo titanico di rendersi eroici; la vera generosità si riceve da Dio con riconoscenza e amore.
Domandiamo al Signore di mettere in noi il desiderio di ringraziarlo sempre, quel desiderio che nella messa esprimiamo dicendo: "E cosa buona e giusta renderti grazie". L'Apostolo Paolo ripete continuamente ai cristiani che devono rendere grazie e ne dà egli stesso l'esempio: all'inizio di tutte le sue lettere la sua anima si espande nel rendimento di grazie per tutto il bene che Dio compie per mezzo di lui e di tutte le Chiese. Chiediamo dunque al Signore di vivere ogni nostra giornata come "Eucaristia", cioè rendimento di grazie, ricevendo da lui ogni nostra opera come un nutrimento: "Mio cibo è fare la volontà del Padre mio".
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16/11/2017 08:12
 
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Il regno di Dio non viene in modo da attirare l'attenzione... Perché il regno di Dio è in mezzo a voi!".
Gesù ci chiama ad una vigilanza costante e piena di pace, per riconoscere la luce e l'amore di Dio nelle cose ordinarie, quotidiane. Gesù è lui stesso il regno di Dio in persona apparentemente era un uomo come gli altri, non manifestava la sua gloria di Figlio di Dio, eppure è venuto dal Padre per insegnarci la via della sapienza. Egli stesso è la Sapienza!
Già i saggi dell'Antico Testamento avevano riconosciuto che la sapienza non è dagli uomini, ma ha qualcosa di divino: "Spirito intelligente, santo, unico, molteplice, penetrante...". E ancora: "Emanazione della potenza di Dio, riflesso della luce perenne". Luce intellettuale quindi, che penetra ogni cosa, ma anche luce spirituale, che è molto di più, che fa conoscere le persone, mette in rapporto con Dio stesso e, "entrando nelle anime sante, forma amici di Dio". Già questa è una rivelazione molto preziosa; la nostra vita intellettuale è una certa partecipazione alla vita divina.
Nel Nuovo Testamento essa è completata e superata dalla rivelazione di Gesù, Sapienza divina che illumina tutte le circostanze della vita umana e ci fa vivere in rapporto totale con Dio. Non soltanto "emanazione della potenza di Dio", ma, come si esprime la lettera agli Ebrei, "irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza, che sostiene tutto con la potenza della sua parola" (1,3). Ecco il dono di Dio, il regno di Dio in mezzo a noi: se stesso.
Ma bisogna accoglierlo dentro di noi, compiendo così l'ardente desiderio che Gesù ha espresso nella sua preghiera al Padre prima della passione: "Io in loro e tu in me... perché l'amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro".
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17/11/2017 09:16
 
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Casa di Preghiera San Biagio FMA
Commento su Sap 13,1

"Davvero vani per natura tutti gli uomini che vivevano nell'ignoranza di Dio, e dai beni visibili non furono capaci di riconoscere colui che è, né, esaminandone le opere, riconobbero l'artefice".
Sapienza 13,1

Come vivere questa Parola?

Vani per davvero - dice il testo sacro - quegli uomini che vivevano senza luce nell'intelligenza e nel cuore perché incapaci di porsi un interrogativo fondamentale: Da dove viene questo bel creato?

Così l'attributo "vani" equivale a vuoti, inconsistenti e perciò incapaci di una vita degna di essere vissuta.

Questa denuncia di verità calza perfettamente anche per quanti, nel "nostro oggi" si comportano sostanzialmente nello stesso modo.

In una società erede diretta del consumismo, l'atmosfera che penetra dovunque è il materialismo.

Non è più neppure una filosofia, ma una tranquilla prassi che coltiva, se mai, la selva di desideri riducendoli a bisogni fittizi, fabbricati dal grande chiasso pubblicitario che ti persuade a comperare, a consumare e a comperare di nuovo.

Tempo per contemplare il bello per conoscere il vero per scegliere il bene, ce ne è poco e dunque quanto pochi sono coloro che ammirano un prato dove occhieggiano pratoline, un monte innevato, un tramonto sul mare, un volto puro!

Viene meno il contemplare e non matura la domanda di fondo, pur tanto semplice e necessaria: "Ma tutto questo vero buono e bello, chi l'ha fatto?

