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ESORTAZIONE AI MARTIRI di Tertulliano

Ultimo Aggiornamento: 29/03/2014 19:37
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29/03/2014 19:37
 
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3. Ma, o voi benedetti, ammettiamo che anche pei Cristiani il carcere sia ragione di dolore. Ma noi siamo pure chiamati alla milizia, del Dio vivente, già allora quando abbiamo risposto con fede ai principi fondamentali dei Sacramenti. Non v'è soldato che corra in guerra, dopo essersi elegantemente e femminilmente preparato; non si avanza in mezzo alle schiere, dopo essersi alzati da comodo letto, ma dopo essere stati sotto tende scomode, mal fatte, nelle quali avevano quasi preso dimora ogni asprezza, ogni difficoltà di vita e ogni dolorosa sofferenza. Anche in tempo di pace, dalle fatiche, dalle difficoltà, i soldati imparano a sopportare le asprezze del tempo di guerra. Eccolo a far lunghe marce sotto il peso delle armi, e a correr qua e là per il campo; eccolo a scavar trincee, e a preparare quanto è necessario per la formazione della testuggine. E tutto richiede fatica e sudore; e questo, s'intende, perche il corpo non s'indebolisca, né l'energia dello spirito s'affievolisca. Eccolo passare dall'ombra al sole, dal sole affrontare stagione inclemente; ecco che si riveste della corazza, deponendo così, semplicemente, la veste indossata poco prima; eccolo pronto a passate dal silenzio al clamore guerresco, dalla quiete e dalla serenità al tumulto delle armi tempestoso e violento. E a voi, anime elette, si, lo credo, può essere aspra e dolorosa la prova; ma stimate pure che essa è scuola di virtù per il corpo e per l'anima vostra. Voi state per prepararvi all'agone supremo e magnifico; e l'ordinatore di questo è Iddio vivente e chi l'assiste è lo Spirito Santo: corona di vittoria è l'eternità; come premio, il Regno dei Geli: la gloria durerà poi eterna nei secoli. E Gesù Cristo, che è vostro maestro e guida suprema, che del Suo Spirito vi segnò ed ha trovato a voi il luogo della vostra prova, volle, prima del giorno del supremo cimento, allontanarvi da quella che sia libertà di vita, per sottoporvi ad un regime più aspro e più rigido assai. Così le forze si sarebbero in voi rinvigorite e accresciute. Lo stesso succede agli atleti: essi sono tenuti ben lontani da tutto ciò che possa affievolire le loro forze. È una disciplina severa di vita che si usa con loro, perche possano accrescere la loro resistenza fìsica: e a loro viene impedito l'abbandonarsi, s'intende, ad ogni sfrenatezza di passione, ad ogni incontinenza nel bere o nel prender cibo. Sopportano anche sofferenze, tormenti, fatiche d'ogni specie: ed è naturale che quanto più costoro sono abituati a tal genere di vita, tanto maggiore è la speranza dì vittoria che si può concepire su di loro. E tutte queste sofferenze l'affrontano, dice l'Apostolo, per conquistare corona di gloria terrena, e corruttibile quindi. E noi, che faremo dunque noi, che siamo per ottenere fulgore di gloria imperitura?

