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TRADUZIONI DELLA BIBBIA

Ultimo Aggiornamento: 04/08/2013 21:22
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03/08/2013 21:37
 
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La Bibbia
Con questo nome, che in greco significa "i libri", si indica la collezione dei libri sacri, ispirati da Dio, fondamento del Cristianesimo. Termine equivalente è Sacra Scrittura.

Gli autori umani che la scrissero, cominciando da Mosè fino a san Giovanni Evangelista, l'ultimo scrittore sacro ispirato, non furono che strumenti nelle mani di Dio. Essa contiene la maggior parte della rivelazione divina, ossia di quelle verità naturali e soprannaturali che Dio volle far conoscere all'uomo. I libri che compongono la Bibbia formano due gruppi distinti chiamati l'"Antico" e il "Nuovo Testamento". L'"Antico Testamento" comprende i libri che hanno preceduto la venuta di Gesù; si possono suddividere in libri storici, dei quali i primi cinque formano il Pentateuco: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio, Giosuè, Giudici, Ruth, Re, Paralipomeni, Esdra, Neemia, Tobia, Giuditta, Ester, Maccabei; in libri didattici: Giobbe, Salmi, Proverbi, Cantico dei Cantici, Ecclesiaste, Sapienza, Ecclesiastico; e in libri profetici: Isaia, Geremia, Baruch, Ezechiele, Daniele, Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Nahum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Maiachia. 

Le Bibbie cattoliche li contengono tutti. I mancanti nelle Bibbie ebraiche sono chiamati deuterocanonici, cioè inseriti in un secondo tempo nel canone: Baruch, Tobia, Giuditta, Maccabei, Sapienza, Ecclesiastico, frammenti dei libri di Ester e di Daniele.
Questi libri non sono accettati dai protestanti e da loro sono chiamati apocrifi. 


La lingua originale dei libri dell'"Antico Testamento" è, per la quasi totalità, l'ebraica. Solo alcune parti sono state scritte e ci pervennero in lingua aramaica.

I sette libri deuterocanonici e le parti deuterocanoniche di Daniele e di Ester ci sono conosciuti in lingua greca. Però, a eccezione del secondo libro dei Maccabei e del libro della Sapienza, l'originale doveva essere ebraico. La versione greca dell'"Antico Testamento", che si raccomanda per la sua antichità e la sua autorità, è quella detta alessandrina, perché fatta ad Alessandria d'Egitto, o dei Settanta, perché la tradizione vuole che i traduttori siano stati in numero di settanta o più precisamente settantadue. Fu fatta tra il 301 e il 150 a.C.

L'Esapla o Sestupla [{Exapla] fu la più celebre opera filologica del teologo e filosofo alessandrino Origene (185-254?). Essa consisteva in un imponente prospetto del Vecchio Testamento in colonne parallele (generalmente sei, donde il titolo di Sestupla secondo il testo ebraico - col. 1 -, la sua trascrizione in lettere greche - col. 2 -, la versione greca di Aquila, un cristiano ritornato all'ebraismo - col. 3 -, di Simmaco, un giudaizzante - col. 4 -, la versione detta dei Settanta, ufficiale per gli Ebrei ellenistici e pei Cristiani di lingua greca - col. 5 -, di Teodozione - col. 6 -. Quando esistevano altre versioni oltre le ricordate (come per esempio pei Salmi) queste venivano aggiunte in una settima e ottava colonna, come, viceversa, talora venivan tralasciate le due prime colonne, così da darne una edizione ridotta alle quattro colonne restanti ("tetrapla"). Lo scopo di siffatto lavoro, che doveva occupare circa 6500 pagine, era di dare una edizione critica della versione dei Settanta. A tale fine Origene faceva rilevare le "varianti" tra il testo dei Settanta e quello ebraico, segnando con òbeli (÷) i passi mancanti nel testo ebraico e aggiunti in quello greco, e con asterischi (*) i passi del testo ebraico che non si ritrovavano nella versione greca. Con questo metodo egli intendeva rivedere la versione dei Settanta e ricondurla alla purezza primitiva. Quest'opera si è conservata nella biblioteca di Cesarea in Palestina probabilmente fino al sec. VII e fu consultata e valorizzata da molti dotti, tra cui san Girolamo, autore della revisione della traduzione latina divenuta ufficiale nella Chiesa cattolica. Il suo testo dei Settanta fu pure riprodotto da copisti dando luogo a quella recensione del testo che si chiama appunto "esaplare". La sua importanza negli studi biblici dell'antichità cristiana è stata fondamentale: giacché non solo testimonia la viva sensibilità critica di codesto dotto che pur era incline alla interpretazione allegorica - tanto da divenirne un maestro e caposcuola -, ma pure il bisogno che la Chiesa antica aveva di stabilire un testo sicuro del suo libro sacro, minacciato dalle tendenziose varianti e interpolazioni delle molteplici sètte gnostiche. Dell'opera perduta ci sono giunti frammenti raccolti anche recentemente in due grandi volumi dal Field (Oxford, 1867-75); un frammento esaplare completo si ha in un palinsesto ambrosiano scoperto da G. Mercati. .
 Origene  vi consacrò oltre 12 anni, dal 228 al 240 d. C.Il prezioso manoscritto era conservato nella biblioteca di Cesarea, ove fu consultato tra gli altri da Eusebio e da san Girolamo. La sua scomparsa sembra risalire all'invasione araba nel VII sec. 
Tra le versioni se ne trova una per la quale si ripete che fosse chiamata da sant'Agostino "la versione Itala", che egli sembra raccomandare in modo speciale.


