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GRANDI PAPI della storia

Ultimo Aggiornamento: 18/10/2014 18:09
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09/08/2013 21:12
 
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EUTICHIANO, di Luni (275-283)
 
Le notizie sono poche...il suo pontificato si realizzò in un periodo di pace relativa, periodo in cui si sa invece con sicurezza che ci si prodigò per il perfezionamento e il riordino delle diocesi esistenti. Un pò come il periodo che segue la tempesta, nel quale si rimettono in ordine le cose e le case gettate in aria.
 
Molte cose gli furono attribuite con MOLTA FANTASIA, come ad esempio di aver seppellito personalmente  342 martiri, ma come si sa le leggende nascondono sempre un fondo di verità,la verità di questa notizia fu che egli si occupò di fare una sorta di inventario dei martiri dell'ultima persecuzione e di far dare sepoltura a quei corpi dispersi o andati perduti, mediante il ricordo DELLE MESSE LITURGICHE.
 
Infatti a lui si attribuisce con dovuta documentazione il ripristino e l'ampliamento dei cimiteri già esistenti, insegnando innanzi tutto IL DECORO ATTRAVERSO LA PREGHIERA PER QUESTI DEFUNTI MARTIRI.
 
Fu l'ultimo Papa ad essere sepolto nella cripta papale di s.Callisto.
[Modificato da Credente 09/08/2013 21:13]
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09/08/2013 21:14
 
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CAIO ( 17 dic.283- 22 apr.296)
 
Di questo Papa colpisce da subito un atto a noi pervenuto circa la PASSIONE di san Sebastiano, è descritto Papa Caio nell'atto di incoraggiare il santo soldato ed i suoi compagni ad affrontare l'imminente martirio....
 
Altre fonti ce lo indicano quale zio di santa Susanna. Anche le sue origini Dalmate non sono molto sicure.
In questo periodo di relativa calma, con qualche piccolo fuoco di persecuzione qua e la, Papa Caio ottiene dalle autorità civili di poter ripristinare le Chiese e di costruirne delle altre, proseguendo l'aggiustamento dei vari cimiteri.
 
Ma un altra ventata eretica minava la Chiesa:
in ordine cronologico fu quella di "Mitra" ( nda: eresia di tipo manicheistico, di provenienza asiatica, per la quale Dio assumeva in se la contrapposizione celeste della luce e delle tenebre).
........
non si hanno carteggi di questo vescovo con altri. Anche le fonti sulla sua morte sono incerte. Il Calendario Romano dell'anno 354 non lo include fra i martiri, ma fra i vescovi. Con lui inizia una nuova area di sepoltura sempre in san Callisto, ma non più nella cripta dei Papi perchè probabilmente piena. Poi fu portato nel 1631 in quella che fu la sua casa in Roma e trasformata in chiesa. Nel 1880, quando la chiesa fu demolita per costruirvi il "Ministero della Guerra" di via XX settembre, le reliquie furono traslate nella cappella della famiglia Barberini
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09/08/2013 21:15
 
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MARCELLINO, romano (296-304)
Appare in sicurezza un solo documento di Papa Marcellino attraverso il quale da ordine a Severo, un suo diacono, di apportare modifiche e aggiustamenti strutturali al cimitero di s.Callisto.
 
Ma una nuova tempesta si stava facendo minacciosa su tutta la Chiesa, il 23 febbraio dell'anno 303 una feroce persecuzione veniva indetta dall'imperatore Diocleziano il quale ordinava LA DISTRUZIONE DI TUTTE LE CHIESE, specialmente nella Città di Roma e la consegna di tutti i testi LITURGICI E SACRI, davanti ai Tribunali competenti, la pena per chi non osservasse questo editto, era la morte!
 
Della sua passione per la Chiesa e di come fosse un uomo pio, ce ne tramanda notizie il vescovo s.Agostino: si legge questa nota dal sito di cronologia dei Papi: (nda: questo però sta a significareuna continua tramandazione degli atti, delle tradizioni di culto e soprattutto della continuità sia di fede che del potere temporale intrinseco al movimento cristiano.).

Diocleziano materialmente impossibilitato a governare l'impero per come era stato conquistato, Attraverso il senato fu stabilita una "tretrarchia" per la quale, gli aggravi di governo furono suddivisi in tre diverse funzioni di governo. Diocleziano a capo dell'impero d'oriente, Galerio governatore di Roma e Massimiano governatore dell' impero nord occidentale. Fu il tetrarca Galerio, anticristiano per antonomasia, ad iniziare la cosidetta "nona persecuzione" anticristiana, con la scusa dell'invadenza cristiana sulle terre imperiali. Dopo l'incontro a Nicomedia (nda: cittadina situata nel mar di Marmara, nella ex provincia romana di Bitinia- odierna Izmit), Galerio riuscì a convincere Diocleziano a ritornare al paganesimo e perseguire tutti i dissidenti. Il 23 febbraio 303 fu incendiata la chiesa di Nicomedia. I cristiani, in risposta incendiarono il palazzo imperiale ed in conseguenza il pugno di ferro. Le milizie romane distrussero quasi tutto. I beni confiscati e migliaia di persone furono condannate a morte. Fu addirittura massacrata l' intera "legione tebea", formata esclusivamente da cristiani. ( nda: si pensi che all'epoca non vi erano miliardi di individui, ma solo poche centinaia di migliaia, nel mondo conosciuto).
......
A Papa Mercellino fu attribuito IL TRADIMENTO, in un primo tempo si disse che avesse consegnato ai Tribunali, parte dei Testi Sacri che venivano usati nella Liturgia, tuttavia altre fonti più attendibili sostengono che furono tre presbiteri (Marcello, Milziade e Silvestro, che diventeranno futuri papi) a consegnare alcuni testi Sacri Liturgici per evitare rappresaglie alla comunità romana e per difendere il vescovo di Roma.
 
Perchè sosteniamo che la notizia CONTRO questa accusa è falsa? Perchè a diramarla furono i DONATISTI, corrente proveniente dall'eretico vescovo Donato i quali sostenendo DI AVERE LE PROVE,  di fatto non furono mai portate quando i vescovi riuniti in sinodo le chiedevano...Difensore si fece s.Agostino di questo caso, anche se non combattè più di tanto poichè, secondo il Padre della Chiesa, le accuse "cadevano da sole"!
Verso la fine del V secolo l'accusa di apostasia di questo Papa finì per investire la Chiesa, ma di particolare importanza appare evidente la DIFESA DI TUTTA LA CHIESA verso la memoria di Papa Marcellino.
Le fonti più attendibili e di cui abbiamo la tramandazione essendo andato perduto l'originale, dicono che Marcellino, insieme ai suoi tre presbiteri, si lasciò convincere "a causa del suo animo pio e sensibile" a consegnare i Testi Sacri, per evitare un massacro di tutti i fedeli che attendevano un riparo da lui.
Ma subito dopo si pentì della sua debolezza e con un discorso vigorosamente cristiano, indusse a tutti a non dubitare del martirio in difesa della verità.
Questo suo discorso gli fece conquistare la palma del martirio e venne decapitato il 25 ottobre del 304 e fu sepolto in santa Priscilla che allora era un cimitero privato, dal momento che s.Callisto e tutti i beni della Chiesa erano stati confiscati.
 
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09/08/2013 21:19
 
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MARCELLO I, romano (306/7-308/9)

Segue un periodo di sede vacante.....a causa delle persecuzioni e di alcuni disordini INTERNI ALLA CHIESA....non pochi infatti avevano fatto apostasia per timore della morte....e dunque occorreva prima di tutto ripristinare la fede e la fiducia nella Chiesa e tentare di recuperare coloro che, pentiti, volevano rientrare.....
Eletto l'imperatore Massenzio che era più tollerante, si potè procedere all'elezione del nuovo vescovo, presbitero che fra l'altro insieme ad altri presbiteri, avevano tentato di mantenere un punto di riferimento durante il periodo di sede vacante.

I Donatisti accusarono anche Marcello I di aver consegnato ai Tribunali i testi Sacri, ma come per Marcellino Papa, anche in questo caso, non seppero mai portare documenti di prova.

Il suo impegno maggiore fu il ripristino dei TITULI cioè delle parrocchie, rinominando i presbiteri a capo di essi (25 nella sola Roma) dopo il periodo disastroso delle persecuzioni.

Degno di nota fu il rigore severo con cui Marcello I Papa riammise i cristiani pentiti di aver abiurato dopo pesanti PENITENZE PUBBLICHE .
La moltitudine di cristiani che avevano per paura abiurato, questa volta furono tanti.
Gli studiosi della Chiesa fanno un appunto su questo fenomeno molto interessante: è da notare che al confronto della prima persecuzione, più si andava avanti negli anni e più LA FEDELTA' AL MARTIRIO IN UN CERTO SENSO DIMINUIVA, si è cercato di capire da che cosa dipendesse questo fenomeno e sembra che la crescita delle eresie, le divisioni all'interno della Chiesa con vescovi apostati e il ritorno del Signore che di fatto non si compiva, andavano pian piano minando LA CREDIBILITA' DELL'INSEGNAMENTO DELLA CHIESA STESSA.

Lo stesso Agostino darà traccia nelle sue catechesi di questo venir meno della fede, e da qui l'esigenza che spinse la Chiesa al ripetere l'esperienza del Concilio di Gerusalemme, da allora infatti, furono fatti solo piccoli o più meno Sinodi a livello locale, ma mai uno inerente TUTTA la Chiesa. Da questi aspetti maturarono pina piano anche le future decisioni restrittive della Chiesa riguardo alle penitenze e al chiedere perdono facendo precedere una vera conversione sofferta e maturata.

Notizie non propriamente ufficiali, ma le uniche credibili, dicono che essendosi rifiutato di abiurare alla fede cristiana, l'edificio in cui abitava venne trasformato da Massenzio in una stalla imperiale e che Papa Marcello I fu condannato a fare da stalliere, dandogli così questo TITULUS dispreggiativo gli valse la palma non tanto di martire, quanto di CONFESSORE DELLA FEDE, essendo morto di stenti in questa condizione servile, dalla cui postazione continuava a predicare l'amore per i persecutori inventando per la prima volta un accenno AD UN ECUMENICO AMORE VERSO IL PROSSIMO, chiunque esso sia!

Infine, nel XIX secolo si iniziò a dubitare dei due vescovi e che forse entrambi non erano due persone distinte, ma un unico vescovo.
Marcellino da presbitero e Marcello I appena eletto ufficialmente.
Purtroppo di più non si conosce, ma la confusione nei documenti fra le due persone lascia pensare a questa possibilità...anche se il Catalogo Liberiano composto 40 anni dopo la morte di entrambi, li segnala come due persone distinte.
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09/08/2013 21:22
 
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EUSEBIO, greco (308/309-309/310)
 
L'ondata di persecuzioni di Massenzio rendono incerte le date di questo breve Pontificato che probabilmente si estese dall'aprile all'agosto dell'anno 309/310..le uniche informazioni risalgono al Catalogo Liberiano del IV secolo.
Si sa che faceva il medico di professione, prima di diventare presbitero.
 
Una leggenda attribuisce al suo Pontificato il ritrovamento della Croce sulla quale fu crocifisso Gesù, tuttavia per quanto non si hanno certezze storiche e archeologiche la leggenda è nata dalla situazione GRAVE che aveva investito la Chiesa per il rientro di quanti avevano abiurato alla fede durante le persecuzioni.....Si lavorò in sostanza sulle condizioni PENITENZIALI che i cristiani che avevano abiurato dovevono sottostare PUBBLICAMENTE per essere riammessi in seno alla Chiesa......
 
Dai versi composti da Papa Damaso I in suo onore, risulta che grande fu la carità esercitata da questo Papa nella riammissione di questi cristiani, dopo la dovuta penitenza che riallacciava all'accogliere la Croce "abbandonata", da qui è plausibile la leggenda della "Croce ritrovata".
Una simbologia forte che trovava riscontro nelle dure persecuzioni di Massenzio. Le persecuzioni di Massenzio non diedero tregua ai cristiani e ..."le vite umane caddero come spighe di grano sotto la falce..." Nonostante le persecuzioni "statali" però, i cristiani non si specchiarono in una loro chiara identità. Ancora molte furono le polemiche eretiche ed i tumulti di piazza che alimentarono le repressioni di Massenzio. 
Eusebio, quale rappresentante del "disordine pubblico" fu immediatamente esiliato in Sicilia, dove morì. Successivamente le spoglie furono traslate nel cimitero di San Callisto, ma non sembra siano state deposte nella cripta papale. (nda: probabilmente disperse).
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09/08/2013 21:26
 
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Melchiade (Milziade) Iberico (311-314)

Fu eletto dopo una lunga sede vacante a causa delle persecuzioni e per la confisca delle case appartenenti alla Chiesa e ai cristiani.
Un secolo più tardi i donatisti accuseranno anche lui di essere stato un eretico, ma come nel caso di Papa Marcellino e di Papa Marcello, nessuna prova fu portata per suffragare tale accusa.
 
L'imperatore Massenzio, anticipando la politica di pace che sarebbe di li a poco sorta con l'editto di Milano (313), stranamente ordinò la restituzione del patrimonio ecclesiastico, compresi terreni ed edifici.
 
Per la prima volta dopo tante persecuzioni si potè celebrare la Pasqua in forma pubblica il 13 Aprile dell'anno 312 con una grande manifestazione PUBBLICA fatta di Processione, canti e Preghiere.
 
Inizia con questo Pontificato la collaborazione fra Stato e Chiesa grazie a Cosatntino il Grande (306-337) il quale, simpatizzante del cristianesimo, non disdegnò di definirsi un protettore della Chiesa donando ad essa al Papa il palazzo dell'Imperatrice Fausta - IL LATERANO - che da quel momento divenne la residenza ufficiale del Vescovo di Roma e Faro di tutta la Chiesa.
 
Il quadro politico era il seguente:
 
Da una parte l' impero orientale con Galerio e Massimino Daia, dall'altra, l'impero d' occidente con Massenzio e Costantino.
Lasciato da una parte l'impero d'oriente, la storia vuole che Costantino sotto i labari dello "Acheropoyetos" (nda: Acheropita =dipinto senza l'intervento delle mani dell' uomo "ovvero la stessa figura che si ritrova impressa sul lenzuolo della "Sacra Sindone" , ovvero le insegne della croce e del volto di Cristo), abbia sconfitto a Ponte Milvio ( 28 ottobre 312) le legioni anticristiane di Massenzio.

 
Da qui in poi la storia dei cristiani avrà sviluppi completamente diversi.
Non sarà papa Melchiade a passare alla storia ma, l'imperatore COSTANTINO 
il quale riuscì a radunare, in qualche maniera, le torme di cristiani ormai mal disposti a sopportare le oppressioni e le angherie.
Sotto le insegne " IN HOC SIGNUS VINCIT" (Con questo segno -la Croce- vincerai), i cristiani vinsero contro il resto di quel che ormai rappresentava lo sfacelo imperiale tetrarchico.
Ad onor del vero, Costantino, diversamente da quanto si vuol credere, non fu un fervido cristiano ma, più semplicemete un opportunista che riuscì ad utilizzare in maniera molto pragmatica un movimento popolare in continua crescita: Un movimento, senza molte pretese dal punto di vista politico, che si accontentava dei benefici derivati da lasciti o prebende e che, almeno in apparenza rivendicava semplicemente la libertà di culto religioso.
Costantino, completamente preso dall'ingranaggio cristiano, non riuscirà mai più ad uscirne e papa Melchiade opportunista più dell'imperatore ne approffitterà sino alla determinazione di far intervenire le milizie imperiale in contrasti interni al movimento cristiano: Donato vescovo di Cartagine, fu deposto a favore di Ceciliano.
Melchiade morì il giorno 11 gennaio del 314, 
fu l'ultimo papa ad essere sepolto nella cripta papale di San Callisto.

