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VANGELI IN RIMA

Ultimo Aggiornamento: 10/01/2019 09:55
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09/09/2013 11:54
 
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 da "I Vangeli in versi e in rima"
 
 
IL PADRE NOSTRO
(Mt.6,7-13; Lc.11,1-4)
 
Ai Dodici che un dì
glielo avevano chiesto,
Gesù come pregare
rendeva manifesto;
e se pure altre volte
Lui lo aveva detto,
ancora a tutti quanti
ne ribadì il concetto:
 
< Userete parole
le più semplici e piane,
e soprattutto poche,
senza espressioni vane.
Lasciatele ai pagani
le frasi a dismisura,
che credono in tal modo
ricever maggior cura.
Invece il Padre vostro
lassù nei cieli sa,
la più segreta vera
vostra necessità:
infatti prima ancora
che voi glielo chiedate,
Lui già sa quanto voi
da Lui desiderate.
 
Direte: - Padre Nostro,
che su nei cieli stai,
sia santificato
il nome che Tu hai,
e venga il Regno Tuo,
sia fatto il Tuo volere,
così qui sulla Terra,
come in cielo tra le sfere.
Donaci ogni giorno
il pane quotidiano,
e grazie per la pioggia
da cui germoglia il grano;
rimetti a noi le colpe,
perdona i nostri errori,
come noi perdoniamo
i nostri debitori.
Fai che la strada giusta
non lasciamo per la via.
Liberaci dal Maligno
per sempre e così sia -.
 
Tenete bene a mente
questo mio insegnamento,
lo andrete a dire a tutti,
ovunque soffi il vento...>
 
Fanciulli, ogni volta
che voi lo recitate,
pensate che Gesù
lo declamò una estate.
Tutte le volte che
lo recitate voi
pensate a Lui quel giorno
che lo insegnava ai Suoi.
 
Queste frasi che voi
recitate a memoria
son certo le parole,
più note della storia.
Di certo c'è un bambino,
giallo,mulatto o nero
che ora mentre leggete,
lo sta dicendo intero.
Dai ghiacci all'Equatore,
dai Poli alla Savana,
vien detta in ogni lingua
questa preghiera cristiana.
Fanciullo che la reciti
pensa che non sei solo,
ma con altri milioni
dall'uno all'altro Polo.
[Modificato da Coordin. 09/09/2013 11:56]
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09/09/2013 11:56
 
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CATTURA DI GESU'....
(Mt.26,47-56; Mc.14,43-52; Lc.22, 47-52; Gv.18, 1-11)
 
L'angoscia lo prendeva
nel buio tra gli ulivi,
era l'ultima sera
che Lui stava coi vivi.
Era solo! E da solo
pensava alla sua morte:
- Quanto dovrò soffrire?
Ma saprò essere forte...?-
 
Si sentono dei passi
e un rumore di ferri,
si odon concitate
le voci degli sgherri:
- Guardie circondate
intorno tutto il prato! -
Di qua brilla una torcia,
di là corre un soldato.
C'è Giuda in mezzo a quelli,
si stacca dal drappello,
s'avvicina a Gesù
aprendo il suo mantello;
lo saluta, lo abbraccia,
lo bacia sulla guancia,
Gesù è subito preso
tra un bastone e una lancia.
 
Si destano i discepoli
pensando: -Cosa accade?-
Davanti ai loro occhi
luccicano delle spade.
Forse per un momento
credono di sognare,
ma c'è chi grida: -PIETRO!
LO VOGLIONO ARRESTARE!-
Pietro si rizza in piedi
e sfodera il suo ferro,
e con un balzo è subito
addosso al primo sgherro.
Lo attacca e lo colpisce:
cade un orecchio a terra,
il sangue arrossa il viso.
Ma ecco che Gesù ordina:
- Amici, NON TEMETE!
Le spade dentro ai foderi,
subito riponete!
Dovrà di già sgorgare
il mio sangue innocente,
lasciatemi andare via
in mezzo a questa gente.
Sono venuti a prendermi
con spade e con bastoni,
eppure loro stessi
son stati testimoni:
di quando io di giorno
predicavo alla gente.
Or mi arrestano di notte,
come un delinquente.
Non vi ho insegnato a non
restituire il male?
Bensì il perdono SEMPRE,
anche con chi vi assale?-
 
Raccolto, sanguinante,
da terra il padiglione,
lo riattaccava a chi
lo portava in prigione.
I discepoli tutti
son tenuti distanti,
i soldati van via,
Gesù è scortato avanti.
C'è chi grida, chi scappa,
chi non si raccapezza...
...Tra i rami degli ulivi
triste sale una brezza...
 
******************
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09/09/2013 14:14
 
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DALLA FUGA IN EGITTO AL BATTESIMO NEL GIORDANO


Gesù soltanto, in ambito cristiano,
è stato il Verbo etereo e pre-esistente,
che si è incarnato poi in un corpo umano.

Nell’Induismo è fede ricorrente
Che l’anima sia eterna, e che pre-esista
Al corpo temporaneo e decadente.

Fra I Quattro, solo il quarto Evangelista
Fa proprio questo nobile argomento,
estrapolato forse, a prima vista,

dall’Enoc, libro apocrifo, al momento
in cui fu costituito dalla Chiesa
il canone del Nuovo Testamento;

ma che ebbe, in precedenza, larga presa:
sul mondo Esseno, prima, e poi cristiano.
Poi, divenuto il tempo dell’attesa,

da profezia auspicata, a quotidiano,
fu esplicitato nell’Annunciazione
l’avvento del Messia, Re sovrano;

ma nel silenzio della citazione
che l’inno di Giovanni, in sé sublima;
e se egli è tardo, nella narrazione,

la storia, il fatto, lo registra prima.
L’Annunciazione data da Matteo,
con quella che dà Luca, non collima:

Lui narra, primo Evangelista ebreo,
che, l’Angelo in persona, del Signore,
parlò, mentre era in braccio di Morfeo,
al pio Giuseppe, offeso nell’onore,
del Figlio della vergine Maria,
di cui fu il padre e non il genitore,

e gli annunziò che questi era il Messia
che avrebbe dato pace ad Israele:
E, detto questo, poi se ne andò via.

Per Luca, invece, l’Angelo Gabriele
Si mosse per incarico di Dio
E svolse due missioni parallele:

La prima, al Tempio, in fitto parlottìo,
per annunziare, al vecchio Zaccaria,
la nascita di un figlio casto e pio,

che avrebbe indotto a scegliere “la via”
il popolo ribelle e peccatore.
Sei mesi dopo, scese da Maria,

e le annunziò, con infinito amore,
che avrebbe avuto un figlio, in tutto degno
di essere l’eterno successore

del trono del re Davide e del Regno.
Maria e il Santo Spirito divino,
li aveva scelti Dio nel suo disegno.

Per Luca, poi, Maria e Gesù bambino,
col pio Giuseppe, andarono su al Tempio,
nel primo freddo albore di un mattino,

per essere al suo popolo d’esempio,
nel compiere la Legge del Signore,
di cui se ne faceva, a volte, scempio.

Non ha, Gesù, per Luca, alcun timore;
e lo descrive tra gli affetti e gli agi
per tutta la sua vita da minore,

appena superati quei disagi,
legati al lieto evento in una stalla.
Ma per Matteo, la visita dei Magi,

fa esplodere in Erode un’ira gialla;
per cui, da casa, fuggono in Egitto,
Giuseppe, con Maria e il bambino in spalla.

Qui termina l’intreccio, ed il conflitto;
ed anche se, non con la stessa idea,
così, come ciascuno di essi ha scritto,

Gesù lo fanno andare in Galilea.
Però, Gesù, non era il Nazareno,
ma un uomo della setta nazorea;

perciò Matteo non è sincero appieno
nel dargli questo improprio appellativo.
Può darsi pure, e qui si allenta il freno,

che sia un arricchimento successivo,
un caso, in sé, di pseudoepigrafia
di un posteriore scriba laudativo.

Fu ignota, a Luca, l’etimologia,
sia che scrivesse in greco, che in latino,
perché fa di Giuseppe e di Maria,

I “genitori” di Gesù bambino;
e, sia nel caso prima, che secondo,
confonde il padre umano, col divino.

Ciò segna qui un contrasto assai profondo
Con ciò che disse l’Angelo Gabriele,
nel giorno che rivide, in questo mondo,

la terra dove scorre latte e miele.
Gesù lasciò la terra Galilea,
ovvero, il Nord del Regno di Israele,

e si recò nel Regno di Giudea,
nei pressi della foce del Giordano,
in una zona detta la Perea,

laddove il fiume scorre lento e piano.
Qui, vide il pio Giovanni battezzare,
e gli mandò un saluto con la mano;

poi, si sedette in terra, ad aspettare.
E mentre tutto il popolo in costume,
si stava a rivestire e ad asciugare,

adagio, adagio, si inoltrò nel fiume,
in mezzo a uno scenario d’incantesimo;
e da Giovanni, che un eccelso nume,

pareva che esprimesse in sé medesimo,
chinò la fronte, in umiltà, e s’immerse,
e ricevette, in quella, il suo battesimo,

che dai peccati umani lo deterse.
Poi, rinnovato in sé, in quell’atmosfera,
dall’acque calme e limpide riemerse;

e, mentre era raccolto lì, in preghiera,
e con Giovanni che gli stava accanto,
si aprirono, su, in alto, I cieli, a schiera;

su Lui discese lo Spirito Santo,
in una forma, come di colomba,
e poi si udì una voce, unita a un canto,

ma forte come squillo di una tromba,
venire giù dal cielo, con l’effetto
che ha il tuono che si spande e che rimbomba.


“Tu sei il figliolo òio, il prediletto;
in te mi sono sempre compiaciuto”.
questo è poi l’evento che si è letto
nel libro, che alla Chiesa è dispiaciuto,
e che raccoglie tutti I Testamenti
dei XII Patriarchi, un dì perduto,

ma riaffiorato tra gli incartamenti
un tempo appartenuti al mondo essendo,
e in altri analoghi ritrovamenti.

Qui ci troviamo, dunque, senza meno,
di fronte ad un profetizzato evento,
che, con Gesù, si è realizzato appieno.

Bisogna adesso metter l’accento
Sull’alto incontro tra Gesù e Giovanni,
e a chi, di loro, spetti il sopravvento.

Gesù non ha, a quel tempo, chi lo osanni,
ed è il Battista a battezzare lui,
che è sulla scena già da alcuni anni,

rimasti invece, per Gesù, anni bui;
Giovanni nega di essere il Messia,
di fronte agli interrogatori altrui;

Gesù discende dalla dinastia
Che in Davide il più nobile esponente;
di Aronne, invece, e per la madre pia,

Giovanni è regolare discendente;
inoltre, il padre, il vecchio Zaccaria,
è sacerdote, al Tempio del Vivente;

Elisabetta, al pari di Maria,
l’ha amata il Santo Spirito fecondo;
ma nella scala della gerarchia,

Giovanni è il primo, ed è Gesù il secondo;
Giovanni è grande innanzi al Dio e Signore;
Gesù è più grande per il trono e il mondo:

Da queste note ricche di valore,
se esaminate senza ipocrisia,
si evince che è Giovanni il superiore.

