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LA VERGINITA' (di s.G.Crisostomo)

Ultimo Aggiornamento: 02/09/2014 15:19
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02/09/2014 15:18
 
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LXXI. I1 lusso guasta anche l'anima

Si potrebbe fare anche un'altra descrizione dei fastidi, dei danni e dell'indecenza del lusso, enumerando le malattie che imprime sull'anima, di gran lunga più numerose e pericolose di quelle corporee. Esso, in effetti, rende molli, deboli, insolenti, millantatori, lascivi, violenti, intemperanti, irascibili, crudeli, ignobili, cupidi, servili, inetti in quasi tutte le cose utili e necessarie; tutti gli effetti opposti sono invece prodotti dalla frugalità. Ma ora dobbiamo passare ad un altro argomento: fatta questa semplice aggiunta, ritorniamo alle parole dell'apostolo. Se le cose che sembrano invidiabili sono così piene di mali e fanno cadere sull'anima e sul corpo una così fitta pioggia di malattie, come possiamo parlare delle cose dolorose? Mi riferisco alla paura dei magistrati, ai movimenti popolari, alle insidie dei delatori e degl'invidiosi, mali tutti che assediano soprattutto i ricchi e che anche le donne sono destinate a sperimentare in maggior misura, data la loro incapacità di sopportare virilmente le relative vicissitudini.

 

LXXII. I1 lusso, oltre a causare gli altri mali di cui si è parlato, rende intollerabili le vicissitudini della vita

Ma perché parlare delle donne? Anche gli uomini diventano infatti infelice preda di tali vicissitudini. Chi vive nella semplicità non teme i cambiamenti; chi invece si consuma nella vita molle e dissoluta, se per caso o per fatalità piomba nell'indigenza, muore prima ancora di poter sopportare tale cambiamento, non essendovi né abituato né preparato. Per questo il beato Paolo dice "Costoro soffriranno i tormenti della carne; io cerco di risparmiarvi", ed aggiunge subito dopo "Il tempo che resta è breve".

 

LXXIII. I1 momento presente non si addice al matrimonio

1. "Ma cos'ha a che fare tutto questo con il matrimonio?" qualcuno potrebbe forse chiedere. Ha molto a che fare. Se infatti il matrimonio è richiuso nella vita presente, mentre in quella futura gli uomini "nè sposano nè vengono sposati"; se il tempo presente volge al termine e la resurrezione è alle porte, questo non è il momento dei matrimoni e dei beni materiali, ma dell'indigenza e di tutta quella rimanente saggezza che ci può giovare nell'al di là. La vergine, finché resta a casa con la madre, si dà molto pensiero dei suoi giuochi infantili; una volta messo lo scrigno nella sua stanza, tiene con sè la chiave che racchiude tutti i giocattoli che vi sono riposti, e ne può disporre pienamente: si preoccupa di custodire quei piccoli e stupidi oggetti nella stessa misura in cui i sovrintendenti delle grandi case si preoccupano di amministrarle. Quando però si fidanza ed il momento delle nozze la costringe a lasciare la casa paterna, allora, staccatasi da quei vili ed umili balocchi, non può non pensare al governo della casa, al gran numero dei beni e degli schiavi, alla cura del marito, ed a tutte le altre incombenze più gravi ancora di queste, che pure sono numerose. Così dobbiamo fare anche noi: quando siamo condotti alla vita perfetta, degna degli uomini adulti, dobbiamo lasciare tutte le cose di questa terra - veri e propri giocattoli infantili - e pensare al cielo, ed allo splendore e alla gloria della vita celeste.

2. In effetti, siamo uniti ad uno sposo che esige di essere amato da noi a tal punto, che non dobbiamo esitare a separarci per amor suo non solo dalle cose di questa terra, piccola e di scarso valore, ma anche dalla vita stessa, qualora fosse necessario. Poiché dunque dobbiamo passare all'altra vita, stacchiamoci dai pensieri meschini. Se dovessimo lasciare una povera casa per trasferirci in una reggia, non penseremmo agli oggetti d’argilla, ai mobili, ed alle altre povere suppellettili domestiche. Neanche ora dobbiamo quindi preoccuparci delle cose terrene; il momento presente ci chiama ormai in cielo, come dice Paolo scrivendo ai Romani: "La salvezza è adesso più vicina di quanto non lo fosse nel momento in cui ricevemmo la fede: la notte è avanzata, il giorno è prossimo". Altrove dice: "Il tempo che ci resta qui è breve: chi ha la moglie si comporti come se non l'avesse ".

3. Perché dunque dovrebbero aver bisogno del matrimonio coloro che non ne usufruiranno più e che si troveranno nelle stesse condizioni di chi non è sposato? E perché dovrebbero pensare alle ricchezze, ai beni, alle cose della vita materiale, se il loro io è ormai fuori stagione ed inopportuno? Se chi è in procinto di presentarsi ad un tribunale terreno per rendere conto dei suoi misfatti, quando il giorno fatidico si avvicina non pensa più non solo alla moglie ma neppure a mangiare ed a bere e concentra il proprio pensiero unicamente sulla propria difesa, a maggior ragione noi, quando siamo sul punto di presentarci non ad un tribunale terreno, ma alla tribuna celeste per rendere conto delle nostre parole, delle nostre azioni e dei nostri pensieri, dobbiamo staccarci da tutte le gioie e da tutti i dolori relativi alle cose presenti e preoccuparci solo di quel terribile giorno. "Chi viene da me - dice il Signore - ma non è capace di odiare il padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e la propria anima, non può essere mio discepolo. E non può essere mio discepolo neanche chi non carica su di sè la propria croce e non mi segue".