E davvero insipienti sono coloro che rispondono: il caso.


Signore Gesù, c'è tanta bontà bellezza e verità nel mondo in cui vivo! Aiutami a scorgerlo anche là dove non appare subito all'occhio del cuore. Non permettere mai che questo mio cuore inaridisca. Cresca invece continuamente quel "grazie a te" che mi prendi per mano e mi conduci al Padre per lodarlo amarlo e scorgerne la bellezza in tutto quello che ha creato e continua a creare, anche attraverso capacità estro e genio di ogni artista.

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18/11/2017 09:45
 
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In questi giorni leggiamo nella liturgia della parola il Libro della Sapienza; Maria, che invochiamo come sede della Sapienza, ne è l'espressione perfetta. Anche lei si vanta in mezzo al popolo: "Tutte le generazioni mi chiameranno beata"; anche lei si umilia: "Guardò l'umiltà della sua serva". Sono pochissime le parole della Madonna che i Vangeli hanno conservato, ma da lei ci viene un insegnamento che tutti li sintetizza: "Fate quello che (Gesù) vi dirà". E a Cana l'acqua fu trasformata in vino di nozze. Ecco la regola essenziale della vita cristiana: "Fate quello che Gesù vi dirà".
I nostri giorni possono essere insignificanti, semplici, monotoni: "acqua" che scorre via e non lascia traccia. Ma possono diventare "Vino di nozze" se vissuti nella docilità alla volontà di Dio, camminando nel suo amore.
Possiamo pensare che Maria ci dica un'altra parola, facendo suo l'invito di Gesù: "Rimanete nell'amore". Rimanete nell'amore come ho fatto io: allora tutte le vostre azioni, anche le più insignificanti e banali si trasformeranno in vino nuziale.
Stiamo vicino alla nostra madre e maestra, perché la pura luce della sua sapienza possa illuminarci: vedremo allora gli "stupendi prodigi" che il Signore continua a compiere in mezzo a noi come per il popolo eletto. Vedremo anche i prodigi che egli opera in noi, se davvero siamo obbedienti alla voce materna di Maria: "Fate quello che vi dirà". E come lei potremo innalzare canti di gioia per la sua grande misericordia.
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19/11/2017 00:24
 
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COMMENTO ALLE LETTURE
Commento a cura di Rocco Pezzimenti

1. La parabola dei talenti, nel Vangelo di san Matteo, precede esattamente la descrizione dell'ultimo giudizio. È davvero singolare, eppure, a ben vedere, quest'episodio richiama quel giudizio personale al quale nessuno di noi potrà sfuggire nel passaggio all'altra vita. Teniamo innanzitutto presente che nostro Signore dà a ciascuno un qualcosa che possa fruttificare nel suo Regno. Nessuno è sprovvisto di beni. A ?ciascuno secondo le sue capacità?, viene dato modo di arricchire il Regno dei cieli. Nessuno è inutile e sprovvisto di talenti. Ciò vuol dire che ognuno ha un ruolo ed è prezioso per il Regno di Dio. Anche quelle esistenze che paiono non avere senso.
2. I talenti, come ogni forma di ricchezza, ci debbono ricordare che dobbiamo solo essere fedeli amministratori, non egoistici gestori dei beni. Potremo sentirci dire: ?Bravo, servo buono e fedele; sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto: entra nella gioia del tuo padrone?, solo se avremo avuto la preoccupazione di arricchire il Regno di Dio davanti agli uomini. Il Signore ci chiede, alla luce del suo insegnamento, intraprendenza, coraggio e liberalità. Il coraggio che mancò al terzo servitore che ammette: ?intimorito, sono andato a nascondere il tuo talento nella terra?. Viene definito ?malvagio e fannullone?, incapace di rischiare e, per questo, gli viene tolto quello che ha ricevuto.
3. il Signore non dice che poteva almeno depositarlo in banca. È più perentorio: ?Dovevi, dunque, depositare il mio denaro dai banchieri e al mio ritorno avrei ritirato il mio interesse?. Tutto, insomma, deve fruttificare per il Regno di Dio. Gli viene, perciò, tolto il talento e viene dato al primo con un ammonimento che dà da pensare: ?Ad ognuno che ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche ciò che ha?. Molti Padri della Chiesa interpretano il passo sostenendo che Dio accresce la grazia a chi la mette a frutto e la ritira a chi la lascia inerte e la rende sterile. Tutto deve dare frutti per il suo Regno.
4. Paolo, nella lettura odierna, sembra commentare questo brano evangelico. Ci invita a vigilare nell'attesa di quel momento in cui siamo chiamati a rendere conto dei talenti ricevuti. Il giorno del Signore verrà ?viene come un ladro nella notte?. Ci invita pure a non fidarci di quanti sembrano sereni nella pace terrena perché ?improvvisamente la rovina si abbatterà su di essi, come i dolori del parto sulla donna incinta, e non sfuggiranno?. È questo il destino di chi pensa di nascondere e mantenere i talenti per la vita terrena.
5. Paolo cerca di essere ancora più esplicito. Costoro non sono come gli uomini di fede e vivono nelle tenebre. ?Ma voi, o fratelli, non siete delle tenebre, perché questo giorno vi sorprenda come un ladro?. Noi dobbiamo essere partecipi della luce. Il Cristo ha più volte ammonito i suoi seguaci di camminare nella luce e finché c'è la luce, cioè di camminare nei suoi insegnamenti. Questo è necessario perché, conclude Paolo, ?noi non siamo della notte, né delle tenebre... ma vegliamo e siamo sobri?.