E questa , in fondo, è poi la gerarchia
Che ritroviamo in ogni scritto essendo,
che fa riferimento ai due Messia.

Ma c’è qualcosa che convince meno.
Ed è l’atteggiamento del Battista
Che fa di sé la serpe del suo seno.

Secondo, infatti, il quarto Evangelista,
Giovanni, di sua sponte, arriva a dire:
“Gesù deve ora crescere alla vista;

io, invece, devo ormai diminuire”.
Leggendo le parole in controluce,
e in modo letterale, per capire,

con razionalità se ne deduce
che in un secondo tempo solamente,
il Cristo è diventato quella luce

che è il Verbo e il Figlio della Prima Mente.

CAPITOLO II

LA PREDICAZIONE DI GIOVANNI


Giovanni predicava nel deserto
Il suo battesimo di conversione,
e al popolo parlava a viso aperto

di solidarietà e condivisione.
Dotato di un carattere sanguigno,
manifestato nella sua missione,

svettava dal Giordano come un cigno;
e, in più, del cigno, aveva in sé il candore.
Pesavano assai più che di un macigno

Le sue parole di predicatore;
e in sé manifestava, come segno,
la grazia e la potenza del Signore.

Egli era portatore di un disegno
Che aveva preso il nome de “La via”,
formato dalla fede e dall’impegno

di un grande, tra I profeti: Isaia.
La forza gli era data dallo zelo
Di cui fu già dotato quell’Elia

Che dal Signore fu rapito in cielo,
perché non conoscesse mai la morte.
Col padre ebbe un percorso parallelo;

e, nella fede, fu con lui consorte.
Ma se da sempre, ne seguì l’esempio,
manifestò un fervore assai più forte.

Col padre, che era sacerdote al Tempio,
pregava sempre Dio con devozione
e riportò alla fede più di un empio.
Il giorno della sua circoncisione,
il padre, pieno di Spirito Santo,
profetizzò su lui, con precisione,

quel “Benedictus”, celebrato tanto.
Sua madre, la più santa delle donne,
pagò la vita con dolore e pianto,

né mai fu annoverata fra le nonne;
ma lui la ripagò col suo fervore.
Lei, era discendente pia di Aronne,

ed era beneamata dal Signore;
per lei, Gabriele inviò da Zaccaria.
E quando il Santo Spirito d’amore

Le penetrò la carne casta e pia,
profetizzò il “Magnificat” stupendo,
che poi la Chiesa attribuirà a Maria.

Giovanni stava allora diffondendo,
col suo carisma ruvido e spontaneo,
il rito del battesimo, in crescendo,

nel vasto mondo del Mediterraneo,
in cui Gesù restava un nome oscuro,
quantunque fosse suo contemporaneo.

Ma poi si ribaltarono, in futuro,
le loro posizioni, in tutto il mondo,
in un processo lento e duraturo,

così che il primo, diventò il secondo.
Qui và spiegata un po’ la loro storia
Per fare sì che emerga, dal profondo,

la verità, piuttosto che la gloria.
La trama dei Vangeli ha un punto certo,
o come inizio, o meta provvisoria:

il rito del battesimo, all’aperto,
che praticò Giovanni, nel Giordano,
ed anche nel limitrofo deserto.

La sua figura la preannuncia il brano
del libro, detto “Deutero-Isaia”,
però da quello greco, e ciò è assai strano.

Infatti, Dio ispirò la profezia
In lingua ebraica, e ad un profeta ebreo,
sia pure sotto pseudo-epigrafia.

Tradotto poi, in un greco da ateneo,
cambiò significato e religione,
in modo, si può dire, manicheo,

nel senso propio dell’affermazione.
La Bibbia scritta in canone cristiano
Presenta, nella sua composizione,

due sensi alterni dello stesso brano:
nel Vecchio, e poi nel Nuovo Testamento.
Ma ciò che più di tutto suona strano,

è che, di entrambi I brani in argomento,
si dice che è “Parola del Signore”.
Si nota quindi che ogni cambiamento

Che viene fatto al testo di un Autore,
redatto un tempo, sotto ispirazione,
è attribuito anch’esso al Salvatore.

Giovanni è un uomo di predicazione,
profeta della profezia biblistica,
che annuncia l’Uomo della salvazione.

Per la comune fonte Evangelistica,
è: “Voce di chi grida nel deserto”.
Ma sorge una dicotomia ateistica

Se in lingua ebraica è letto questo inserto,
in cui lo stesso Isaia confida,
se lo si legge in modo chiaro e aperto,

poiché, egli fa di sé: “Una voce grida:
spianate, nel deserto, a Dio, la via.
E’ a questa stessa voce che si affida

Il mondo esseno, erede di Isaia.
Costui è dunque un doppio annunciatore:
di Dio, dapprima, nell’ebraica scia;

poi di Gesù, nel greco innovatore.
La fede, veda, l’uso che si fa,
di quella che è “Parola del Signore”,

con questa doppia e ambigua verità.
D’altronde, l’uso stesso di ragione,
ci svela questa semplice ovvietà:

La profezia si fa da ispirazione,
e vale per un’unica figura;
non può tornare nuova a ogni stagione,

così come la frutta, che matura,
un anno dopo l’altro, sulla pianta,
finché la pianta è buona, e finché dura.

Ma spunta una questione sacrosanta,
così come il rossore della brace
affiora dalla cenere, se è tanta.

Giovanni, mentre predicava in pace,
apostrofava gli uomini e le genti
con una breve formula mordace,

cioè: “Razza di vipere” e “Serpenti”.
Matteo e Luca, affermano concordi,
che sono stati usati questi accenti,

che uscivano a Giovanni dai precordi,
il giorno del battesimo a Gesù.
Da questo punto in poi sono discordi;

e Luca, infatti, non ne parla più.
Matteo, invece, per due volte ancora
riporta questa formula tabù.

Ma a questo punto, un grosso dubbio affiora:
fù Gesù Cristo a fare suo quel detto,
e fù lui stesso a pronunciarlo allora,

oppure, nel Vangelo del predetto,
un tempo era Giovanni il primo Attore,
più tardi relegato dentro un ghetto?

E dentro I brani in cui, l’animatore,
pronuncia questa formula in questione,
c’è Gesù Cristo, nostro Salvatore,

o c’è Giovanni, in punta di ragione?
Può darsi, che nel testo di Matteo,
si sia invertito il ruolo alle persone?

Giovanni era un profeta, ed era ebreo,
legato, forse, ancora, al mondo esseno ,
e come lui lo era il Galileo;

aveva un largo seguito terreno,
che Gesù Cristo ancora non aveva,
di quattro o cinquemila, più o meno,

e battezzava chi glielo chiedeva,
purché mostrasse di essere credente;
e, come dai Vangeli si rileva,

fù Gesù Cristo, allora, il richiedente.
In Luca, poi, c’è un ordine preciso
Sul primo e sul secondo, in sé evidente.

Per precedenza, come Dio ha deciso,
c’è prima Elisabetta, e poi Maria.
Rifatto qui un riepilogo conciso,

torniamo a quella coppia di Messia,
di cui si è detto prima, di sfuggita,
nonché alla pertinente analogia,

che, di due parti, fà una storia unita
L’idea del messianismo tardo-esseno,
rimasta a lungo morta e seppellita,

in numerose grotte, e nel terreno,
riemerge alla ribalta della storia,
a illuminarci di sé stessa, appieno.

Duemila anni e più, di moratoria,
di fatto, hanno permesso al nostro mondo,
di cancellare in pieno la memoria

del loro credo, rigido e fecondo,
e di negare quante religioni
proliferò il suo ceppo moribondo.

Nei loro libri è espressa, in più occasioni,
l’attesa di figure parallele;
cioè, di due Messia, nei tempi buoni:

di Aronne, il primo; l’altro di Israele.
Se noi teniamo a mente, a questo punto,
le cose dette in Luca da Gabriele,

vediamo finalmente ricongiunto
lo spirito Evangelico ed esseno .
Ciò può creare qualche disappunto

in chi vorrebbe forse fare a meno
di riscontrare questa concordanza,
che appare dimostrata in modo pieno;

ma chi, la verità, la osserva a oltranza,
e la sostiene in tutto, e non la nega,
dovrà affrancarsi dalla sudditanza

che lo relega a un uso di bottega.
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09/09/2013 14:21
 
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L'Annunciazione dell'Angelo a Maria Vergine
( Lc.1,26-38)
 
(la taglio perchè questa è molto lunga...)
 
< Salute a te, Maria,
non aver timore.
Sono venuto a dirti
che ti ha scelta il Signore;
perchè tu concepisca,
nel tuo giovane seno,
il Suo Divin Figlio
che si farà terreno.
Iddio si farà uomo
e nascerà bambino,
ma non per atto umano,
ma per voler divino>.
 
Maria, stupefatta,
si era intanto seduta,
ritrovò la parola
che era rimasta muta:
- Come può nel mio grembo
battere un altro cuore?
Mai giacqui con nessuno-
diceva con rossore!
 
< Al volere di Dio
non è vietato niente:
adesso Elisabetta,
tua già anziana parente,
malgrado molte rughe
le solchino la guancia,
giosce per il bimbo
che le sgambetta in pancia...
 
...ed ecco che sarai incinta
pur non essendo "donna".
 
E' stata scelta chi
è umile e Dio teme:
tu diverrai sua Madre
non conoscendo seme.
Poi dovrai solamente
qualche mese aspettare
e la tua mano il ventre
sentirà fremitare.
Ancora un giorno e tu
sola non sarai più:
ti nascerà un Bambino
lo chiamerai Gesù.
Su Cieli, Mare  e Terra
regnerà il suo Governo,
da adesso in poi per tutti
i secoli, in eterno.
Nel tuo grembo materno
così si compirà
il Mistero Divino
di Nome Trinità.
Solo grazie alla vita
racchiusa dentro Te:
contemporaneamente
Iddio sarà Uno e Tre.
 
Ma, qui, dell'Altissimo
son solo ambasciatore:
che cosa devo dire
al mio e tuo Signore?>
 
- Accetto che di Dio
la volontà sia fatta -
 
...sarebbe stata Madre
pur rimanendo intatta......
 
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09/09/2013 14:22
 
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CATTURA DI GESU'....
(Mt.26,47-56; Mc.14,43-52; Lc.22, 47-52; Gv.18, 1-11)
 
L'angoscia lo prendeva
nel buio tra gli ulivi,
era l'ultima sera
che Lui stava coi vivi.
Era solo! E da solo
pensava alla sua morte:
- Quanto dovrò soffrire?
Ma saprò essere forte...?-
 
Si sentono dei passi
e un rumore di ferri,
si odon concitate
le voci degli sgherri:
- Guardie circondate
intorno tutto il prato! -
Di qua brilla una torcia,
di là corre un soldato.
C'è Giuda in mezzo a quelli,
si stacca dal drappello,
s'avvicina a Gesù
aprendo il suo mantello;
lo saluta, lo abbraccia,
lo bacia sulla guancia,
Gesù è subito preso
tra un bastone e una lancia.
 
