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PENSIERI SULL'AMORE DI DIO (s.Teresa d'Avila)

Ultimo Aggiornamento: 03/08/2013 16:10
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03/08/2013 16:08
 
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4. Oh, parole che l’anima così favorita da nostro Signore non dovrebbe mai dimenticare! Oh, grazia sovrana a cui non si potrebbe mai pervenire se il Signore non desse la capacità di farlo! Anche se è vero che l’anima non si sente sveglia neppure per amare, benedetto sonno, felice ebbrezza che obbliga lo Sposo a supplire a quanto ella non può fare. Egli, allora, stabilisce in essa un ordine talmente meraviglioso che, mentre tutte le potenze sono morte o addormentate, l’amore resta operante. Senza che l’anima sappia come, il Signore dispone che agisca così prodigiosamente da diventare una cosa sola con lo stesso Re dell’amore, che è Dio, in una sublime purezza, perché non vi è nulla che gli sia d’ostacolo, né i sensi, né le potenze – intendo dire l’intelletto e la memoria. Neanche la volontà ha coscienza di sé.
5. Stavo ora pensando se vi sia qualche differenza fra la volontà e l’amore. Mi sembra di sì; non so se sia una sciocchezza. L’amore mi appare come una freccia scagliata dalla volontà che, se parte con tutta la forza di cui questa dispone, libera da ogni cosa terrena e, intenta solo a Dio, certamente andrà a ferire Sua Maestà; così, dopo essersi confitta nello stesso Dio, che è amore, torna indietro con gli immensi vantaggi di cui parlerò. Lo so per essermene informata presso alcune persone che nostro Signore nell’orazione ha favorito di così straordinaria grazia, facendole pervenire a questo santo rapimento, accompagnato dalla sospensione delle potenze, durante il quale è evidente, anche giudicandone esteriormente, che non sono in sé. Orbene, interrogate su ciò che sentivano, sono state incapaci di esprimersi, né hanno saputo né potuto capire nulla di come in tale stato operi l’amore.
6. Quello che si comprende bene dagli effetti, cioè dalle virtù, dalla fede viva e dal disprezzo del mondo in cui resta l’anima, sono i grandi vantaggi che essa ne trae. Ma, come questi beni siano stati elargiti e in cosa consista ciò di cui gode l’anima in questo stato, s’ignora completamente, tranne al principio, quando ha inizio questa grazia, in cui si prova una straordinaria dolcezza. È chiaro quindi ciò che qui vuole dire la sposa: che la sapienza di Dio supplisce all’impotenza dell’anima, e che egli ordina tutto in modo da farle guadagnare in quel tempo immense grazie, giacché, stando così fuori di sé e così assorta da non potersi servire in nulla delle potenze, come potrebbe acquistar merito? Ed è mai possibile che Dio le conceda un favore così grande perché perda il tempo e non guadagni nulla? Non è credibile.
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03/08/2013 16:08
 
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7. Oh, segreti di Dio! Qui non v’è altro da fare che piegare la testa e pensare che il nostro intelletto non è minimamente all’altezza di penetrare le grandezze divine. Ora viene a proposito ricordarci come si comportò la Vergine nostra Signora, la quale, pur così piena di senno, domandò all’angelo: Come avverrà questo? Egli, rispondendole: Lo Spirito santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo, troncò ogni argomentazione. Maria, nella sua grande fede e saggezza, capì subito che, di fronte a questi due interventi, non c’era altro da chiedere né alcun motivo di dubbio. Non si comportano così certi teologi (che non sono guidati dal Signore per questa via dell’orazione né hanno idea di cose spirituali) i quali vogliono sottomettere queste cose al loro giudizio e interpretarle secondo le loro vedute fino quasi a far credere di voler abbracciare tutte le grandezze di Dio con la loro scienza. Se imparassero qualcosa dall’umiltà della santissima Vergine!
8. Oh, come si può capire bene da voi, mia Signora, ciò che passa fra Dio e la sposa, secondo quanto ella dice nel Cantico dei Cantici! E lo potete anche vedere, figlie mie, nell’ufficio della Madonna che recitiamo ogni settimana, ove ricorrono con tanta frequenza le parole del Cantico nelle antifone e nelle letture. Le altre anime potranno comprendere tale linguaggio a seconda dei lumi che Dio darà loro per capirlo e per riconoscere molto chiaramente se hanno ricevuto qualcuna di queste grazie alle quali si riferisce la sposa quando dice: Ordinò in me la carità. Ma non sanno dire dove siano state né come, in una grazia così elevata, abbiano accontentato il Signore e cosa abbiano fatto, perché non gli hanno detto neanche grazie per un tale favore.
9. Oh, anima amata da Dio! Non ti tormentare, perché quando Sua Maestà ti fa pervenire a simili altezze e ti parla così teneramente, come puoi notare da molte parole da lui rivolte nel Cantico alla sposa, per esempio: Sei tutta bella, amica mia e tante altre – ripeto – con le quali dimostra la gioia che le viene da lei, c’è da credere che non permetterà che tu gli dispiaccia in quel momento. Supplirà lui a quello che tu non puoi fare per trovare in te una gioia più grande. Egli vede che l’anima non si appartiene più, ormai fuori di sé per l’amore che gli porta, e che la stessa forza dell’amore le ha tolto l’uso dell’intelletto, perché sia capace d’amarlo di più. Certamente, dunque, non potrà resistere: Sua Maestà non ha l’abitudine di rifiutarsi a chi gli si dona interamente, né riuscirebbe a farlo.
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03/08/2013 16:09
 