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20/11/2017 09:12
 
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Il Vangelo di oggi è un insegnamento sulla preghiera. Il cieco fa un'intensa e insistente preghiera di domanda:
"Gesù, Figlio di Davide, abbi pietà di me! ' e poi ancora più forte: "Figlio di Davide, abbi pietà di me!"".
Una volta esaudito, la sua diventa preghiera di lode, che si allarga a tutto il popolo: "Cominciò a seguirlo lodando Dio. E tutto il popolo, alla vista di ciò, diede lode a Dio".
La preghiera di domanda ha due condizioni, e tutte e due compaiono nel racconto evangelico. La prima condizione è essere consapevoli di aver bisogno del Signore. U cieco ha questa consapevolezza, ma piuttosto confusa: lui sa di aver bisogno della vista e grida forte, e non è possibile farlo tacere, perché ha coscienza della sua miseria, della sua condizione che non è normale e vuole a tutti i costi uscirne.
La seconda condizione è la fiducia: senza di essa non ci sarebbe preghiera, ma soltanto scoraggiamento e disperazione. Se invece, nella nostra miseria, si accende la fiducia, possiamo pregare; per questo Gesù ha detto: "La tua fede ti ha salvato". La consapevolezza della propria miseria si è accompagnata alla fede nella potenza e nella misericordia del Signore: il cieco ha pregato, ha gridato, è stato esaudito e ha potuto alla fine lodare Dio.
Consapevolezza e fiducia, dunque, una consapevolezza che non deve essere motivo di tristezza: è la premessa per una preghiera autentica, perché ci fa ricorrere a Dio con un grido più sincero per essere guariti. Non dobbiamo rinchiuderci nella nostra miseria; piuttosto dire a Dio: "Signore, tu vedi come sono misero e bisognoso di te: io credo che tu, nella tua bontà, hai pietà di me e mi guarisci. Io lo credo, o Signore!". Allora la nostra preghiera sarà esaudita e potremo dare lode a Dio e alla sua infinita misericordia.





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21/11/2017 08:28
 
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Monaci Benedettini Silvestrini
A salvare ciò che era perduto