Si destano i discepoli
pensando: -Cosa accade?-
Davanti ai loro occhi
luccicano delle spade.
Forse per un momento
credono di sognare,
ma c'è chi grida: -PIETRO!
LO VOGLIONO ARRESTARE!-
Pietro si rizza in piedi
e sfodera il suo ferro,
e con un balzo è subito
addosso al primo sgherro.
Lo attacca e lo colpisce:
cade un orecchio a terra,
il sangue arrossa il viso.
Ma ecco che Gesù ordina:
- Amici, NON TEMETE!
Le spade dentro ai foderi,
subito riponete!
Dovrà di già sgorgare
il mio sangue innocente,
lasciatemi andare via
in mezzo a questa gente.
Sono venuti a prendermi
con spade e con bastoni,
eppure loro stessi
son stati testimoni:
di quando io di giorno
predicavo alla gente.
Or mi arrestano di notte,
come un delinquente.
Non vi ho insegnato a non
restituire il male?
Bensì il perdono SEMPRE,
anche con chi vi assale?-
 
Raccolto, sanguinante,
da terra il padiglione,
lo riattaccava a chi
lo portava in prigione.
I discepoli tutti
son tenuti distanti,
i soldati van via,
Gesù è scortato avanti.
C'è chi grida, chi scappa,
chi non si raccapezza...
...Tra i rami degli ulivi
triste sale una brezza...
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21/12/2016 23:32
 
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L’ANNUNCIO DELL’ANGELO A MARIA


Viveva Maria a Nazareth
Tra gente contadina,
Solo da pochi anni
Non era più bambina;
Aveva due occhi neri,
Le guance color rosa,
Del giovane Giuseppe
Era promessa sposa.

(…) Mentre lei tutta sola
Travasava del vino,
Illuminò la stanza
Un bagliore azzurrino;
Andò il vino per terra,
Restò senza parola,
C’era di fronte un Angelo
Biondo e con due ali viola:

“Salute a te, Maria,
Non avere timore.
Sono venuto a dirti
Che ti ha scelto il Signore
Perché tu concepisca
Nel tuo giovane seno
Il suo divino Figlio
Che si farà terreno.

(…)Maria, stupefatta,
Si era intanto seduta,
Ritrovò la parola
Che era rimasta muta:
– Come può nel mio grembo
Battere un altro cuore?
Mai giacqui con nessuno –
Diceva con rossore.

“Al volere di Dio
Non è vietato niente:
Adesso Elisabetta,
Tua già anziana parente,
Malgrado molte rughe
Le solchino la guancia
Gioisce per il bimbo
Che le sgambetta in pancia.

(…)– Accetto che di Dio
La volontà sia fatta –;
Sarebbe stata madre
Pur rimanendo intatta.
………………..
Più nulla vide quando
Sollevò il capo chino:
Ma impregnava la stanza
L’odore acre del vino.

LA NASCITA DI GESÙ

Sotto Ottaviano Augusto
Si tenne un censimento
Atto a fotografare
L’Impero in quel momento;
Della Siria Quirino
Era il governatore,
Erode il Grande era
Della Giudea il signore.

Giuseppe con Maria
Gravida al nono mese
Deve così per forza
Lasciare il suo paese,
E verso la Giudea
Si deve incamminare
Per giungere a Betlemme
A farsi registrare;

(…)E giungono a Betlemme
Già quasi al tramontare,
Maria sull’asinello
È tutta un sobbalzare;
Ogni buca, ogni sasso
Che incontra sul cammino
Le sembra che più grave
Si faccia in lei il Bambino.

– Ti supplico, Giuseppe,
Fammi porre sdraiata;
Non sento più la schiena,
Il viaggio m’ha sfiancata.
Avverto poi nel ventre
Ignote sensazioni
E non vorrei che fossero
Le prime contrazioni –.

(…)Trova infine una grotta
Ampia e ben riparata,
Fa un giaciglio di paglia,
Sopra Maria è sdraiata;
Fa scaldare dell’acqua,
Distende una coperta,
S’inventa levatrice
Vogliosa ma inesperta.

Non sa Maria che cosa
Mai fare in quei momenti,
Respira forte, trema,
Stringe una mano ai denti,
Con l’altra afferra forte
Quella di suo marito,
Infine trova pace
E insieme ode un vagito.

(…)Questa notte per sempre
Divide in due la Storia,
Finché sarà nell’uomo
Un lampo di memoria.
Fanciulli, da qui il tempo
Sarà poi in due spartito:
Prima di quella notte…
… Dopo di quel vagito.


LEGGI ANCHE: Ecco il luogo in cui è nato Gesù!


I PASTORI CONTEMPLANO GESÙ NELLA GROTTA

Sparsi tra gli uliveti
Di quei colli ondulati
Stavan dei pecorai
Nel sonno addormentati;
Dormivano le greggi
Nei covili all’aperto,
Al chiaror della luna
Era tutto deserto.

Un bagliore accecante,
Ecco, li fa destare,
Anche i cani agitati
Si mettono a latrare,
Un Angelo lucente
Di luce tutta d’oro
Come un faro splendente
È apparso in mezzo a loro:

(…)Stanotte, qui a Betlemme,
Nacque il Cristo Signore,
Nella città di Davide
È nato il Salvatore;
Il Messia tanto atteso
Promesso dai profeti
È nato in mezzo a voi,
Tra gli orti e gli uliveti.

(…)Tornò subito il buio,
Ma il chiarore lunare
Guidava i pecorai
Al luogo da trovare:
Uno portava il pane,
Un altro una ricotta,
In poco tempo giunsero
Nei pressi della grotta.

Diedero i loro doni,
Sorrisero al Bambino
Che la madre spossata
Teneva a sé vicino;
Giuseppe non aveva
Nulla da offrire loro,
Maria di tutto questo
Fece in suo cuor tesoro.
A quelli che al ritorno

Incontravan per via
Dicevano esultanti:
– Nato è tra noi il Messia! –;
Pian piano i colli erano
Di luce rischiarati,
S’udivan delle pecore
Di già i primi belati.

Un bellissimo modo per ritrovarsi a Natale in famiglia a leggere – recitar cantando – insieme ai più piccoli, la più grande e meravigliosa storia del mondo.

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'A DONNA ADULTERA


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I DISCIPULI DI EMMAUS


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16/05/2017 13:35
 
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MARIA DI MAGDALA O' SEPULCRU
(vedi Giovanni, 20, 1-18)

Cu lu cori angusciatu pi' la pena,
nun si po' dari paci a' Maddalena,
e di primu matinu, cu' gran lena,
a lu sepulcru curri, quannu appena
'n'anticchia i' lustru c'era e si viria
la strata a stentu. L'aütra Maria
l'accumpagnava cu lu cori afflittu,
ca 'a morti di Gesù fu un gran delittu.

Arrivanu o' jardinu e... chi succedi?
ca nuddu era capaci 'i stari 'mpedi,
picchì comu 'na scossa 'i terremotu
si 'ntisi e di lu scantu foru coti.
Ddoppu 'n'anticchia, arrè s'arripigghiaru,
arrivaru o' sepulcru e s'addunaru
ca quarcunu la petra avia spustatu
e lu sepulcri apertu avia lassatu.

Quannu vitti la petra arrivutata,
Maria s'avvicinò tutta scantata,
taliò dintra o' sepulcru: era vacanti.
Allura, senza perdiri un istanti,
di cursa a lu cenaculu idda vinni
e cuntò i fatti a Petru ed a Giuvanni:
"Du sepulcru 'u Signuri fu arrubatu,
e nun sapemu d'unni fu purtatu!"

Sintennu 'sta notizia strabbilianti,
i du' parteru 'i cursa, e 'ntempu un nenti,
arrivaru o' sepulcru, e fu Giuvanni
u primu, chi, di fora, vitti i benni,
ma nun trasiu, picchì fici passari
a Petru, chi trasiu e stesi a guardari:
i benni vitti 'nterra e, poi, di latu,
piegatu a parti, c'era lu quadratu.

Ma ddoppu tuttu chistu taliari,
Petru 'un sapia cchiù cosa pinsari.
Trasi l'autru discipulu e iddu puru
vitti 'nsoccu si viri a occhiu nuru,
però dintra 'o so' cori iddu era certu
ca Gesù pi' davveru era risortu,
pi comu tanti voti l'avia rittu
e nne' Scritturi si truvava scrittu.

A casa si nni tornanu i dui amici,
mentri Maria di Magdala è infelici,
e lu sepulcru nun voli lassari,
picchì 'o so'Maistru havi a truvari.
E mentri ch'idda chianci scunsulata,
comu 'na luci viri a so' latata:
dintra o sepulcru stavanu ridenti
du' ancili cu i' vesti risplinnenti.

Lu primu a lu capizzu si nni stava,
e l'autru 'nveci 'e peri si truvava
dunni lu corpu di Gesù pusava;
ed a Maria, chi paci nun si dava:
"Picchì chianci?" -ci dissiru- e Maria:
"Lu me' Maistru si purtaru via,
-rispunni- e 'un sacciu d'unni lu purtaru!".
Ma l'Ancili 'ddà cchiù nun s'attruvaru!

Maria si gira e vidi nno' jardinu
un omu ca ci pari l'urtulanu.
Idda 'un finia di chianciri, ed allura:
"Picchì chianci? chi cerchi tu a chist'ura?",
dici iddu. "Si si tu chi lu pigghiasti,"
-idda arrispunni- "dimmi unni u purtasti,
ca iu stissa 'u va' pigghiu...". E iddu: "Maria!"
-la chiama-. "Rabbunì!!!" - grida Maria.

Maria rapi l'occhi finalmenti,
e 'un cerca 'cchiù tra i morti cu è viventi.
La gioia chi prova a vidiri o Signuri
senza rispiru 'a lassa, e cu trimuri
'e so' peri si jetta, e lu Maistru:
"Iu vaju nno Patri miu e Patri vostru!"
-ci dici- "Nno frattempu va a annunziari
all'autri ca mprisenza i vaiu a truvari!"

Giuseppe Licciardi (Padre Pino)
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18/05/2017 12:16
 
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A PORTI CHIUSI GESÚ APPARI AI DISCIPULI
(da Giovanni 20, 18-29)

Lu scuru di la notti avia calatu
e tutti i porti avianu attangatu
da casa unni si stavanu ntanati
l'apostuli, picchì eranu scantati
si ai capi di Giudii ci avia a passari
l'idea ca s' 'a putianu scuttari
cu quanti cu 'u Maistru avianu statu
e p' 'a strata l'avianu accumpagnatu.