 
Ha inizio qui una delle più dolorose eresie che porterà dolorose conseguenze a tutta la Chiesa, l'eresia DONATISTA.
In verità NON fu Papa Milchiade a chiamare Costantino per risolvere la questione, ma furono i cristiani della Chiesa in Africa dopo che il partito Donatista si oppose al vescovo Ceciliano, i dissidenti allora INTERPELLARONO Costantino e l'Imperatore CHIAMO' MILCHIADE, il Papa, e tre vescovi della Gallia, perchè DA ROMA giudicassero il caso in TERMINI ECCLESIALI, la lettera imperiale, la prima della storia, è oggi conservata in una traduzione greca.
Anzi, si deve a Papa Milchiade la trasformazione IMMEDIATA del rapporto politico-imperiale, in un SINODO ecclesiastico, aggiungendo DI SUA INIZIATIVA, vescovi italiani da LUI chiamati onde evitare che tale decisione rimanesse una questione politica. Il sinodo si riunì in Laterano e vi furono convocati sia il Vescovo Ceciliano, sia il Vescovo Donato.
Il 3 ottobre dell'anno 313 il sinodo emise il suo verdetto a favore di Ceciliano dichiarandolo legittimo vescovo di Cartagine e scomunicò il vescovo Donato perchè esigeva che fosse amministrato UN SECONDO BATTESIMO ED UN SECONDO SACRAMENTO DELL'ORDINE SACRO...PER COLORO CHE AVEVANO ABIURATO DURANTE LE PERSECUZIONI.
 
Papa Milchiade (o Milziade) tentò con ogni mezzo di far cambiare parere al vescvovo Donato, poi tentò di isolare Donato da altri vescovi dissidenti per dar modo loro di CONSERVARE LA PROPRIA SEDE EPISCOPALE, poichè alcuni vescovi accettarono il "perdono" da parte del Papa e rinsavirono sulla corretta dottrina, Donato allora si scagliò in termini di vendetta contro Papa Milziade, denunciandolo di aver abiurato durante il Pontificato di Marcellino. Costantino, stanco di questa situazione indisse un Concilio ad Arles  l'1 Agosto dell'anno 314, ma questa volta trovò il malcontento di TUTTA LA CHIESA poichè Costantino fece comprendere che delle decisioni prese nel Sinodo a Roma non vennero da lui minimamente considerate..
 
Prima ancora che il Concilio si riunisse, il Papa Milchiade, morì.
 
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09/08/2013 21:35
 
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SILVESTRO I, romano (314-335)

Figlio di San Rufino e Santa Giusta, nato a Roma. Salì al soglio pontificio il 31 gennaio 314. 
Contestato dal movimento Donatista che lo accusa di aver abiurato, verrà assolto dalla storia stessa .
Questo Pontificato così lungo, circa 22 anni, sotto l'impero di Costantino, è caratterizzato da un periodo di PROFONDI CAMBIAMENTI nella Chiesa, cambiamenti verso i quali TUTTA LA CHIESA contribuì insieme ai suoi Vescovi, a ragion di questo appare sminuita la presenza come guida di questo Pontefice.
 
Tuttavia fu lui a prendere le redini del Concilio di Arles convocato da Costantino nell'anno 314; e fu sempre questo Pontefice a stabilire un nuovo tentativo di sedare i donatisti circa la legittima presenza del vescovo Ceciliano sulla Cattedra di Cartagine.
 
Da qui, inizia l'ingerenza prepotente dello Stato contro la legittimazione della Chiesa.
 
Costantino VIETA AL VESCOVO DI ROMA di assumere l'incarico quale guida al Concilio di Arles, chiama per questo il vescovo di Siracusa, tale Cresto, e nomina Presidente Marino, vescovo di Arles.
 
Papa Silvestro, per amore della Pace e per non creare ulteriori malcontenti fra i vescovi, invita I VESCOVI A NON BATTERSI "PER LUI" .l'importante, sosterrà, è che vi siano presenti I VESCOVI, manda così in sua vece due sacerdoti e due diaconi....trovando fra l'altro una motivazione valida che sarà approvata dai vescovi: NON LASCIARE VUOTA LA SEDE DI ROMA.
 
Terminati i lavori I VESCOVI SI PREMUNIRONO DI INFORMARE PER PRIMO PAPA SILVESTRO con una Lettera nella quale si esprimeva PER LA PRIMA VOLTA IL RICONOSCIMENTO DEL SUO PRIMATO IN OCCIDENTE E chiedeva a Papa Silvestro di informare lui personalmente TUTTE LE ALTRE CHIESE delle decisioni prese ad Arles sulla questione sia Donatista sia del primato.
 
Costantino NON DIGERI' LA SCELTA DEI VESCOVI SCELTI DA LUI......e aprì un nuovo Concilio questa volta a Nicea nell'estate dell'anno 325...Molto furbamente, data la pesantezza dell'età di Silvestro, Costantino fece apposta un Concilio così lontano da Roma.....Ma Silvestro ricevette l'invito a mezzo di lettera da parte dei vescovi i quali non se la sentivano di iniziare i lavori senza di lui o se non altro senza averlo INFORMATO.
 
Papa Silvestro allora inviò due sacerdoti in sua vece, insieme ad una lettera della quale non ci è pervenuto il contenuto. Si conosce tuttavia il tema che Silvestro comunica ai vescovi e che più gli sta a cuore, LA DOTTRINA SULLA TRINITA'.
Curioso è il seguente fatto: i due sacerdoti in vece di Silvestro ovviamente NON intervennero durante i lavori conciliari, tuttavia FURONO CONVOCATI PER APPORRE PER PRIMI LA FIRMA SUI DOCUMENTI OTTENUTI, preceduti soltanto dal Presidente del Concilio, il vescovo Osio di Cordova il quale, ovviamente firmò per primo.....questo particolare è di fondamentale  e che fa comprendere l'importanza del primato del Vescovo di Roma.
 
Fra il IV e V secolo circolò la voce che il Presidente del Concilio, vescovo Osio fu in verità convocato da Papa Silvestro, ma non si hanno documenti storici..
Una cosa è storicamente comprovata: Costantino è vero che elesse alcuni vescovi per il Concilio e poi li chiamò come SUOI CONSIGLIERI e questo per dare l'avvio alla SUA politica ecclesiastica, ma è anche altrettanto vero che Silvestro VI SI OPPOSE e che venne appoggiato da tutti i vescovi i quali decretarono che gli affari del potere politico NON doveva in nessun modo dettare legge sul potere ecclesiastico.
 
Anni duri questi in cui il sacro e il profano cominciavano a cercare di CONVIVERE per evitare inutili spargimenti di sangue......per il quale gli stessi cristiani erano stanchi ed afflitti.
 
Le generazioni successive ebbero difficoltà a credere che un Papa come Silvestro così MITE E DI GRANDE UMILTA', potesse aver avuto un ruolo così modesto nei confronti di un imperatore apparentemente cristiano, ma di fatto austero e didattore.
 
Non è leggenda infatti che proprio la testimonianza di mansuetudine che Papa Silvestro dimostrò a Costantino, lasciandolo fare con pazienza, portò lo stesso imperatore a convertirsi prima di morire e a ricevere il Battesimo dal vescovo ARIANO Eusebio di Nicodemia.
 
Nei fatti la figura di Silvestro fu letteralmente offuscata, come del resto quella suo predecessore, dall'imperatore Costantino il quale, non può essere considerato ancor oggi come il padre putativo del cristianesimo.
L' analisi storica insegna diversamente: in realtà, Costantino fu solo un grande mistificatore ed un opportunista senza eguali.
.......
Da qui nasce infatti IL PRIMO VERO E GRANDE SCONTRO CON LA CHIESA D'ORIENTE alla quale era Costantino che si sentiva IL PADRONE ASSOLUTO;  per questo i vescovi riuniti ad Arles inviarono una lettera a Silvestro RICONOSCENDOLO LEGITTIMAMENTE NEL PRIMATO DELLA CHIESA D'OCCIDENTE.
 
Le diatribe tra chiesa d'oriente della quale ormai si sentì a capo l'imperatore, in contrasto con una Roma completamete decadente (politicamente non esisteva nessun rappresentante dello Stato), fecero propendere Costantino per una nuova sede imperiale ed episcopale: COSTANTINOPOLI, era il giorno 11 maggio del 330.
Nel 335 l'imperatore convocò il concilio di TIRO, per intercessione di Atanasio, vescovo di Alessandria d' Egitto il quale chiedeva la riammissione di Ario. per tutta risposta Costantino, durante il concilio, fece deporre Atanasio, senza nemmeno informare il pontefice.
Il vescovo Atanasio fu colui che più duramente COLPI' L'ERESIA ARIANA e fu colui che portò sul tavolo conciliare la questione dello Spirito Santo quale Terza Persona della Trinità e siccome fu colui che appoggiò nella riformulazione del Credo Niceano: "Credo lo Spirito Santo che procede DAL PADRE E DAL FIGLIO e con il Padre e il Figlio...".
Questo gli creò non poca guerra da parte appunto dei vescovi più ORTODOSSI, i quali accusarono Atanasio di uscire fuori della dottrina.....
Qusta discrepanza del Credo, nella parte sullo Spirito Santo...sarà l'ulteriore goccia che affonderà lo Scisma con la Chiesa di Roma al Concilio di Firenze del 1400..
 
Papa Silvestro morì e fu sepolto nelle Catacombe di Priscilla.....
 
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10/08/2013 18:46
 
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MARCO, romano (336-336)

Siamo così giunti a commentare i fatti dell'anno 336....Papa Marco fu di breve durata.

Ma la storia del mondo e dunque della Chiesa da questo momento iniziano ad assumere controni gravosi per certi aspetti ed utilizzati da una certa propaganda anticattolica.

Fu Papa Marco nominato da Costantino a questa carica oppure fu eletto come i suoi predecessori?

Una cosa sicura l'abbiamo, Costantino INFLUENZO' effettivamente le nomine vescovili, tuttavia se consideriamo la promessa del Cristo che mai avrebbe abbandonato la sua Chiesa, possiamo forse pensare che Costantino abbia messo nel sacco la Chiesa e Cristo stesso con le sue scelte? o forse, come leggiamo dalla stessa Bibbia Dio abbia comunque tratto del bene da quanto alla Chiesa furtivamente veniva sottratto?

Nel momento in cui i difensori di una falsa visione storica che interpreta LA PREPOTENZA DI ROMA, faccia bene a rileggersi con animo puro la storia perchè succube di Costantino fu proprio la Chiesa di Roma e quindi d'Occidente la cui persecuzione non fisica ma ben peggiore trattandosi di legittimità, ricadde poi su TUTTA LA CHIESA e la Chiesa d'Oriente che con Costantino vedendosi RIFIORIRE non si oppose a quanto stava accadendo mentre i vescovi della Chiesa di Roma, per amore dell'unità per lungo tempo SOPPORTARONO.

Papa Marco, se pur breve visse da guida, effettivamente restò fuori da quanto a Nicea stava avvenendo, quando Atanasio (vescovo di Alessandria d'Egitto), per protestare contro la propria deposizione dall'incarico, si recò direttamente a Costantinopoli dall'imperatore il quale, per tutta risposta lo esiliò a Treviri, accordando invece ad Ario la riamissione al clero di Alessandria, il quale però risultò essere morto lo stesso giorno dell'incontro tra Costantino ed Atanasio
Marco fu papa dal 18 gennaio al 7 ottobre del 336. A questo pontefice venne attribuita liinizio della costruzione della basilica Juxta Pallacinis, dedicata a San Marco evangelista.

Una curiosità si deve a Papa Marco,e cioè che decretò per la prima volta che tutti i vescovi dovessero CONSACRARE IL PAPA APPENA DOPO LA NOMINA ALLA GUIDA DELLA CHIESA, cioè tutti i vescovi davano così il mandato il Papa ad esercitare il suo mandato a guida della Chiesa, s.Agostino confermerà questa usanza nel 413, scrivendo che al vescovo di Ostia "spettava per primo consacrare il Papa, poi a seguire gli altri.." usanza che ancora oggi rimane quando il Papa viene eletto c'è la Messa dell'inizio di Pontificato attraverso la quale TUTTI I VESCOVI UNITI e riuniti in Cristo, solennemente dichiarono al mondo con la loro presenza e il SIGILLO DELL'EUCARESTIA (la Comunione) la legittimità del nuovo Pontefice ad "personam Christi"

Pur breve il suo Pontificato, si deve a lui la prima raccolta del: Depositio episcolorum e del Depositio martyrum, cioè la preziosa raccolta ancora oggi conservata che traeva un elenco degli anniversari dei vescovi e dei martiri .

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10/08/2013 18:53
 
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GIULIO I, romano (337-352)

Nato a Roma probabilmente da un ramo della Gens Julia, fu consacrato papa il 6 febbraio del 337, dopo una sede vacante di 4 mesi.
A questo Pontefice si riconosce il forte legame riportato dalla Chiesa di Roma con l'ortodossia (Oriente) offuscata dalle azioni prepotenti dell'Imperatore Costanzo, il quale aveva fatto di quella Chiesa la sua roccaforte con vescovi o costretti oppure talvolta compiacenti.
Rivalutando l'importanza dell'Ortodossia quale base di credibilità della Chiesa, Giulio viene così a sua volta sostenuto dal vescovo Atanasio d'Alessandria (m.373) e Marcello d'Ancira (m.376) i quali, espulsi dalle loro sedi vescovili dai vescovi ariani, furono da lui riconosciuti validi, influendo in questo modo alla loro riabilitazione.
 
Il vescovo Eusebio, filo-ariano, cercò di INGRAZIARSI LE SIMPATIE DI PAPA GIULIO PER NON RIAMMETTERE QUESTI VESCOVI, ma papa Giulio non ci casca ed anzi RIFIUTA di accettare gli Atti processuali compiuti da Eusebio contro i vescovi legati all'ortodossia. I due vescovi si erano RIFUGIATI A ROMA.
 
Tuttavia questo non fu sufficiente a togliere il sospetto da parte degli orientali e così in un sinodo nominato a Roma nel 340 per chiarire la questione, viene DISERTATO dagli orientali.E' l'inizio della spaccatura con la Chiesa che poi si chiamerà "Ortodossa" che si protrarrà per circa un secolo fra alti e bassi, con riavvicinamenti e accuse reciproche, per poi naufragare nel 1054 e completarsi tale frattura nel 1400 al Concilio di Firenze.
 