Nel racconto odierno l'evangelista Luca vuole unire in uno sguardo d'insieme il correre di Zaccheo e l'amore di Gesù che lo cerca in quell'alzar gli occhi e scorgerlo fra i rami, primizia della sua offerta, che consumerà in Gerusalemme. Mentre Gesù attraversava la città, la gente si affollava intorno a lui. Anche un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, voleva vederlo. Ma la folla glielo impediva, perché era basso di statura. La sua posizione civile come capo dei pubblicani e come gabelliere era un impedimento morale e sociale insormontabile per potere vedere e accogliere Gesù. Ma l'incontro si realizza al di là delle aspettative di Zaccheo nella giustizia del regno, che Gesù veniva a inaugurare. La salvezza impossibile a tutti, non lo è a Dio, che in Gesù "veniva a cercare e a salvare ciò che era perduto". Finalmente il desiderio di Zaccheo di vedere Gesù si incontra con quello di Gesù: "Zaccheo, scendi in fretta, perché oggi devo fermarmi a casa tua". Con grande gioia lo accolse in casa sua, suscitando le critiche di tutti, perché gli esattori delle imposte per conto dei romani erano considerati peccatori pubblici e odiati non poco. Ma questo non lo considerava Zaccheo, perché era pieno di gioia e, non importava a Gesù, "venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto". E' il faccia a faccia con il suo Salvatore, al quale ciascuno è chiamato. Quest'uomo ricco, arricchitosi a suo modo, fa davanti al Signore la sua confessione e il suo proposito. Ben al di là di quanto stabiliva la Legge, egli restituisce quanto ha sottratto. E per esprimere la sua conversione si impegna solennemente: "Ecco Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri". Mentre il giovane ricco va gioiosamente incontro a Gesù e alla risposta richiesta, divenne assai triste, perché era molto ricco, Zaccheo, anch'egli uomo ricco, compie di sua iniziativa il gesto di liberazione dal peso delle ricchezze, condividendole con i poveri. La trasformazione interiore dell'uomo, che Dio opera in noi, deve infatti proiettarsi all'esterno, in un'azione fraterna e liberatrice, sulla comunità umana nella quale il cristiano vive e condivide.

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22/11/2017 09:31
 
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Riccardo Ripoli
Mettiamo a frutto le nostre capacità

Bravo servitore; poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città

Ormai c'è in tanti l'idea che rubare un pochino non è cosa cattiva, d'altra parte lo fanno tutti, d'altra parte quello ha tanto e non si accorge nemmeno se prendo una cosa. Rubare è rubare, sia che si prenda una pannocchia in un campo sterminato, sia che si entri in casa di altri per portare via oro e gioielli. Ai ragazzi ripeto in continuazione che se vogliono un buon rapporto con le persone devono mostrare il loro lato migliore, smussare gli angoli, comportarsi bene con educazione, rispetto ed altruismo in ogni circostanza e non solo quando abbiamo gente a cena, oppure quando siamo invitati ad una certa iniziativa. Pensiamo ad un ragazzo che voglia far colpo su una ragazza. Quando sa che la vedrà si vestirà bene, si metterà il profumo, si comporterà con galanteria e gentilezza nei confronti di tutti. Mettiamo che un giorno, sapendo che la ragazza non può essere nei paraggi, si comporti male, faccia versi scorretti, si vesta in maniera trasandata, prenda in giro il più debole. Magari proprio quel giorno questa ragazza si trova a passare di lì per caso, oppure un suo amico vede questi comportamenti e li filma per farli vedere alla tipa. Comportatevi bene sempre e avrete la vostra ricompensa, raggiungerete il vostro scopo e starete bene nella vita. E' un po' come se studiassimo solo quando abbiamo un'interrogazione. Magari ci va bene, ma poi se teniamo chiusi i libri ed il professore dovesse interrogarci a sorpresa, quale voto prenderemmo? Come saremmo giudicati?
Così se ognuno di noi ha delle doti e non le mette a frutto per gli altri, le tiene dentro sé sarà giudicato per non aver fatto nulla quando avrebbe potuto, e forse quando sarà lui ad aver bisogno di un supporto, la vita potrebbe girargli le spalle. Se oggi non accogliamo un bambino che ha bisogno, domani non potremo pretendere che il Signore accolga noi e, e a chi non crede in Dio dico che quando sarà anziano non avrà diritto a lamentarsi se non verrà accolto in casa del figlio, messo in ospizio o abbandonato a se stesso.