4. Accettiamo e riconosciamo il carcere, che ci viene inflitto, come nobile palestra per noi, perché possiamo, ormai bene abituati ad ogni sorta di patimenti, scendere nello stadio, che per noi è il tribunale. E cosa che ben si sa, ormai, che la virtù trova sua forza e sua luce in una vita di dolore e di sofferenze, ma si affievolisce e vien meno in chi conduce vita inerte ed effemminata. Dal divino precetto sappiamo che lo spirito è pronto, desideroso, ma che la carne è debole e inferma. Ma non ci culliamo su questo punto, pensando che il Signore ha riconosciuto la debolezza della carne. Egli ha detto che lo spirito è pronto, desideroso, attivo, per indicare chiaramente quale dei due elementi debba esser soggetto e a chi: e disse proprio così, che la carne debba servire allo spirito; il più debole al più forte, perché da questo appunto acquisti forza ciò che è per natura più fragile e caduco. Intorno alla comune salvezza, vengano un po' a colloquio spirito e carne, non facendo alcuna considerazione sugli incomodi che possono venire dal carcere; ma avendo soltanto di mira la lotta e la battaglia che intraprendono. La carne, ecco, che temerà forse dell'asprezza dei colpi delle spade e il supplizio della croce. Vi saranno poi per essa e il furore delle fiere, il terribile strazio delle fiamme, ogni più raffinata crudeltà dei carnefici nell'applicar le torture; ma lo spirito sorga incontro alla carne e a se stesso dica: Si: queste prove sono aspre e dolorose, ma tuttavia già molti ci furono che con animo sereno e tranquillo le sopportarono; anzi anche da taluni, desiderate, volute spontaneamente, e questo per amor di fama e di gloria» E non furono solamente uomini che così si comportarono, ma donne, anche! Così lo spirito parli, perché anche voi donne, o benedette, vi sappiate mantenere degne del sesso cui appartenete. Troppo per le lunghe io anderei se dovessi ricordare, uno per uno, coloro che si sono dati spontaneamente la morte. Fra le donne mi vien subito al pensiero Lucrezia, che, dopo aver sopportato offesa di violenza, sotto gli occhi dei parenti, si colpì coraggiosamente per avvolgere l'aureola della gloria intorno alla castità sua violata. Muzio Scevola dette alla fiamma la sua destra per acquistarsi fulgore di fama. E i filosofi fecero sovente qualcosa che può stare a confronto: Eraclito, che si lasciò bruciare dopo essersi coperto di stereo di bue; Empedocle, che si precipitò negli ignei abissi del M. Etna; Peregrino, che non una volta sola ascese le fiamme del rogo; e donne pure vi furono che ebbero disprezzo per gli strazi della fiamma. Didone, ad esempio, per non esser costretta a nuovo vincolo di nozze dopo la morte del primo marito, da lei fatto oggetto di sincerissimo amore; e così pure possiamo ricordare la moglie di Asdrubale, che, vedendo ormai Cartagine in preda alle fiamme fatali e scorgendo il marito in atteggiamento di supplice davanti a Scipione vincitore, insieme ai figli si precipitò nelle fiamme, che distruggevano la patria sua. E che dire di Regolo? Questi, fatto prigioniero dai Cartaginesi, non avendo voluto cambiare la sua vita con quella di molti nemici della patria sua, preferì restituirsi a chi gli era ostile, e là, chiuso in una specie di botte, trafitto in tutto il suo corpo da chiodi, soffrì tutto l'inaudito tormento. Ed è ancora una donna che andò incontro, così, spontaneamente alle fiere: dico, precisamente, aspidi, serpenti, che sono più terribili assai dei tori e degli orsi. Fu costei Cleopatra, che da se, colle sue mani, li trattò e li fece strisciare sul suo corpo, piuttosto che cadere nelle mani del nemico.

Ma il timore della morte non è poi tanto grande come il timore dei tormenti. Ebbene: ricordiamo quella famosa femmina ateniese, che, pur conoscendo esattamente i fili della congiura ed essendo perciò, appunto, sottoposta ai tormenti dal tiranno, non pronunziò mai i nomi di coloro che facevano parte della congiura stessa; ma in ultimo ella, staccatasi con un morso la lingua, la sputa in faccia al tiranno, perché si sapesse, così, che i tormenti non avrebbero potuto nulla su di lei, anche se fossero continuati più a lungo. E non è sconosciuto neppure quello, che, presso gli Spartani, è considerato un rito di grandissima importanza: la flagellazione. In questa sacra cerimonia i giovani più nobili, dinanzi ad un altare, vengono flagellati sotto gli occhi dei genitori e dei parenti, i quali fanno opera di esortazione viva, perché essi sopportino il dolore. E sarà maggior titolo di decoro e di gloria, se piuttosto il corpo perirà sotto le sofferenze, che il loro animo emetta grido alcuno di dolore. Se dunque è pur lecito, in vista di luce di gloria terrena, richiedere tale prova di vigoria di animo e di sensi, così che essi possano mostrare la loro noncuranza per offese di armi, per strazio di fiamme, per tormenti di croce, per furore di belve, per raffinatezza di torture, e tutto questo, dico, solo col miraggio di umana lode, io posso ben dire allora che ben piccole sono le sofferenze vostre di fronte al fulgore di gloria divina e di ricompensa celeste. Se tanto si stima il vetro, in quale maggior considerazione non dovremo tenere la perla? E chi sarà mai che non voglia dare per la verità quanto altri offre volentieri per ciò che è menzogna?