Il sinodo si farà ugualmente a Roma e da qui parte una delle prime LETTERE MAGISTERIALI dopo quella di s.Clemente del 90 circa d.C. nella quale a chiusura dei lavori, papa Giulio rimprovera i vescovi d'oriente per aver condannato senza prove due vescovi di grande importanza per la conservazione della dottrina apostolica,rimprovera loro di aver condannato dei vescovi SENZA IL CONSENSO COLLEGIALE, MA AFFIDANDOSI ALLE DECISIONI DI UN IMPERATORE e di aver ignorato gli appelli all'unità del vescovo Atanasio per una collegialità CON LA SEDE DI ROMA, preferendola invece alle prerogative di grandezza dell'Imperatore Costantino prima e Costanzo dopo.
 
Smossi da questi rimproveri, ad Antiochia nell'anno 341 si apre un sinodo CONTRO LA CHIESA DI ROMA, gli eusebiani riaffermano in questo modo la condanna di Atanasio ed formulano una NUOVA FORMA DEL CREDO: togliendo una frase importante per la divinità di Gesù " uno nella sostanza con il Padre".
 
Papa Giulio allora prova la via diplomatica pur di salvare la DOTTRINA, chiede all'imperatore Costanzo (Padrone in Oriente) di convocare UN CONCILIO UNIVERSALE a Sardica (Sofia) fra l'anno 342-343.

Ma quando nella sessione di apertura i delegati di Roma chiedono che vengano ASCOLTATI QUALI VESCOVI anche Atanasio e Marcello, i vescovi orientali, forti anche in numero, si oppongono  E DISERTANO IL CONCILIO,emanando una enciclica nella quale si condannavano i due vescovi E SI SCOMUNICAVA PAPA GIULIO, accusandolo di essere l'arteficie delle controversie.
 
Papa Giulio supplicò tutti i vescovi occidentali e quelli orientali fedeli all'unità della Chiesa di CONTINUARE IL CONCILIO per il bene della Chiesa. Inviò due delegati con le difese DOTTRINALI di Atanasio e Marcello perchè FOSSERO DISCUSSE AL CONCILIO.....a lui si deve la compilazione di un Canone valido nella Chiesa (3,4,5) dove si affermava che i vescovi accusati e deposti, con il sospetto di innocenza, DI APPELLARSI AL VESCOVO DI ROMA PER L'APPROFONDIMENTO DEL CASO.
 
Questa Regola, come potete notare, fu di una grande importanza per la crescita della Chiesa.
Il Pontificato di Papa Giulio sostanzialmente si riduce a queste questioni di non poco conto.
 
Dal punto di vista religioso, la teoria di "Ario" si contrappose come un'equazione matematica a Giulio I in Roma : "Ario stava all'oriente, attraverso il vescovo Gregorio di Cappadocia e quindi all'imperatore Costanzo, così come Giulio I in Roma stava all'occidente, attraverso l'imperatore Costantino II Treviri e le sue armate cristiane". 
(nda: non è vero che l'umanità abbia sempre cercato lo scontro per risolvere i propri problemi, spesso i saggi hanno tentato l'inverso. Non è dato sapere come furono risolte alcune questioni, certo è che in qualche maniera si risolsero, senza grossi spargimenti di sangue o contrapposizioni ideologiche. In fondo sugli affari e sulle economie i cristiani riuscirono ad "occidentalizzare" il mondo intero)
 
Nell'anno 345-46, dopo diverse sessioni conciliari, la maggioranza dei vescovi, ASCOLTATA LA DIFESA, riabilitano i due vescovi Atanasio e Marcello, accogliendo del primo la famosa composizione DOTTRINALE DELLO SPIRITO SANTOQUALE TERZA PERSONA DELLA TRINITA' e la questione di Gesù "DELLA STESSA SOSTANZA DEL PADRE"
Atanasio prima di recarsi ad Alessandria per risalire in quella Cattedra, passa da Roma per ringraziare Papa Giulio, il quale gli affida una lettera nella quale RINGRAZIA LA CHIESA IN SARDICA e in Alessandria E TUTTI I VESCOVI CONCILIARI, per la loro fedeltà all'universalità della Chiesa e per aver difeso LA DOTTRINA APOSTOLICA....
 
Nel 347 avviene il primo disgelo: un gruppo di  vescovi orientali, guidati dai vescovi Ursacio e Valente, maggiori accusatori di Atanasio, SCRIVONO A PAPA GIULIO UNA RITRATTAZIONE ALLE ACCUSE FATTE, CHIEDENDO UNA PIENA COMUNIONE. Papa Giulio la concesse.
 
Una curiosità: a Papa Giulio si deve la ricomposizione della Cancelleria della sede vescovile di Roma su modello della prassi imperiale, per la prima volta viene nominato " primicerius notariorum", cioè "capo dei notai", perchè potessero meglio gestire l'enorme quantitativo di materiale da catalogare, selezionare, redigere.
Riguardo Roma a papa Giulio si deve la costruzione di alcune Chiese come quella di S.Maria in Trastevere e la Basilica Giulia (oggi conosciuta quale dei SS.Apostoli).

****************
 
Il vescovo di Roma fu sempre visto QUALE GUIDA PER LE QUESTIONI DOTTRINALI E GIURIDICHE DELLA CHIESA INTERA.

NON esisteva affatto un altra Chiesa nè talune Dottrine come ad esempio quella sulla Trinità può essere chiara soltanto attraverso il metodo della Sola Scriptura. La storia ci dimostra le lotte che la Chiesa ha dovuto affrontare per TRAMANDARCI queste Dottrine di matrice BIBLICA ED APOSTOLICA.(la Tradizione)
[Modificato da Credente 10/08/2013 18:54]
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10/08/2013 19:01
 
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LIBERIO, romano (352-366)

Oramai i cristiani non avevano quasi più nemici sul piano temporale. Le lotte per il potere spirituale e laico si stavano ormai involvendo all'interno della stessa religione, anche se
Atanasio, vescovo di Alessandria stava alacremente combattendo contro l' arianesimo di Costantino quando, il 17 aprile del 352 fu eletto papa Liberio, contro il quale mosse le stesse accuse, cioè, papa Liberio fu in un primo tempo ACCUSATO di essere filo-ariano e perciò LA SUA ELEZIONE APPOGGIATA dall'imperatore Costanzo II che in oriente stava COMBATTENDO LA SUA BATTAGLIA DI CONVOGLIARE TUTTO L'EPISCOPATO D'OCCIDENTE VERSO ORIENTE RIAPRENDO LA QUESTIONE DI ATANASIO per estrometterlo dalla Chiesa di Alessandria, unica roccaforte che appoggiava apertamente la Chiesa di Roma QUALE GUIDA GIURIDICA E DOTTRINALE DELL'INTERA CHIESA. I vescovi orientali appoggiati dall'Imperatore, che avevano scritto a Papa Giulio contro Atanasio, riaprono l'insofferenza, ma la Chiesa in Occidente definisce la questione CHIUSA dopo il Concilio e la RIAFFERMAZIONE DELLA DOTTRINA APOSTOLICA SULLA TRINITA' ribadendo che le questioni ECCLESIALI vanno risolte collegialmente.

La risposta del pontefice fu immediata ed alla fine dello stesso anno fu convocato il primo concilio di Roma che riconfermò il credo affermato nel concilio di Nicea.
 
Per amore dell'unità, anche Papa Liberio agisce diplomaticamente e chiede all'imperatore Costanzo, poichè INFLUIVA SU MOLTI VESCOVI ORIENTALI, di aprire un nuovo Concilio in zona neutrale, si scelse Aquileia. Tutti d'accordo in un primo tempo, arriva la NEGAZIONE DA ORIENTE.Questa volta è l'imperatore che viene influenzato NEGATIVAMENTE dai suoi consiglieri VESCOVI filo-ariani....URSACIO E VALENTE  i quali con Papa Giulio avevano ritratto le eresie chiedendo una piena comunione e qui rifanno marcia indietro.....Costanzo allora apre un sinodo ad Arles (Francia) nel quale però SI RIFIUTA DI AFFRONTARE LE QUESTIONI TEOLOGICHE e senza ascoltare la difesa ricondanna nuovamente il vescovo Atanasio.

Osteggiati, minacciati e influenzati, perfino i delegati del Papa che inviò ugualmente ad Arles, finirono PER CEDERE e aderirono al provvedimento IMPERIALE.
 
Papa Liberio deplorò pubblicamente la loro debolezza ed indisse un CONCILIO UNIVERSALE, ed all'accusa di voler fare tutto per difendere la "posizione di un vescovo", rispose che era in gioco la Dottrina Apostolica su  "la Trinità" e la stessa fede pronunciata universalmente al concilio di Nicea.
Ma quando il Concilio che si riunì a Milano nell'anno 355 venne aperto, ivescovi filo-ariani SI RIFIUTARONO DI DISCUTERE LA FEDE DI NICEA, intervenne allora con PREPOTENZA L'IMPERATORE appoggiando i vescovi filo-ariani, contro i vescovi che sostenevano che i Concili non sono questioni politiche-imperiali, ma dottrinali ed ecclesiali.
L'imperatore allora minacciò di esilio tutti i vescovi che appoggiavano ROMA. Alla maggioranza VENNE ESTORTA LA FIRMA DI CONDANNA CONTRO ATANASIO. I TRE VESCOVI CHE SI RIFIUTARONO VENNERO ESILIATI.
Papa Liberio dal canto suo continuava a MANDARE MESSAGGERI DI PACE E DI UNITà ANCHE A FRONTE DI EVENTUALE MARTIRIO PUR DI NON CEDERE ALLA DISTORSIONE DELLA DOTTRINA TRINITARIA.......
L'imperatore allora lo manda a prelevare, lo fa arrestare e lo conduce a Milano....e' il primo processo che si svolge contro un Papa......
qui abbiamo inserito il Processo a Papa Liberio:
....
Data la sua inflessibilità, Papa Liberio venne esiliato a Berea di Tracia. Fin anche il vescovo di quella diocesi, implorava Papa Liberio DI CEDERE....per accettare la dottrina ariana.....Tenuto alle strette, umiliato e moralmente e psicologicamente trattato, Liberio finì per cedere alla condanna di Atanasio.....accettando di fatto la dottrina ariana sulla Trinità....e compì UN VILE ATTO DI ADESIONE ALL'IMPERATORE....Dall'esilio è quasi costretto nel redigere 4 lettere di tendenza ariana, ai quali chiedeva solo l'unità della Chiesa e di risparmiare Roma assediata dalle truppe dell'imperatore, pronte a commettere una carneficina.
Deportato a Smirnio (Jugoslavia) sottoscrive davanti ai vescovi ariani la frase con l'omissione " uno nella sostanza con il Padre" in questo modo dichiarava l'eresia ariana che diceva: " il Figlio ERA SIMILE AL PADRE nell'essenza, e in ogni cosa"....
L'imperatore, soddisfatto del risultato ottenuto, tolse l'assedio a Roma e fece ritornare Liberio nella Città.
Durante la sua assenza venne nominato alla guida della sede vescovile l'arcidiacono Felice.
Liberio venne accolto con ENTUSIASMO DA TUTTA LA CITTA' che gli fu grata per aver evitato l'invasione...ma Liberio iniziò a sentirsi più UN TRADITORE CHE UN BENEFATTORE......
Il vescovo Felice che in un primo tempo non voleva lasciare la sede al suo legittimo vescovo, venne offuscato a furor di popolo che preferì Liberio ma alla fine i due vescovi convivranno insieme pacificamente.
Ma subito Liberio capì di essere stato messo da parte da TUTTI I VESCOVI D'OCCIDENTE RIMASTI FEDELI ALLA DOTTRINA APOSTOLICA  e di fatto nessuno più, in quel periodo, trattò con Liberio il quale venne completamente isolato.
Nell'anno 359 i vescovi Cattolici indicono un sinodo a Rimini per rinforzare la loro posizione altamente compromessa dalle decisioni di Libero, ma lui non venne convocato, anche perchè non aveva risolto la questione del vescovo Felice, di conseguenza risultavano esserci DUE VESCOVI ALLA GUIDA DI ROMA.
Tuttavia lo Spirito Santo che guida la Chiesa e l'ha voluta con UN PASTORE VISIBILE fa comprendere che un sinodo senza la sua guida non può sostenersi e così i vescovi occidentali, cadono anche loro nella trappola e finiscono con il cedere alle pressioni orientali accettando di fatto la dottrina trinitaria  ariana.   Sembra veramente LA FINE DI TUTTO.
Ma nel 361 Liberio accoglie la notizia che l'imperatore Costanzo è morto e prima ancora di attendere notizie sul successore, PRENDE NUOVAMENTE LE REDINI IN MANO, AFFIDA AL VESCOVO FELICE UN ALTRO INCARICO.HA COME UN RISVEGLIO. PUBBLICA IMMEDIATAMENTE UN DECRETO CHE ANNULLAVA LE DECISIONI PRESE A RIMINI A NOME DI TUTTA LA CHIESA D'OCCIDENTE, SEGUE UN DECRETO NEL QUALE SPIEGA IL SUO PECCATO DI DEBOLEZZA E DELLA COERCIZIONE SUBITA, RIBADENDO LA VALIDITA' UNIVERSALE DI NICEA SULLA TRINITA', RIABILITA ATANASIO, POI NEL 362 ACCOGLIENDO LE DECISIONI DELLA CHIESA DI ALESSANDRIA CHE CONTINUA A SOSTENERLO, ORDINA AI VESCOVI OCCIDENTALI ITALIANI DI RITORNARE ANCH'ESSI SULLE LORO DECISIONI PER FARE PIENA COMUNIONE CON QUANTI AVEVANO MANTENUTO FEDE ALLA DOTTRINA NICEANA.
In massa i vescovi lo ascoltano e rifiutano la dottrina Ariana.
Nell'anno 366 un folto numero di vescovi orientali, chiede LA PIENA COMUNIONE CON ROMA, Papa Liberio ACCETTA A PATTO CHE NEGHINO PER ISCRITTO LA DOTTRINA ARIANA.
 
Fu un vero trionfo.....negli ultimi due anni della sua vita, Papa Liberio potè riscattarsi del suo tradimento, riparò la sua capitolazione e contribuì addirittura con il ristabilire un'ampia COMUNIONE con la Chiesa in Oriente.
 
Ancora una volta la promessa del Cristo era tangibile: "...e le porte degli inferi non prevarranno".......
"Satana ha ottenuto il permesso di passarvi al vaglio, ma io ho pregato per te, e tu una volta ravveduto, conferma gli altri nella fede".....(Lc.22-31)
 
Sembra che questa profezia del Cristo abbia avuto una maggior visibilità e concretezza nella questione di Papa Liberio.
 
