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VITA di s.Teresa D'Avila

Ultimo Aggiornamento: 09/08/2013 17:49
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09/08/2013 16:39
 
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13. Dico «tutti», ma ci sono molte anime che traggono più profitto da altre meditazioni che non da quelle della divina passione; perché allo stesso modo in cui vi sono molte dimore nel cielo, vi sono anche molte vie spirituali. Alcune persone traggono profitto dal considerarsi nell’inferno, altre nel cielo – e si abbattono nel pensare all’inferno –, altre dal meditare sulla morte. Alcune, di cuore tenero, provano gran travaglio nel pensare sempre alla passione e, invece, sollievo e profitto nel considerare la potenza e la grandezza di Dio nelle creature, l’amore che ha avuto per noi e che si rivela in tutte le cose. Ed è, questo, un modo mirabile di procedere, purché non si tralasci troppo la passione e la vita di Cristo, da cui ci è venuto e ci viene ogni bene.
14. È necessario che chi comincia ascolti consigli, per vedere da dove può trarre maggior frutto. Per questo bisogna che ci sia un maestro, purché abbia molta esperienza; perché, se non l’ha, può errare grandemente e guidare un’anima senza capirla né lasciare che essa stessa s’intenda; l’anima, infatti, sapendo che è grande merito sottostare al maestro, non osa scostarsi da ciò che le comanda. Io mi sono incontrata con anime soffocate e afflitte per l’inesperienza di chi le guidava, e ne ho avuto pena; qualcuna, persino, non sapeva più che cosa fare di sé perché, se non s’intende lo spirito, si affliggono l’anima e il corpo e si impedisce il progresso. Ne conobbi una il cui maestro da otto anni la costringeva a non uscire dal proprio conoscimento, mentre il Signore l’aveva già elevata all’orazione di quiete, e pertanto soffriva molto.
15. Tuttavia, la meditazione sulla conoscenza di sé non si deve mai tralasciare, perché non c’è anima che nel cammino dello spirito sia così gigante da non aver bisogno di ritornare spesso a essere bambina e a succhiare il latte materno (questo non lo si dimentichi mai, e forse lo dirò più volte, perché ha molta importanza), non essendoci uno stato di orazione così elevato che spesso non sia necessario rifarsi dal principio. La conoscenza di sé e dei propri peccati è il pane che in questo cammino dell’orazione si deve mangiare con tutti i cibi, anche con i più delicati, e senza di esso non ci si può sostenere. Ma si deve mangiare con discrezione, perché quando un’anima si vede ormai piena di devozione e capisce chiaramente di non aver nulla di buono, per s stessa, e si sente confusa di vergogna davanti a sì gran Re, vedendo quanto poco lo paghi per il molto che gli deve, che bisogno c’è di sprecare il tempo in questo? Dobbiamo, invece, passare ad altre cose che il Signore ci pone innanzi e che non vi è ragione di tralasciare, perché Sua Maestà sa meglio di noi ciò di cui ci conviene nutrirci
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Stretta è la porta e angusta la Via che conduce alla Vita (Mt 7,14)
 
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