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23/11/2017 07:57
 
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Le due letture di oggi contengono molti spunti di riflessione. Nella prima è narrato l'insorgere della resistenza armata dei Giudei contro Antioco Epifane, con la guerra cui presero parte i Maccabei e che, almeno per qualche tempo, permise la pace religiosa. Nel Vangelo Gesù annuncia un'altra guerra, che porterà alla sconfitta: "Ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte; abbatteranno te e i tuoi figli dentro dite e non lasceranno in te pietra su pietra". E Gesù piange sulla sua città che non ha capito "la via della pace". Gli stessi avvenimenti possono essere giudicati da Dio in modo diverso: la prima guerra era legittima, come ancora oggi sono necessarie le guerre in difesa del proprio territorio; la seconda non era giusta, anche se conseguenza del rifiuto che Gerusalemme ha opposto alla salvezza.
La complessità della situazione umana rende molto difficile trovare la via della pace nelle diverse circostanze, senza capitolare e senza tradire i principi evangelici.
Chiediamo al Signore, con intensa preghiera, che cessino le guerre attualmente in corso in tante parti del mondo e che i capi delle nazioni siano uomini sinceri ed energici, che cerchino sempre le vie della pace guidati dallo Spirito di Dio
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24/11/2017 09:30
 
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Riccardo Ripoli
Riprendete possesso di casa vostra

La mia casa sarà casa di preghiera. Ma voi ne avete fatto una spelonca di ladri!

A leggere il giornale la mattina c'è da rabbrividire "Farmacista sgozzata ad ottanta anni per una rapina da un diciottenne ed un ventunenne", "Donna trovata legata e uccisa in casa, sospettato il figlio della vicina, anch'essa ferita", "Giudice arrestato per tangenti, truccava i ricorsi", "Ritrovato corpo senza testa nel fiume" e così via. Mi domando a volte se siamo cittadini di questo mondo o semplici spettatori. Il mondo è anche casa nostra, non possiamo restare a guardare che qualcuno faccia il proprio comodo e detti le regole della nostra esistenza.
Cosa facciamo per migliorare il mondo? Cosa fai tu ogni giorno? Comportarsi bene, essere onesti, educare al meglio i nostri figli oggi non basta più. E' come voler tacitare la propria coscienza allorquando la ditta per la quale lavoro apre un nuovo magazzino, rimasto incustodito per anni, ed io pulisco solo il pezzetto dove dovrò lavorare. La polvere, la sporcizia è ovunque e non possiamo aspettare che altri vengano a pulire, dobbiamo rimboccarci le maniche e fare di più. Dobbiamo arrabbiarci ma non per vendetta, non rimandando indietro gli immigrati, non lasciando che altri pensino ai bambini maltrattati, bensì operando per il bene, dando il buon esempio, togliendo la polvere dalle case di altri, accudendo quanti hanno bisogno di noi e, in ultima istanza, anche arrabbiarsi con il pugno di ferro contro coloro che fanno male il proprio dovere, siano essi giudici, assistenti sociali, spazzini, forze dell'ordine, sacerdoti. Non fatevi intimorire, riprendete possesso di casa vostra
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25/11/2017 05:49
 
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Le due letture di oggi ci preparano alla festa di domani, la festa della regalità del Signore.
Nella prima vediamo un re terreno che muore "nella più nera tristezza" di chi è stato tiranno, oppressore, sprezzante della legge e del culto del vero Dio.
Il Vangelo, all'opposto, parla della risurrezione, alla quale invano si oppongono i sadducei. "Dio dice Gesù non è Dio dei morti, ma dei vivi, perché tutti vivono per lui".
Gesù, il nostro re, non ha imposto il suo dominio
con la violenza: è morto sulla croce, apparentemente nella delusione del fallimento. In realtà la sua morte, accettata con amore nella radicale adesione alla volontà del Padre, ha trionfato sulla morte e si è vittoriosamente aperta sulla risurrezione.
Prepariamoci ad accogliere il nostro re "giusto, vittorioso, umile", come scrive il profeta Zaccaria, con la profonda umiltà di Maria; sottomettiamoci a lui con tutto il cuore, come egli si è sottomesso alla volontà del Padre.
Così entreremo nel suo regno: "regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore, e di pace".
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27/11/2017 08:57
 