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10/08/2013 19:06
 
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PAPA DAMASO I  spagnolo ma nato a Roma (366-384)
 
Da qui in avanti la storia di Caino ed Abele si ripercuoterà, sulla religione cristiana, sino ai giorni nostri. Così come il bene ed il male e la vittoria del potere sulla spiritualità, ovvero sui tre canoni del diritto romano prima e poi sui Dieci Comandamenti ma senza colpevolizzare e ponendoci il più possibile in forma arbitraria, tentiamo di comprendere e di far prevalere il bene sulla storia passata perchè quanto al male, ci sono già parecchi siti che se ne occupano.
Papa Damaso venne eletto in mezzo a non poca confusione...dopo la morte di Papa Liberio, 7 preti e 3 diaconi elessero a porte chiuse un anti-papa, il diacono Ursino, il quale di tutta fretta venne portato nella Basilica Giulia e nominato vescovo dal vescovo di Tivoli, Paolo, il quale fu ignaro avendogli fatto presente che quella elezione fu la scelta della Chiesa. Ma una fazione più numerosa fatta di vescovi esterni anche a Roma, e dello stesso popolo romano, elesse all'unanimità Damaso I.
Per sedare gli animi e non ripetere gli errori avvenuti nel pontificato di Liberio, papa Damaso chiede sostegno alle truppe imperiali per sedare immediatamente la rivolta e l'eresia dei neo-scismatici.
Purtroppo la violenza prevalse, 130 furono i morti in soli tre giorni, era la prima volta che ci si affrontava così aspramente fra cristiani.....Per la prima volta un Papa chiedeva aiuto al Prefetto della Città per ottenere una vigilanza ed un intervento di ordine pubblico contro un altro vescovo, il Prefetto agì immediatamente ed espulse Ursino e i suoi seguaci da Roma. I 130 morti accennati appartengono alla rivolta che ne seguì quando i partigiani di Ursino invasero il Laterano. Tutti i vescovi in Italia furono sconvolti da queste notizie, l'autorità MORALE DEL PAPA per la prima volta subì un duro colpo e si inclinò per diversi anni. In molte Diocesi per la prima volta si elevavano preghiere a Dio per il sostegno alla Chiesa nella sua moralità ed integrità.
Ursino però non voleva lasciare la sede e continuò a perseguitare il pontificato di Damaso per tanti anni fino a quando, nell'anno 371, avendo gli ursiniani convertito un ebreo di nome Isacco, lo usarono per montare una grave accusa di adulterio contro Damaso. Soltanto il tribunale imperiale con l'ascolto di molti testimoni, potè far luce sull'accusa e dichiarare innocente papa Damaso I. Ma la stessa assoluzione non impedì che di lui si dicesse male per la gentilezza che usava con le "nobil donne" dell'aristocrazia tanto da essere nomina " incantatore di matrone", tuttavia proprio questo suo modo di fare galante e difficilmente iroso, suscitò invece le simpatie dell'aristocrazia pagana, che iniziò a vedere la Chiesa con più simpatia, fin anche ad ottenere libere conversioni al cristianesimo.
Galante con i pagani, era molto severo contro i cristiani eretici.
Dopo essere stato invitato da altri vescovi, non riuscì però a spostare dalla sua sede Aussenzio, vescovo filo-ariano a Milano.
Nell'anno 380 una nuova eresia si aggiungeva, questa volta proveniva dalla Spagna, il priscillianesimo. Un misto di vecchie eresie dualisti-sibilliani; successivamente condannò pubblicamente l'altra eresia: l'apollinarismo che sosteneva che il LOGOS (Il Verbo) si era "formato nella mente del Dio-Uomo"; condannò con un decreto apertamente anche il macedonianismo il quale negava completamente lo Spirito Santo come divinità.
 
Le sue relazioni con la Chiesa d'Oriente furono invece molto difficili: Damaso I non riuscì a seguire tutti i risvolti della situazione grave della sede vescovile di Antiochia, così finì per sostenere un vescovo, Paolino, poco rappresentativo, anzichè Melezio attraverso il quale facile sarebbe stata una unità con tutti. Ma Melezio muore e papa Damaso all'oscuro di questi retroscena, si rifiuta di dare comunione al successore Flaviano, scandalizzando lo stesso vescovo s.Basilio (il grande) che si ritenne dispiaciuto, sconcertato e che definì Damaso "eccessivamente intransigente".
 
Con Papa Damaso si apre per la prima volta la questione di Roma quale "Sede Apostolica", nel 378 chiede al governo di riconoscere la Santa Sede come tribunale di prima istanza per le questioni ecclesiastiche ed inerenti ai vescovi, ma il governo si rifiutò. Tuttavia con lui fu d'accordo l'Imperatore Teodosio I e il 27 febbrazio dell'anno 380 elevò a "religione di Stato" il Cristianesimo in quella forma che i Romani e la Chiesa in Occidente avevano ricevuto e custodita dai tempi dell'apostolo Pietro (leggendo questo forum dal MESSAGGIO 2 usando il tasto in basso: Prima  ne avrete una conferma) e che in questo anno preciso era professata anche da Pietro di Alessandria.
 
La vera questione NON fu che tramite un concilio romano papa Damaso impose la supremazia, ma più onestamente Papa Damaso disse che questo primato NON era pervenuto per volontà di un sinodo, ma per la peculiarità della successione dell'apostolo Pietro, che la sede di Roma ininterrottamente aveva conservato, custodito e tramandato, conservando la vera dottrina. Per la prima volta venne citato Mt.16,18. Questa successione dava al pontefice in comunione con i vescovi il diritto di "legare e di sciogliere" in sede giuridica ed ecclesiale, e la certezza nella fede apostolica tramandata di ricevere il sostegno dello Spirito Santo nella guida dottrinale.
 
In questo frangente le decisioni che Damaso prese di fronte alle eresie prima citate, diedero ragione della sua rivendicazione, dal momento che la Chiesa in Oriente infettata oramai dall'arianesimo, per molti anni non fu in grado di condannare con fermezza altre forme di eresia, così come fece emergere s.Basilio che comunque sia si ritenne in accordo con la questione del primato.
 
Altro che fece questo pontefice fu di tentare una unità con la Chiesa d'Oriente mediante il culto dei Martiri, si prese cura delle Catacombe, riordinò l'archivio della Santa Sede.
Fece amicizia con s.Girolamo e lo chiamò come segretario fino a quando, alcune chiese, fecero emergere il dilemma che non ci fosse ancora una unica traduzione della Bibbia per tutte le Chiese, quella che c'era era diventata insufficiente , allora delega Girolamo, del quale si fidava, per rivedere TUTTE LE TRADUZIONI LATINE ALLORA ESISTENTI DEI VANGELI IN BASE AGLI ORIGINALI GRECI. E' erroneo come molti protestanti credono che Girolamo fu incaricato per la stesura della Bibbia o per dare un "Canone", di fatto nella Chiesa fino alla fine dell'anno 200 si leggevano PREVALENTEMENTE I VANGELI E LE LETTERE.
l'A.T. era destinato da sempre ad ambienti più elevati e per questioni anche di soldi e di persecuzioni.
S.Girolamo sarà per Papa Damaso colui che decantandolo con prese e versi lodandolo per la verginità, di fatto lo scagionerà di comportamento ambiguo.
 
Fu sepolto sulla Via Ardeatina per essere poi traslato in s.Lorenzo in Damaso.
 
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10/08/2013 19:13
 
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SIRICIO, romano (384-399)
 
Nato a Roma era stato Diacono di Damaso e aveva esercitato l'ufficio di lettorato. Benchè disturbato ancora dall'antipapa Ursino, Siricio fu eletto invece all'unanimità, contento anche l'Imperatore Valentiniano II desideroso oramai di voler stroncare ogni rapporto con i sostenitori di Ursino. L'Imperatore manifestò la sua soddisfazione, donando fondi per la costruzione della Basilica di San Paolo.
San Girolamo descrive il carattere di Siricio come di uno " semplice e candido, tanto facile da ingannare!", mentre Paolino di Nola giudicò la sua riservatezza un elemento poco confacente ad un vescovo che avrbebe dovuto invece imporsi.
In verità fu tuttaltro che timido, Siricio fu un papa che si rivelò esperto ed anche energico. La sua figura cadde in ombra perchè vissuto nel periodo di sant'Ambrogio vescovo a Milano dal 374 al 397, di grande influenza e predicazione dominante, anche se tutti erano consapevoli dello "status primiziale" di Roma e del proprio ruolo di successore di Pietro.
Siricio fu il primo Papa ad inviare i DECRETALI, cioè delle direttive con tono di chi è consapevole del proprio ruolo e aventi l'autorità di una Legge, rappresentava in sostanza un imperativo (nda: o con me o contro di me).
. La più antica bolla a noi pervenuta è dell'11 febbraio 385, indirizzata al vescovo  di Tarragona, tale Imerio, riguardante la disciplina ecclesiastica.
La Bolla inizia con una asserzione che "l'apostolo Pietro presente in noi, porta il grave peso del governo di tutta la Chiesa..." e prosegue poi con le varie discussioni di carattere disciplinare come ad esempio la riamissione degli eretici dopo ravveduta conversione. Stabilisce poi norme precisi riguardante l'età e i requisiti per le ordinazioni, e si riparla con chiarezza SUL CELIBATO E LA CONTINENZA IN AMBIENTE ECCLESIATSICO, per finire con le norme disciplinari in materia penitenziale.........
Siricio dispone che tali norme vengano DIFFUSE IN TUTTA LA CHIESA e portate alle vicine Province dell'Africa, della Spagna e della Gallia.
Nel 385 conferì al vescovo di Tessalonica il privilegio senza precedenti di autorizzare tutte le nomine episcopali di quella Regione, aprì le basi al "VICARIATO PAPALE" ossia, un episcopato INDIPENDETE MA UNITO A ROMA PER MEZZO DEI VESCOVI.
Nel 386 Siricio  scrive alla Chiesa in Africa inviando nove canoni emanati da un Sinodo che si era riunito presso la Tomba dell'apostolo Pietro; in esse vi è scritto e stabilito che nessun vescovo poteva essere consacrato senza che la Sede di romana ne venisse a conoscenza, nè poteva essere consacrato privatamente da un solo consacrante, ma che tutta la Chiesa doveva venirne informata e tutti i vescovi di quella Chiesa dovevano esserne partecipi.
Sebbene Siricio fosse contro l'eresia priscillianiana, assunse un atteggiamento deplorevole e di condanna contro Massimo per aver giustiziato l'eretico Priscilliano e arrivò a negare LA COMUNIONE ai vescovi che si resero responsabili della condanna a morte dell'eretico.
Nel 397 si unì a sant'Ambrogio nel raccomandare la carità fraterna e di un trattamento cristiano verso i priscilliani che pentiti rientravano nella Chiesa.
 
Falsamente fu accusato di essere contro la vita ascetica. Questa nomea gli derivò dalla condanna che Siricio promulgò nel 392/93 di un monaco..... dopo aver convocato un sinodo a Roma che trattasse l'eresia del monaco GIOVINIANO il quale aveva scritto contro il digiuno e il celibato dei monaci ( richieste assurde per un monaco che dovrebbe vivere di ascetica) e poi per aver negato pubblicamente la verginità di Maria prima e dopo il parto.
 
Siricio dovette condannare anche un altro vescovo, Bonoso di Naissus il quale sosteneva che Maria dopo il parto di Gesù, ebbe con Giuseppe altri figli. Questa condanna prima di Siricio gli giuse, è bene dirlo, da tutta la Chiesa della sua Regione, i vescovi riuniti INVOCARONO UNA CONFERMA DI CONDANNA DI PAPA SIRICIO, il Papa a sua volta LASCIO' LIBERTA' AI VESCOVI DI AGIRE COME MEGLIO AVREBBERO RITENUTO PER EVITARE LA DIVULGAZIONE DI TALI ERESIE.......
E' interessante qui annotare come il vescovo di Roma venisse interpellato da altre Chiese in comunione.........e di come il Papa lasciasse ampiamente ai vescovi, i quali conoscevano meglio la situazione, di agire SECONDO COSCIENZA, pur decretando egli stesso le condanne dottrinali..........
 
Siricio intervenne anche con succe nello scisma che divideva Antiochia. Intervenne dopo che venne chiamato in causa proprio dal Sinodo di Cesarea.
In questo tempo ebbe divergenze con san Girolamo che ritiratosi a Betlemme gli criticò la sua scelta di sostenere Giovanni, vescovo di Gerusalemme e Rufino di Aquileia, due vescovi che in quel periodo non erano molto graditi a Giorlamo che li sgnò nel suo libro, per poi essere riabilitati più tardi.
Siricio fu sepolto nella Basilica di san Silvestro, presso il cimitero di Priscilla.
Ancora oggi, entrando nella Basilica di san Paolo si può leggere su di una colonna al portico settentrionale, la commemorazione per la dedicazione di questa Basilica per opera di Siricio "Siricius episcopus tota mente devotus".
A causa delle critiche di san Girolamo, Siricio, benchè venerato come santo, non venne inserito nel Martirologio Romano, ma il suo nome venne messo da Papa Benedetto XIV il quale scrisse un piccolo trattato per dimostrare l'innocenza di questo papa e per chiarire alcuni equivoci a causa dei quali ebbe la severa condanna di Girolamo, ne dimostrò in tal modo la vera santità e la sua abnegazione al dovere dell'incarico che aveva assunto quale Successore di Pietro.
 
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17/03/2014 17:00
 
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LEONE MAGNO L'«intrepido pontefice» che fermò Attila



di Eugenio Russomanno


29/03/2010 - Continua la serie su alcuni tra i più significativi Papi della storia. Nella decima puntata la vicenda di un uomo che Benedetto XVI ha definito «uno dei più grandi pontefici che la Chiesa abbia avuto»



