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Domenica che precede il martirio di S. Giovanni il Precursore Rito Ambrosiano (Anno C) (25/08/2013)

Ultimo Aggiornamento: 24/08/2013 13:10
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24/08/2013 13:10
 
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Vangelo: 2 Mac 6, 1-2. 18-28; 2Cor 4, 17 - 5, 10; Mt 18, 1-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: Mt 18,1-10)
2 Maccabei 6, 1-2. 18-28

Il secondo libro dei Maccabei riferisce avvenimenti che si sono svolti tra il 175 e il 160 a.C., al tempo della grande persecuzione. E' un testo di grande sentimento religioso e di grande fede. È un libro di storia ma anche di esaltazione coraggiosa dove la fede incoraggia, nonostante la fatica e la sofferenza, ma garantisce il risultato di speranza e novità. Qui siamo all'inizio della resistenza ebraica mentre il primo libro dei Maccabei ci presenta gli avvenimenti della ribellione in un quadro generale.

Le misure antireligiose sono organizzate da uno specialista ateniese, probabilmente per la competenza nell'organizzare la vita secondo la struttura la cultura greca, sia a Gerusalemme che in Samaria. Il tempio di Gerusalemme e di Samaria sono dedicati a Giove e sono profanati "con dissolutezze e gozzoviglie" (v 4). L'inasprimento delle misure antigiudaiche si collocano nel novembre-dicembre del 167 a.C. e si procede all'abolizione delle istituzioni ebraiche.

Ci troviamo di fronte al martirio di Eleazaro, come ad un esempio di coerenza e responsabilità nella fede che vuole escludere ogni ambiguità ed ogni ipocrisia. E' un testo bellissimo che esemplifica come va vissuta la fedeltà della propria fede.

Eleazaro sente la responsabilità della testimonianza e il valore della propria fede. Il suo comportamento non è tanto dettato dai castighi di Dio che pure può seriamente temere, ma dalla preoccupazione di mostrare il valore della fede per le giovani generazioni. Eleazaro sa che nella vita la fede religiosa è un valore che ci sorregge, una luce che illumina il nostro cammino, è fiducia di valori e di bene, è fedeltà che va tramandata poiché in tal modo sappiamo di sostenere un popolo che cammina e che cresce.

Ci si trova davanti ad un banchetto sacrificale e non si discute sulla sua liceità ma sulla carne che si sacrifica e che si deve mangiare: carne impura, probabilmente maiale, assolutamente vietata dalla legge ad un ebreo (Lev 11,7ss.). Ad Eleazaro garantiscono che può giocare di astuzia nel fingere di mangiare la carne proibita mentre invece viene sostituita con carne lecita. Le autorità non si sarebbero accorte e lui avrebbe avuto salva la vita. Eleazaro rifiuta il compromesso e rifiuta la falsità. Il Signore vede ed Eleazaro si sente responsabile dei giovani che hanno bisogno di coerenza perché il popolo cresca nella fedeltà e nella dignità.

Ci troviamo di fronte ad una altissima coerenza morale da offrire alle nuove generazioni. E' il compito degli adulti: scoprire le attese autentiche dei giovani, superare l'ipocrisia che provoca i peggiori danni alla vita quotidiana e proporre esempi di coerenza. Questo vale per ogni adulto, per i genitori in famiglia, ma in particolare, per i responsabili politici e religiosi di una nazione poiché i più esposti e i più visibili.

2 Corinzi 4, 17 - 5, 10.

Paolo sente la fatica, sperimenta la sua fragilità di persona anziana e scopre la limitatezza delle forze fisiche. E tuttavia è sempre più consapevole del dono splendido che il Signore gli ha dato accogliendo la fede di Gesù. Egli vive questa tribolazione, ma con la consapevolezza di una profonda trasformazione interiore, iniziata dallo Spirito. Ci sono due immagini che si richiamano e aiutano a chiarirsi: il vestito e la tenda. Siamo vestiti del nostro mondo ma temiamo il passaggio in cui saremo spogliati di tutto dalla morte, prima di essere con il Signore.

Siamo in cammino e abitiamo in una tenda in attesa di una abitazione che Dio ci prepara.

Questo passaggio fa paura. Vorremmo, tuttavia, rivestirci di questo corpo celeste senza spogliarci, cioè senza l'esperienza dolorosa della morte (v 4). La nostra speranza ci garantisce, comunque, che Dio ci ha creati per questa nuova vita, mentre la nostra circostanza attuale è una condizione di designati, lontani da Dio "(v 6).

In qualunque frangente possiamo trovarci, tuttavia, abbiamo fiducia: sappiamo di continuare ad operare secondo la volontà di Dio per essere a lui graditi. E sogniamo "la dimora non costruita da mani d'uomo, eterna, nei cieli" (v 5,1). Sappiamo che il passaggio è attraverso la morte e attraverso il giudizio del tribunale di Cristo. Ci alimenta la fiducia di quella vocazione che il Signore ci ha dato ed abbiamo davanti agli occhi "le cose invisibili che sono eterne".

"Perciò ci sforziamo, sia dimorando nel corpo sia esulando da esso, di essere a lui graditi". E' la confessione di fede che vale per ogni giorno nella vita.

