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La GLORIA del SIGNORE

Ultimo Aggiornamento: 20/07/2014 12:36
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20/07/2014 12:32
 
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Il testo richiama due volte la gloria: l'uomo contempla la gloria per irraggiarla da sè.
Prima di tutto l'anima vive nella presenza di Dio, vive nella sua luce, ma contemplando la gloria ineffabile di Dio diviene essa stessa luce, così, come un cristallo, illuminato dal sole, deviene egli stesso sorgente di luce.

Il primo dovere è quello di vivere in questa presenza, di vivere in questo visione, di contemplare Dio, di essere illuminati dalla luce del Signore.

Il secondo dovere che deriva necessariamente dal primo, è essere segno per gli altri: nella misura che contempliamo, noi stessi siamo illuminati, ed essendo illuminati diveniamo per li altri il segno della gloria.

Ogni cristiano deve essere rivelatore del Padre, come Cristo; segno di una presenza, come Gesù. Egli si è reso invisibile agli uomini, Lui che ha detto a Filippo: 'Chi vede Me, vede il Padre', perchè vuol rendersi visibile in ciascuno di noi. Il Cristo deve farsi presente nelle sue membre, in noi stessi.

Noi ci siamo chiesti quale rapporto hanno la festa dell'Epifania e la festa della Trasfigurazione in quanto feste della gloria?

La risposta a questa domanda implica una qualche nozione della gloria. Come si manifesta la gloria? Quale rapporto vi è fra la manifestazione delle gloria nell'Epifania e nella Trasfigurazione di Cristo?

Accenniamo che cosa dobbiamo intendere per la 'gloria'.

Credo che lo intuiamo senza poterlo definire chiaramente, come avviene sempre nel Cristianesimo in cui la verità è posseduta prima di esser formulata. Ogni elaborazione teologica non è che la traduzione concettuale di una realtà vissuta, di un mistero presente al quale il fedele partecipa. Quello che un teologo insegna non è mai totalmente nuovo per coloro che ascoltano. Anche se coloro che ascoltano fino a quel momento non avrebbero mai saputo esprimere quanto il teologo insegna. All'infallibilità del magistero della Chiesa risponde l'infallibilità del popolo cristiano, il quale può assentire all'insegnamento proposto in quanto 'sente' in quello che gli è proposto la traduzione di quanto già confusamente possedeva. Egli infatti nel dono dello Spirito già confusamente possedeva. Egli infatti nel dono dello Spirito già aderisce misteriosamente 'a tutta la verità'.

Definire che cos'è la gloria, in realtà è ben difficile. Intanto dobbiamo ricordare che quando si parlar di 'gloria' ci si riferisce a 'qualcosa' che appartiene esclusivamente al dominio della Rivelazione. Per i greci non esiste la realtà che questa parola esprime: 'doxa' in greco vuol dire opinione, e nella lingua del nuovo testamento 'doxa' vuol dire gloria. Il Cristianesimo e prima ancora l'Ebraismo, ha dato un contenuto nuovo a dei termini vecchi. Se per gloria, come dice San Tommaso, noi intendiamo soltanto 'una chiara notizia', lo splendore che porta con sè la bellezza, la potenza, la vita, questo concetto forse si potrebbe trovare anche nella lingua greca, ma non è esattamente questo il contenuto del termine biblico.

Nella rivelazione ebraico-cristiana 'gloria' ha prima di tutto un significato oggetivo: è il peso dell'essere, è l'essere trascendente di Dio che non ha alcuna proporzione con l'essere creato e che nella sua manifestazione, si direbbe, dissolve tutte le cose. Le creature non sopportano il peso di Dio.

La gloria è in rapporto col peso. Anche San Paolo nella lettera ai Corinzi parla del 'pondus gloriae'. 'Non vi è paragone, - egli dice, - fra le sofference del tempo presente e il peso di gloria che ci aspetta nella vita futura'.

La gloria è un 'peso'. È la presenza di un Essere che pesa, che schiaccia. Dio ha tale forza, tale grandezza che nella sua presenza vien meno la creazione intera. La gloria di Dio, prima di tutto, si direbbe che uccide e distrugge tale è la sproporzione tra l'essere creato e il Creatore. La creazione stessa si dissolve come fumo alla presenza di Dio.

'Nessuno può vedermi e vivere', dice Dio stesso nell'Antico Testamento. Com'è possibile allora che questa gloria si manifesti, se la sua manifestazione di fatto distrugge le cose?

Il peso di Dio, in Sè medesimo, non è ancora la gloria. La gloria di Dio è 'questo Essere divino' che, facendosi presente dà alla creatura il senso della Sua pienezza, della Sua forza, della Sua trascendenza, del Suo peso. Distrugge la creatura ma perchè la trasforma.

La gloria di Dio implica una visione, una comunicazione di Dio....: la gloria è Dio che si dona ma proprio perchè il dono è reale e non vi è proporzione tra l'essere creato e Dio, l'essere creato non può sopportare il peso di Dio, non può accoglierlo che venendo meno in qualche modo a se stesso.

La creatura vien meno, per risorgere in Dio. Per la gloria la creazione entra nel mistero di Dio: Dio è incomunicabile, ma nella sua gloria Egli si comunica al mondo. E il mondo che entra in rapporto con Dio per la gloria, tanto più partecipa alla gloria di Dio quanto più entra nel suo mistero.

Proprio perchè DIO è un'altra Realtà nei confronti della realtà creata, nella misura che Dio si manifesta, coloro a cui si manifesta, entrano nella invisibilità di Dio, entrano nel segreto di Dio, scendono nel silenzio, precipitano e spariscono nella luce divina, affondano in Dio e sono sommersi.
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