Benedetto XVI ha dedicato a san Leone Magno l’udienza del 5 marzo 2008, definendolo «uno dei più grandi Pontefici che abbiano onorato la Sede romana: il suo pontificato è stato senza dubbio uno dei più importanti nella storia della Chiesa».
Nel 430 divenne diacono della Chiesa di Roma e si fece subito notare: nel 440 fu inviato dalla corte imperiale in missione diplomatica in Gallia, per risolvere una difficile situazione. Fu al servizio in modo esemplare prima di papa Celestino I e poi di papa Sisto III: alla morte di quest’ultimo fu eletto proprio Leone. Il nuovo Papa fu consacrato il 29 settembre 440, data che egli stesso avrebbe celebrato ogni anno come anniversario della sua vera nascita.
«Intrepido pontefice», lo definisce lo storico August Franzen. Mentre John Kelly, nel Grande dizionario illustrato dei Papi, ne parla così: «Pontefice energico e tenace, in tutta la sua politica e nelle sue dichiarazioni ufficiali s’ispirò alla convinzione che la suprema e universale autorità della Chiesa, originariamente conferita da Cristo a Pietro, era stata trasmessa a tutti i Vescovi di Roma come successori ed eredi dell’Apostolo. Come infatti Pietro aveva ricevuto dal Signore un potere maggiore a paragone degli altri apostoli, così il Papa era “il primate di tutti i vescovi”». Secondo Benedetto XVI, «Leone mostrava come l’esercizio del primato romano fosse necessario allora, come lo è oggi, per servire efficacemente la comunione, caratteristica dell’unica Chiesa di Cristo». 
Leone Magno non mostrò mai il minimo dubbio che il primato appartenesse al Vescovo di Roma e che esso si estendesse anche sulla Chiesa d’Oriente. 
Come sarebbe accaduto più tardi con il pontificato di Gregorio Magno, la realtà indusse la responsabilità del Papa ad assumere un ruolo dominante in campo non solo religioso ma anche civile e politico. Ricordiamo in particolare un celebre episodio, ritratto dal genio di Raffaello nella Stanza di Eliodoro dei Musei Vaticani. «Esso risale al 452, quando il Papa a Mantova, insieme a una delegazione romana, incontrò Attila, capo degli Unni, e lo dissuase dal proseguire la guerra d’invasione con la quale già aveva devastato le regioni nordorientali dell’Italia. E così salvò il resto della Penisola. Questo importante avvenimento divenne presto memorabile, e rimane come un segno emblematico dell’azione di pace svolta dal Pontefice», scrive il Papa.
Leone affermò con successo la propria autorità su tutto l’Occidente. Invece nei rapporti con l’Oriente ebbe qualche resistenza. Il monaco Eutiche aveva iniziato a propagare la dottrina secondo cui Gesù Cristo aveva una sola natura, la natura divina, e non quella umana: papa Leone spedì a Flaviano, vescovo di Costantinopoli, diretto superiore di Eutiche, un’importante lettera, il cosiddetto Tomo a Flaviano (Epistola dogmatica ad Flavianum), nella quale condannava Eutiche e chiariva in modo autorevole la vera dottrina dell’unione delle due nature nell’unica persona di Cristo (unione ipostatica). Questa lettera fu definita la prima decisione infallibile ex cathedra di un Papa.
Benedetto XVI pone in risalto un altro fatto importantissimo del pontificato di papa Leone: il Concilio di Calcedonia, «la più importante assemblea fino ad allora celebrata nella storia della Chiesa». Fin dal VI secolo il Concilio di Nicea del 325, il Concilio di Costantinopoli del 381, il Concilio di Efeso del 431 e il Concilio di Calcedonia del 451 furono a ragione considerati punto di riferimento per la vera cristologia: essi riassumevano la fede della Chiesa antica e vennero paragonati da Gregorio Magno ai quattro Vangeli. Il Concilio di Calcedonia, contro l’eresia di Eutiche, affermò l’unione nell’unica persona di Cristo delle due nature umana e divina: Gesù Cristo era vero uomo e vero Dio. Il citatoTomo a Flaviano fu letto a Calcedonia e i Vescovi presenti lo acclamarono con l’esclamazione: «Pietro ha parlato per bocca di Leone».
Proclamato nel 1754 “Dottore della Chiesa”, Leone Magno non fu teologo originale ma chiaro assertore dell’ortodossia, come dimostrano i suoi 96 sermoni e le sue 143 lettere, scritti con chiarezza, concisione e melodiosa prosa ritmica. Con Benedetto XVI ricordiamo, in particolare, quanto egli sottolinea in un sermone a proposito della Pasqua: essa è da celebrare in ogni tempo dell’anno «non tanto come qualcosa di passato, quanto piuttosto come un evento del presente». Morì il 10 novembre 461. Santo, la sua festa si celebra il 10 novembre in Occidente e il 18 febbraio in Oriente.


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17/03/2014 17:02
 
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SISTO III Verso l'unità nel nome di Maria



di Eugenio Russomanno





In primo luogo, Sisto III (432-440) ebbe il merito di pacificare Cirillo di Alessandria e Giovanni di Antiochia, che al Concilio di Efeso (431) si erano scontrati su questioni dogmatiche. Per capire, occorre ricordare che a quel tempo nel dibattito cristologico esistevano due celebri scuole: la scuola teologica alessandrina, che metteva l’accento soprattutto sulla natura divina di Cristo, e la scuola teologica antiochena, che invece sottolineava la natura umana di Gesù. Al contrasto d’opinione delle due scuole seguì immediatamente la rivalità dei due patriarchi, Cirillo d’Alessandria e Nestorio di Costantinopoli (di quest’ultimo era seguace Giovanni di Antiochia). Cirillo compilò e inviò 12 anatematismi contro Nestorio e Nestorio compilò e inviò 12 anti-anatematismi contro Cirillo. Per risolvere il conflitto, l’imperatore bizantino Teodosio II e l’imperatore romano d’Occidente Valentiniano II convocarono un concilio, il terzo concilio ecumenico di Efeso (431). Forse il fatto più eclatante del concilio di Efeso fu la proclamazione di Maria con il titolo ditheotòkos, “Madre di Dio”, che Sisto III ebbe il merito di far riconoscere sia a Cirillo che a Giovanni. Nel 433, in particolare, fu redatto un «atto di unione», simbolo di fede compilato dagli antiocheni ma accettato anche dagli alessandrini: un successo che Sisto III attribuì all’apostolo Pietro, garante della vera fede e operante in lui.
In secondo luogo, Sisto III combatté il pelagianesimo, una dottrina del monaco britannico Pelagio, uomo austero e colto, affidata fin troppo alla forza della volontà, in cui la grazia non vi aveva quasi parte. Secondo questa teoria, l’uomo non avrebbe bisogno della grazia per agire bene. Tutto, in definitiva, dipende dalla buona volontà. Il più strenuo e principale oppositore del pelagianesimo sarà Agostino, il “dottore della grazia”. Sisto III respinse le suppliche del capo pelagiano Giuliano di Eclano che, deposto ed esiliato, chiedeva di poter tornare nella sua sede.
In terzo luogo, Roma godeva ormai di ottime relazioni con l’Oriente. Ma accadde che Proclo, vescovo di Costantinopoli, tentasse di staccare la penisola balcanica sud orientale (Illirico) con i suoi vescovi dalla tradizionale dipendenza da Roma. Sisto dovette ammonire i vescovi illirici e ricordare loro che il vescovo di Tessalonica restava suo vicario nell’Illirico orientale: il Papa chiese a Proclo di non ricevere vescovi illirici che non fossero in possesso della lettera di presentazione del suo vicario di Tessalonica.
Infine, con l’aiuto di grandi somme elargite dalla famiglia imperiale, Sisto III diede grande impulso alla costruzione di edifici ecclesiastici: in particolare, oltre alla fondazione del primo monastero romano, le sue due opere più grandi - il Battistero ottagonale del Laterano e la Basilica di Santa Maria Maggiore - servirono per immortalare alcune importanti conquiste del suo pontificato: «Le iscrizioni nel Battistero esaltavano la grazia divina e la teologia del battesimo, sottolineando così la sconfitta del pelagianesimo, e i mosaici della Basilica celebravano il trionfo della Chiesa sull’eresia nestoriana», osserva il Grande Dizionario Illustrato dei Papi di John Kelly. La festa di san Sisto III si celebra il 28 marzo.


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17/03/2014 17:04
 
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GELASIO Un povero che aveva arricchito i poveri



di Eugenio Russomanno





Eletto il 1° marzo 492, Gelasio dovette affrontare una situazione storica, ecclesiale, sociale e politica non facile.
Innanzitutto continuò la condotta intransigente del suo predecessore Felice III nei confronti dello scisma acaciano: Acacio, patriarca di Costantinopoli, era stato scomunicato da papa Felice III (483-492) per aver sposato il monofisismo. Si giunse alla totale rottura tra Oriente ed Occidente e ad uno scisma che durò per 35 anni (484-519). Occorre sottolineare che nel 490 le tre sedi patriarcali di Alessandria, Gerusalemme e Antiochia erano occupate da monofisiti, ma Gelasio fu inflessibile, tanto da alienarsi anche la simpatia dell’imperatore Anastasio (491-519): nel trattato teologico De duabus in Christo naturis, delinea chiaramente il punto di vista occidentale.
Gelasio colse ogni occasione per affermare la supremazia della Sede Romana: Ambrogio di Milano aveva già affermato «Ubi Petrus, ibi Ecclesia», e Gelasio fu il primo papa a venire salutato come «Vicario di Cristo» (sinodo romano del 13 maggio 495).
Storicamente la fama di papa Gelasio è legata al contenuto di una sua celebre lettera indirizzata all’imperatore Anastasio: riprendendo il pensiero di Ambrogio, Gelasio formulò con grande chiarezza il rapporto che doveva esistere tra la Chiesa, «autorità consacrata dei vescovi» e lo Stato, «potere regale», con la sua teoria (dualista) dei due poteri. Come sottolinea August Franzen nella Breve storia della Chiesa, egli stabilì la differenza tra imperium e sacerdotium, opponendosi fermamente all’identificazione che di essi faceva l’impero d’Oriente. Per Gelasio l’autorità spirituale è indipendente da quella temporale; ognuna è sovrana nell’ambito che le compete; tuttavia, l’autorità spirituale ha un’importanza maggiore, poiché anche i re devono rendere conto a Dio; però, anche coloro che reggono le sorti della Chiesa devono obbedire, riguardo all’ordine pubblico, alle leggi imperiali. «Se nell’ordine delle cose pubbliche i vescovi riconoscono la potestà che ti è stata data da Dio, e obbediscono alle tue leggi senza voler andare contro le tue decisioni nelle cose del mondo, con quale affetto devi tu obbedire a coloro che sono incaricati di dispensare i sacri misteri!», si legge nella citata lettera ad Anastasio.
«Scrittore prolifico» - come lo definisce John Kelly nel Grande Dizionario Illustrato dei Papi -, Gelasio lasciò oltre cento lettere e sei trattati teologici: secondo lo studioso, dopo Leone Magno fu il Papa più rilevante del V secolo, tanto da superare lo stesso Leone nella comprensione delle questioni teologiche. I contemporanei nutrivano per Gelasio uno straordinario affetto, come appare da una descrizione lasciataci dal monaco Dionigi il Piccolo: «Essa mette in risalto la sua umiltà, la sua determinazione a servire piuttosto che a dominare, la gioia che trovava nel conversare con i servi di Dio e nel meditare sulla Bibbia; descrive anche la costanza con cui mortificava la propria persona, la generosità verso i poveri e il modo in cui, prendendo a modello il Buon Pastore, viveva esattamente secondo l’insegnamento dei divini precetti», scrive John Kelly. «Morì povero dopo avere arricchito i poveri», ricorda Dionigi il Piccolo, e fu sepolto in San Pietro (496). La sua festa si celebra il 21 novembre.


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17/03/2014 17:05
 
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SIMMACO Il costruttore di chiese



di Eugenio Russomanno



Il pontificato di Simmaco (498-514) è stato segnato dalla controversia con un antipapa, Lorenzo. Il fatto nasce il giorno stesso dell’elezione a pontefice di Simmaco, 22 novembre 498, quando egli venne scelto nella Basilica Lateranense dalla maggioranza del clero. Una minoranza, appoggiata dal senato romano e dal suo capo Festo, nello stesso giorno elesse nella Basilica di Santa Maria Maggiore tale Lorenzo. La maggioranza clericale che aveva eletto Simmaco era stanca della politica filo-orientale del predecessore Anastasio II (collocato da Dante nell’Inferno!), mentre la minoranza che aveva eletto l’antipapa Lorenzo era filo-bizantina.
Per venire a capo della situazione, entrambe le fazioni decisero di ricorrere alla decisione di Teodorico il Grande, ostrogoto re d’Italia (493-526). Teodorico per la sua decisione adottò due criteri: avrebbe espresso parere favorevole al Papa eletto per primo e con la maggioranza dei voti. Così, la preferenza di Teodorico fu per Simmaco. Lorenzo si sottomise alla decisione del re.
Ma i sostenitori di Lorenzo, non contenti, tornarono alla carica capeggiati da Festo. L’occasione si presentò subito. Nel 501 Simmaco celebrò la Pasqua il 25 marzo, secondo l’antico calendario romano, e non il 22 aprile, secondo il nuovo calendario alessandrino. I sostenitori filo-orientali di Lorenzo accusarono il papa Simmaco davanti a Teodorico. Il re convocò Simmaco a Ravenna per discutere la questione. Un gesto strano e imprudente di papa Simmaco fece precipitare le cose: di fronte alle accuse (tra le quali, anche quella di aver mancato alla castità e di aver sperperato i beni della Chiesa), e forse non accettando il fatto che un Papa dovesse dar conto ad un re del proprio operato, giunto a Rimini fece ritorno a Roma. Scrive lo studioso John Kelly: «In preda al panico tornò a Roma e si rifugiò in San Pietro, allora fuori le mura. Con questa mossa imprudente non solo s’inimicò Teodorico, ma sembrò ammettere la sua colpa; in tal modo, gran parte del clero si ritirò dalla comunione con lui».
Il re prese «l’audace decisione» di nominare un vescovo quale reggente nel tempo di assenza di Simmaco. Nel frattempo, fu convocato un sinodo per decidere la sorte del Papa. Il sinodo ebbe varie sessioni: quella più importante e definitiva fu la quarta, denominata Synodus Palmaris, nella quale si decise che la decisione sul Papa doveva essere lasciata al giudizio di Dio. «Il sinodo tenne così la riunione finale il 23 ottobre 502. La sentenza emanata fu di assoluzione: essendo Simmaco un Papa, nessuna corte di un tribunale umano poteva giudicarlo e il giudizio doveva essere lasciato a Dio», riporta il Grande Dizionario Illustrato dei Papi. Ma il re Teodorico non era soddisfatto della assoluzione del Papa, e i sostenitori di Lorenzo speravano ancora nel riconoscimento del loro prescelto: Lorenzo tornò a Roma e per quattro anni governò come Papa nel Laterano, mentre Simmaco viveva confinato in San Pietro. La definitiva soluzione del problema avvenne nel 506. La diplomazia del diacono Ennodio e del diacono Dioscoro, e il distacco politico di Teodorico da Bisanzio e da Roma, fecero in modo che il re accettasse l’assoluzione di Simmaco.
Negli ultimi anni di pontificato, risolto sostanzialmente il problema dell’antipapa, Simmaco si poté dedicare al governo della Chiesa. Ne ricordiamo qualche episodio: per la prima volta inviò il pallio (un’insegna pontificale, consistente in una stola bianca ornata da sei croci; ndr) - ad un vescovo non italiano; introdusse la recitazione del Gloria nella messa; si dedicò alla costruzione e all’abbellimento delle chiese romane; pose la prima pietra di quello che sarà il palazzo del Vaticano, riservato alla residenza del Papa. Fu sepolto in San Pietro e la sua festa si celebra il 19 luglio.


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17/03/2014 17:07
 
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GIOVANNI I La prima missione in terra d'Oriente



di Eugenio Russomanno





Il diacono Giovanni, vecchio e malato, fu eletto pontefice il 13 agosto 523. Era stimato amico del grande filosofo Severino Boezio. La sua elezione dimostrava la vittoria in seno alla Chiesa del partito filo-orientale, in conseguenza della pacificazione tra Oriente ed Occidente ottenuta dal predecessore, papa Ormisda, e dall’imperatore Giustino.
La memoria di san Giovanni I è legata al dramma politico-religioso di Teodorico. L’imperatore d’Oriente Giustino (518-527), grande difensore dell’ortodossia cattolica, aveva ripreso a perseguitare gli eretici e in modo particolare gli ariani. Se ne preoccupò Teodorico il Grande, re d’Italia (493-526), che concepiva il disegno di riunire, contro i greci e i romani cattolici, tutte le stirpi germaniche ariane, fondando così un grande impero ariano romano. In particolare, Teodorico vedeva i progressi della reciproca comprensione tra la Chiesa latina e la Chiesa greca nella forma di un progressivo segreto accordo tra i senatori romani e la corte bizantina per la restaurazione dell’autorità imperiale in Italia. 
Teodorico convocò il Papa a Ravenna e gli ordinò di recarsi a Costantinopoli per difendere gli ariani, i Goti in particolare, perseguitati dall’imperatore. «Giovanni fu il primo Papa a lasciare l’Italia per recarsi in Oriente», annota lo studioso John Kelly. L’accoglienza che ricevette a Costantinopoli fu splendida: tutta la città gli andò incontro per salutarlo e l’imperatore si prostrò davanti a lui, riconoscendolo vicario di Pietro.
L’imperatore accettò di soddisfare la maggior parte delle richieste di Teodorico, ma non tutte. Quando l’ambasciata tornò a Ravenna, agli occhi di Teodorico la missione era stata un fallimento. Una delle cose che provocarono l’ira di Teodorico fu la magnifica accoglienza di papa Giovanni da parte della popolazione di Costantinopoli e dell’imperatore Giustino. «Eccessivamente sospettoso», il re nel frattempo aveva fatto giustiziare il suo fedele ministro Boezio con altri importanti personaggi, accusati di collaborazionismo con l’impero d’Oriente. Teodorico ormai non si fidava più del Papa, al quale fu ordinato di rimanere a Ravenna: Giovanni, vecchio e infermo, logorato dal viaggio e impaurito dall’ira di Teodorico, non resse e morì. Era il 18 maggio 526. Il suo epitaffio, riportato nel Martirologio Romano, lo descrive come una «vittima per Cristo». Santo, la sua festa si celebra il 18 maggio.