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10. A me sembra che Sua Maestà vada ora stendendo lo smalto sull’oro. L’oro è l’anima che egli ha preparato con i suoi doni e provato in mille modi, come può testimoniare la stessa anima arrivata fin qui, per vedere di quanti carati sia l’amore che essa gli porta. L’anima se ne sta durante questo tempo senza fare alcun movimento né agire in nessun modo per se stessa, proprio come l’oro. E la Sapienza divina, soddisfatta di vederla tale (essendo così poche le anime capaci di amarlo con ugual forza) va incastonando in quest’oro un gran numero di pietre preziose e di smalti riccamente lavorati.
11. Ma cosa fa intanto l’anima? Non si può capire, né se ne può sapere più di quanto la sposa dice: Ordinò in me la carità. Se ama, non sa come ama, né chi ami; l’immenso amore che le porta il Re dal quale è stata condotta a così alto stato, deve avere unito a sé l’amore di quest’anima in modo che il suo intelletto non riesce a percepirlo: i due amori sono una cosa sola. Ed essendo l’amore dell’anima così sinceramente e intensamente unito a quello di Dio, come può l’intelletto riuscire a capirlo? L’intelletto lo perde di vista in quel lasso di tempo, che non è mai di lunga durata, ma breve. Il Signore dispone le cose in modo tale che l’anima sappia bene allora, e anche dopo, piacere a Sua Maestà, senza – ripeto – che l’intelletto ne sia consapevole. Ma se ne accorge bene in seguito, quando vede quest’anima talmente piena di smalti e adorna di gemme e di perle di virtù, da restare stupito e giungere a dire: Chi è costei che è diventata come il sole? Oh, come ha avuto ragione la sposa, vero Re, di darvi questo nome! In un attimo, infatti, potete far dono di grandi ricchezze e collocarle in un’anima per fargliele godere senza fine. Come l’amore è mirabilmente ordinato in quest’anima!
12. A questo riguardo potrei addurvi buone prove, perché ho visto alcune anime favorite in questo senso. Ricordo ora una persona alla quale il Signore concesse in tre giorni tali beni che mi sembrerebbero impossibili, se l’esperienza di parecchi anni ormai, e i suoi progressi continui, non mi inducessero a credervi. Così fece con un’altra in tre mesi: ed erano entrambe molto giovani. Ne ho viste, invece, di quelle a cui Dio concede tale grazia dopo molto tempo. Ciò che ho detto di queste due anime potrei dirlo ancora di altre, perché se ho scritto qui che sono poche le anime alle quali il Signore accorda tali favori senza che siano passate per lunghi anni di tribolazioni, tengo altresì a far sapere che per qualche persona non è così. Non bisogna porre limiti a un Dio così grande e così desideroso di elargire grazie. Ecco quanto avviene solitamente quando il Signore favorisce un’anima dei suoi doni. Ma devono essere vere grazie di Dio, non illusioni, melanconie o contraffazioni prodotte dalla stessa natura, che poi il tempo smaschera. Del resto il tempo rivela anche le vere grazie, perché le virtù rimangono così forti e l’amore arde così impetuosamente che non si cela e, senza volerlo, queste persone si rendono utili ad altre anime.
13. Dice la sposa: Il Re ha ordinato in me la carità, e così bene, che l’amore nutrito dall’anima per il mondo scompare; quello che aveva per se stessa le si cambia in avversione; quello verso i suoi parenti si trasforma in modo che li ama solo per Dio; quello per il prossimo e per i suoi nemici è tale che non se ne può avere un’idea se non se ne fa la prova; quello per Dio è così privo di limiti, che a volte la opprime in modo da eccedere la sua debolezza naturale. Allora, sentendosi venir meno e presso a morire dice: Sostenetemi con fiori, confortatemi con mele, perché languisco d’amore.
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03/08/2013 16:09
 