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La delicatezza di Gesù che il Vangelo di oggi ci rivela deve riempirci di ammirazione e nello stesso tempo darci un grande incoraggiamento.
Certamente quella povera vedova non era orgogliosa della sua offerta e cercava piuttosto di nascondersi mentre la gettava nel tesoro del tempio: che cos'erano i suoi due spiccioli confrontati con le offerte dei ricchi? Questi sì potevano essere orgogliosi: loro davano molto! E Gesù rovescia la situazione: "In verità vi dico: questa vedova, povera, ha messo più di tutti". il Signore non vede quello che appare, vede il cuore e sa dove si trova la vera generosità.
Questo deve incoraggiarci quando siamo nella stessa situazione. Intanto incoraggiarci ad essere umili, se abbiamo la possibilità di dare molto; non dobbiamo insuperbirci, perché tutto ci è stato dato da Dio. In secondo luogo essere umili quando possiamo dare poco, quando ci sentiamo poveri, in tutti i sensi: poveri di forza fisica, poveri di capacità in confronto agli altri. In questi casi è difficile essere generosi, perché ci si scoraggia e si è tentati di non fare neppure quel poco: per quel che vale! Il Signore ci dice che vale, che vale più di quello che fanno gli altri con tanta energia e tante capacità, se con le nostre poche possibilità facciamo tutto quello che possiamo: a lui queste offerte piacciono molto.
Se con umiltà e amore mettiamo al servizio del Signore il poco che abbiamo, facciamo una cosa grande e siamo più vicini al Signore di quando eravamo in grado di fare con gioia cose apparentemente maggiori.
Ringraziamo Gesù della luce che ci dà oggi e chiediamo per noi e per chi ci è caro questa generosità piena di umiltà e di carità divina.
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28/11/2017 08:40
 
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Il Libro di Daniele fu composto sotto la dominazione di Antioco, quando il popolo era ridotto a nulla, oppresso, senza speranza. Gli Ebrei ferventi approfondirono la loro fede considerando la sorte dei popoli che li avevano dominati: Medi, Persiani, Greci, colossi di potenza, scomparsi uno dopo l'altro: anche Antioco avrebbe fatto la stessa fine; ci sarebbe stata una "pietra" che, staccatasi dal monte, avrebbe frantumato la statua.
In questa pietra che "si staccò dal monte ma non per mano d'uomo", riconosciamo Cristo, nato dalla Vergine senza padre terreno, venuto a proclamare e a stabilire il suo regno con la vittoria sul male. il regno di Dio è molto diverso da quelli mortali, si presenta nell'umiltà, si stabilisce nei cuori e li trasforma senza clamore, con una potenza grandissima, ma segreta.
Ci succede spesso di desiderare un regno più visibile, ma è un sogno a cui dobbiamo rinunciare: importante è accogliere il regno in noi, nelle nostre famiglie, in ogni comunità di Chiesa. "Guardate di non lasciarvi ingannare" ci ammonisce Gesù da chi vi propone cose straordinarie e "non vi terrorizzate!". Tutto ciò che avviene è umano, il regno è una realtà eterna.
Quando ci sentiamo opprimere da "imperi" vari, esterni o interni a noi, approfondiamo la fede nel re che non potrà mai venir meno, re fortissimo davanti al quale ogni potenza di male è ridotta a nulla.
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30/11/2017 08:01
 
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Casa di Preghiera San Biagio FMA
Commento su Mt 4,20

«Essi [Simon Pietro e Andrea] subito lasciarono le reti e lo seguirono»

Mt 4,20

Come vivere questa Parola?

Oggi ricordiamo l'Apostolo Andrea, fratello di Simon Pietro e amico di Giovanni e di Giacomo. Invitato da Gesù a seguirlo, mentre pescava, aderì prontamente alla richiesta e, lasciate le reti, si mise al suo seguito di Gesù.

Questo apostolo ci dà un luminoso esempio di ascolto della Parola di Dio e della sua immediata realizzazione: così egli potrà divenire un autentico seguace di Gesù e, dopo la risurrezione del Maestro, potrà diffondere nel mondo il messaggio evangelico e testimoniarlo con la sua morte come martire.

Soltanto se noi accettiamo che la Parola di Dio entri nella nostra vita con tutta la sua luce e la sua forza, saremo in grado di annunciarla e di sostenerla di fronte al mondo.