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18/03/2014 11:07
 
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GIOVANNI II La scomunica degli "insonni"



di Eugenio Russomanno





Il 2 gennaio 533 fu eletto al soglio pontificio «un candidato di compromesso», Mercurio, un anziano sacerdote della basilica di San Clemente al Laterano; poiché si chiamava Mercurio, avendo cioè il nome di una divinità pagana, lo cambiò in quello di Giovanni, assumendo il nome di un suo predecessore, papa Giovanni I. Fu il primo Papa a cambiare il nome, fatto che divenne consuetudine a partire da Gregorio V (996-999).
Papa Giovanni era in buoni rapporti sia con l’ostrogoto re d’Italia Atalarico (526-534) che con l’imperatore d’Oriente Giustiniano (527-565): proprio al rapporto tra papa Giovanni II e l’imperatore Giustiniano è legato l’episodio più significativo di questo pontificato.
Un decreto di Giustiniano riconosceva la dottrina dei primi quattro concili universali: il primo Concilio di Nicea (325), il primo Concilio di Costantinopoli (381), il Concilio di Efeso (431) e il Concilio di Calcedonia (451). Ma il decreto includeva una formula dogmatica suscettibile di interpretazioni, che per esempio papa Ormisda aveva rifiutato: «Uno della Trinità ha sofferto nella carne». A Giustiniano il riconoscimento pontificio della formula interessava particolarmente per conquistare a sé, alla Chiesa, ma soprattutto all’unità dell’impero, i seguaci di una dottrina molto diffusa in Oriente, il monofisismo. Tale dottrina si opponeva al concilio calcedonese affermando che vi fosse una sola natura in Cristo, mentre secondo Calcedonia vi erano due nature in Cristo.
I monaci orientali Acemeti - dal greco akoìmetos, insonne - di Costantinopoli, grandi sostenitori dell’ortodossia calcedonese, si appellarono al Papa contro la formula dogmatica: Giovanni cercò di convincerli ad abbandonare la propria posizione ma, di fronte al loro rifiuto, li scomunicò. Il Papa scrisse all’imperatore dichiarando ortodosso il suo decreto. E Giustiniano ne fu felicissimo, inserendo nel proprio Codex sia la sua lettera che la risposta del Papa. Giovanni II muore l’8 maggio 535.


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18/03/2014 11:09
 
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GREGORIO Un grande uomo dal cuore semplice



di Eugenio Russomanno





«Fu uno dei più grandi Padri nella storia della Chiesa, uno dei quattro dottori dell’Occidente: Papa san Gregorio, Vescovo di Roma tra il 590 e il 604, meritò dalla tradizione il titolo di Magnus/Grande. Gregorio fu veramente un grande Papa e un grande Dottore della Chiesa!», ha scritto Benedetto XVI.
Nacque a Roma, intorno al 540, al confine stesso tra antichità e Medioevo, da una ricca famiglia patrizia. Ebbe un’ottima formazione culturale. Entrò presto nella carriera amministrativa e nel 572 divenne prefetto della Città. Ma non era contento: ben presto decise di lasciare ogni carica civile per vivere in monastica solitudine. E gli anni trascorsi in monastero furono i più felici della sua vita.
Papa Pelagio II, nel frattempo, aveva conosciuto le qualità di Gregorio: lo nominò prima diacono e quindi “apocrisario” (oggi diremmo Nunzio Apostolico) a Costantinopoli; fu poi richiamato a Roma, come segretario e consigliere del Papa.
Morto Pelagio II, il clero, il popolo e il Senato elessero all’unanimità Gregorio come nuovo Papa (3 settembre 590): iniziava un pontificato decisivo per la Chiesa e per il Papato durante tutto il Medioevo. «La storia darà a lui, come Papa, l’appellativo di ‘Magno’ e i suoi quattordici anni di governo della Chiesa furono infatti un periodo di grandissima importanza storica. Le 854 lettere che restano di papa Gregorio ci permettono di gettare lo sguardo sulla multiforme attività di Gregorio, all’interno e all’esterno della Chiesa, e ci rivelano al tempo stesso la sua nobile personalità», ha scritto August Franzen nella sua Storia della Chiesa.
Per quanto riguarda i rapporti della Chiesa con l’esterno, innanzitutto Gregorio cercò di aiutare la popolazione italiana: amministrando bene il patrimonium Petri ebbe la possibilità di aiutare concretamente il popolo, ridotto in quel tempo alla più grande miseria. In secondo luogo, per quanto riguarda l’Italia, tra i primi problemi c’era la questione longobarda: il pericolo longobardo incombeva su Roma e sull’Italia. Gregorio agì da pacificatore, adoperandosi per un compromesso sempre più stabile con il re longobardo Agilulfo: divenne praticamente «la guida civile d’Italia». In particolare, per il perseguimento della pace con i Longobardi ebbe grande importanza il contatto che il Papa aveva con la regina Teodolinda, una principessa bavarese cattolica. «La vicenda di questa regina costituisce una bella testimonianza circa l’importanza delle donne nella storia della Chiesa», ha scritto Benedetto XVI.
Gregorio si mosse in Occidente come in Oriente: si interessò alla conversione dei nuovi popoli (i Visigoti in Spagna, i Franchi in Gallia, i Sassoni in Anglia) ed alla formazione della nuova Europa; si preoccupò di riconoscere e rispettare i diritti dei Patriarchi di Antiochia, di Alessandria e di Costantinopoli; in Italia, ebbe modo di perseguire e ottenere la composizione dello scisma tra la Chiesa milanese e quella romana.
Per quanto riguarda l’opera svolta all’interno stesso della Chiesa, essa fu ugualmente grande e decisiva. Gregorio si dedicò alla riforma del clero: scrisse il Liber regulae pastoralis, «il grande testo programmatico per la vita sacerdotale e l’attività pastorale. Per tutto il Medioevo questo scritto costituì il fondamento basilare per la formazione dei sacerdoti», scrive il Franzen. Un’altra sua opera, Moralia in Job, divenne «il manuale fondamentale della teologia morale-ascetica per tutto il Medioevo». Nei Dialoghi descrisse le vite di molti santi, in particolare la vita del grande monaco d’Occidente Benedetto da Norcia, che Gregorio per primo descrisse come «padre del monachesimo occidentale». Autore anche di alcune Omelie su Ezechiele, Benedetto XVI ne evidenzia una bella espressione: «il predicatore deve intingere la sua penna nel sangue del suo cuore; potrà così arrivare anche all’orecchio del prossimo». Nella liturgia, riformò la celebrazione della messa e stabilì il canone nella forma che ancora oggi si conserva (Sacramentarium Gregorianum). Infine, si occupò della riforma del canto liturgico e fu il fondatore dellaschola cantorum romana.
«Papa Gregorio era rimasto semplice monaco nel suo cuore. Egli voleva essere - è questa la sua espressione -servus servorum Dei. Proprio perché fu questo, egli è grande e mostra anche a noi la misura della vera grandezza», osserva Benedetto XVI. Gregorio fu sepolto in San Pietro, con un epitaffio che lo proclama “Console di Dio”. Santo, la sua festa si celebra il 3 settembre, data della sua elezione al soglio pontificio.


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19/03/2014 10:26
 
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ONORIO I
La scomunica e il perdono

di Eugenio Russomanno

Papa Onorio I (625-638) fu un abile amministratore del «patrimonio di San Pietro», un dux plebis, una guida del popolo, ma, come annota lo storico August Franzen, non molto versato in teologia, in particolare non molto versato nella teologia greca: e il suo pontificato resta storicamente legato proprio ad un problema teologico, alla vicenda del cosiddetto «monotelismo o monotelitismo». Il monotelismo o monotelitismo è un’eresia che sostiene l’esistenza in Cristo di due nature ma di una sola volontà. Usiamo l’ottima Storia della Chiesadi Franzen per comprendere il complesso problema.
Per riconciliare i monofisiti con la chiesa imperiale, il patriarca Sergio di Costantinopoli (610-638) affrontò di nuovo il problema del rapporto delle due nature in Cristo. Per portare a sé i seguaci del monofisismo, cercò di sostituire alla teoria dell’unità delle due nature (monofisismo) la teoria dell’unità della volontà: la natura divina e la natura umana in Cristo erano talmente una sola cosa che in Cristo era attiva una sola volontà.
Nel 634 Onorio ricevette da Sergio una lettera in cui il Patriarca di Costantinopoli lasciava intatte le due nature, ma proponeva la formula dell’unica volontà. La formula «due nature distinte ma una sola volontà e operazione» in Oriente era stata giudicata di grande valore per ricondurre all’unione i monofisiti. Onorio, che era praticamente a digiuno delle sottigliezze della teologia greca, gli rispose privatamente «in un’avventata risposta», accordando la sua approvazione. Occorre precisare che la lettera di Onorio non aveva affatto il valore di una sentenza dottrinale definitiva, pronunciata ex cathedra: la sua lettera di risposta al patriarca Sergio è stata erroneamente invocata nei secoli successivi come prova contro l’infallibilità papale (per esempio, all’epoca della Riforma protestante e durante il primo concilio Vaticano). I teologi calcedonesi orientali e occidentali insorsero contro questa dottrina e il VI concilio ecumenico di Costantinopoli (680-681) condannò il monotelismo e proclamò l’esistenza nel Redentore di due volontà, l’umana e la divina: Onorio I fu formalmente anatematizzato. Papa Leone II (682-683) approvò le decisioni del concilio e ratificò anche la condanna di Onorio. Ma perdonò il suo predecessore: «Egli non aveva soffocato fin dall’inizio il fuoco della dottrina eretica, come sarebbe stato consono alla sua autorità apostolica, ma l’aveva invece favorito per la sua negligenza», scrisse papa Leone.
Ma il pontificato di Onorio non è solo legato a tali controversie teologiche: egli prese a modello papa Gregorio I Magno e il suo pontificato fu ricco di attività di ampia portata. «Non solo si occupò della riforma del clero ma, come Gregorio I, si sobbarcò con successo responsabilità temporali, cui le autorità civili non potevano più far fronte... La sua amministrazione del patrimonio di San Pietro era così efficiente che non si trovò mai a corto di fondi e riuscì a realizzare un notevole programma di costruzioni, riparazioni e abbellimenti delle chiese romane», scrive lo storico John Kelly. Il suo epitaffio lo acclamò dux plebis, guida del popolo.


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19/03/2014 10:28
 
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SERGIO I
Tutta Italia al fianco della Chiesa

di Eugenio Russomanno

«Fin dall'inizio del suo pontificato [687-701] Sergio si dimostrò molto energico e all'altezza del suo compito» scrive John Kelly nel Grande Dizionario illustrato dei Papi. Non solo papa ma anche santo probabilmente perché, si legge nel Martirologio Romano, «ricompose molte controversie e discordie preferendo morire piuttosto che approvare gli errori».
Innanzitutto, egli affermò con successo l'autorità di Roma in Occidente: per esempio, dispose che Damiano, nuovo vescovo di Ravenna, per essere consacrato si recasse a Roma. «Sergio prese molto a cuore la chiesa inglese», adoperandosi con ogni forza per l'evangelizzazione dei Sassoni: battezzò il re dei Sassoni Caedwalla, concesse il pallio (insegna pontificale che può essere concessa dal Papa come segno onorifico) a Bertwaldo arcivescovo di Canterbury e ordinò che Wilfrido fosse ristabilito nella sede di York. Nel suo pontificato un fatto degno della grande storia fu la pace religiosa riportata nel patriarcato di Aquileia: nel 700 infatti Sergio riammise alla comunione Aquileia, che si era distaccata da Roma dal tempo della condanna dei «tre capitoli»; a proposito della quale occorre qualche chiarimento: la controversia dei Tre capitoli riguarda la condanna da parte della Chiesa di Teodoro di Mopsuestia, di Teodoreto di Ciro e di Iba di Edessa; nella loro cristologia essi perseveravano nell'idea della separazione delle due nature in Cristo. Il termine deriva dal testo dell'editto formulato contro i tre autori in tre anatematismi.
Ma il fatto forse più importante e decisivo del pontificato di Sergio fu la sua risoluta e vincente opposizione agli «errori» imposti alla Chiesa con violenza da parte dell'imperatore Giustiniano II. L'imperatore nel 692 convocò un'assemblea di vescovi orientali (l'Occidente era assente) per completare i lavori del V (553) e del VI (680) concilio ecumenico (il nuovo concilio fu chiamato perciò Quinisesto). Ma questo concilio, di ispirazione orientale, ignorava totalmente i dettami e i canoni della Chiesa d'Occidente e della Chiesa di Roma (per esempio, eliminava il celibato ecclesiastico e ripristinava il canone 28 di Calcedonia che, contro la posizione del Papa e della Chiesa romana, definiva Costantinopoli seconda sede patriarcale dopo Roma). Sergio rifiutò risolutamente di firmare gli atti di questo concilio: allora Giustiniano ricorse alla violenza, mandando a Roma il protospatario (nell'impero bizantino era il governatore di una provincia) Zaccaria al comando di una milizia imperiale. L'ordine era chiaro: o il Papa firmava oppure doveva essere fatto prigioniero e condotto a Costantinopoli. Ma ecco la sorpresa della Provvidenza: da tutta Italia e da tutta Roma milizie cittadine italiane accorsero in aiuto del pontefice. «Venuto come cacciatore, Zaccaria si ritrova lepre in cerca di rifugio», scrive Domenico Agasso: lo trovano «acquattato sotto il letto del Papa», scrive lo storico tedesco Gregorovius. Sergio aveva vinto.
Per quanto riguarda la politica interna alla Chiesa, papa Sergio fece restaurare ed abbellire molte chiese, fece traslare in più degno sepolcro il corpo di papa san Leone Magno, introdusse il canto Agnus Dei nella messa (egli stesso, ottimo e famoso cantore, aveva fatto parte della schola cantorum del Laterano), esaltò le quattro grandi feste della Beata Vergine Maria (annunciazione, dormizione, natività e purificazione). Santo, la sua festa si celebra l'8 settembre.


