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Dialogo: Dall'Unità al molteplice e al ritorno all'Unità -

Ultimo Aggiornamento: 18/07/2014 15:04
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21/05/2014 20:35
 
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Se una persona, un soggetto, non riesce a dare unità e coerenza a tutti gli istanti della propria vita, dimostrandone il loro scaturire armonico dalle proprie potenzialità, a mio avviso, non potrà passare alla vita eterna. Questa coerenza pretende che qualsiasi nostro atto, anche quelli sbagliati, abbiano avuto comunque un inizio riconoscibile come ben intenzionato e siano stati poi sviati dalla retta via per debolezza “perdonabile”.
Paradossalmente, proprio per avere la controprova di essere al punto giusto, occorre arrivare a rispettare la differenza specifica di ciascun altro individuo, riconoscendo nel prossimo se stessi: bisogna riuscire ad arrivare ad amare nel prossimo quello che noi stessi siamo, ovvero, la sua capacità di rappresentare in altra forma individuale quello che noi stessi vogliamo e cerchiamo di essere: Cristo.
Se non si arriva a questo atteggiamento del tutto donativo perché ha riconosciuto nel prossimo lo stesso progetto di raggiungimento dell’armonia divina, non si riesce a mantenere al proprio interno quella stessa armonia e si perde la propria soggettività in eterno: la vita eterna non è quindi un obiettivo alla portata di tutti, ma, bensì, solo per chi avrà saputo compiere quel percorso che ho già descritto nel mio intervento di sabato scorso su cui ti chiedo di tornare, sempre se i tuoi impegni te lo consentiranno.
Non tutta la nostra persona, non tutti i nostri atti, saranno conservati in eterno nella nostra individualità, ma solo quelli che avranno realizzato Cristo in noi stessi: e soltanto per Grazia divina potrebbe essere sufficiente la solidità della nostra Fede per fare in modo che quegli atti siano bastanti a garantirci la vita eterna a scapito di quelli in cui invece ci siamo comportati in modo peccaminoso, eccessivamente egoistico e predatorio nei confronti del prossimo.
Mi rendo conto che il mio linguaggio è un po’ oscuro ma da sempre è stato difficile mantenere un equilibrio fra libero arbitrio e Grazia Divina per arrivare a dare un criterio in grado di salvare o dannare una persona.
Ma la vita eterna, a mio avviso, avrà in qualche modo a che fare con questo atteggiamento compartecipativo del nostro comune sforzo di andare a far parte dell’unico corpo di Cristo seppure in modi differenti.

Ancora un incoraggiamento e tanti cari saluti.
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