Chiediamo anche noi al Signore, per intercessione di s. Andrea di essere generosi nell'ascoltare e concretizzare nella gioia e nella fraternità la Parola di Dio, per essere in comunione, per vivere in comunione con Dio e gli uni con gli altri.


La voce de la Liturgia

La partecipazione al tuo sacramento, Signore, ci fortifichi e ci dia la gioia di portare in noi,
sull'esempio di sant'Andrea apostolo, i patimenti del Cristo, per partecipare alla gloria della risurrezione. Per Cristo nostro Signore.

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01/12/2017 07:53
 
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La prima lettura di oggi ci fa capire un paradosso: il potere umano è "inumano"; l'unico regno "umano" è il regno di Dio.
Daniele vede quattro bestie: un leone mostruoso, che si rizza come un uomo e ha cuore di uomo; un orso, al quale viene detto: "Su, divora molta carne"; un leopardo a cui viene dato il dominio e infine "una bestia spaventosa, terribile" che divorava, stritolava, calpestava.
Ecco il potere umano non sottomesso a Dio, crudele, inumano, che sembra non dover mai finire ed è miserabile, inconsistente.
Ad esso Daniele contrappone il potere di Dio nella visione di "uno, simile a un figlio d'uomo", che riceve potere, gloria e regno da Dio stesso. E il re che ha preferito soffrire anziché far soffrire, che si è fatto uomo per capire meglio gli uomini e guidarli in modo umano, con mitezza e umiltà.
La profezia di Daniele anticipa la grande rivelazione del Nuovo Testamento, dove è ricordata in momenti decisivi. Il Figlio dell'uomo al quale Dio dà gloria, potenza e regno è evocato da Cristo nella risposta al Sommo Sacerdote: "Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?". "Si, e vedrete il Figlio dell'uomo venire sulle nubi del cielo...". E i cristiani hanno esultato nel rileggere la profezia, e contemplano Cristo alla destra di Dio. Nell'ultimo incontro di Gesù con i suoi, egli proclama che questa profezia è attuata: "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra".
Questa visione deve dunque essere per noi motivo di fiducia incrollabile e di esultanza: Cristo ha ottenuto il regno eterno, è il nostro re mite e umile, che ci ha fatto sacerdoti del Padre suo.
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02/12/2017 09:53
 
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Il versetto dell'Alleluia nella Eucaristia odierna esprime l'atteggiamento che la Chiesa ci suggerisce oggi, ultimo giorno dell'anno liturgico: speranza e vigilanza: "Siate vigilanti, fissate la speranza in quella grazia che vi sarà data al ritorno del Signore Gesù Cristo". Possiamo sperare perché, come leggiamo nel libro di Daniele, "il regno, il potere e la grandezza di tutti i regni saranno dati al popolo dei Santi dell'Altissimo". Allora il Figlio dell'uomo di cui abbiamo letto ieri corrisponde al popolo? È un punto oscuro. L'espressione qui ha senso collettivo e sempre messianico, ma il senso personale non è eliminato, perché il Figlio dell'uomo è nello stesso tempo il capo, il rappresentante e il modello del popolo dei santi: Gesù ha più volte indicato se stesso come il Figlio dell'uomo. I santi, dice Daniele, saranno per un certo tempo dati nelle mani dei nemici, poi Dio li sottrarrà al loro potere ed essi riceveranno il regno. Ecco la nostra speranza. "Abbiate fiducia, io ho vinto il mondo". Gesù ha vinto e noi partecipiamo alla sua vittoria se rimaniamo uniti a lui, pregando e vigilando.
L'ultimo giorno dell'anno. liturgico ci mette in questa atmosfera di fiducia e di pace e possiamo con gioia benedire il Signore con le parole del salino responsoriale: "Benedite, figli dell'uomo, il Signore. I Benedica Israele il Signore. / Benedite, sacerdoti del Signore, il Signore. / Benedite, o servi del Signore, il Signore. I Benedite, spiriti e anime dei giusti, il Signore. I Benedite, pli e umili di cuore, il Signore".
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02/12/2017 23:42
 
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Le riflessioni sulle letture bibliche del ciclo triennale liturgico termina qui.
Ma iniziamo una nuova sezione con altre riflessioni bibliche di altri autori
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