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23/03/2014 17:19
 
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STEFANO II
e lo Stato Pontificio

di Eugenio Russomanno

Il pontificato di Stefano II (752-757) è stato breve ma storicamente importante. Osserva John Kelly nel Grande Dizionario illustrato dei Papi: «Il suo pontificato assisté non soltanto al distacco del papato da Bisanzio e al suo passaggio sotto la protezione del regno dei Franchi, ma anche alla formazione dello Stato pontificio».
L’occasione per il cambio di rotta, che aprì veramente un nuovo corso nella storia europea, fu offerta paradossalmente dall’ostilità del re longobardo Astolfo (749-756), che dopo aver conquistato Ravenna giungeva alle porte di Roma. Stefano, anziché chiedere aiuto a Bisanzio, rivolse la sua supplica a Pipino III, re dei Franchi (751-768). «Il papato, che fino ad allora si era sempre appoggiato a Bisanzio, si staccò definitivamente dall’impero d’Oriente e si rivolse completamente all’Occidente, rappresentato dal regno dei Franchi», scrive August Franzen nella Storia della Chiesa. Pipino da parte sua diede una risposta affermativa: offriva la potenza politico-militare franca al servizio e alla protezione della Chiesa. Il viaggio dall’Italia in Francia che il Papa intraprese simboleggiò lo sciogliersi del papato dall’impero (bizantino-romano) e il passaggio storico dal periodo bizantino a quello franco».
Il 6 gennaio 754 Stefano fu “ossequiosamente” accolto da Pipino in Francia: il Papa ebbe modo di chiedere al re l’aiuto necessario per contrastare la minaccia longobarda in Italia. Pipino rispose positivamente alla richiesta di aiuto del Papa: in una celebre “promessa di donazione”, che purtroppo non possediamo più nel suo testo originale, Pipino si impegnò a restituire a Stefano II tutti i territori dell’Italia centrale, che egli avrebbe preso ai longobardi. Nasceva così il futuro Stato pontificio.
Secondo qualche studioso, per l’occasione Stefano avrebbe prodotto, ad avvalorare l’autenticità delle sue richieste e la legittimità della fondazione di uno Stato pontificio, la cosiddetta Donazione di Costantino: oggi sappiamo che si tratta di un documento spurio, di un falso redatto probabilmente tra il 750 e il 760; l’autore ignoto, probabilmente la cancelleria pontificia, lo presenta come un decreto emanato da Costantino con il quale l’imperatore cedeva al Papa il dominio temporale su Roma, sull’Italia e sull’Occidente. Il Glossario Lanczowski-Ricchetti molto semplicemente annota: «In realtà, lo Stato pontificio ebbe l’origine più naturale della storia: fu il popolo romano, praticamente abbandonato dalle autorità civili, che durante le invasioni barbariche si rivolse al Papa e al suo prestigio».
Così, tra Stefano e Pipino vi fu un reciproco accordo: Pipino si impegnava a proteggere la Chiesa romana, riconoscendone il dominio temporale in Italia, e Stefano (il 28 luglio 754) ungeva solennemente Pipino quale protettore di Roma, patricius romanorum. Mantenendo la sua promessa, Pipino scese in Italia e sconfisse una prima volta - prima pace di Pavia - ed una seconda volta - seconda pace di Pavia - il re longobardo. Era ormai nato ufficialmente il nuovo Stato pontificio e Stefano II ne era il fondatore.


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23/03/2014 17:28
 
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ADRIANO I
Il dono di re Carlo

di Eugenio Russomanno

Il pontificato di Adriano I (772-795) è stato un pontificato complesso, specchio fedele di «una personalità indiscutibilmente multiforme», come fu quella del Nostro, e di un periodo storico singolare ed importante.
Storicamente il pontificato di Adriano si svolse nel periodo caratterizzato dall'affermarsi del potere di Carlo Magno e dal tramonto del secolare potere longobardo su Roma e in Italia: la politica della Chiesa nei rapporti con l'esterno fu praticamente orientata al rafforzamento del legame con il re dei franchi, patricius romanorum, e alla definitiva sconfitta del regno longobardo in Italia.
La vicenda del pontificato di Adriano si apre con il rapporto controverso tra il papa e Desiderio, ultimo re longobardo: Desiderio stava cercando di concludere un'alleanza contro Carlo Magno (768-814) e di guadagnare alla sua causa papa Adriano I. Ma il Papa non voleva accettare le richieste di alleanza del re longobardo, insistendo sul fatto che prima dovevano essere restituiti alcuni territori italiani alla santa sede. Desiderio da parte sua non accettò le pretese del Papa, anzi marciò con le truppe su Roma, ritirandosi solo quando il pontefice minacciò di scomunicarlo. Intanto Adriano si era appellato segretamente a Carlo Magno quale protettore della santa sede. Carlo Magno, dopo aver riunito a Ginevra i leggendari Paladini di Francia per decidere la guerra, scese in Italia, prese in assedio Pavia, capitale del regno longobardo, e nella pasqua del 774 giunse di sorpresa a Roma. Mentre durava ancora l'assedio di Pavia, decise di celebrare a Roma la Pasqua: Carlo attorniato dai Paladini di Francia fece a piedi l'ultimo tratto di strada fino alla basilica di San Pietro, accolto da papa Adriano I con un grande abbraccio: «Il papa e il re dei franchi si giurarono sulla tomba di san Pietro eterna fedeltà», annota August Franzen. «Carlo assunse in quell'occasione, in veste di patricius romanorum, la difesa militare di Roma. Da allora in poi la defensio ecclesiae romanae spettò come missione nobilissima al regno dei franchi» (Franzen). In un primo momento Carlo con una “Donazione di Carlo Magno”, andata perduta, accordò alla sovranità papale quasi tutta l'Italia. Ma dopo la vittoria riportata su Desiderio, essendo egli stesso divenuto «re dei Longobardi», non mantenne le promesse: le trattative con il Papa andarono per le lunghe fino al 781, quando finalmente Carlo concesse ad Adriano I i territori italiani promessi. «Nasceva così ufficialmente lo Stato Pontificio», secondo August Franzen. Finiva il secolare regno longobardo in Italia: Adriano è giustamente considerato il secondo fondatore dello stato pontificio (il primo era stato il predecessore papa Stefano II).
«Un lato non tanto conosciuto della sua personalità fu la grandiosa opera di carità», scrive Antonio Borrelli. «Approfittando delle condizioni di pace assicurate da Carlo, il Papa non soltanto costruì, restaurò e abbellì un numero straordinario di chiese romane, ma rinnovò anche le mura della città, rinforzò gli argini del Tevere e ricostruì completamente quattro grandi acquedotti. Dedicò grande attenzione alle diaconiae, fondazioni monastiche per l'assistenza ai poveri, e impresse grande sviluppo alle domus cultae, fattorie della chiesa sparse intorno alla città, che fornivano entrate per scopi caritativi o per il mantenimento delle chiese. Una di queste grandi colonie agricole era in grado di nutrire cento poveri al giorno» (John Kelly).
Carlo Magno alla morte del Papa (25 dicembre 795) si rattristò «come se avesse perduto un fratello o uno dei figli»: fece celebrare messe per la sua anima in tutto il regno e inviò a Roma una bellissima lastra marmorea, ancora oggi capolavoro dell'arte carolingia, sulla quale erano incisi commoventi versi commemorativi in onore di papa Adriano.


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23/03/2014 17:31
 
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SILVESTRO II
L'intelletto che rinnovò la Chiesa

di Eugenio Russomanno

Giunto al soglio pontificio il 2 aprile 999, Gerberto d’Aurillac rappresenta un punto di svolta nella storia del pontificato romano. Come dice Gregorovius nella sua Storia di Roma nel Medioevo, fu «un genio che illuminò di luce vivissima l’epoca sua». E aprì «un nuovo capitolo nella storia della Chiesa», osserva Roberta Fidanzia nell’ottimo saggioSilvestro II: un Papa a cavallo dell’anno mille
Ma chi era «il dotto francese Gerberto», come lo definisce lo storico August Franzen? Nato in Alvernia (Francia) intorno al 945, ricevette un’ottima educazione nell’abbazia benedettina di Aurillac. Era un vero e proprio genio: eccelleva in tutte le arti del trivium (grammatica, dialettica e retorica) e del quadrivium (aritmetica, musica, geometria ed astronomia). Nel 972 andò a studiare a Reims. L’Arcivescovo della Diocesi lo nominò presto magister della scuola: si diffuse la sua fama di maestro dotato di una grande personalità. L’imperatore Ottone II (973-983), su consiglio del Papa, lo nominò abate dei monaci colombaniani di Bobbio: qui Gerberto nel 983 aprì una scuola che divenne subito famosa. Poi fece ritorno a Reims; anche qui rinnovò la scuola, che divenne un focolare di cultura aperta alla geometria, alla storia, all’astronomia, alla fisica, alla logica, alla poesia, ottenendo un successo europeo. A Reims Gerberto, dopo varie vicende, fu nominato arcivescovo di Ravenna. Successivamente l’imperatore Ottone III (996-1002) nominò come successore alla sede pontificia il suo amico e tutore Gerberto, che, primo papa francese, assunse il nome di Silvestro II (314-335) per simboleggiare la collaborazione tra papato e impero. 
Come osserva John Kelly, Silvestro II fin dall’inizio del pontificato fu fedele difensore della tradizione ma al tempo stesso attivo riformatore: condannò la simonia e il nepotismo, impose il celibato ecclesiastico e promosse la libera elezione degli abati da parte dei monaci, promosse la propaganda cristiana quando - primo Papa della storia - lanciò un appello per la liberazione del Santo Sepolcro dai musulmani. Ma non era solo: Pietro e Cesare collaboravano insieme. «Lavorò sempre nel più stretto accordo con Ottone, al quale faceva balenare la possibilità concreta di un ripristinato Impero romano cristiano... Tra i successi ottenuti dall’opera compiuta insieme, il più notevole è l’organizzazione della Chiesa in Polonia e in Ungheria». Se Silvestro II era il successore ideale di Silvestro I, Ottone III lo era di Costantino: «Ottone III era un nuovo Costantino. Il suo ideale si rifaceva all’ideale della Renovatio Imperii Romanorum di Carlo Magno. La sua fede è ardente, irrequieta e mistica. La sua missione è di far regnare contemporaneamente su tutto l’Occidente e dopo sull’Oriente la pax romana e la pax Christi», sottolinea la Fidanzia.
Ma la fama di papa Silvestro non è tanto dovuta al suo operato come uomo di Chiesa, quanto al suo intelletto, alla sua intelligenza, alla sua genialità di uomo dalla poliedrica cultura, nel campo delle scienze, della musica, della matematica, della letteratura: fu un pioniere nell’uso dell’abaco, nello studio dei globi terrestri e celesti e nel modo di suonare l’organo.


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24/03/2014 11:40
 
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BENEDETTO VIII
Un uomo in lotta per il bene del popolo

di Eugenio Russomanno

  • Il Papa e Enrico II in un affresco dell'Archivio vaticano.

Cesare Baronio coniò l’espressione saeculum obscurum per caratterizzare il periodo che va dall’880 al 1046, dalla fine dell’impero carolingio all’inizio della riforma gregoriana. Tra i 48 Papi di quest’epoca, però, ci furono anche esempi luminosi. È il caso di Benedetto VIII.
Teofilatto, della famiglia dei conti di Tuscolo, salì al soglio pontificio il 17 maggio 1012 e prese il nome di Benedetto. Il fatto forse più interessante del suo pontificato è la stretta collaborazione con l’imperatore Enrico II (1002-1024), per il bene comune civile e religioso di tutto il popolo. Scrive lo storico August Franzen: «La simbiosi tra la Chiesa e lo Stato aveva creato in Germania una fusione intima fra la religione e la politica, e tutta la vita si era impregnata di religiosità. Da questa alta temperie spirituale era nata un’unitaria cultura politico-religiosa, di imponente grandiosità ed equilibrio».
Un notevole successo di Benedetto fu proprio l’aver ristabilito buone relazioni con la casa reale germanica: egli si rendeva conto di quanto fosse importante la cooperazione fra il papato e la corona germanica. Così, nel febbraio del 1014 Enrico II venne incoronato imperatore in san Pietro: prima dell’incoronazione, aveva giurato di essere fedele protettore della Chiesa. Nel Sinodo che seguì all’incoronazione, Benedetto accolse la richiesta di Enrico che il simbolo di fede venisse cantato durante la messa secondo l’uso nordico. Il Papa e l’imperatore, poi, a Ravenna tennero un sinodo riformatore che stabilì le età minime per poter ricevere gli ordini sacri, ed emanò leggi contro la simonia. Successivamente, sempre di comune accordo, il Papa e l’imperatore avrebbero promulgato canoni che proibivano il matrimonio e il concubinaggio a tutti i chierici, assegnando ai figli di tali unioni il rango di servi della gleba.
Scrive John Kelly nel Grande dizionario illustrato dei Papi: «Efficiente amministratore e pronto alla battaglia, paragonabile in tutto a un barone feudale, Benedetto impiegò buona parte dei successivi sei anni in campagne che avevano lo scopo di fare di Roma il centro politico dell’Italia».
Rispondendo positivamente alle richieste di Enrico per una visita papale in Germania, Benedetto nella pasqua del 1020 incontrò a Bamberga - nelle intenzioni di Enrico II questa diocesi doveva costituire un vescovato di missione e al tempo stesso il centro del potere imperiale - l’imperatore: questi consegnò a Benedetto un privilegio imperiale che riproduceva quello Ottoniano concesso nel 962 da Ottone I. Scrive Kelly: «Uomo d’azione e abile politico piuttosto che dedito a questioni religiose, Benedetto riuscì a prendere in mano la situazione, come osservò un suo contemporaneo, più dei suoi immediati predecessori».


[Modificato da Credente 24/03/2014 11:43]
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24/03/2014 11:42
 
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VITTORE II
L'uomo che portò la pace a casa dell'imperatore

di Eugenio Russomanno
Vittore II.

L’imperatore Enrico III (1039-1056) ebbe la possibilità di decidere della nomina di ben quattro pontefici: Suidgero di Bamberga (Clemente II), Poppone di Bressanone (Damaso II), Brunone di Toul (Leone IX) e Gebeardo di Eichstatt (Vittore II). Questo documenta lo stretto rapporto, in questo periodo della storia della Chiesa, tra religione e politica: in questo ambito si muove anche il papato di Vittore II (1055-1057).
Gebeardo di Dollnstein-Hirschberg fu l’ultimo dei quattro Papi tedeschi nominati da Enrico III: i rapporti tra l’imperatore e il futuro Papa si fecero ottimi a partire dal 1050, quando Gebeardo divenne praticamente consigliere dell’imperatore.
Nel novembre 1054 Enrico nominò papa Gebeardo. Il quale, però, non accettò subito: Gebeardo teneva a salvaguardare innanzitutto l’autonomia e la sovranità della Chiesa. Infatti, solo dopo essersi accertato che alla Santa Sede sarebbero stati restituiti alcuni diritti e alcune proprietà, egli nel marzo 1055, a Ratisbona, accettò l’investitura pontificia!
Scrive John Kelly nel Grande Dizionario Illustrato dei Papi: «Pur essendo soprattutto energico amministratore, egli si interessò anche della riforma della Chiesa», continuando così l’ottima opera di papa Leone IX, affidando al cardinale Ildebrando di Soana, la più importante figura ecclesiastica del tempo e futuro Papa, quest’opera di riforma. Giova ricordare che nel grande Sinodo di Firenze (4 giugno 1055) vennero ulteriormente anatematizzati la simonia, l’immoralità dei sacerdoti e l’impropria alienazione dei beni della Chiesa.
Il 5 ottobre 1056 Enrico III dopo una breve malattia moriva assistito nell’ultima ora da papa Vittore II: a papa Enrico affidava la cura dell’impero e il suo figlio di cinque anni. Vittore riuscì, con grande abilità politica, ad assicurare la successione al trono di Enrico IV (1056-1106) e a nominare come reggente sua madre Agnese. Non solo. Vittore, con altrettanta abilità, riuscì a combinare una pacificazione tra la casa imperiale e i suoi due più potenti vassalli, Goffredo di Lorena e Baldovino delle Fiandre.
Morì il 28 luglio 1057 e fu sepolto in Santa Maria Rotonda (il mausoleo di Teodorico il Grande) a Ravenna.


