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Giov. 21,15-17 " Pasci le mie pecorelline"

Ultimo Aggiornamento: 01/09/2013 16:56
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01/09/2013 16:53
 
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Quello che segue è il commento evangelico desunto dal sito laparola.net  AL TESTO DI GIOVANNI 21,15-17
 

Alla triplice domanda di Gesù, ed alla triplice risposta di Pietro, corrisponde una triplice descrizione di quelli che vengono nuovamente affidati alle cure dell'apostolo, ma con parole diverse, le quali però sempre dicono che essi sono la proprietà esclusiva del Signore. In Giovanni 21:15 <JavaScrtpt:popup('Giovanni 21:15');> Gesù li chiama "agnelli; pecore" in Giovanni 21:16-17 <JavaScrtpt:popup('Giovanni 21:16-17');>. Vien dunque fatta una distinzione fra "gli agnelli", e "le pecore". Però in tre MSS, "l'Alessandrino, il Vaticano e quello di Efrem", trovasi al ver. 16 "piccole o giovani pecore". Questo fa una certa differenza nel senso e mostra una bella gradazione nelle, parole di Gesù: egli pensa prima ai teneri agnelli, poi alle pecore giovani, quindi alle adulte, abbracciando così tutta la greggia. Essendo le prove esterne ugualmente divise preferiamo quest'ultima lezione, come quella che ci presenta in modo più completo e commovente la sollecitudine colla quale il Signore veglia sopra tutto il popolo suo, così su quelli che sono bambini in Cristo, come su quelli che hanno pure allora fatto professione dell'Evangelo, e su quelli che già "hanno testimoniato la buona confessione, ed ora portano" la gravezza del dì e l'arsura. Giovanni stesso sembra confermare questa triplice distinzione, facendone una consimile fra i cristiani ai quali scrive, e che divide in figlioletti, padri e giovani 1Giovanni 2:12-13 );>. Il Signore chiama sé stesso Giovanni 10:14 <JavaScrtpt:popup('Giovanni 10:14');>, il "buon pastore"; Paolo lo chiama "il gran pastor delle pecore" Ebrei 13:20 e Pietro il "Sommo Pastore" 1Pietro 5:4 ;>; epperciò il mandato che egli qui affida a Pietro è quello di pastore delegato, il quale però ha da compiere i medesimi suoi doveri. Questi doveri il Signore li descrive mediante i due verbi e i quali indicano due parti distinte dell'ufficio di pastore, ma due parti che hanno ciascuna la sua grande importanza. significa "nutrire", provvedere il cibo o la pastura che occorrono al sostentamento giornaliero della greggia; è più generico, ed include pure il guidare, il proteggere, il governare la greggia. Si è chiesto perché il Signore, dopo aver parlato Giovanni 21:15 );> di cibare la greggia, ed inGiovanni 21:16 );> di governarla, torni Giovanni 21:17 );> al primo suo ordine di cibarla. V'ha in ciò un senso profondo e che tutti quelli che sono chiamati al ministero non dovrebbero dimenticare mai, ed è che, per quanto sia piacevole alla vanità di un uomo il governare la Chiesa che gli è affidata, egli non deve mai perdere di vista che il nutrire la greggia di Dio con pasture sempre fresche ed acque sempre vive, è il suo compito più nobile e più difficile. Tornando a col quale aveva cominciato, il Signore insegna alla sua Chiesa tutta, che per quanto sia in essa rigorosa ed osservata la disciplina, savia e prudente l'organizzazione ecclesiastica, il provvedere alle pecore il cibo spirituale che conviene a ciascuna è la cosa essenziale, della quale niente altro può tenere il posto. Pietro ci sembra ricordare quest'ordine del Signore nella sua prima epistola 1Giovanni 5:2-3 passo che condanna esplicitamente le pretese di quelli che si fondano su queste parole di Gesù, per reclamare, quali sedicenti successori di Pietro, un dominio assoluto sulla Chiesa universale. Prima di passar oltre, fermiamoci ancora sulle parole: "Pietro s'attristò ch'egli gli avesse detto fino a tre volte: M'ami tu?" La ragione di questo dolore di Pietro non è solamente il fatto che il Signore avevagli ripetuto tre volte la medesima domanda; bensì che alla terza volta, pure avendo il Signore adottato la sua espressione di ciononostante ripete ancora la domanda, quasiché ponesse in dubbio, non la sincerità della risposta, ma la perseveranza di Pietro nell'amar il suo Signore. L'apostolo non s'inganna egli sul proprio stato? Quel dolore era voluto da Gesù per il bene di Pietro, e sortì l'effetto voluto dal Signore. Se mai fossero ancora rimasti nel cuore di Pietro alcuni resti di fiducia in sé, quest'ultima prova li spazzò via per sempre. Senza paragonarsi ad altri, senza far temerarie promesse riguardo al futuro, Pietro fa appello alla onniscienza di Gesù, supplicandolo di leggere nell'intimo del cuor suo, e di vedervi la realtà del suo pentimento, la sincerità del suo amore: "Signore, tu sai ogni cosa; tu sai ch'io t'amo".

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