Iddi eranu cunfusi e scuncirtati,
comu si 'i cori avissiru astutati.
Avogghia ca Maria, la Maddalena,
ci ripitia la stessa cantilena:
"Nno jardinu iu vitti a lu Signuri,
propriu cu st'occhi 'u vitti, e 'u ntisi puru
ca mi chiamau: "Maria!", e poi agghiuncíu:
"facci sapiri ca vivu sugnu Iu!".

Ma 'un ci cririanu a chiddu chi Maria
ci avia cuntatu, ca pi fantasia
l'avianu pigghiatu ed ora stannu
chiusi nta lu Cenaculu, aspittannu
chissà chi cosa, ma mancu iddi 'u sannu,
picchì nudda spiranza ncori ci hannu.
Ma all'improvvisu, cu 'i porti sprangati,
Gesù è già mmenzu ad iddi. Su' scantati!

Ma Gesù li talia e c'un surrisu
"Paci!" i saluta, e un'aria 'i Paraddisu
si senti nna dda stanza, e 'na carizza
pari ca jinchi 'i cori 'i cuntintizza,
mentri li chiai di manu e di u pettu
Gesù ci mostra comu signu certu
ch'è propriu Iddu, e arrè replica :"Paci!",
e ogni timuri ed ogni dubbiu taci.

I discipuli stannu tutti attenti,
mentri Gesù ci dici chiaramenti:
"Cu mi mannau nno munnu fu me Patri,
ora nveci sugnu iu chi mannu a vuatri."
E senza diri nenti 'u so' rispiru
supra ad iddi ci sciuscia c'un suspiru,
mentri chi dintra a ognunu jia trasennu
'na vita nova e 'i forza li jia jinchennu.

"Ora 'u Spiritu Santu riciviti!
-ci dici a li discipuli riuniti-
A cu' i piccati vuatri pirdunati,
du Patri miu sarannu pirdunati;
ma si ccà nterra nun li pirdunati,
mancu ncelu sarannu pirdunati!".
Cu sti paroli 'i granni autoritati
Gesù lassa i discipuli nciammati.

Ma, mancu a fallu apposta, ca, pi' casu,
dda sira un si truvava ddà Tommasu.
Quannu s'arricampau mmenzu a l'amici
si straniau, vidennuli filici,
e specialmenti quannu ci cuntaru
ca propriu cu Maistru s'incuntraru,
ca i so' feriti vittiru, iddi stissi,
e tutti l'autri cosi chi ci dissi.

Tommasu li pigghiau pi stravacanti
e, quasi offisu, dissi pruvucanti:
"Si nte' so' manu un viu la ferita
chi ci lassaru i chiova e cu i me jita
iu nun li toccu; e siddu nta lu pettu
la manu nta ferita nun ci mettu,
iu nun ci criu. Nun statimi a cuntari
cchiù nenti. Vogghiu vidiri e tuccari.

All'ottu jorna, arrè nna stessa casa
iddi eranu, e cu iddi era Tommasu.
E puru ca li porti eranu chiusi
Gesù è ddà, mmenzu ad iddi, su' giuiusi,
e li saluta: "Paci!". Poi si metti
a taliari a Tommasu e dici: "Metti
li jita nta ferita da me manu,
e nta chidda du pettu, la to' manu!".

Poi c'un surrisu: "Un essiri scridenti,
rapi 'u to' cori e criri firmamenti".
"Signuri miu e Diu niu!". Ora cridenti
addiventa Tommasu ntempu un nenti.
Ci arrispunni Gesù: "Picchì viristi,
Tommasu, allura, subitu criristi;
ma beati su' chiddi ca un virennu
cu tuttu 'u cori stannu già cridennu!".

Giuseppe Licciardi (Padre Pino)
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07/06/2017 20:01
 
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ZACCHEU
(leggi dal Vangelo di Luca, 19, 1-10)

Ntall'ufficiu du daziu Zaccheu stava,
d'unni un mari di genti transitava
già di prima matina, pi' pagari
li tassi a lu guvernu, e grossi affari
facia cu stu misteri, picchì a genti
pi' forza avia a pagari, e malamenti
avia assummatu un puzzu di dinari,
ca veru riccu si putia chiamari.

Ma tutta 'a so' ricchizza un ci bastava,
picchì 'u megghiu di cchiù po' ci mancava:
la genti nto so' cori 'u disprizzava,
pi latru e priputenti lu pigghiava,
e già, sulu a vidillu, s'arrassava
e 'i starici vicinu si scansava.
Nuddu c'era ca lu cunsiderava
comu so'amicu. Sulu si truvava.

Mentri chi trafichiava nta duana,
si jia addunannu di na cosa strana:
ca na fudda di genti pi' la strata
passava, ca l'ufficiu era all'intrata
du paisi di Gericu, e 'u passari
di tanta genti 'u spinci a curiusari.
S'affaccia avanti a porta pi' spiari
di chi cosa la genti sta a parrari.

Senti ca appena appena avia passatu
Gesù di Nazaret, e avia purtatu
tutta dda genti a ghirici dappressu,
picchì gran cosi avianu successu
nta tutti i posti unnè ch'Iddu avia statu,
ca puru ddà la vuci avia arrivatu.
Sintennu sti nutizii, un gran fermentu
metti tuttu 'u so' cori in muvimentu.

É comu un focu ca nun po' astutari,
comu un pinseri ca nun po' scacciari:
"Iu puru vogghiu viriri a Gesù!",
si dici, e fermu nun po' stari cchiù.
Nesci nta strata e cerca di capiri
d'unni Gesù si trova. Prestu a diri,
picchì Zaccheu è curtu di statura
e i genti p'iddu sunnu comu mura.

Ma all'improvisu spunta nta so' menti
'na pinsata pivveru ntilligenti:
vistu ca cu dda fudda 'un po' arrivari
a vidiri a Gesù, e 'un po' ammuttari
a nuddu pi circari di passari,
va di cursa e accussì po' superari
tutta 'dda fila 'i genti e po' acchianari
lestu nta un sicomoru, e ddà aspittari.

Zaccheu avia a Gesù ricanusciutu
già di luntanu, ca 'un avia junciutu
sutta l'arvulu unni è chi l'aspittava,
picchì propriu di ddà Gesù passava.
Lu cori di Zaccheu non si cuitava
e a sbattiri cchiù forti sicutava,
ca 'na granni emozioni l'affirrava
nto mentri ca Gesù s'avvicinava.

E quannu sutta o' sicomoru junci,
Gesù si ferma e li so' occhi spinci,
e ci dici: "Zaccheu, scinni 'i primura,
ca 'i veniri a to' casa nun viu l'ura!".
Comu si un vecchiu amicu avissi statu,
a so' casa Gesù s'avia nvitatu.
Zaccheu scinni di l'arvulu satannu
e a' so' casa a Gesù si sta purtannu.

La genti, ca a Zaccheu nun suppurtava,
contru a Gesù cu stizza murmuriava:
"Nun è 'na cosa giusta ca u Signuri
trasi nta casa d'un gran piccaturi!"
Nta stu mentri Zaccheu è accussi cuntenti
ca nun ci pari veru, ma pi' nnenti,
d'aviri nta so' casa a lu Signuri,
c'a so' vita canciò cu lu so' amuri.

Mittennusi all'aggritta, seriamenti,
dici a Gesù cu tutti i sintimenti:
"Un granni piccaturi jiu haiu statu
e ad un munzeddu i genti haiu arrubbatu.
Ora ti giuru ca mità 'i dinari
chi pusseru a li poviri haiu a dari,
e a tutti chiddi chi potti arrubbari
quattru voti nnarreri ci haiu a turnari!".

Gesù è commossu, ma dintra o' so' cori
fannu festa di l'Ancili li cori.
"Oggi - dici a Zaccheu - cu gran cirtizza,
nta 'sta casa trasìu la sarvizza.
Tu nun si' straniu, si' d'Abramu figghiu,
e ti lu dici giustu cu è ch'è u' Figghiu
di l'omu, e vinni propriu pi' circari
cu era pirdutu, e pi fallu salvari".

Giuseppe Licciardi (Padre Pino)
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20/09/2017 22:02
 
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LA PARABOLA DEI LAVORATORI IN DIVERSE ORE in versi siciliani a cura di Padre Giuseppe Licciardi tratto da Matteo 20,1-16

A PARÀBULA DI JURNATERI
(Vangelo di Matteo 20, 1-16)

Strata facennu, e porti d'un paisi
Gesù si ferma, dunni chi sû misi
li jurnateri ncerca di truvari
cu li chiama pi ghiri a travagghiari
e buscarisi u pani pi dda jurnata,
ca na famigghia av'a essiri sfamata.
Gesù s'assetta, comu soli fari,
e si metti a parabula a cuntari.

"Vi parru di li cosi di u celu,
sirvennumi d'esempi comu un velu."
Succeri ca un patruni, di matina,
nesci da casa e trova a chiazza china
di jurnateri ca stannu a aspittari
cu li chiama pi falli travagghiari.
P'un dinaru a jurnata è la dumanna:
iddu li pigghia e a la vigna li manna.

Ma subitu capisci ca nta vigna
c'è assai travagghiu 'i fari: la gramigna
s'avi a scippari, e poi s'avi a zappari
tuttu u tirrenu, e poi s'hannu a putari
tutti li viti, e poi s'hannu a arruciari,
si belli rappi si vonnu attruvari
quannu veni a staciuni da vinnigna,
ch' è na gran festa pi tutta la vigna.

Allura scinni a chiazza versu i novi,
e tanti jurnatera ddà ci trovi,
ca nuddu a travagghiari avia chiamatu
e ci piacissi d'essiri ngaggiatu.
Li chiama: "Puru vui, a travagghiari
viniti nta me vigna, ca di dari
chiddu ca è giustu vi prumettu", dici.
Accettanu ed ognunu u binirici.

Ma, vistu lu bisognu, torna arreri
e trova ancora c'autri jurnateri
stannu aspittannu d'essiri chiamati
e puru a menzu jornu sû ngaggiati.
E a stissa cosa ê tri fa lu patruni.
Ma versu i cincu, arreri, du purtuni
scinni nta chiazza e vidi tanta genti
ca ddà si trova senza fari nenti.

Iddu ci dici: "Cosa stati a fari
tutta a jurnata ccà senza chiffari?"
Ci arrispunneru cu vuci angustiata:
"A nuatri nuddu ni pigghiò a jurnata".
Iddu ci dici a tutti: "Di primura
iti nna vigna mia, puru a chist'ura!".
Bisognu nun ci fu di replicari,
ca di cursa sinni ieru a travagghiari.

Quannu si fici sira, lu patruni
ad ognunu -si sa- cuntu e ragiuni
voli dari, e ci dici o so fatturi:
"Ad unu ad unu paga pi lavuri
a tutti l'operai, ma a accuminciari
di l'ultimi, pi ai primi poi arrivari.
Chiddi di cincu pi primi chiamaru
e a ognunu d'iddi ci attuccau un dinaru.

