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Dialogo: Dall'Unità al molteplice e al ritorno all'Unità -

Ultimo Aggiornamento: 18/07/2014 15:04
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30/05/2014 19:05
 
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Sono d’accordo con te nel ritenere chiuso l’argomento.
Vorrei solo puntualizzare alcune questioni per me rilevanti.
Innanzitutto ogni azione, essendo irreversibile, costituisce, a mio parere, un peccato in quanto configura comunque un consumo di un’energia che poteva essere utilizzata per infiniti altri scopi.
Questa è per me la base del peccato originario: siccome siamo proiettati su un universo spaziotemporale costituito da una molteplicità di enti, ciascuno di essi tenterà di utilizzare l’energia dell’universo a suo uso e consumo anche a costo di privare un altro ente di questa energia, causandone la morte prematura.
Essere coscienti di ciò è il primo passo che deve portare, come secondo movimento, a riconoscere nell’azione a favore del prossimo l’unica modalità di utilizzo energetico che sia maggiormente conservativa, che configuri un recupero nel prossimo dell’energia utilizzata da noi: a tendere si arriverà ad una trasmissione di energia in grado di coinvolgere l’intero universo cosicché nulla andrà mai perso, ma tutto viene mantenuto all’interno dell’unico corpo di Cristo. È quello che intendo quando dico che si deve tendere ad una situazione in cui input ed output tendono a coincidere: mangiamo il corpo di Cristo per mantenere il corpo di Cristo.
Possiamo osservare come già all’interno del nostro organismo avvenga una trasmissione efficiente dell’energia assunta dall’esterno e conservata fino al momento opportuno dell’azione in grado di gratificare in modo proporzionale tutte le nostre funzionalità corporee, senza sbilanciamenti viziosi verso una piuttosto che verso l’altra, cosa che porterebbe alla malattia e alla morte precoce.
Quindi:
l’azione è peccato; l’unico modo per minimizzarlo è destinare la nostra azione al prossimo, con amore e spirito di sacrificio; prendere coscienza di questo è il passaggio spirituale che ci fa entrare nel Regno dei Cieli, già in vita; ogni azione che non scaturisce da questa presa di coscienza distrugge piuttosto che unificare, e non impedisce sul piano spirituale quel movimento verso il nulla che è implicito in ogni azione compiuta nell’universo fisico.
Dov’è in tutto ciò la libertà?
Non è certo nel non riconoscere questo movimento: se si sceglie la distruzione, si sceglie il nulla, ci si chiude la porta verso la Redenzione nell’unico Corpo di Cristo che permette la Vita Eterna.
Si intenda bene: il nulla è comunque necessario per una ripartenza di un nuovo universo: quando il nostro universo fisico si sarà ridotto a nulla si arriverà di nuovo ad una situazione in cui tutto torna ad essere possibile in quanto nulla è attualizzato.
L’unica libertà è quella del modo di realizzare Cristo in Terra.
L’azione più malvagia va verso il nulla come l’azione più ispirata da buoni propositi: solo che la prima rende molto più difficile, per il soggetto che la compie, individuare quella circolarità in grado di recuperare l’energia dispersa: chiude inesorabilmente la sua coscienza, gli toglie la Speranza già in partenza. Chiude su se stesso l’orizzonte e gli impedisce di sperare in una Vita Eterna in cui sia facilmente rintracciabile il suo contributo all’attualizzazione di tutte le possibilità di Cristo.
In sintesi, allora, l’unica libertà che abbiamo è una libertà di coscienza: vogliamo o no riconoscere di essere parte del Corpo unico di Cristo? Il comportamento ne consegue, ed un comportamento egoistico, chiuso su se stesso, si preclude ogni possibilità di vita eterna, si preclude la visione di Dio, la possibilità di esserne un modo, indeterminabile a priori eppure determinato a posteriori dal proprio vissuto.

Spero di non sembrare troppo insistente: mi sembra che queste considerazioni vadano comunque oltre il tema della mera dannazione eterna e mi sforzavo, con esse, di riallargare il tema al Corpo di Cristo come pietra di scarto che può e deve diventare pietra d’angolo in una prospettiva di vita eterna.

Un caro saluto.
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