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Mt 16,18-19 Sciogliere e legare

Ultimo Aggiornamento: 14/10/2014 16:44
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01/09/2013 11:15
 
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Matteo, 16, 16-19. 

Ebbene, anch'io ti dico che tu sei Roccia, e sopra questa roccia costruirò la mia chiesa, e porte d'inferi non prevarranno contro di essa. Darò a te le chiavi del regno dei cieli, e ciò che (tu) abbia legato sopra la terra sarà legato nei cieli, e ciò che (tu) abbia sciolto sopra la terra sarà sciolto nei cieli 

 

Dal commento ai Vangeli di G.Ricciotti

Già in precedenza Simone era stato da Gesù chiamato Roccia, in aramaico Kepha (§ 278), ma quella prima volta non era stata comunicata la ragione e la spiegazione dell'appellativo.

Adesso la spiegazione è comunicata, ed è tanto più chiara davanti alla visione della roccia materiale che sostiene il tempio dedicato al signore del Palatino. Il tempio spirituale che Gesù costruirà al Signore dei cieli, cioè la sua Chiesa, avrà per roccia di sostegno quel suo discepolo che per primo lo ha proclamato Messia e vero figlio di Dio. Anche le altre parole di Gesù sono chiare, alla luce delle circostanze in cui furono pronunziate.

Gli Inferi (in greco Ade) corrispondono alla ebraica Sheol , non però come generica dimora dei morti, bensì come dimora dei morti reprobi, ostili al bene e al regno di Dio; le porte di cotesta bolgia satanica, cioè tutte le sue massime forze, non prevarranno contro la costruzione di Gesù e contro la roccia che la sostiene.

 

Tipicamente semitici sono anche i simboli delle chiavi e del legare e sciogliere. Ancora oggi in paesi arabi girano per le strade uomini con un paio di grosse chiavi legate ad una funicella e pendenti ostentatamente di qua e di là della spalla: sono i padroni di case, che fanno pompa in quella maniera della propria autorità.

 

Il sirabolo del legare e sciogliere (cfr. Matteo, 18, 18) conserva qui il valore che aveva nella terminologia rabbinica contemporanea, ove si ritrova usato frequentemente: i rabbini “legavano” quando proibivano alcunché, “scioglievano” quando lo permettevano;

Rabbì Nechonja, fiorito verso l'anno 70 dopo Cr., usava premettere alle sue lezioni la seguente preghiera: “Ti piaccia, o Jahvè, Dio mio e Dio dei miei padri, che... noi non dichiariamo impuro ciò ch'è puro e puro ciò ch'è impuro; che noi non leghiamo ciò ch'e' sciolto e non sciogliamo ciò ch'e' legato”.

 

L’ufficio del discepolo Roccia è dunque ben definito. Egli sarà il fondamento che sosterrà la Chiesa, e la sosterrà così saldamente che le avverse potenze infernali non prevarranno contro di essa. Egli inoltre sarà il maggiordomo di quella casa, le cui chiavi saranno perciò affidate a lui. Egli infine detterà legge nell'interno di quella casa, proibendo oppure permettendo alcunché, e le sue sentenze pronunziate sulla terra saranno tali quali ratificate nei cieli.

 

§ 398. La replica di Gesù a Simone Pietro è di una chiarezza che si direbbe abbagliante; né minore è la sua sicurezza testuale, giacché tutti gli antichi documenti senza alcuna eccezione concordano nel trasmetterci con precisione sillabica il nostro testo. Eppure, com'è ben noto, questo testo ha fatto scorrere torrenti d'inchiostro, e si è recisamente negato che Gesù abbia conferito a Simone l'ufficio di essere roccia fondamentale della Chiesa, depositano delle sue chiavi e arbitro di legare e di sciogliere.

 

Come mai questa negazione?

 

Gli antichi protestanti ortodossi assicuravano che Gesù non ha parlato affatto di Simone Roccia, ma di se stesso, e per il resto si è riferito a tutti gli Apostoli collettivamente e alla loro fede. Quando dice sopra questa roccia costruirò la mia chiesa, ecc., Gesù allunga un dito e lo rivolge verso se stesso, sebbene stia a parlare con Simone e di Simone. Quel dito allungato risolve la questione: esso è chiarissimamente sottinteso dal contesto, e si accorda spontaneamente con le parole che seguono darò a te le chiavi del regno dei cieli e ciò che (tu) abbia legato, ecc.

Come si vede subito, il ragionamento è perfetto, purché si parta dal principio che bianco significa nero e nero significa bianco: lucus a non lucendo.