5. Tralascio di dire ora di colui che è causa di tanta gloria. Queste medesime gare, in quel che sia tolleranza di tormenti, si è riscontrato come presso alcuni uomini siano state compiute o per un certo spìrito di semplice ostentazione o per una data condizione morbosa e anormale del loro spirito. Quanta gente vi è che, per un certo desiderio di far mostra di valore bellico, non compie proprio il mestiere delle armi e mette a prezzo la propria spada? E per questa loro ambizione di comparire scendono a lottare colie fiere, e più grandi sono le ferite e maggiori sono gli scempi che ricevono dal loro furore, e più essi credono di crescere in bellezza. Altri poi si riscontrano che si sono dedicati quasi a prove col fuoco, e intendono di percorrere uno spazio determinato avvolti in una tunica in fiamme; altri ancora, e bisogna che abbiano davvero le spalle ben resistenti, camminano fra chi li vuol colpire con nervi di bue, O anime elette, non fu senza una ragione che il Signore permise che nel mondo tali cose avvenissero: perché noi traessimo da esse forza ed energia, perché esse parlassero a noi il linguaggio dell'esortazione più viva, e perché anche queste stesse cose servissero per confonderci quel giorno, nel quale noi temessimo di sopportare, per la verità e col miraggio della nostra salvezza, quello che altri pur s'affrettarono a patire, per ciò che era vano e bugiardo e per la loro perdizione.

6. Ma noi non vogliamo considerare questi esempi di fermezza, che derivano da una certa tendenza all'ostentazione vana. Volgiamo il pensiero nostro a quella che sia la condizione in cui ci troviamo qui sulla terra: e questo, perché noi impariamo ad affrontare con costanza e con serenità, se pur qualcosa noi dovremo sopportare, ciò che è stato sempre pur necessario soffrire anche a coloro che non l'hanno con tranquillità e con pazienza. accettato. Quanti non sono stati coloro, che le fiamme hanno divorato vivi? Quanti non hanno visto la loro fine per furore di fiere o nelle selve, o anche in mezzo alle città, quando esse fuggivano talvolta dalle loro gabbie? Quanti non perirono colpiti dalle armi di assassini, e quanti i nemici non posero al supplizio della croce? E ciò dopo essere stati, magari, prima sottoposti ad ogni sorta di tormenti e coperti delle ingiurie e delle contumelie più vili? Ma non vi può essere alcuno che soffra tutto questo per un uomo, ed esiti poi ad incontrare queste stesse sofferenze per un Dio! Oh, dopo tutto, almeno questi tempi nostri ci servano di ammaestramento, e sappiamo trarre esempio da tanti che, forniti pure di autorità e dignità, sortirono una fine che mai si sarebbero potuti attendere, data la loro nobiltà di natali, le cariche e le dignità da loro ricoperte, dato il loro pieno vigore fisico, la freschezza e l'energia dell'età. E ricordiamo che tutto questo essi lo soffrirono magari per un uomo, o per mano dì lui stesso, se qualche cosa avessero osato compiere ai suoi danni, oppure dagli avversari suoi, se avessero abbracciato le parti di lui.
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