4. E tu continui a perdere il tuo tempo desiderando tua moglie e pensando alle risa, alla dissolutezza ed al lusso? "Il Signore è vicino". Tu ti preoccupi e ti assilli per le ricchezze? "Il regno dei cieli è prossimo". Tu badi alla casa, al lusso ed agli altri piaceri? "Passa l'aspetto di questo mondo". Perché allora ti tormenti per le cose di quaggiù che non rimangono ma si consumano, e trascuri invece quelle che restano e sono durature? Non ci saranno più nè matrimoni, nè parti, nè piaceri, nè accoppiamenti, nè ricchezze abbondanti, nè cure dei beni materiali, nè nutrimenti, nè vesti, nè coltivazioni, nè viaggi per mare, nè arti, nè costruzioni, nè città, nè case: ci saranno invece un’altra condizione ed un altro modo di vivere. Tutte le cose di quaggiù scompariranno tra breve. Questo significa la frase: "Passa l'aspetto di questo mondo". Perché dunque mostriamo tanto zelo nel preoccuparci di cose da cui spesso ci separiamo prima di sera, come se dovessimo rimanere quaggiù per tutta l’eternità? Perché scegliamo questa vita penosa, mentre Cristo ci chiama a una vita tranquilla? "Voglio - dice infatti l'apostolo - che non abbiate preoccupazioni. Chi non è sposato pensa alle cose del Signore".

 

LXXIV. Come mai Paolo, pur volendoci liberi da ansie, ci comanda di preoccuparci

1. Come puoi allora volerci liberi da ansie, se poi ci getti in un’altra preoccupazione? Perché questa non è una vera preoccupazione, così come il provare tormenti per amore di Cristo non è un vero tormento: non perché la natura delle cose cambi, ma perché la volontà di chi sopporta con gioia questi dolori riesce a dominare anche la natura. E' giusto dire che prova ansie chi si preoccupa di cose di cui non potrà godere a lungo, e spesso neanche per poco tempo; ma è anche del tutto logico mettere nella schiera di coloro che se ne restano tranquilli chi dalle proprie preoccupazioni raccoglie dei frutti maggiori. Ma a parte questo, la differenza tra la prima e la seconda preoccupazione è così grande, che la seconda, paragonata alla prima, non può più essere ritenuta tale: tanto più leggera e sopportabile è rispetto all’altra. Tutto questo l'abbiamo dimostrato nel nostro discorso precedente. "L'uomo celibe si preoccupa delle cose del Signore, l’uomo sposato di quelle del mondo"; ma quest’ultimo passa, mentre il Signore resta.

2. Non basta forse questo a dimostrare il valore della verginità? La differenza che c’è tra Dio ed il mondo corrisponde alla superiorità della seconda preoccupazione rispetto alla prima. Come puoi dunque permettere il matrimonio, se esso c'inchioda alle preoccupazioni e ci allontana dalle cose dello spirito? "Per questo - risponde l’apostolo - ho detto "chi ha la moglie si comporti come se non l'avesse"; chi è già legato o sta per legarsi renda più lento questo legame in un altro modo". Giacchè non puoi romperlo una volta che te ne sei cinto, rendilo almeno più sopportabile. Se vogliamo, possiamo eliminare tutte le cose superflue ed evitare di aggiungere alle preoccupazioni insite nella natura del matrimonio altre maggiori, prodotte dalla nostra indolenza.

 

LXXV. Com’è possibile non avere la moglie pur avendola

1. Chi poi volesse sapere con maggiore chiarezza che cosa significa la frase "Non avere la moglie pur avendola", pensi allo stato in cui si trovano i "crocifissi" che non l’hanno. Qual à la loro condizione? Non sono costretti a comprare un gran numero di ancelle, di oggetti d'oro e di collane, case splendide e grandi, e tante misure di terreno: lasciate tutte queste cose, si preoccupano di un’unica veste e del nutrimento. Si può giungere a praticare questa filosofia anche se si ha una moglie. Le parole dette prima "Non negatevi l’uno all’altro" riguardano solo l'unione carnale: in questo caso specifico l'apostolo prescrive che l’uno deve seguire l'altro, e non lascia nessuno dei due sposi padrone di sè; ma quando si tratta della pratica della filosofia riguardante le vesti, il modo di vita e tutte le altre cose, i coniugi non sono più soggetti l’uno all'altro. I mariti possono, anche se le mogli non vogliono, eliminare ogni lusso e scacciare la folla delle preoccupazioni che li sommerge; ed analogamente le mogli, da parte loro, se non vogliono non possono essere costrette a truccarsi, ad essere vanagloriose ed a preoccuparsi delle cose superflue. E' giusto che sia così. Il desiderio carnale è infatti naturale: per questo è degno di molta commiserazione, e per questo nessuno dei due sposi può negarsi all’altro contro la sua volontà. Al contrario, il desiderio del lusso, della servitù superflua, delle preoccupazioni inutili non proviene dalla natura, ma nasce dall’indolenza e dalla grande tracotanza. Per questo l’apostolo non costringe le persone sposate ad essere soggette l'una all'altra in tali casi, come avviene invece nell'altro.
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