Virennu chistu, i primi a immaginari
si misiru: "Chiossà nn'avi a tuccari!".
E nveci quannu ddà si prisintaru
a ognunu d'iddi fu datu un dinaru,
ca veramenti mali ci arristaru,
e contru a lu patruni accuminciaru
a murmurari: "Chisti travagghiaru
un'ura sula e u stissu si pigghiaru!

Ti pari giustu ca na sula urata
pi chiddi fu cuntata pi jurnata?
E nuatri, ca a carina nni rumpemu
o picu o suli, u stissu ricivemu!"
Amicu -dissi o primu lu patruni-
tortu un ti staiu facennu, e cu ragiuni
iu ti staiu dannu quantu era accurdatu
di sta matina, o puru l'hai scurdatu?

Quantu ti spetta, pigghiati e vatinni.
Si all'ultimi un dinaru poi mi vinni
di vulirici dari, un t'ê livatu
nenti da to sacchetta, sulu ha statu
picchì u me cori è bonu. O ti dispiaci
si dugnu li me sordi a cu mi piaci?".
É daccussì, ca l'ultimi sû i primi,
ed ultimi sarannu nveci i primi!"

Giuseppe Licciardi (Padre Pino)

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20/09/2017 22:05
 
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“Signore, quante volte dovrò perdonare a mio fratello, se pecca contro di me? fino a sette volte?”.Gesù con queste sue parole risponde a Pietro che, dopo aver ascoltato cose meravigliose dalla sua bocca, gli ha posto questa domanda: E gli risponde: “Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette”.
PERDONARE, PERDONARE SEMPRE.....
P. Giuseppe Licciardi ci traduce questo pezzo tratto dal Vangelo di Matteo al capitolo 18, versetti da 21 a 35 in uno splendido racconto in siciliano.
Potete ascoltare e allo steso tempo leggere i versi cliccando su Espandi....

SETTANTA VOTI SETTI
(Matteo 18, 21-35)

Stannu sempre o Maistru ad ascutari,
un jornu vosi Petru addumannari:
"Gesú, ma quantu voti h'a pirdunari
si me frati continua a sbagliari
contru di mia? Finu a setti voti?"
Gesú arrispunni: "Un sulu setti voti,
di chiú! Finu a settanta voti setti
tu h'a pirdunari, e ancora ci nni metti".

Pi chistu iu ti dicu ca lu Regnu
di Celi è comu un re ca nto so regnu
li cunti cu i so servi vosi fari,
e ad unu ad unu i cuminciò a chiamari.
A un certu puntu ci fu prisintatu
un tali, ca lu debitu accucchiatu
decimila talenti è valutatu;
e nun c'è sbagghiu: tuttu è registratu.

Controlla... sû decimila talenti,
e di sti sordi ormai nun c'è chiú nenti.
Na vita di travagghiu mai bastari
putia pi stu gran debitu saldari.
Lu re ordinó ca u servu si vinnìa
cu so muggheri, i figghi e quantu avìa.
Sulu accussì putìa essiri saldatu
lu debitu ca u servu avìa assummatu.

Sintennu la terribili sintenza,
lu servu si jetta nterra e cu nsistenza
supplica o re d'usarici clemenza
e ci addumanna d'aviri pacenzia:
"Si sulu anticchia 'i tempu mi pô dari,
ti giuru: tuttu pozzu sistimari!".
Nfacci lu re talia du disgraziatu
e di pietà lu so cori è tuccatu.

Lu fa susiri e dici: "Mai e poi mai
pô saldari u to debitu, e tu u sai!
Ma vistu ca iu provu cumpassioni,
du debitu ti dugnu rimissioni.
Sî liberu, ma vidi d'aggrizzari,
a testa a postu mettiri, e un sgarrari!
Nun ci pari ca è veru quantu senti,
ringrazia o re e di ddà parti cuntenti.

Ma appena nesci fora du purtuni,
giustu iddu ncontra n'avutru garzuni,
un so cumpagnu, a cui ci avia pristatu
centu dinari, ca un ci avia turnatu.
Appena u viri, l'occhi sbarrachìa
e si metti a gridari nmezzu a via:
"Dammi subitu i sordi chi t'haiu datu,
ca troppu tempu ormai t'haiu aspittatu.

E già l'afferra pi li cannarozza,
cu tanta raggia ca quasi lu strozza.
Avogghia ca u cumpagnu, addinucchiuni,
lu supplica dicennu: "Tu hai ragiuni!
Porta pacenzia ancora pocu jorna,
e viri ca lu debitu ti torna.
Ma chiddu un voli sentiri ragiuni,
l'accusa e lu fa mettiri in prigiuni.

L'autri servi arristaru scuncirtati,
virennu di prisenza sti scinati,
e subitu a lu re ci jeru a cuntari
comu ddu servu stava a ammartucari
o so cumpagnu pi centu dinari,
ca si nn'avia propriu a vrigugnari.
Di subitu si viri u re avvampari
di colira e lu servu fa chiamari.

"Servu malvaggiu sî! -lu re ci dici
cu sdegnu- Doppu chiddu chi ti fici,
tu puru a stissa cosa avìi a fari
cu to cumpagnu, e avìi a cundunari
lu debitu, comu iu fici cu tia.
Ci hai un cori troppu chinu 'i tinturìa.
Pi tutta vita ncarciri â ristari,
picchì u debitu to mai po' saldari".

Li guardii da prigiuni poi chiamau
e dda malerva ad iddi cunsignau.
A stu puntu Gesú: "Iu dicu a vuatri
-ai discipuli dici- ca me Patri
la stessa cosa fa cu tutti vuatri
si nun vi pirdunati tra di vuatri
cu tuttu u cori, e no sulu a paroli.
Ca chistu è chiddu ca me Patro voli."

Giuseppe Licciardi (Padre Pino)
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20/09/2017 22:07
 
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Un' altro racconto di don Giuseppe Licciardi tratto dalla Bibbia e tradotto in versi siciliani : si tratta del GIOVANE RICCO (Matteo19, 16-22;Mc 10, 17-22; Lc 18, 18-27)

U GIUVANI RICCU

(Matteo19, 16-22;Mc 10, 17-22; Lc 18, 18-27)

Mentri Gesù sta jennu p'a so strata,
si ci avvicina un giuvani, e a latata
d'iddu si metti, e poi cu gran rispettu
ci dici: "Maistru bonu, nto me pettu
c'è un focu granni ca mi fa avvampari.
Vogghiu sapiri 'i tia: "Chi cosa ê fari
pi putìri ottiniri a vita eterna?
Sta dumanna mi struggi e mi guverna!"

"Picchì mi chiami bonu? Nun lu sai
ca unu sulu eni bonu? ma si ci hai
pivveru a vuluntati d'arrivari
a aviri a vera vita, chistu h'a fari:
Basta osservari li cumannamenti".
Chistu Gesù ci dici, e, onestamenti,
chiddu addumanna: "Sì, ma dimmi: quali".
Cu pacienzia Gesù ci dici quali.

"Nun ammazzari, adulteriu nun fari,
un arrubbari, u prossimu un mbrugghiari,
supra a minzugnarìa mai h' a giurari,
u patri e a matri sempri hai a onurari,
comu a tia stissu ô prossimu hai a amari".
Sû chisti i cosi, ca tu hai a fari!".
S'illumina ddu giuvani, e di scattu:
"Tutti sti cosi sempre iu l'haiu fattu!"

E poi cuntentu: "Dimmi quali cosa
iu pozzu fari ancora. Dimmi, cosa?
Gesù u talia sintennu un granni affettu,
e poi dici: "Voi essiri perfettu?
Allura iu ti dicu: n'autra cosa
ti manca ancora. Vínniti ogni cosa.
Chiddu chi ci hai lu duni ai puvireddi
e liberu sarai comu l'aceddi.

E doppu ti nni veni appressu a mia
e farai parti da me cumpagnia".
Sintennu sti paroli pronunziari,
la facci sô si cuminciò a scurari,
e doppu, tristi, senza diri nenti,
di Gesù s'alluntana lentamenti.
Puru a Gesù ci strinci u cori e dici:
"A sô ricchizza nun lu fa filici!".

Viriti, amici mei, comu a ricchizza
ca cu l'autri un si sparti, gran tristizza
porta nto cori, e po' nni tagghia a strata
c'a lu Regnu di Celi è orientata.
Difficili ca un riccu trasi ncelu!".
Nte discipuli cala comu un velu.
"Allura cu si salva?". "Un lu pò fari
l'omu, ma sulu Diu chistu u pò fari".

E, comu si parrassi cu iddu stissu,
cu vuci stanca e lu pinseri fissu,
pisannu li paroli, lentamenti
Gesù dici: "U ripetu: veramenti
difficili è ca un riccu pò arrivari
ncelu. Un cammellu forsi pò passari
d'avugghia u funnu, ma un c'è d'aspittari
un riccu ncelu viriri spuntari!".

Petru, a stu puntu, sbotta: "Tu lu sai
ca ogni cosa pi tia lassamu!". "Mai
-ci arrispunni Gesù- pò capitari
a cu a sô patri o a casa appi a lassari,
o a sô muggheri, figghi, soru o frati
pi veniri cu mia, ca centu voti
di tuttu chistu un trova nta sta vita
e la gloria di Diu nta l'autra vita!".

Padre Pino (Giuseppe Licciardi)
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20/09/2017 22:09
 
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'A PICCATRICI E 'U VASU DI PROFUMU
(dal Vangelo di Luca, 7, 36-50)

Comu signu di stima e di rispettu,
unu di farisei mannò un bigliettu
propriu a Gesù, ca lu vulia 'nvitari
a veniri a so' casa pi' manciari.
Pu' fariseu, ch'era ben canusciutu
nto so' paisi, fari chist'invitu
significava sulu dimustrari
ca pi veru a Gesù vulia onurari.

Lu jiornu chi Gesù all'appuntamentu
nta casa di Simuni va, è cuntentu,
e pigghia postu cu l'autri nvitati
c'attornu a taula sunnu sistimati.
Lu fariseu ci teni a fari fiura
e fa serviri a tutti cu primura.
Si mancia chiddu chi c'è priparatu,
e anticchia 'i vinu alleira lu palatu.

Ma mentri ca nto megghiu u pranzu è jiuntu,
succeri un fattu ca 'un è misu 'ncuntu:
senza chi nuddu mai l'avia 'nvitata
'na fimmina ddà trasi e già sparata
ai peri di Gesù si va a jittari,
senza nudd'autru stari a taliari.
A canuscinu tutti nta cuntrata,
ca comu piccatrici è calculata.

La maravigghia fu accussì putenti
ca a bucca aperta, senza diri nenti,
arrestanu i 'nvitati a taliari
ca popriu a stentu ponnu rispirari.
Dda fimmina 'un li calcula pi' nenti,
sulu Gesù pi idda è ddà prisenti:
nn'avianu dittu tanti supra d'idda
ca mancu ci arrussica la mascidda.

