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Dialogo: Dall'Unità al molteplice e al ritorno all'Unità -

Ultimo Aggiornamento: 18/07/2014 15:04
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27/05/2014 21:11
 
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Sono perfettamente d’accordo con te: chi non accetta il perdono non potrà salvarsi: la sua soggettività andrà pertanto persa.
Il mio problema è quello di capire che ne sarà degli attimi di vita di coloro che sono stati malvagi fino in fondo, e che non si sono resi conto dei danni che hanno fatto, o, peggio, che pur essendosene resi conto, non si sono ravveduti. Questo perché rimango dell’idea che nel Regno dei Cieli tutto ciò che è stato attualizzato subirà una scomposizione ed una successiva riaggregazione in modo che si abbia una perfetta corrispondenza con l’armonia divina. Semplicemente, se la vita attualizzata è stata troppo distante dall’armonia divina la disgregazione e successiva riaggregazione sarà talmente radicale da non consentire che il soggetto possa essere riportato nel Regno dei Cieli.

Ma come può avvenire tutto ciò?

Nel caso della parabola del povero Lazzaro e del ricco Epulone la soluzione consiste in un perfetto ribaltamento della situazione che ripristinerà l’equilibrio: ma se la vittima si trasforma in carnefice vorrebbe dire che la posizione di carnefice è quella cui tendere anche nella vita eterna? Non credo proprio!
Ecco che allora mi sento di affermare che, in un qualche modo, la vittima, nel Regno dei Cieli, acquista il potere di assumere su di se gli attimi di vita attualizzati nel mondo reale dal carnefice e può chiedere il perdono per gli stessi. L’aver partecipato a quegli atti in quanto ne ha subito le conseguenze da alla vittima l’autorità per assolverli in modo da dissolverli come atti riferibili ad un soggetto e relegarli a semplici momenti di semplificazione strutturale.
È la soggettività della vittima che può, in sostanza, togliere la malizia dall’atto che ha subito, riportandolo ad un evento naturale e, pertanto, eticamente neutrale: rimane il gesto ma, grazie al perdono, viene annullata la malignità del soggetto che l’ha compiuto che, così, potrà risultare non essere mai esistito come soggetto.
Ma, per fare ciò, per perdonare il proprio carnefice, occorre partecipare di un piano che è già divino, totale, e, pertanto, presuppone che sia già avvenuta nel perdonante l’adozione a figlio di Dio che, però, potrà avvenire solo dopo che avrà compiuto il perdono: questo dello scambio della causa con l’effetto (siamo salvi perché ci siamo comportati bene o ci comportiamo bene perché saremo assolti?) è un classico paradosso che può essere accettato solo sul piano dello Spirito Santo, dell’Eternità, in cui spazio e tempo sono annullati.
Come precisato in altri post, il mio obiettivo rimane quello di conciliare l’idealismo di Severino, che ritengo sia il filosofo che ha cercato di risolvere il problema ontologico posto da Parmenide con il postulare l’eternità di ogni attimo attualizzato in quanto possibile, in quanto tale, con la dottrina cattolica del Regno dei Cieli, della vita eterna: di come questa possa risultare il premio per le soggettività che si siano maggiormente avvicinate già in vita all’armonia divina e che, così, necessitano di minimi mutamenti della loro vita vissuta per trasferirla nel Regno dei Cieli come vita eterna.

Naturalmente è un tentativo, ma che, a mio avviso, può aiutare tutti a migliorarsi per seguire Cristo verso un percorso di redenzione a Dio che, pur arduo, deve sempre essere presente a tutti.

Quindi: non una reintegrazione dei demoni nella grazia divina, come mi riferisci essere sostenuto da Origene, ma, bensì, la dissoluzione della soggettività dei demoni grazie al perdono che le loro vittime hanno portato avanti, trasformandoli in semplici eventi casuali latori di distruzione, come un terremoto o altri eventi naturali.

Un caro saluto e buona notte.
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