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Dialogo: Dall'Unità al molteplice e al ritorno all'Unità -

Ultimo Aggiornamento: 18/07/2014 15:04
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28/05/2014 19:24
 
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Tutto ciò che esiste nell’universo prima o poi è destinato ad annullarsi.
Il suo ruolo è di dare attualizzazione ad una delle infinite potenzialità dell’essere: dando attualizzazione ad una di esse ne esclude tutte le altre, che allora avranno bisogno di un nuovo inizio per avere espressione.
In questo consiste il peccato: nell’impedire un numero di attualizzazioni eccessivo, dando morte prematura ad elementi del creato. Scelte che portano a soffocare un numero eccessivo di possibilità impedendone l’attualizzazione sono scelte peccaminose, da condannare perché portano troppo rapidamente alla fine dell’universo impedendone la piena realizzazione.
Il peccato, in sostanza, va contro l’esigenza conoscitiva che Dio ha riposto nell’universo, incaricato, appunto di dare atto ad una delle sue infinite potenze.
Per fare in modo che il Creato rispondesse a questa necessità conoscitiva è scaturito il molteplice: ogni elemento del molteplice tende allora ad affermare se stesso a scapito degli altri elementi. Solo nel movimento armonico (ispirato dall’amore) fra diverse parti del molteplice è possibile ripristinare l’unità: se, viceversa, una parte del molteplice tende eccessivamente al proprio personale interesse allora rischia di soffocare le legittime aspirazioni di altre parti e commette un peccato impedendo che si realizzi la piena necessità conoscitiva riposta nell’universo creato. Il nulla sarà prima o poi raggiunto ma dovrà esserlo nel modo più naturale possibile rispettando le priorità di ciascuno e dopo che tutta l’energia potenziale sarà stata trasferita ed utilizzata nel massimo numero di vite che possano dare atto al massimo numero di potenzialità.
La pena per chi non rispetta questa legge è la mancata visione di Dio, dell’unità, dello Spirito Santo riconciliato con l’universo creato grazie all’amore fra le parti del molteplice.
Penso che le tinte fosche da te citate di diversi passi dell’antico e anche del nuovo Testamento debbano essere interpretate in senso anagogico piuttosto che letterale. La pena peggiore per un soggetto penso che sia costituita dalla perdita della visione di se stesso come ordinato e conciliato a Dio in tutto il suo vissuto attualizzato.
Ammettere una realtà separata da Dio ed eterna, seppure sottoposta a pene infernali, equivale a mettere in dubbio l’onnipotenza dello Spirito Santo.
Fuori da Dio non può che esserci il nulla, almeno sub specie aeternitatis: prima della fine dei tempi, invece, una tale punizione può ancora avere un senso, ma solo a fini di correzione del reo, al fine di depurarlo del male commesso per agevolare il rientro del sia pur poco di bene che era in lui, in Dio.
Devi scusare la mia ripetitività, ma su questo punto mi è difficile cedere: la pena infernale potrebbe anche durare per un tempo infinito ma non eterno, in quanto la dimensione dell’eternità va oltre il tempo è qualcosa di diverso. Prima di ogni universo il tempo stesso non esisteva e non esisterà più dopo la sua fine.

Un caro saluto
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