Matteo 18, 1-10

Ci troviamo all'inizio del IV discorso di Gesù riportato da Matteo e rivolto alla Comunità che si raccoglie attorno al maestro e chiede gli elementi di valore e di coesione per poter vivere, insieme, nel tempo il messaggio ricevuto. Se l'elemento fondamentale del messaggio di Gesù è la venuta del Regno, qui Gesù pone le premesse e le scelte fondamentali per reggere il compito della missione. La Comunità cristiana ha come elemento fondamentale di esistenza le stesse scelte di Gesù perché diventa un segno concreto di motivazioni, di decisioni, di preferenze. «Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?». L'inizio sembra irriguardoso e supponente, ma svela una normale logica di gerarchia. "Visto che te ne vai" e Gesù lo sta ripetendo spesso, " chi è che ti sostituisce?" La domanda svela preoccupazioni corrette e coerenti sullo sviluppo della propria sopravvivenza. A dire il vero si parla del " più grande nel Regno di Dio" ma la risposta può orientare i 12 verso una valutazione successiva. Ma la risposta non regala sicurezza e disorienta: "Il più grande è il bambino". E non è grande perché si è conquistato simpatia, o ha aiutato qualcuno, od ha incoraggiato a scegliere. Entra nel Regno e sarà grande perché è sprovveduto, è fragile, non ha pretese, ha fiducia, è piccolo e senza potenza o garanzie, non ha raccomandazioni o persone influenti alle spalle.

Perciò la risposta è: "O diventi piccolo o accogli chi è piccolo e indifeso".

- Ma poiché è fragile e piccolo, l'orizzonte del piccolo si allarga dal bambino alle persone disarmate, agli ignoranti, ai semplici, alle persone fragili che non sanno difendersi, che non sanno capire le reali intenzioni dell'altro, che sono sprovveduti e non furbi.
- Guai a chi ne approfitta, mette inciampi davanti ai piedi e li inganna, li rovina, li stravolge, li perde nel cuore. Essi non sono soli ma i loro angeli vedono il volto di Dio e Dio stesso si fa protettore e difensore.

Si capiscono allora le parole severe per chi pone inciampi ai piccoli: è un terribile tradimento che addirittura potrebbe essere meno dannosa di una morte violenta in fondo al mare per una enorme pietra da mulino legata al collo. Perciò va fatto qualunque sacrificio pur di risparmiare un solo scandalo ai bambini.Le parole di Gesù sono severissime, addirittura inumane eppure sono pronunciate da Gesù che dà la vita per ogni uomo ed ogni donna della terra.

Chiaramente Gesù mette sulle spalle alla Comunità cristiana il fardello dei poveri e tra questi, in particolare, i problema dei piccoli che vanno protetti, educati, custoditi.

Si pone il problema educativo delle nuove generazioni.

- I nostri tempi, per fortuna, organizzano la scuola per tutti, una maggiore attenzione ai piccoli e serie previdenze. Nella Comunità cristiana si sviluppano gli oratori domenicali ed estivi, campeggi e doposcuola, scuola per i ragazzi di strada nei paesi sottosviluppati e ricupero di minori strappandoli alle mafie (vedi don Puglisi),
- Si tratta di dare esempi di coerenza per suscitare rispetto ed ammirazione su coerenze che vanno rispettate (Eleazaro).
- Si tratta di rispettare i piccoli per non disorientarli (Vangelo).
- E' necessario arricchire di significati e di finalità positive l'intelligenza dei giovani sempre aperta e sempre curiosa di percepire e capire. Qui si apre un grande terreno di coltivazione in cui il mondo adulto (in particolare la famiglia, la scuola e le molte associazioni che si occupano dei giovani) deve intervenire per aprire le menti a scelte dignitose di umanità, a progetti di crescita e di sviluppo della realtà in cui operiamo, a prospettive di coerenza che coinvolgano le persone e i contesti in cui viviamo per sostenere la reciproca accoglienza e il rapporto di pace con tutti.
- Sarebbe auspicabile che i genitori, in particolare, trovino il tempo di poter parlare con i figli dei vari problemi che la cronaca, l'opinione pubblica, i giornali e la TV propongono ogni giorno. Bisognerebbe superare le esclamazioni di raccapriccio o i luoghi comuni o frasi fatte: di fronte ad racconti di umanità lacerata e sofferente. Si fugge, si cancella, si rifiuta, si giudica disorientati senza un tentativo di riflessione e di intelligenza. Si passa dagli omicidi alle stragi, dai politici ai sindacati, dagli scioperi alle manifestazioni ed i cortei, dallo sfruttamento alla dilapidazione del danaro pubblico, dagli scandali dentro e fuori la Chiesa. Non sarebbe importante aiutare gli adulti a ripensare più profondamente questi problemi per uscire dalle frasi fatte e dalla superficialità per avere argomenti e ricerca educativa e quindi aiutare i giovani a ripensare? La stampa cattolica e non solo, potrebbe ripensare una rubrica, delle schede, delle proposte di riflessione. Le editorie educative potrebbero aiutare i genitori con testi, interventi sufficientemente semplici, ma ricchi di spunti. Ci sono energie splendide e ricche. Le parrocchie potrebbero preoccuparsi di ritrovare materiale, occasioni di approfondimento, schede di lavoro, comprensione e spiegazioni. E quindi organizzarsi per aiutare, scambiare materiale per far sorgere un interessante orizzonte di dialogo umano e religioso con i propri figli e con gli amici dei propri figli.
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