I negatori moderni dell'ufficio di Simone hanno preso la strada precisamente opposta. Essi hanno trovato che la spiegazione degli antichi protestanti è di una goffaggine tale da tradire subito la tendenziosità settaria che l'ispira. No, rispondono essi, le parole di Gesù hanno precisamente quel significato che la tradizione e il buon senso vi hanno sempre ritrovato; su ciò è inutile arzigogolare: - Uno di questi nuovi negatori si esprime così: Simone Pietro... vive ancora, agli occhi di Matteo, in una potenza che lega e scioglie, che detiene le chiavi del regno di Dio e che e' l'autorità della Chiesa stessa... Simone Pietro e' la prima autorità apostolica in ciò che riguarda la fede, perché il Padre gli ha rivelato a preferenza il mistero del Figlio; in ciò che riguarda il governo delle comunità, perché il Cristo gli ha confidato le chiavi del regno; in ciò che riguarda la disciplina ecclesiastica, perché egli ha il potere di legare e di sciogliere. Non e' senza motivo che la tradizione cattolica ha fondato su questo testo il dogma del primato romano (Loisy). Gesù dunque ha veramente conferito a Simone l'ufficio in questione, secondo i nuovi negatori? Mai più! La ragione è che Gesù non ha mai pronunziato quelle parole; quel testo è tutto, o quasi tutto, falso o inventato; esso fu interpolato tra la fine del secolo I e gl'inizi del II o a Roma, a servizio della chiesa romana, oppure in Palestina. E le prove di tutto ciò?

 

Non si è addotto nessun codice antico, nessuna versione, nessuna citazione, che mostrino indizi sia pur vaghi d'interpolazione: si sono addotti argomenti a silentio (che tutti sanno quanto valgano) per cui scrittori cristiani dei secoli II e III o non citano il passo o ne citano, solo una parte. Si potrebbe forse pensare che gli antichi protestanti, beffeggiati dai moderni negatori per avere scoperto il dito allungato di Gesù, siano in grado di vendicarsi trionfalmente applicando ai beffeggiatori le parole di Orazio: Quodcumque ostendis mihi sic, incredulus odi!

 

§ 399. Queste sono le ragioni, addotte da una parte e dall'altra, per negare l'ufficio di Simone. Ma la ragione vera e reale, eppure non addotta mai francamente ed esplicitamente, è la previa « impossibilità » che Gesù abbia conferito quell'ufficio. Questa “impossibilità” è assoluta, indiscutibile, trascendente, e vale ben più della chiarezza del senso e della sicurezza testuale. Soltanto da questa roccia sono scaturiti i torrenti d'inchiostro accennati sopra, e soltanto sopra questa roccia si adunano concordemente negatori antichi e moderni.

 

Scesi però dalla roccia e calati sul terreno esegetico-documentario, i concordi negatori discordano fra loro e si negano a vicenda. Secondo essi, dietro le spalle di chi si appella alla chiarezza del senso e alla sicurezza testuale s'erge l'ombra del papismo: papismo o no, i negatori alzerebbero tripudianti grida di trionfo se avessero a propria disposizione solo una metà degli argomenti strettamente “storici” di cui dispongono gli adombrati dal papismo. Ma hanno poi questi negatori pensato di riguardare qualche volta dietro le proprie spalle, per vedere se caso mai là si ergano le ombre di Lutero o di Hegel, e se unicamente quelle ombre suggeriscano ad essi i loro argomenti “storici”? 

 

[Modificato da Credente 28/09/2013 11:34]
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01/09/2013 11:16
 
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dal commentario analitico a cura del vescovo ausiliare Rossano

MATTEO 16,19

MATTEO (60)
[Modificato da Credente 14/10/2014 16:44]
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01/09/2013 11:18
 
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Nella sua storia, la Chiesa ha emanato diverse disposizioni e norme  e indicato costumi. Ma non dobbiamo scambiare le disposizioni o gli atteggiamenti contingenti e transitori con le dottrine e i principi universali che sono stati proclamati sottoforma di dogmi e che sono quindi irreformabili.

Il principio di non scandalizzare i fratelli più deboli nella fede resta uno dei principi sempre validi. Quello di mangiare o non mangiare, così come quello di vestire o di esprimersi in un certo modo, quello di usare una lingua piuttosto che un'altra, quella di celebrare in una posizione anzichè in un'altra, quella di distribuire la sola ostia e non il vino oppure tutti e due, quello di porre l'ostia sulla mano oppure sulla bocca. ponendo l'accento su un aspetto piuttosto che su un altro, può essere legato  alle necessità contingenti o per prevenire abusi e possono variare anche significativamente. Ma non per questo la Chiesa sbaglia quando emana determinate norme che sembrano  diverse da quelle prese in precedenza.