Teni nte manu un vasiceddu chinu
di prufumu priziusu e supraffinu,
si metti addinucchiuni e posa nterra
u profumu, e li peri 'i Gesù afferra
e cu granni trasportu l'accarizza,
li vagna chi so lacrimi, e la trizza
di' capiddi si strogghi e, sugghiuzzannu,
araciu araciu po' li va asciucannu.

Poi u profumu pigghia e li va untannu
mentri cu tinirizza i va vasannu.
Gesù la lassa fari e 'un si scumponi,
picchì senti cu quali cummuzioni
tutti sti gesti fa liberamenti,
senza ammucciari li so' sintimenti,
ca sunnu di duluri e pintimentu
e o' stissu tempu di ringraziamentu.

Simuni nto so' cori a giudicari
si metti prestu e fa un malu pinsari:
"Pi mia, si Gesù fussi veramenti
un profeta, ' un ci stassi propriu nenti
a capiri cu è ca u st'a allisciari,
ca 'na fimmina è chista 'i malaffari.
Iddu 'nveci tranquillu 'a lassa fari
ed a disaggiu a nuatri nni fa stari"

Gesù ci leggi li so' sintimenti
e allura, cu so' fari risulenti,
ci fa: "Simuni, ci haiu 'na cosa 'i diri!"
"Maistru, parra puru, chi m'ha diri?"
Un patruni a du' servi avia pristatu
na summa di dinari e mai turnatu
nnarreri avianu i sordi o' credituri,
picchì nenti ci avianu i debbituri.

Cincucentu dinari ci avia a dari
lu primu, e pu' secunnu li dinari
cinquanta eranu nveci. U credituri,
vistu ca mai e poi mai i du' debbituri
lu debbitu putianu sanari,
a tutti dui ci 'u vosi cundunari.
Di tutti dui, cu è ca chiossà amuri
senti nto cori versu o credituri?"

Simuni allura ci arrispunni lestu:
"Secunnu mia, Maistru, si fa prestu
a 'nsirtari cu è chi chiossà amuri
tra i dui po' aviri versu o credituri:
sicuru 'u primu ch'ebbi condonatu
un debbitu cchiù grossu, ed è cchiù gratu!".
Gesù ci dici: "Bonu giudicasti
e la ragiuni giusta tu truvasti!

A vidi tu sta fimmina 'e me' peri?
sin'ora tu 'un hai avutu c'un pinseri:
ca chista è "una di chiddi"... e già nn'avanza
pi cunnannalla senza 'na sintenza.
Tu viri sulu chiddu ch'è a la vista,
ma cosa c'è nto cori è fora 'a vista.
Ma, si mi veni appressu p'un mumentu,
vidi comu li cosi ti prisentu.

Tu m'invitasti, ed iu vinni cuntenti,
ma nun mi priparasti un recipienti
pi lavarimi i peri, com'è usanza.
Sta fimmina, di quannu nta sta stanza
si prisintau, già subitu i me peri
accuminciò cu lácrimi sinceri
a lavari, e, strugghennusi i capiddi,
cu' affettu li asciucava poi cu chiddi.

Mi salutasti subitu all'intrata,
ma nun mi dasti mancu 'na vasata;
chista, di quannu vinni ccà darreri,
'un ha lintatu 'i vasari i me' peri.
Tu 'un mi mittisti 'u profumu nta testa,
pi' diri ca pi tia era 'na festa;
idda i me peri ha untu cu abbunnanza,
ca di profumu è china tutta 'a stanza.

Ora Iu dicu a tia, ca pirdunati
senza riserva sunnu i so' piccati,
ma propriu tutti chiddi c'hannu statu,
picchì 'sta fimmina assai veru ha amatu.
Inveci, quannu scarsi su i misuri
di lu pirdunu, scarsu assai è l'amuri".
Poi dici a chidda, cu gran caritati:
"Ti sunnu pirdunati i to' piccati!"

Tutti i 'nvitati allura a prutistari
si misiru cu stizza, e a murmuriari,
ma sulu nto so' cori:" Cu si senti
st'omu di ccà pi pirdunari a genti
di so' piccati?". Ma Gesù sta attentu
sulu a dda donna, ed è perciò cuntentu
di dirici: "A to' fidi t'ha sarvatu.
Vatinni npaci. Tuttu ormai è passatu!".

Giuseppe Licciardi (Padre Pino)
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20/09/2017 22:11
 
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LU 'NDEMONIATU D'A' SINAGOGA
(Vangelo di Luca, 4, 31-37)

'U Sabatu è lu jiornu du Signuri,
nun si travagghia e a Ddiu si duna onuri.
Tutti l'ebrei divoti la matina
vannu a la sinagoga e prestu è china.
Si cantanu li salmi e autri prieri
si fannu, e tutti parinu sinceri.
Poi si rapi lu Libru p'ascutari
la Parola chi Ddiu nni vosi dari.

Puru Gesù lu sabatu osservava
e comu tutti l'autri si nni java
nta Sinagoga, d'unni Iddu cantava
cu l'autra genti e nsemmula priava
cu tutti li paisani. Ma 'sta jurnata
successi ca a lettura fu assignata
propriu a Gesù chi cu gran sintimentu
leggi e cumincia po' u so' 'nsignamentu.

La genti di Cafarnau l'attintava
cu maravigghia e tanta gioia pruvava,
picchì 'a parola 'ncori risunava,
e comu fussi nova la truvava.
Mentri chi Gesù prérica e a so' vuci
trasi dintra d'ognunu e porta luci,
succeri ca qualcunu ddà assittatu
si susi e grida comu un addannatu.

"Basta, quannu ti zitti? U to' parrari
'un lu putemu propriu suppurtari!
Chi vvoi di nuatri, chi vinisti a fari?
Iu sacciu ca nni vo' Tu ruvinari.
Iu ti canusciu, sì U Santu di Ddiu!"
"Ora sta' zittu! T'u cummannu Iu!".
Severu è u tonu ca Gesù sta usannu
e a genti anticchia 'i scantu sta pruvannu.

Mai avia successu un fattu 'i sta purtata
nta Sinagoga, e a genti è 'mpressionata.
Nuddu si l'aspittava ca un devotu,
ch'era ddà pi osservari lu so votu,
ci avissi dintra ad iddu la prisenza
du nimicu di l'omu, nè 'ncuscienza
ddu mischinu putia mai immaginari
ca ô diavulu purtava a passiari.

Ma si finora avia statu agguattatu
e la so' strata si facia 'ntanatu,
truvannusi a' prisenza du Signuri
nun potti cchiù frinari 'u so' tirruri,
e vinni affaccia. Ora Gesù ci dici:
"Nesci subitu e lassa stu 'nfilici!".
Lu diavulu cu rabbia 'mmenzu a' genti
'nterra lu jetta, ma nun si fa nenti.

La genti, chi capisci d'unni veni
la forza di Gesù, timuri teni,
ma lu stupuri po' li fa parrari:
"Cu è chi sta putenza po' mustrari
ca so' parola? Basta u so' cumannu
ca i diavuli di cursa si nni vannu.
E 'sti pruriggi po' vannu cuntannu
e a fama di Gesù si va allargannu.

Giuseppe Licciardi (Padre Pino)
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09/11/2017 16:25
 
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ZACCHEU
(leggi dal Vangelo di Luca, 19, 1-10)

Ntall'ufficiu du daziu Zaccheu stava,
d'unni un mari di genti transitava
già di prima matina, pi' pagari
li tassi a lu guvernu, e grossi affari
facia cu stu misteri, picchì a genti
pi' forza avia a pagari, e malamenti
avia assummatu un puzzu di dinari,
ca veru riccu si putia chiamari.

Ma tutta 'a so' ricchizza un ci bastava,
picchì 'u megghiu di cchiù po' ci mancava:
la genti nto so' cori 'u disprizzava,
pi latru e priputenti lu pigghiava,
e già, sulu a vidillu, s'arrassava
e 'i starici vicinu si scansava.
Nuddu c'era ca lu cunsiderava
comu so'amicu. Sulu si truvava.

Mentri chi trafichiava nta duana,
si jia addunannu di na cosa strana:
ca na fudda di genti pi' la strata
passava, ca l'ufficiu era all'intrata
du paisi di Gericu, e 'u passari
di tanta genti 'u spinci a curiusari.
S'affaccia avanti a porta pi' spiari
di chi cosa la genti sta a parrari.

Senti ca appena appena avia passatu
Gesù di Nazaret, e avia purtatu
tutta dda genti a ghirici dappressu,
picchì gran cosi avianu successu
nta tutti i posti unnè ch'Iddu avia statu,
ca puru ddà la vuci avia arrivatu.
Sintennu sti nutizii, un gran fermentu
metti tuttu 'u so' cori in muvimentu.

É comu un focu ca nun po' astutari,
comu un pinseri ca nun po' scacciari:
"Iu puru vogghiu viriri a Gesù!",
si dici, e fermu nun po' stari cchiù.
Nesci nta strata e cerca di capiri
d'unni Gesù si trova. Prestu a diri,
picchì Zaccheu è curtu di statura
e i genti p'iddu sunnu comu mura.

Ma all'improvisu spunta nta so' menti
'na pinsata pivveru ntilligenti:
vistu ca cu dda fudda 'un po' arrivari
a vidiri a Gesù, e 'un po' ammuttari
a nuddu pi circari di passari,
va di cursa e accussì po' superari
tutta 'dda fila 'i genti e po' acchianari
lestu nta un sicomoru, e ddà aspittari.

Zaccheu avia a Gesù ricanusciutu
già di luntanu, ca 'un avia junciutu
sutta l'arvulu unni è chi l'aspittava,
picchì propriu di ddà Gesù passava.
Lu cori di Zaccheu non si cuitava
e a sbattiri cchiù forti sicutava,
ca 'na granni emozioni l'affirrava
nto mentri ca Gesù s'avvicinava.

E quannu sutta o' sicomoru junci,
Gesù si ferma e li so' occhi spinci,
e ci dici: "Zaccheu, scinni 'i primura,
ca 'i veniri a to' casa nun viu l'ura!".
Comu si un vecchiu amicu avissi statu,
a so' casa Gesù s'avia nvitatu.
Zaccheu scinni di l'arvulu satannu
e a' so' casa a Gesù si sta purtannu.

La genti, ca a Zaccheu nun suppurtava,
contru a Gesù cu stizza murmuriava:
"Nun è 'na cosa giusta ca u Signuri
trasi nta casa d'un gran piccaturi!"
Nta stu mentri Zaccheu è accussi cuntenti
ca nun ci pari veru, ma pi' nnenti,
d'aviri nta so' casa a lu Signuri,
c'a so' vita canciò cu lu so' amuri.

Mittennusi all'aggritta, seriamenti,
dici a Gesù cu tutti i sintimenti:
"Un granni piccaturi jiu haiu statu
e ad un munzeddu i genti haiu arrubbatu.
Ora ti giuru ca mità 'i dinari
chi pusseru a li poviri haiu a dari,
e a tutti chiddi chi potti arrubbari
quattru voti nnarreri ci haiu a turnari!".

