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LA NUBE DELLA "NON-CONOSCENZA"

Ultimo Aggiornamento: 07/09/2013 13:03
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07/09/2013 12:18
 
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CAPITOLO 16
Grazie a questo lavoro, un peccatore veramente convertito
e chiamato alla contemplazione giunge prima alla perfezione
che non facendo qualsiasi altro lavoro;
e perdi più in brevissimo tempo può ottenere da Dio il perdono dei peccati

Che nessuno accusi di presunzione chi, fosse anche il più miserabile peccatore di questo mondo, dopo aver fatto debita ammenda dei propri peccati e aver sentito dentro di sé la vocazione alla vita contemplativa, con pieno consenso del suo direttore spirituale e della propria coscienza, osa offrire a Dio il suo umile slancio d’amore e premere in segreto quella nube della non-conoscenza che sta tra lui e il suo Dio.
Quando nostro Signore disse a Maria, tipica rappresentante di tutti i peccatori chiamati alla vita contemplativa: «Ti sono rimessi i tuoi peccati», ella non fu perdonata né per il semplice ricordo dei suoi peccati, né per il grande dolore che ne aveva, e neppure per L’umiltà che aveva acquistato nel considerare la propria miseria. Perché allora? Fu senz’altro perché amava tanto.
Ecco! Qui si può vedere quel che riesce a ottenere da nostro Signore una segreta pressione d’amore; ed è ben al di là di ogni altra cosa che possiamo fare o immaginare. Tuttavia devo riconoscere che grande era il suo dolore e versava lacrime amare per i suoi peccati ed era veramente ricolma d’umiltà al pensiero della sua miseria. Allo stesso modo anche noi, che siamo dei miserabili e dei peccatori incalliti per tutto il tempo della nostra vita, dovremmo provare un immenso dolore per i nostri peccati e diventare veramente umili al pensiero della nostra miseria.
Ma come? Certamente come ha fatto Maria. Ella non poteva non sentire un sincero e profondo dolore per i suoi peccati, poiché in tutta la sua vita li portava con sé dovunque andasse, legati assieme come in un fardello riposto nell’intimo del suo cuore, così da non scordarli mai. Ciò nonostante, secondo quanto afferma la bibbia, Maria aveva un dolore ancora più vivo, una brama più penosa, un sospiro più profondo, e ancor più si struggeva quasi a morte, perché voleva amare Dio in misura maggiore: era questo ad angosciarla più che non il ricordo dei suoi peccati. E tutto ciò, quando già grande era il suo amore per Dio. Non devi però meravigliarti, poiché a chi ama sui serio capita veramente così: più ama e più vorrebbe amare.
Tuttavia, ella era pienamente cosciente di essere la più infame tra tutti i peccatori e sentiva dentro di sé con rigorosa verità l’abisso che i suoi peccati avevano creato tra lei e quel Dio che tanto amava. Ed erano proprio i suoi peccati la causa principale per cui era debole e non riusciva ad amare Dio come avrebbe voluto.
E allora? Forse che discese dall’alto del suo desiderio nell’abisso della sua vita peccaminosa, per frugare nel letamaio e nelle acque luride e stagnanti dei suoi peccati? E si mise forse a tirarli fuori accuratamente uno alla volta, così da rimuginare, dolersi e piangere sopra ciascuno di essi? No di certo! Perché? Perché Dio, per sua grazia, le aveva dato di comprendere nell’intimo del proprio cuore che non ne sarebbe mai venuta a capo in questo modo. Se avesse agito così, avrebbe ripreso con ogni probabilità a peccare prima ancora di ottenere con ciò il perdono di tutti i suoi peccati. Ecco perché appese il suo amore e il suo ardente desiderio a questa nube della non-conoscenza e imparò ad amare quel che non sarebbe mai riuscita a vedere chiaramente in questa vita alla luce della ragione, né a gustare pienamente nell’intimo con la dolcezza del suo affetto.
E amava a tal punto, che spesso non si ricordava nemmeno più di essere stata una peccatrice. Per la maggior parte del tempo era così presa dall’amore per Dio che, penso, non faceva più caso alla bellezza e alla grazia del corpo fisico di Cristo, per quanto fosse santo e prezioso, quando egli sedeva a parlare con lei; e non badava a nessun’altra cosa, né materiale né spirituale. Questo sembra essere l’insegnamento del vangelo su questo punto.
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