[Modificato da Credente 24/03/2014 11:46]
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24/03/2014 11:44
 
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LEONE IX 
Un Papa in difesa di Roma. E della Verità

di Eugenio Russomanno

Occorre subito fare un’importante premessa. Con la sua ingerenza nelle elezioni dei pontefici, l’imperatore Enrico III (1039-1056) era divenuto di fatto il padrone della Chiesa. «Se questa linea di potere imperiale fosse continuata, la libertas Ecclesiaeavrebbe corso un gravissimo pericolo, la Chiesa avrebbe perduto la sua indipendenza essenziale e tutta la vita religiosa sarebbe stata soggetta alla tutela e al potere statale», scrive August Franzen nella sua Breve storia della Chiesa.
Da qui la necessità di una riforma. «La libertas Ecclesiae divenne lo scopo principale della riforma gregoriana, che si preoccupò soprattutto di liberare la Chiesa dall’indebita ingerenza dei grandi potentati secolari. Il movimento riformista, che prese il nome e l’impronta da Gregorio VII, combatté il modo con cui venivano conferiti da re, principi e nobili i vescovati e le abbazie (investitura laicale) e gli abusi vergognosi che si creavano nella concessione di queste dignità ecclesiastiche (simonia)», scrive il Franzen. 
Ebbene, primo campione di questo movimento di riforma fu proprio papa Leone IX: con i papi tedeschi, eletti da Enrico III, l’idea di riforma si estese al papato e il primo pontefice a lavorare attivamente in questo senso fu proprio Leone IX (1049-1054), che seppe restituire al papato la sua autorità universale.
Morto papa Damaso II (9 agosto 1048), Enrico III a Worms designò Brunone, che accettò soltanto a condizione che la sua scelta venisse ratificata dal clero e dal popolo di Roma: quando arrivò a Roma, volutamente vestito da pellegrino, fu ricevuto alla grande e incoronato il 12 febbraio 1049.
Papa Leone IX, accogliendo in pieno lo spirito della riforma, odiava la simonia, vera piaga della Chiesa di quel tempo: aveva un così grande orrore di questo vizio che avrebbe voluto consacrare di nuovo chi era stato ordinato da vescovi simoniaci; nel suo primo sinodo colpì violentemente la simonia e il clero concubinario. Occorre subito ricordare che tra i suoi più stretti collaboratori, tutte abili personalità, come suo più intimo confidente (praticamente, un segretario di Stato) scelse Umberto, vescovo di Silva Candida: un cardinale che, poi, avrebbe avuto un ruolo non secondario nelle vicende che portarono al Grande Scisma d’Oriente.
Scrive lo storico John Kelly nel Grande dizionario illustrato dei Papi: «Per dare alla sua politica un respiro più ampio possibile, il Papa adottò la tattica geniale di fare frequenti viaggi da un capo all’altro dell’Europa». Tenere concili, sinodi e assemblee alla presenza dei diretti interessati ebbe così un’efficacia maggiore che nella lontana Roma. In questo modo, Leone IX usava il “metodo della presenza”.
Tra le altre cose, Leone IX condannò la dottrina di Berengario di Tours, secondo la quale nell’eucarestia il pane e il vino diventavano il corpo e il sangue di Cristo solo simbolicamente. Ma il fatto storicamente più importante del suo pontificato è stato il Grande Scisma d’Oriente, la rottura con la Chiesa orientale. Scrive il Franzen: «È noto che fin dai primi secoli il pensiero greco-orientale e il pensiero latino-occidentale hanno avuto uno sviluppo diverso. I contrasti erano di ordine liturgico, disciplinare, politico-ecclesiastico». Nel maggio 1053 Leone IX, per proteggere lo Stato pontificio e la sua popolazione dalle scorrerie dei Normanni in Italia meridionale, guidò personalmente contro di essi un esercito, che venne sconfitto. Lo stesso Papa venne fatto prigioniero. Il patriarca Michele Cerulario (1043-1058) si indignò per l’ingerenza di Leone nell’Italia meridionale dominata da Bisanzio: temeva che il Papa potesse usurpare il suo campo di giurisdizione e impedì il riavvicinamento fra la Chiesa di Roma e quella di Bisanzio. «La chiusura di chiese e monasteri latini a Costantinopoli, la rigida condanna dell’uso latino del pane azzimo nella messa, la questione del celibato ecclesiastico, l’introduzione del Filioque nel Credo e altre cose ancora accesero i primi terribili scontri», scrive Franzen. Da parte sua Leone IX inviò a Costantinopoli il cardinale Umberto di Silva Candida, il suo cancelliere Federico di Lotaringia e l’arcivescovo Pietro d’Amalfi. Accadde lo scontro: da una parte c’erano le pretese della Sede Romana, dall’altra un patriarca descritto come «un uomo ambizioso, arrogante e calcolatore».
Il 16 luglio 1054, dinanzi al clero e al popolo, Umberto depose la bolla di scomunica sull’altare maggiore della chiesa di Santa Sofia. Cerulario rispose il 24 luglio con un contro-anatema. Lo scisma fra la chiesa d’Oriente e quella d’Occidente viene datato convenzionalmente a partire da questi avvenimenti.
Leone morì il 19 aprile 1054 e venne presto venerato come santo, a causa dei numerosi fatti straordinari avvenuti presso la sua tomba. La sua festa ricorre il 19 aprile, giorno dell’elezione di Benedetto XVI. Come ha scritto Lorenzo Cappelletti su 30Giorni: «Chi non è ignaro di storia medievale, di quel Papa ricorda anche molte altre cose interessanti che ci piace considerare come non casuali, e che ci portano di fatto a considerarlo, insieme a san Benedetto, protettore di Benedetto XVI»


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26/03/2014 18:18
 
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STEFANO IX L'ultimo tedesco prima di Ratzinger



di Eugenio Russomanno





Federico di Lorena, abate di Montecassino, fu eletto al soglio pontificio il 2 agosto 1057, con il nome di Stefano IX. Il curriculum vitae di Stefano faceva sperare nella continuazione dell’opera di riforma della Chiesa: era stato canonico e arcidiacono nella città di Liegi sotto l’autorità di vescovi riformatori; il papa riformatore Leone IX lo portò con sé a Roma: ne fece uno stretto collaboratore e lo nominò cancelliere e bibliotecario della chiesa romana; Federico accompagnò papa Leone nella campagna militare contro i Normanni presenti nell’Italia meridionale e fu uno degli ambasciatori del Papa a Costantinopoli nel 1054, all’epoca dello scisma tra Chiesa d’Occidente e Chiesa d’Oriente.
Nel 1055 si fece monaco a Montecassino e successivamente Papa Vittore II lo avrebbe fatto eleggere abate del celebre monastero (23 maggio 1057).
Come osserva nel Grande Dizionario dei Papi lo storico John Kelly, durante il suo breve pontificato Stefano si adoperò per favorire la riforma. Per esempio, come abate di Montecassino, promosse l’osservanza corretta della Regola di San Benedetto; fece spazio a san Pier Damiani, ottimo sostenitore della riforma della Chiesa, nominandolo cardinale; si circondò di persone che condividevano la riforma: Umberto di Silva Candida, nominato suo cancelliere, e Ildebrando di Soana, suo intimo consigliere; si interessò alla patarìa milanese, il movimento religioso e politico sorto a Milano nella seconda metà del secolo XI contro la simonia (l’assegnazione di dignità e cariche ecclesiastiche in cambio di pagamenti in denaro o terreni) e il nicolaismo (il matrimonio dei sacerdoti). 
Morì a Firenze il 29 marzo 1058 e fu sepolto in Santa Reparata. Essendo già molto malato prima di lasciare Roma, aveva fatto promettere al clero e al popolo che, nel caso della sua morte, non sarebbe stato eletto un successore fino al ritorno di Ildebrando dalla Germania: il cardinale Ildebrando era stato inviato in Germania per indurre Enrico IV a far cessare il traffico delle dignità e delle cariche ecclesiastiche.
È stato l’ultimo papa tedesco, fino all’elezione di Benedetto XVI.


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26/03/2014 18:19
 
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GREGORIO VII
«Ho amato la giustizia, perciò muoio in esilio»

di Eugenio Russomanno

Papa Ildebrando nacque in Toscana intorno al 1020 e fu eletto al soglio pontificio il 22 aprile 1073. «Uomo di abilità, determinazione e esperienza eccezionali, la cui statura intellettuale traspare dalle sue lettere [Registrum], Gregorio fece della riforma il nodo centrale del suo programma. La sua altissima, mistica concezione del papato esposta nelle ventisette proposizioni del Dictatus papae (1075) contemplava non solo la personale santità del Papa derivante direttamente da san Pietro, ma anche la sua supremazia su tutte le autorità, tanto temporali quanto spirituali», scrive lo storico John Kelly. La libertas ecclesiaeera lo scopo principale della riforma gregoriana: il movimento riformista, che prese il nome e l’impronta da Gregorio VII, combatté il modo con cui venivano conferiti da re, principi e nobili i vescovati e le abbazie (investitura laicale) e gli abusi che si creavano nella concessione di queste dignità ecclesiastiche (simonia).
«Gli ideali di Gregorio VII furono nobilissimi: la riforma dei costumi e l’affermazione dei valori morali; la libertà della Chiesa da ogni contaminazione mondana e da ogni soggezione laica; il trionfo della giustizia nel riconoscimento dei diritti di Cristo e della sua Chiesa… San Gregorio VII fu l’assertore della libertà dell’uomo e della Chiesa: lottò per la giustizia, e per essa seppe anche morire in esilio», ha scritto Giovanni Paolo II.
Eletto Papa per acclamazione popolare, Gregorio per prima cosa ripristinò i decreti dei suoi predecessori contro il matrimonio dei chierici e la simonia e dichiarò la proibizione delle investiture laicali vietando l’ingerenza dei laici nelle nomine ecclesiastiche. Il giovane re Enrico IV (1056-1106) non poteva stare a guardare: sia il Dictatus papae che le prime iniziative del nuovo Papa avevano evidentemente una incidenza politica fortissima. Con il re Enrico IV (1056-1106) e Papa Gregorio VII (1073-1085) entrano nella storia gli uomini che, in quanto esponenti di due visioni contrapposte (il punto di vista dell’impero e il punto di vista del papato), portano a conclusione la lotta per le investiture.
Quando Enrico IV fece valere il suo diritto regale nel decidere l’elezione vescovile nella diocesi di Milano (1072), senza obbedire alla proibizione del pontefice, Gregorio ribadì il divieto dell’investitura laicale e minacciò il re di scomunica. Ma il re non tenne in conto la presa di posizione del Papa. Gregorio reagì immediatamente, colpendo Enrico IV con la scomunica e sciogliendo i sudditi del re dal giuramento di fedeltà. Le cose si mettevano seriamente male per la stessa autorità politica di Enrico IV. Si giunge così al celebre fatto di Canossa. Come scrive lo storico August Franzen: «Nell’inverno del 1076-1077, Enrico iniziò il suo cammino penitenziale verso Canossa. Accompagnato dalla moglie e dal figlioletto, e con un seguito limitatissimo egli passò le Alpi, fra gravi pericoli. Nel frattempo anche il Papa era partito da Roma per recarsi in Germania. Gregorio VII aveva da poco preso alloggio nel castello fortificato della marchesa Matilde di Toscana, quando Enrico arrivò a Canossa, sul pendio settentrionale dell’Appennino. Vestito del saio del penitente, il re attese per tre giorni dinanzi alle porte del castello prima di poter ottenere il permesso di entrare (26-28 gennaio 1077). Grazie alle intercessioni del suo padrino, l’abate Ugo di Cluny, e della marchesa Matilde di Canossa, egli poté finalmente ricevere l’assoluzione di Gregorio». Gregorio era uscito più forte che mai dalla lotta. Ma nel marzo 1080 Enrico fu scomunicato e destituito per la seconda volta: la sua reazione questa volta fu violenta, muovendo armato alla volta di Roma. Gregorio riparò presso il Normanno Roberto il Guiscardo (1015-1085), nell’Italia meridionale, morendo poi a Salerno il 25 maggio 1085.
Riconosciuto da tutti come uno dei più grandi Papi e una delle personalità più gigantesche del Medioevo, beatificato nel 1584 e canonizzato nel 1606, secondo il Kelly Gregorio rimane oggetto di controversia per il mondo di oggi così come lo era per i contemporanei. Pio XII, nel messaggio radiofonico ai fedeli di Salerno, l’11 luglio 1954 definiva Gregorio VII «un gigante del papato, sicché di lui si può dire con tranquilla verità, essere uno dei più grandi pontefici, non solo del Medioevo, ma di tutte le età». Fuga poi ogni controversia il giudizio di Giovanni Paolo II, che nella visita pastorale a Salerno il 26 maggio 1985 ha detto: «Secondo la testimonianza dei cronisti del tempo, Gregorio VII, sofferente, abbandonato da molti e apparentemente sconfitto, avrebbe pronunciato le parole: “Ho amato la giustizia e odiato l’iniquità, perciò muoio in esilio”. Senza entrare in merito alla loro autenticità, esse hanno una profonda verità storica, perché compendiano il senso di tutta l’opera del grande Papa e corrispondono esattamente a quello che fu l’ideale supremo e costante della sua intera vita». Secondo Giovanni Paolo II, la giustizia è per il santo Papa Ildebrando l’ordine di Dio nel mondo; essa comporta che tutte le cose umane, dalle più piccole alle più grandi, siano ordinate secondo la volontà e la legge di Dio, che l’uomo non sia deformato dal peccato ma plasmato a immagine di Dio. Secondo il pensiero di san Gregorio VII, compito primario e tremendo del Papa è di vegliare perché la iustitia Deisi realizzi e la iniquitas sia con ogni mezzo ostacolata. Secondo Giovanni Paolo II, Ildebrando, eletto Vescovo di Roma il 22 aprile 1073, fu per dodici anni l’ardente e instancabile protagonista di quella grandiosa opera di purificazione e liberazione della Chiesa che da lui prese il nome di “riforma gregoriana”. San Gregorio VII agiva così perché amava immensamente la Chiesa, sposa di Cristo, che egli voleva pura, casta, santa, libera. La sua festa si celebra il 25 maggio.


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Lu 12,42 Il Signore rispose: «Qual è dunque l'amministratore fedele e saggio, che il Signore porrà A CAPO della sua servitù, per distribuire a tempo debito la razione di cibo?
 
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