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Dialogo: Dall'Unità al molteplice e al ritorno all'Unità -

Ultimo Aggiornamento: 18/07/2014 15:04
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05/06/2014 19:03
 
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Condivido la tua posizione: le creature non sono Dio.
Non lo sono fintantoché sono concepite come materia in movimento nello spazio-tempo.
Il movimento, come hanno dimostrato i presocratici, è contraddizione e la contraddizione nega l’essere unico. Dio non può essere contradditorio: io aggiungo che la contraddizione è alla base del peccato, dell’allontanamento da Dio.

Da questa constatazione nasce la posizione di Severino che predica come essere e, quindi, come eterno, ogni istante possibile immaginabile preso in se stesso: ogni fotogramma del movimento.
Così egli pensa di salvare l’univocità e la coerenza dell’essere: isolando ogni suo frammento.
Ma così si perde la visione complessiva che sta alla base del comportamento etico.
Io allora mi sono interrogato proprio su come si possa configurare l’appartenenza del fotogramma all’unità complessiva.

Se Dio, invece di permanere nella sua perfezione monadica, ha permesso il molteplice, il movimento e la corruzione degli enti, allora il motivo deve risiedere in una maggiore efficienza logica del molteplice nel suo ruolo di dare atto a tutte le potenzialità che risiedono in Dio.

Deve allora esistere un limite entro il quale l’organizzazione di una pluralità di enti in una struttura ordinata che assegni ad ognuno la sua funzionalità autonoma ma anche complementare con quelle degli altri è un bene, ovvero, riesce ad aggiungere un senso che ogni istante, preso in se stesso, non riusciva a dare, a rendere.

Ecco allora che l’uomo ha la capacità di prendere coscienza di questo meccanismo in cui la sua vita, formata da funzionalità ripetitive ma coordinate, gli consente l’accesso ad una potenzialità superiore alle potenzialità delle singole parti e che lo abilita a fare delle scelte libere.
Se queste scelte vanno verso un’apertura all’esterno, verso un confronto positivo, produttivo, con il prossimo, allora tenderanno a riprodurre la monade unitaria, l’ente parmenideo, ad un livello più alto, trascendentale: l’uomo compirà, con quella scelta donativa, un atto in grado di farlo ascendere a Dio nel momento stesso in cui dona la sua potenzialità specifica agli altri.
Se invece egli rimarrà concentrato sul puro sfruttamento dell’energia esterna per dare alimento alle proprie funzionalità interne, allora non riuscirà a trascenderle, e la sua vita rimarrà un aggregato di istanti che possono essere bensì eterni, ma anche presi isolatamente, per se stessi, e non nella sua individualità complessiva, nel suo essere soggetto libero.

L’accusa di nichilismo che Severino rivolge ai cattolici, pertanto, cade: egli sostiene che la Chiesa, avallando una visione che concepisce la nostra fenomenologia come un uscire dal niente per tornare al niente, ci prospetta un mondo popolato di apparenze, dove l’essere è sempre altrove, un mondo sostanziato dal nulla.
Io sostengo, con lui, che ogni aspetto del mondo è eterno, atto eterno coincidente con la potenza eterna di Dio, e che noi possiamo partecipare a questa eternità come noi stessi, come individualità, se riusciamo, grazie ad un comportamento donativo, aperto al prossimo, a scegliere la via del bene, dell’incremento di senso complessivo apportato dal nostro comportamento, dal nostro essere organizzati come organismi viventi.

Se non agiamo così perdiamo il senso di unitarietà della nostra vita e, quindi, non vi è più un motivo perché essa debba essere conservata in eterno, come potenza in grado di creare senso.

Si tratta, spero di averlo chiarito, di un passaggio eminentemente spirituale, di presa di coscienza: con questo passaggio noi diventiamo a pieno titolo figli di Dio, figli adottivi in quanto dobbiamo dimostrarlo con la nostra condotta di vita: su questo punto avevamo già concordato tempo addietro.

Spero, con questa mia, di aver fugato ogni dubbio e di aver dato trasparenza al modo con cui intendo salvare certe concezioni “provocatorie” di Severino con una visione che voglia rimanere cattolica della vita e della sua possibilità di diventare eterna in Cristo e nello Spirito Santo.

Un caro saluto.
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