Gesù è commossu, ma dintra o' so' cori
fannu festa di l'Ancili li cori.
"Oggi - dici a Zaccheu - cu gran cirtizza,
nta 'sta casa trasìu la sarvizza.
Tu nun si' straniu, si' d'Abramu figghiu,
e ti lu dici giustu cu è ch'è u' Figghiu
di l'omu, e vinni propriu pi' circari
cu era pirdutu, e pi fallu salvari".

Giuseppe Licciardi (Padre Pino)
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09/11/2017 16:28
 
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I DECI LEBBROSI
(Luca 17, 11-19)

Gesù facia la strata chi purtava
versu Gerusalemmi e attraversava
a Galilea e puru a Samaria,
e mentri nta un villaggiu Iddu trasia
deci lebbrosi u vittiru i luntanu
e si firmaru isannu li so manu.
A distanza si misiru a gridari:
"Gesù, Maistru, tu pietà nn'hai a usari!"

E pi tutta risposta, a tutti deci
cumanna i fari quantu a liggi dici:
"Itivi a prisintari ai sacerdoti!".
E tutti deci allura, coti coti,
si misiru pi strata, e a un certu puntu
successi ca sanaru i tuttu puntu.
Controllaru i so carni: nenti chiai.
Paria ca nun nn'avianu avutu mai.

Facennu quantu avia Gesù ordinatu,
pi firi, ognunu fu purificatu.
Unu di deci, appena ebbi appuratu
ca nudda traccia a lebbra avia lassatu,
a stessa strata fici pi turnari
ed a Gesù putiri ringraziari.
Chistu u primu pinseru chi nna menti
ci vinni e l'attuau subitamenti.

Mentri ca a strata i cursa si facia,
di ludari o Signuri nun finia,
e ai peri du Maistru addinucchiuni
si metti a ringraziallu cu ciatuni.
Gesù u talìa e apprezza lu so fari,
mentri un pò fari a menu i dumannari:
"Ma un foru deci ad essiri sanati?...
E l'autri novi dunni sû ammucciati?

Doppu u prodiggiu chi ci succidiu,
comu un turnaru a dari gloria a Diu?
Sulu unu d'iddi, ch'è un samaritanu,
si ricurdau ca Diu ci misi i manu
pi rimpastallu e fallu tuttu novu,
propriu comu davanti mi lu trovu?".
E ad iddu dissi: "Susiti! e priatu
va' a casa: la to fidi t'ha salvatu!".

Giuseppe Licciardi (Padre Pino)
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09/11/2017 16:31
 
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I DU SPICCIULI DA VIDUA
(Mc 12,38-44; Lc 20,45-46.21,1-3)

Nto chianu di lu tempiu si nni stava
e quantu succiria Gesù osservava.
E virennu li scribi 'i ddà passari,
si misi e so discipuli a nsignari:
"Attenti, un vi lassati mpressionari
di vesti longhi chi usanu purtari
li scribi, ca ci piaci passiari
pi farisi da genti salutari.

Ci tennu di sintirisi onurati
e di tutta la genti rispittati.
E quannu a sinagoga sû a priari,
nte primi seggi si vannu assittari,
e a vista i tutti, cu li manu isati,
si mettinu nprièra e sû taliati.
Si poi sunnu 'nvitati pi manciari,
i primi posti vonnu capitari.

Li vidui ricchi vannu a visitari
picchì ddà sû sicuri 'i capitari
qualchi cusuzza, e i ponnu po' spurpari.
Cercanu sordi e onuri e nun ci pari
davanti a Diu sbagliatu di sfruttari
u propriu nomu e d'autri apprufittari.
Ma propriu picchì a liggi a sannu a menti
sarannu giudicati duramenti.

Era assittatu propriu nfacci a stanza
du tesoru du tempiu, e a dda distanza
la genti si viria ca la so offerta
nta cascia jittava ca ddà stava aperta.
Li ricchi ca ci avianu assai munita
cchiù grossa ci mittianu la partita.
E c'era puru ddu giudeu divotu
chi ddà vinia a strogghiri u so votu.

Vidennu lu Maistru ntirissatu
a chiddu chi succedi all'autru latu,
i discipuli puru a taliari
stannu a la genti chi offri i so dinari.
e mmenzu a fila c'è na vicchiaredda
ca du spicciuli nesci da faredda
e li metti nta cascia di l'offerti
e s'alluntana poi cu passi incerti.

Gesù si vota allura a li so amici:
" Sta vidua lu vidistivu chi fici?
Chiossà di tutti misi nto tesoru:
Ca tutti, puru siddu un pezzu d'oru
misiru comu offerta, hannu 'i manciari,
mentri sta puviredda havi a ristari
dijuna, ca nun ci havi 'i chi campari,
ca tuttu a lu Signuri vosi dari".

Giuseppe Licciardi (Padre Pino)
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09/11/2017 16:40
 
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MANCIA, VIVI E DIVERTITI!
(Luca 12, 13-21)

Sapennu ca a parola du Signuri
pisava, ed era ntisa cu timuri,
uno di mmenzu a fudda u so parrari
accuminciò: "Maistru, un ti siddiari,
un favuri t'avissi a dumannari:
siddu a me frati tu ci pò parrari,
dicci di spàrtiri l'ereditati
cu mia, picchì a la fini semu frati".

Ma Gesù stranamenti ci arrispunni:
"Amicu miu, vurria sapiri d'unni
mi veni a mia tutta st'autoritati.
Nuddu mi fici jurici. Accurdati
tra vuatri sta facenna, si putiti".
E a tutti poi si vota: "A vui, sintiti:
tinitivi luntani 'i l'avarizia,
ca è comu a fami, ca mai nenti sazia!

Tutti i ricchizzi ca unu pò assummari
un bastanu p' a vita assicurari,
picchì la vita nun si pò accattari,
e ognunu, prima o poi, l'avi a lassari".
E, a propositu, poi metti a cuntari
na parabula e a genti sta attintari.
La storia iddu la cunta pi spiegari
ca a vita nun dipenni di dinari.

L'annata favurevuli avia statu
e a campagna d'un riccu avia purtatu
fruttu accussì abbunnanti ca un sapìa
d'unni sti beni mettiri putìa.
Tra d'iddu arraggiunava: "Cosa ê fari?
ca chiddu ch'ê ricotu un ci pò stari
nte magaseni. U largu nun m'abbasta
p'ammassari u furmentu e quantu arresta.

Ora jettu nterra tutti i magaseni
e li fazzu cchiù granni, e li me beni
ci mettu dintra. E finalmenti mpaci
mi pozzu stinnicchiari, ca mi piaci
gudirimi la vita e fari festa!
"Mancia, vivi, divertiti! C'arresta?"
Chiddu chi ci haiu mi basta pi tant'anni,
e ci pozzu campari senza affanni.

Mentri chi sti discursi si jia facennu,
senti a vuci di Diu chi sta dicennu:
"Stòlitu! I cunti boni un li sai fari.
Stanotti stissa a vita â cunsignari.
Tutta sta roba ch'hai ammunziddatu
a cu havi a jiri?". Chistu è u risultatu
di cu accumula i beni sulu p'iddu,
ma avanti a Diu nun porta pò un capiddu.

Giuseppe Licciardi (Padre Pino)
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09/11/2017 16:41
 
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A TASSA DU TEMPIU
(Mt 17, 22-27)

Mentri chi caminavanu pi strati
da Galilea, tra chiacchiari e risati,
a un certu puntu, isannu la so vuci,
Gesù: "Vi vogghiu diri unni cunnuci
-ci dici a tutti- a strata c'haiu a fari:
o Figghiu 'i l'omu a genti havi a pigghiari,
e i so nimici po' l'hannu ammazzari,
ma u terzu jornu havi a risuscitari!".

A tutti stu discursu li stranìa
e l'amariggia mentri sû p'a via.
Ma, appena ca a Cafarnau iddi arrivaru,
l'esatturi di tassi l'avvistaru
a dritti dritti a Petru avvicinaru
e senza storii po' ci addumannaru:
"U to Maistru a tassa nun la paga?".
Petru arrispunni: "Certu ca la paga!".

Appena trasi dintra, prima ancora
ch'iddu a so vucca rapi e soccu fora
ci havia successu si metti a cuntari,
avanti Gesù pigghia, e addumannari
cumincia: "Petru, ma chi ti nni pari?
Ai re da terra cu è c'avi a pagari
li tassi? I propri figghi o puru i stranii?"
E Simuni arrispunni": "Sulu i stranii!".

E vulennu u discursu continuari,
Gesù agghiunci: "Pi figghi, di pagari
li tassi un c'è bisognu. Nun ti pari?
Ma certu è sempri megghiu d'evitari
discursi ca la genti un pò affirrari.
Nun c'è bisognu di scannaliari
a nuddu. Tu, chiuttostu, scinni a mari
e jetta a lenza prontu pi piscari.

U primu pisci chi s'attacca all'amu
pigghialu, ca la tassa ci pagamu
a chiddi di lu tempiu cu a munita
chi ci trovi mmucca. É a tassa stabilita
pu tempiu du Signuri. Lassu a tia
pagari a tassa pi tia e pi mia.
Tutta la liggi s'havi ad osservari,
si la nova giustizia havi a spuntari".

Padre Giuseppe Licciardi (don Pino)
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09/11/2017 16:42
 
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U DINARU DI CESARI
(leggi Marco, 12, 13-17)

Un jornu i farisei e l'erodiani,
chi sunnu comu i jatti cu li cani,
si misiru d'accordu pi circari
comu a Gesù putianu nciappulari.
Allura si furmau n'ammasciaria
pi ncuntrari a Gesù mentri è pa via.
Tutti gentili u vinniru a circari
dicennu ca ci avianu a parrari.

Cu meli mmucca u capu d'ammasciata
accuminciò, facennu sta parrata:
"Maistru, s'iddu a Tia nn'arrivulgemu
è pi la granni stima chi ci avemu.
Tu parri sempri cu la viritati,
e suggezioni un hai d'autoritati,
chiddu c'a ddiri u dici nta la faccia,
e nuddu ti pô mettiri na taccia.

Avemu na dumanna assai pisanti:
"É licitu pagari ai guvirnanti?
A Cesari emu a dari o no u tributu?",
e la risposta aspetta, stannu mutu.
Gesù ci leggi u marciu di la menti
e arrispunni: "Capisciu i vostri ntenti.
Ma la risposta vi la vogghiu dari.
Na munita facitimi taliari.

Chiddi un dinaru nmanu ci purtaru.
Gesù u vota e rivota: "Nto dinaru
viu na faccia e na scritta. A ccu appartennu?"
"A Cesari!" arrispunninu, un sapennu
d'unni Gesù vulia iri a parari.
"Allura -dissi- a Cesari aviti a dari
chiddu chi ci apparteni, e puru a Ddiu
aviti a dari chiddu ch'è di Ddiu!"