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CAPITOLO 7
Parla degli ardenti desideri della sposa di soffrire molto per Dio e per il prossimo nonché dei frutti abbondanti che apportano alla Chiesa queste anime favorite dall’amore divino e staccate dal proprio interesse.
Sostenetemi con fiori, confortatemi con mele, perché languisco d’amore (Ct 2,5).

1. Oh, che linguaggio ineffabilmente divino è questo per l’argomento di cui tratto! Come, santa sposa, la dolcezza dunque vi uccide? A volte, infatti, a quanto ho sentito dire, è così intensa che consuma l’anima in modo tale da farle sembrare che le sia tolta la vita. E chiedete fiori? Quali saranno questi fiori? Essi non sono un rimedio al vostro male, a meno che non li chiediate perché si compia ormai la vostra morte – infatti, a dire il vero, quando l’anima perviene a questo stato non desidera altro. Ma questa è una spiegazione che non calza bene, perché la sposa dice: Sostenetemi con fiori. E chiedere di essere sostenuta non mi sembra sia chiedere la morte, ma voler servire con la vita in qualcosa colui verso il quale si sente tanto obbligata.
2. Non pensate, figlie mie, che sia un’esagerazione dire che l’anima sta morendo; avviene – vi ripeto – realmente così, perché l’amore opera a volte con tale intensità da impadronirsi di tutte le forze naturali. Conosco una persona che, mentre era in questa orazione, udì cantare una bella voce. Ella afferma che, a suo giudizio, se il canto non fosse cessato, la sua anima si sarebbe disgiunta dal corpo, per l’eccesso di gioia e di dolcezza che nostro Signore le faceva gustare. Sua Maestà allora vi mise riparo fermando chi cantava, perché colei che si trovava in questa sospensione poteva ben morire, ma non avrebbe potuto dir nulla per far cessare il canto. Infatti tutto il suo essere esteriore era impotente a operare alcunché e incapace di muoversi; si rendeva ben conto del pericolo in cui era, ma solo come chi, immerso in un sonno profondo, sogna un qualcosa da cui vorrebbe liberarsi e non può parlare, pur volendolo.
3. Tuttavia a questo punto l’anima non vorrebbe uscire da quello stato, né la morte le sarebbe penosa, ma assai gradita, ed è quanto si augura. E che felice morte sarebbe, essendo data per la forza di un tale amore! Senonché, a volte, Sua Maestà illumina l’anima sulla convenienza del vivere. Ed essa, rendendosi conto che, se quel bene dura a lungo, la sua naturale debolezza non potrà resistervi, ne chiede un altro, per sottrarsi a quello troppo grande, e dice: Sostenetemi con fiori. Questi fiori sono di un profumo ben diverso da quello dei fiori che odoriamo quaggiù. Io ritengo che qui l’anima chieda di fare grandi cose per servire nostro Signore e il prossimo, rinunciando a quelle delizie e a quelle gioie. Anche se la sua richiesta ha più attinenza con la vita attiva che con la vita contemplativa, sembra pertanto che debba perderci se viene esaudita; quando l’anima si trova in questo stato Marta e Maria procedono quasi sempre di comune accordo, perché nella parte attiva, che sembra esteriore, agisce l’interiore. Le opere esteriori, che nascono da tale radice, sono fiori meravigliosi e profumatissimi; esse infatti hanno origine dall’albero dell’amore di Dio e sono compiute per lui solo, senza alcun interesse personale. Il profumo di questi fiori si espande a distanza per giovare a molti; è un profumo durevole, non fugace e produce grandi effetti.
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4. Voglio spiegarmi meglio, perché possiate capire quanto ho detto. Un predicatore pronuncia il suo sermone con l’intento di arrecare un bene alle anime. Tuttavia non è così staccato da interessi umani da non nutrire un certo desiderio di piacere, o per guadagnarsi stima e credito, o perché ha la probabilità di ottenere qualche canonicato dimostrandosi buon predicatore. Così è di molte altre cose che si fanno a vantaggio del prossimo, e con buona intenzione, ma stando bene attenti a non perdere nulla né dispiacere ad alcuno a causa di esse. Si temono persecuzioni, ci si vuole ingraziare i re, i signori e il popolo; si procede, cioè, con quella discrezione che il mondo ha tanto in pregio e che serve a coprire molte imperfezioni a causa del nome che le viene dato. Piaccia al Signore che sia davvero discrezione!
5. Costoro, certo, servono Sua Maestà e fanno molto bene, ma non son tali, a mio giudizio, le opere e i fiori che chiede la sposa, la quale in tutte le cose mira solo all’onore e alla gloria di Dio. E, in verità, le anime che il Signore conduce fin qui, a quel che ho visto di alcune, credo non si ricordino di se stesse più che se non esistessero. Non pensano se avranno da perdere o da guadagnare; ciò a cui badano unicamente è servire e far piacere al Signore. E, conoscendo l’amore che egli nutre per i suoi servi, rinunciano volentieri ad ogni personale soddisfazione per non accontentare che lui, adoperandosi al servizio dei loro fratelli e annunciando alle anime, nel miglior modo possibile, le verità utili al loro bene. Delle perdite che esse potrebbero avere – ripeto – non si preoccupano affatto. Ciò che hanno presente è il vantaggio del loro prossimo, niente di più. Nell’intento di compiacere maggiormente Dio, dimenticano se stesse per gli altri, pronte anche a morire – e lo dicono nella supplica – come hanno fatto molti martiri. Le loro parole sono profonda espressione di questo sublime amore di Dio; ebbre di quel vino celestiale, non tengono presenti gli uomini; nel caso che se ne ricordino, non si preoccupano minimamente di dispiacere loro. Insomma, sono anime che fanno un gran bene.
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03/08/2013 16:10
 
