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Dialogo: Dall'Unità al molteplice e al ritorno all'Unità -

Ultimo Aggiornamento: 18/07/2014 15:04
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22/05/2014 19:30
 
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È il problema dell’armonizzazione del concetto di libero arbitrio con quello della predeterminazione conseguente alla fissità dell’eternità.
In una prospettiva eterna tutti i fotogrammi della nostra e di tutte le altre esistenze sono sempre esistiti e sempre esisteranno: come direbbe anche Severino, nulla si altera dell’essere. Quello che cambia è la possibilità di una individualità che vada a selezionarli ed ad attualizzarli in modo armonico e coerente con Dio.
Solo cogliendoli nella loro armonia, nella loro imitatio Christi, possiamo concretizzare (nel senso di far con-crescere) in noi stessi quell’eternità, facendo della nostra individualità un punto nevralgico in grado di organizzare al meglio quei fotogrammi che comunque sono eterni.
E, per realizzare questo progetto, dobbiamo innanzitutto riconoscere al prossimo la sua complementarietà a noi stessi per la ricostruzione del Corpo di Cristo.
Se posso fare un paragone posso riferirmi alla recita dell’Alleluia nel Canto al Vangelo durante la S.Messa: ogni vocale dell’Alleluia viene alternativamente prolungata nel canto e solo avendolo presente nella sua interezza si riottiene una completa armonia, equidistribuzione dei tempi di canto su tutte le sillabe.
Allo stesso modo ciascuno di noi pone più enfasi su una certa potenzialità, realizzandola in modo più specialistico: questo esalta il progetto di Cristo soltanto se visto nella sua complementarietà con colui che realizza meglio un’altra potenzialità.
Vista in se stessa, isolatamente, ogni vita risulta quindi inevitabilmente disarmonica, sbilanciata su qualche particolarità: soltanto donando il di più creato dalla nostra potenzialità caratteristica a chi ne ha di meno possiamo ripristinare l’armonia e, nello stesso tempo, acquistare una nostra specificità, diventare riferimento unico per una serie di atti che potranno così trovare in noi stessi il punto nevralgico di eternamento.
Quindi: tutti gli atti sono predeterminati, ma spetta a noi (e li risiede il nostro libero arbitrio) conquistare una specificità nel modo di raggrupparli intorno ad una individualità.
Se la radice ultima del nostro agire è Cristo, il bene, allora la nostra Fede è salda e il nostro agire si salverà in eterno in quanto la luce è maggiore dell’ombra. Ma se sia sufficiente un solo atto di pentimento a salvare un’intera vita iscritta nel peccato, questo sta solo alla Grazia di Dio determinarlo, in quanto Lui solo può leggere nel profondo del nostro cuore e riconoscere una coerenza sufficiente.
Solo nutrendoci del Corpo di Cristo possiamo compiere quel salto spirituale che ci metta nella condizione di riprodurre il Corpo di Cristo, mantenendo l’armonia complessiva: realizzando da una parte la nostra natura specifica (col rischio di allontanarci da un equilibrio naturale) e donandola agli altri per ricomporre un’armonia ad un livello più complessivo.
Per questo prima dell’Eucarestia è necessario scambiarsi il segno di pace, ovvero, di apertura al prossimo per disporsi a realizzare (nutriti del Corpo di Cristo che sarà in breve assunto nell’Eucarestia) quella armonia dalla quale la nostra specificità ci aveva allontanato rischiando di chiuderci in un egoismo distorto e nell’agire peccaminoso.
Mi sembra che il mio discorso mantenga una sua coerenza interna, fin dal mio primo post: solo che talvolta, per ristrettezze di tempo, salto subito alle conclusioni e rendo certi passaggi un po’ meno evidenti.

Con il mantenermi a disposizione per altri chiarimenti, ti saluto e ti auguro buona notte.
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