Padre Pino (Giuseppe Licciardi)
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10/11/2017 17:22
 
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I DU FIGGHI
(Mt 21, 28-32)

E dintra o tempiu arreri a priricari
accuminciò, e u stavanu a attintari
un sulu i genti cu cui già parrava,
ma un pugnu i farisei ora ascutava,
ca s'avia junciutu a cu è chi cumannava
ddà dintra o tempiu e tuttu cuntrullava.
E ddà, davanti a tutta chista genti,
Gesù ripigghia li so nsignamenti.

E ci accumincia: "Beh, chi vi nni pari?"
e ddocu attacca subitu a cuntari
na parabula nova, ca la genti
l'aricchi attisa e ascuta attentamenti.
"C'era un cristianu, ca ci avia du figghi,
ch'eranu a so spiranza e comu gigghi
iddu si li criscia, e pi campari,
un pezzu i terra avia unni travagghiari.

Un jornu ca u bisognu era cchiù urgenti,
o primu di du figghi dici: "Senti,
nta vigna c'è bisognu i travagghiari.
Viri siddu na manu mi po' dari".
"Tranquillu, supra i mia ci pô cuntari"
-iddu ci dici- ma un va a travagghiari.
Ma puru all'autru figghiu, appena u viri,
ci dici ca nta vigna iddu avi a jiri.

Ma dda matina, appena arrisbigghiatu,
s'avia susutu cu peri sbagghiatu,
e nun ci pensa mancu menza vota,
siddu ca o patri, cu na lingua strota,
iddu arrispunni, e a tortu pigghia canna:
"Oggi iu un aiu a jiri a nudda banna!".
Ma appena vota a facci già si penti
e ncampagna iddu va subitamenti.

Di sti du figghi, allura, pi vuatri,
cu fici a vuluntati di so patri?
Ci dicinu di bottu: "Prestu a diri:
cu è chi du patri fici lu vuliri
fu l'utimu, picchì l'accuntintau;
u primu dissi sì, ma s'a svignau".
"Ragiuni aviti, ca nun sû i paroli,
ma i fatti a fari soccu u patri voli".

Ora iu dicu a vuatri: "A mia mi pari
ca i pubblicani e chiddi i malaffari
a vuatri tanti cosi hannu 'i nsignari
e prima i vuatri ncelu hannu a arrivari...
Un taliati accussì. Pozzu spiegari.
Giuvanni vinni e misi a priricari
li cosi giusti chi s'avianu a fari
p' a strata du Signuri praticari.

Ci criristivu forsi tutti vuatri?
Ma i prostituti ci crittiru e i latri,
e pintuti a so vita già canciaru
e nta via du Signuri s'avviaru.
Di Giuvanni la vuci puru vuatri
sintistivu, e pinsastivu: "É pi l'autri!
pi nuatri un c'è bisognu 'i pintimentu,
ca bonu e giustu è u nostru sintimentu!"

Giuseppe Licciardi (Padre Pino)
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10/01/2019 09:48
 
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04:58

 





A VISITA DI MAGI in versi SICILIANI a cura di don PINO LICCIARDI


… e o so paisi si nni riturnaru. Giuseppe Licciardi Padre …Pino … sereno e gioioso Natale del Signore. P. PinoArea degli allegati A VISITA DI MAGI . … A VISITA DI MAGI in versi …SICILIANI














 


03:44

 





U BON SAMARITANU (Luca 10, 25-37) in versi siciliani a cura di don Pino Licciardi


… Và. e accussì fà puru tu. Giuseppe Licciardi Padre …Pino … abbondante e feconda benedizione celeste. P.Pino U BON SAMARITANU . Luca 10. 25. 37. Nto … U BON SAMARITANU . Luca 10. 25. 37. in versi













 










 


03:43

 





LE DIECI VERGINI in versi siciliani a cura di don Pino Licciardi


LE DIECI VERGINI in versi …siciliani a cura di …donPino …Licciardi un racconto nuovo che potete leggere mentre … l'ura pò essiri ogni istanti. Giuseppe LicciardiPadre …Pino … LE DIECI VERGINI in versi













 










 


04:43

 





U CECU DI GERICU in versi siciliani a cura di don Pino Licciardi


… domenica prossima. il cieco di Gerico in versisiciliani a cura di …don …Pino …Licciardi Buon ascolto. U CECU DI GERICU . Marco … appressu di Gesù. ch'è la so via. Giuseppe Licciardi Padre … Padre Pino













 






 331







 


03:55

 





U FATTURI DISONESTU in VERSI SICILIANI da Luca 16,1-9 a cura di don Pino Licciardi


… 1 a 9 magistralmente tradotta in versetti siciliani che potete leggere mentre … narratore e creatore. donPino …Licciardi U FATTURI DISONESTU . Luca 16. 1. 9. … cancelli vi tennu spalancati. Giuseppe Licciardi













 










 


02:41

 





DI PRINCIPIU UN FU ACCUSSÌ (Mc 10, 1-12) in versi siciliani a cura di don Pino Licciardi


… che ho cercato con fatica di esprimere in versisiciliani Ci sono riuscito. Lo spero. Vostro …don …PinoLicciardi DI PRINCIPIU UN FU ACCUSSÌ . Marco 10. … ’avutru. è adulteriu. Garantitu. Giuseppe Licciardi













 










 


04:53

 





A PARABULA DA ZIZZANIA (Matteo 13, 24-30.36-43) in versi SICILIANI a cura di don Pino Licciardi


… ZIZZANIA . Matteo 13. 24. 30.36. 43. in versiSICILIANI a cura di …don …Pino …Licciardi A PARABULA DA ZIZZANIA Gesù all’apertu … boni . aricchi. dicu a vuatri. Giuseppe Licciardi Padre …Pino













 






 245







 


04:49

 





LA PARABOLA DEI TALENTI IN VERSI SICILIANI a cura di DON PINO LICCIARDI


LA PARABOLA DEI TALENTI IN VERSI …SICILIANI a cura di …DON …PINO …LICCIARDI A PARABULA DI TALENTI . Matteo 25. 14. … piccati e a testa sbatti o muru. Giuseppe Licciardi Padre …Pino … LA PARABOLA DEI TALENTI IN VERSI













 






 54







 


03:08

 





CU CERCA TROVA (Lc 11, 5-13) in VERSI SICILIANI a cura di don Pino Licciardi


… aperto. CU CERCA TROVA . Lc 11. 5. 13. in VERSISICILIANI a cura di …don …Pino …Licciardi CU CERCA TROVA . Luca 11. 5. 13. Pi farici … quanti ci lu stannu a ddumannari. Giuseppe Licciardi













 






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03:27

 





U BATTISIMU DI GESÙ (Matteo 3, 13-17; Giovanni, 1, 29-34) - in versi SICILIANI a cura di don Pino …


… 3. 13. 17. Giovanni. 1. 29. 34. in versi …SICILIANI a cura di …don …Pino …Licciardi U BATTISIMU DI GESÙ . Matteo 3. 13. 17 … è pi veru lu Figghiu di Diu. GiuseppeLicciardi Padre …Pino






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10/01/2019 09:50
 
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 64







 


03:35

 





VIRI CA È U SIGNURI! (Giovanni 21,1-14) IN VERSI SICILIANI A CURA DI DON PINO LICCIARDI


… CA È U SIGNURI. Giovanni 21,1. 14. IN VERSISICILIANI A CURA DI …DON …PINO …LICCIARDI VIRI CA È U SIGNURI. Giovanni 21,1. 14 … tutti fu gran festa a la marina. Giuseppe Licciardi Padre … Padre Pino













 






 117







 


03:27

 





I NOZZI DI CANA (Giovanni 2, 1-11) in VERSI SICILIANI a cura di don Pino Licciardi


… I NOZZI DI CANA . Giovanni 2. 1. 11. in VERSISICILIANI a cura di …don …Pino …Licciardi V62. I NOZZI DI CANA . Giovanni 2. 1. … cridiri a Gesù. e mai u lassaru. Giuseppe Licciardi Padre … Padre Pino













 






 228







 


04:16

 





DATICI VUATRI STISSI DI MANCIARI (Matteo 14, 13-21) in versi siciliani a cura di don Pino Licciardi


… STISSI DI MANCIARI . Matteo 14. 13. 21. in versisiciliani a cura di …don …Pino …Licciardi DATICI VUATRI STISSI DI MANCIARI . Matteo … . ca pi Gesú facianu faviddi. Giuseppe Licciardi Padre … Padre Pino













 






 117







 


03:00

 





A MORTI DI GIUVANBATTISTA (Matteo 14, 1-12; Marco 6, 17-29) in versi siciliani a cura di don Pino …


… Matteo 14. 1. 12. Marco 6. 17. 29. in versi …siciliani a cura di …don Giuseppe …Licciardi A MORTI DI GIUVANBATTISTA . Matteo 14. … 'u populu o Signuri richiamari. Giuseppe Licciardi Padre … Padre Pino













 






 842







 


02:17

 





A TASSA DU TEMPIU - LA TASSA DEL TEMPIO in versi siciliani a cura di Padre Giuseppe Licciardi


… tratto dal Vangelo di Matteo 17,22. 27 in versisiciliani che potrete leggere mentr … . Espandi. a cura di don …Pino …Licciardi A TASSA DU TEMPIU . Mt 17. 22. 27. Mentri … giustizia havi a spuntari. Padre Giuseppe Licciardi













 






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04:35

 





IL PARALITICO CALATO DAL TETTO in versi SICILIANI di Padre Giuseppe Licciardi


… Gesù Cristo. Oggi ascoltiamo la voce di Don …PinoLicciardi in …versi …siciliani che potete leggere cliccando su ESPANDI. … maravigghi chi stamu virennu. Giuseppe Licciardi Padre …Pino … IL PARALITICO CALATO DAL TETTO in versi













 






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04:02

 





LA NASCITA DI GIUVANNI (Luca 1, 23-25.57-80) in VERSI SICILIANI a cura di don Pino Licciardi


… ch’a Israeli s’avia a rivilari. Giuseppe Licciardi Padre …Pino … toccante. Un caro saluto. Con affetto. P. PinoLA NASCITA DI GIUVANNI . Luca 1. 23. 25 … DI GIUVANNI . Luca 1. 23. 25.57. 80. in VERSI













 






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04:04

 





IL RICCO E IL POVERO LAZZARO in versi SICILIANI a cura di don Pino Licciardi


IL RICCO E IL POVERO LAZZARO in versi …SICILIANI a cura di …don …Pino …Licciardi U RICCU E U POVIRU LAZZARU . Luca 16. 19 … arrivisci. dici. è assurdu. Giuseppe Licciardi Padre …Pino … IL RICCO E IL POVERO LAZZARO in versi













 






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02:17

 





U FARISÈU E U PUBBLICANU (Luca, 18, 9-14) in versi SICILIANI di Padre Pino Licciardi


… E U PUBBLICANU . Luca. 18. 9. 14. IN VERSISICILIANI A CURA DI …DON …PINO …LICCIARDI SE VOLETE SEGUIRE E LEGGERE LE STROFE MENTRE … cchiù áutu si senti è umiliatu. Giuseppe Licciardi Padre … Padre Pino




 



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