|
07/04/2014 19:09 | |
Le potenze celesti e il loro compito
Le colonne splendenti d’argento e oro, i sostegni, gli anelli, i cherubini protendenti sopra l’arca le loro ali, tutti gli altri ,oggetti ricordati dalla Scrittura nella descrizione del tabernacolo (scenopegia), altro non sono nell’interpretazione spirituale, che le potenze (ipercosmiche) celesti presenti nel tabernacolo e poste dal divino Volere a sostenere l’universo63. A loro è affidata la missione di sostenerci e di servirci, essendo noi predestinati alla salvezza (Eb 1,14).
Queste Potenze inserite nelle nostre anime come l’anello nel dito, aiutano a innalzare verso la cima della virtù coloro che prima giacevano a terra. La Scrittura conferma questa interpretazione del tabernacolo, quando accenna ai cherubini che coprono con le ali gli oggetti misteriosi conservati nell’Arca dell’Alleanza.
Altri simbolismi
Sappiamo che col nome di cherubini sono indicate le manifestazioni della divina Onnipotenza, viste da Isaia e da Ezechiele (Is 6, 2; Ez 5, 4).
Non dobbiamo meravigliarci quando sentiamo che le ali dei cherubini ricoprono l’Arca dell’alleanza. Anche per Isaia che ce ne parla hanno un significato simbolico. Nel testo di Isaia l’Arca dell’Alleanza viene indicata col nome di volto.
Ma sia che si parli di volto oppure di arca, si tratta sempre del medesimo simbolismo riferito, secondo il mio parere, a quelle realtà inconoscibili e ineffabili alle quali non può giungere la nostra riflessione.
Quando nel testo scritturistico senti nominare le lampade che escono come rami da un unico fusto, spandendo ovunque abbondante luce, non sei lontano dal vero se pensi che a questo Tabernacolo convergono i mirabili fulgori dello Spirito, che Isaia distingue in sette fiamme (Ap 4, 5 Is 11, 2).
Quanto al propiziatorio, mi pare che non occorrano spiegazioni, perché l’Apostolo ne ha già espresso il significato simbolico, quando parla di colui che Dio pose propiziazione per le nostre anime (Romani 3, 25).
Nell’altare e nell’incensiere vedo invece l’incessante adorazione compiuta nei tabernacolo dalle creature celesti.
È ancora l’Apostolo a dichiararci che le creature terrestri e infernali e le creature celesti celebrano la lode dell’Essere che è principio dell’universo (Fil 2,10). Lo stesso Apostolo aggiunge: «Questo è il sacrificio gradito a Dio: la lode delle labbra e il profumo della preghiera» (Eb 13, 5; Ap 5, 8).
L’ordine delle nostre considerazioni non viene a essere sconvolto, se ci soffermiamo a considerare il tessuto rosso le tende di crine che coprono il tabernacolo.
Il Profeta che ebbe la visione delle cose divine vede prefigurata in questi oggetti la Passione del Salvatore. Il rosso infatti significa sangue e il crine significa morte. Quest’ultimo, fatto di materiale insensibile, è eminentemente simbolo di morte.
IL TABERNACOLO INTERIORE
Le colonne della Chiesa
Sono queste le realtà che il Profeta vede nel tabernacolo celeste. Siccome a più riprese Paolo chiama Cristo la Chiesa (1 Cor 2, 12; Ef 1, 23), queste stesse realtà considerate nel tabernacolo terrestre che appunto è la Chiesa, potrebbero simboleggiare i ministri del divino mistero, chiamati dalla Scrittura «colonne» della Chiesa, apostoli, maestri, profeti (Gal 2, 9; 1 Cor 12, 29).
Non soltanto Pietro, Giovanni e Giacomo sono colonne della Chiesa, non soltanto Giovanni Battista era lucerna ardente, ma tutti coloro che, poggiando sopra di essi, fanno da sostegno alla Chiesa e, per merito delle loro opere, sono diventati astri luminosi, ricevendo così gli appellativi di colonne e di lucerne (Fil 2, 15). «Voi siete la luce del mondo», dice il Signore agli Apostoli (Mt 5, 4).
Del resto è ancora il divino Apostolo Paolo che impone a tutti il dovere di essere come colonne quando dice: «Siate fermi e irremovibili» (1 Cor 15, 58).
Diversità di uffici nella Chiesa e concordia di intenti
Egli aveva fatto di Timoteo una bella colonna, tanto da poterlo chiamare «colonna e fondamento (della Chiesa)» (1 Tm 3, 15).
Nel tabernacolo si celebrava da mane a sera il sacrificio di lode e si levava incessante l’incenso della preghiera. Il grande Davide ci fa comprendere il significato di questi atti, quando innalza verso Dio l’incenso della sua preghiera «in odore di soavità», e compie il sacrificio, tenendo le mani levate (Sal 140, 2).
La Scrittura accenna anche ai bacini nei quali vanno senz’altro individuati i ministri che, per mezzo della mistica acqua, puliscono la sporcizia dei peccati.
Bacino era Giovanni che puliva col battesimo di penitenza nelle acque del Giordano, bacino era Pietro quando condusse alla medesima acqua in una sola volta tremila persone, bacino Filippo nel battesimo dell’eunuco di Candace (At 2, 41; 8, 36) e tutti gli altri che, ricevuto il Dono, sono stati scelti a trasmettere la grazia.
Non sarebbe in errore chi, nelle tende che tutt’intorno una vicino all’altra chiudevano il tabernacolo, volesse veder simboleggiata l’amorosa e pacifica concordia dei credenti. È del resto l’interpretazione che ci dà Davide dicendo «Ha posto come suoi confini la pace» (At 4, 32; Sal 147, 14).
La pelli rosse e le pelli di crine poste a ornamento del tabernacolo, potrebbero rappresentare: le une la morte della carne del peccato, le altre la vita austera di penitenza, che dà particolare bellezza al tabernacolo della Chiesa. Le pelli infatti, anche se in sé stesse non posseggono alcuna vitalità, acquistano tuttavia vivacità dal colore rosso. Questo ci insegna che la grazia dello spirito, non può crescere negli uomini, se non quando è stata data morte al peccato.
Simbolismi diversi
Ciascuno, seguendo il proprio criterio, è libero di prendere il colore rosso come simbolo di saggio pudore. Nel tessuto ruvido e opaco delle tende di crine viene invece indicata l’austera penitenza, distruggitrice delle passioni. La mortificazione della carne è appunto il segno caratteristico di chi vive nello stato di verginità64. L’inaccessibilità del Santo dei Santi, che era proibito alla folla, si inserisce senza forzature nel contesto delle nostre applicazioni spirituali. Colui che rappresenta la Verità dell’universo è un Essere santo, intangibile e inaccessibile, come lo era il Santo dei Santi.
Questa Verità collocata nelle ineffabili profondità del mistero non può essere oggetto della curiosità dell’intelligenza, perché ne oltrepassa le forze. Essa è oggetto della fede, per mezzo della quale crediamo che esiste, sebbene risulti a tutti invisibile e quasi inesprimibile nei segreti dello spirito.
|