Col nome di Itala si indica una delle prime versioni sistematiche della Bibbia dal testo greco in quello latino fatta nell'Europa occidentale da diversi autori, tutti anonimi, fra il II e il III sec. e divenuta di uso comune in Italia. 
Essa si distingue con il nome Itala dalla Afra, la versione della Bibbia circolante nell'Africa cristiana, che diverge dall'Itala in special modo nella traduzione dei vocaboli greci, che nell'Itala è più conforme all'indole della lingua latina. Il nome di Itala risale a sant'Agostino che dichiarò questa versione preferibile alle altre per esattezza. Tanto l'Itala che l'Afra fanno parte di quella serie di versioni latine della Bibbia compiute prima della versione geronimiana che si usa designare con il titolo complessivo di Latina vetus. Di questa e probabilmente proprio dell'Itala si valse san Girolamo per la sua celebre Volgata in parte accogliendola integralmente, in parte (per i libri del "Nuovo Testamento") limitandosi a correggerla sul testo greco. 


LA TRADUZIONE DI ULFILA

* La Bibbia di Ulfila è la traduzione fatta in lingua gotica da Ulfila (forma grecizzata del nome gotico Wulfila), vescovo ariano dei Goti del basso Danubio (circa 311-383), della quale abbiamo diversi manoscritti tutti provenienti dall'Italia dove furono probabilmente redatti durante la dominazione ostrogota (489-555). Il più importante di essi 187 fogli - è il cosiddetto "Codex argenteus" di Upsala che fu scoperto a Werden presso Colonia, poi depositato a Praga, di lì preso dagli Svedesi nel 1648 e offerto alla regina Cristina di Svezia; è scritto su pergamena colorata di porpora con lettere argentee e iniziali in oro; altri manoscritti scoperti in un palinsesto di Wolfenbüttel - il cosìddetto "Codex Carolinus", - all'Universitaria di Giessen, all'Ambrosiana di Milano e a Torino, sono di minor importanza. Tutto ciò che della traduzione di Ulfila ci rimane è costituito da ampi e importanti frammenti del "Nuovo Testamento" la seconda Lettera ai Corinzi, brani della Lettera ai Romani, lepaoline, un commento al Vangelo di S. Matteo e un frammento di calendario, oltre a tre brevi frammenti del "Vecchio Testamento". Ulfila ha tradotto direttamente dal testo greco, e quasi certamente dal testo in uso allora a Costantinopoli, dove egli ricevette prima la sua formazione religiosa e più tardi la consacrazione a vescovo. Il testo era forse anche intercalato da dizioni latine, e Ulfila lo seguì per lo più, pedissequamente in una prosa gotica mista di molti grecismi e di qualche latinismo. Tuttavia il problema del testo, allo stato attuale degli studi, è da considerarsi tutt'altro che risoluto: anche in relazione alla complessità dell'intrapresa a cui Ulfila si accinse. Tutta una materia etica e religiosa dovette infatti trovare espressione in una lingua a cui tali caratteri erano estranei; egli inventò da sé i caratteri, che fissò basandosi principalmente sull'alfabeto greco e servendosi anche di segni runici e latini. La lingua da lui usata, il gotico, è la più antica fra le lingue germaniche a noi note, di cui ci sono pervenuti documenti scritti, e conserva ancora le sillabe finali atone, le forme del duale e del medio passivo. Non rappresenta la lingua comune parlata da tutti i Teutoni nel VI sec., poiché presenta sostanziali differenze rispetto agli idiomi del nord e dell'occidente. Secondo la testimonianza di Procopio essa era la lingua parlata dagli Ostrogoti, Visigoti, Vandali e Gepidi. L'importanza della Bibbia di Ulfida per gli studi di storia delle lingue germaniche è addirittura incalcolabile. È infatti quasi sorprendente come il vescovo riesca spesso a esprimere con esattezza, con perfetta aderenza, nella sua lingua greggia, il pensiero - non sempre facile - del testo. La Bibbia è stata certamente il grande strumento per la conversione di quelle genti al Cristianesimo. E, per questo riguardo, essa costituisce anche un documento essenziale per intendere le condizioni di cultura di quel mondo rapidamente scomparso.


Nel 383 Girolamo dà una prima traduzione latina dei Salmi, correggendo la "Antica latina", ossia Itala, con uno dei buoni testi conosciuti da lui della versione alessandrina. Questa prima revisione dei Salmi era subito adottata dalla Chiesa di Roma. Perciò venne chiamata Salterio romano. Oggi, in S. Pietro a Roma, nella Chiesa Ambrosiana, in parti liturgiche del Messale Romano la prima versione di san Girolamo è ancora in uso. Nel 392 Girolamo dà una seconda revisione del Salterio, conosciuta sotto il nome di Salterio gallicano. Nel sec. XVI questo Salterio fu accolto da tutta la Chiesa latina. A trent'anni Girolamo si accinge allo studio dell'ebraico e può arrischiarsi a tradurre i libri sacri direttamente dagli originali. La traduzione della Bibbia in latino, fatta da san Girolamo, prese il nome di Volgata. 


[Modificato da Credente 04/08/2013 11:27]
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Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Quegli rispose: «E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?». At 8,30
 
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