Nella Scrittura stessa, troviamo ad esempio che nel concilio di Gerusalemme fu stabilito che bisognava astenersi da carni immolate agli idoli e da altri cibi.

Atti 15,20 ... ma solo si ordini loro di astenersi dalle cose sacrificate agli idoli, dalla impudicizia, dagli animali soffocati e dal sangue. 

Eppure Paolo, in maniera apparentemente diversa da questa disposizione del Concilio scriveva e quindi insegnava:

1Co 10,25 Tutto ciò che è in vendita sul mercato, mangiatelo pure senza indagare per motivo di coscienza, 26 perché del Signore è la terra e tutto ciò che essa contiene. 27 Se qualcuno non credente vi invita e volete andare,mangiate tutto quello che vi viene posto davanti, senza fare questioni per motivo di coscienza. 28 Ma se qualcuno vi dicesse: «È carne immolata in sacrificio», astenetevi dal mangiarne, per riguardo a colui che vi ha avvertito e per motivo di coscienza; 29 della coscienza, dico, non tua, ma dell'altro. ma dell'altro.deve essere perciò esteso anche ad altre analoghe situazioni verificatesi nel corso dei secoli.

E' quindi evidente da questa apparente difformità di applicazione di una regola  che i responsabili della Chiesa possono adattare determinate norme contingenti e non permanentemente vincolanti come lo sono ad esempio i Comandamenti, a situazioni e a culture differenti col fine di non recare scandalo nei deboli di fede.

Non dobbiamo dimenticare che la Chiesa, si è estesa su tutta la terra ed ha dovuto amalgamare culture e civiltà tra le più diverse, introducendo con molta prudenza le disposizioni e i regolamenti che potessero essere adattati  alla multiformità che incontrava, senza tradire il Vangelo. Basti pensare a come Paolo, ad Atene adattava il suo ragionamento cristiano alla cultura che aveva di fronte prendendo spunto dall'altare al dio ignoto e citando i loro poeti (e non solo la Scrittura: vedi Atti 17,28). Egli inoltre affermava: 1Co 9,20 mi sono fatto Giudeo con i Giudei, per guadagnare i Giudei; con coloro che sono sotto la legge sono diventato come uno che è sotto la legge, pur non essendo sotto la legge, allo scopo di guadagnare coloro che sono sotto la legge.
21 Con coloro che non hanno legge sono diventato come uno che è senza legge, pur non essendo senza la legge di Dio, anzi essendo nella legge di Cristo, per guadagnare coloro che sono senza legge. 22 Mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno. 23 Tutto io faccio per il vangelo, per diventarne partecipe con loro.

Anche Cristo stesso quando accoglieva i peccatori o gli odiati romani o si recava a casa di ladri dichiarati come nel caso di Zaccheo, mostrava di volerli recuperare al bene e non di voler svendere la verità. Pietro stesso quando si recò a casa del romano pagano Cornelio, sembrò andare contro ogni regola di buon senso da cui si dovette giustificare adducendo il significato di una visione celeste che dichiarava puro quel che altri continuavano a considerare impuro.

La Chiesa sotto la guida dello Spirito, ha dovuto fare il grande sforzo di adeguare ai tempi e ai luoghi, con gradualità, il messaggio di Cristo e questo non è certo operazione semplice. Qualcosa di analogo accade quando un padre deve trattare con tanti figli senza fare ingiustizie, senza scontentare, usando un sistema quando i figli son  piccoli e un altro quando son più maturi oppure adottando in contemporanea sistemi diversi in situazioni diverse. Quante scelte difficili e sofferte per tali padri o madri.
  Pertanto la Chiesa non sempre sarà riuscita a dare disposizioni contingenti accette a tutti. Ma non dobbiamo dimenticare che la Chiesa viene da Paolo paragonato ad una grande casa dove ci sono vasi di ferro e di coccio, per uso nobile e meno nobile. Non tutti accolgono volentieri ciò che essa scioglie o lega e che può apparire inadeguato o inopportuno.

Prima di dire che la Chiesa, modificando una norma, o prima o dopo abbia preso una decisione sbagliata, occorre analizzare bene i motivi per i quali è stato prima legato ciò che poi è stato sciolto, e solo così si potrà effettivamente verificare che quello che poteva essere adatto prima, poteva non essere adatto dopo, e quindi era opportuno seguire le norme sia prima che dopo essendo stato dato alla Chiesa il potere di legare e di sciogliere. E soprattutto che con tali decisioni, anche Dio avrebbe sciolto o legato in cielo le decisioni prese in terra dai suoi rappresentanti legittimi, ai quali sarà loro chiesto conto (Luca 12, 42-48), ma che i fedeli sono tenuti moralmente a seguire.

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