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6. Ricordo ora quante volte ho pensato a quella santa samaritana. Come doveva esser ferita dal dardo temprato al succo si quest’erba! Come aveva ben compreso nel suo cuore le parole del Signore, se lo lasciò perché i suoi concittadini potessero trarne motivo di migliorarsi e di giovarsene! Quanto sto dicendo è confermato da ciò che ella fece. In ricompensa della sua grande carità, meritò di essere creduta e di vedere il gran bene che nostro Signore operò in quel villaggio. Credo che debba essere una delle più grandi consolazioni che si possano avere quaggiù vedere le anime avvantaggiate per nostro mezzo. È in tale circostanza, a mio parere, che si mangia il frutto gustosissimo di quei fiori. Felici coloro ai quali il Signore concede questa grazia! Essi sono davvero rigorosamente obbligati a servirlo. Camminava, quella santa donna, in preda a un’ebbrezza divina, gridando per le strade. Ciò che a me desta meraviglia è vedere come le si prestò fede, trattandosi per giunta di una donna, e una donna che non doveva essere di nobile condizione, se andava ad attingere acqua; era, sì, di grande umiltà, perché quando il Signore le svelò le sue colpe, lungi dall’offendersene (come si fa oggi nel mondo, dove le verità mal si sopportano), gli disse che egli era certamente un profeta. In conclusione, fu creduta, e solo in virtù della sua parola una folla di gente uscì dalla città per andare incontro al Signore.
7. Affermo, dunque, che operano un gran bene coloro i quali, dopo essersi intrattenuti alcuni anni con Sua Maestà, pur essendo favoriti dei suoi doni e dei suoi diletti, non vogliono tralasciare di servirlo in cose penose, anche se esse turbano questi diletti e queste consolazioni. Ripeto che il profumo dei fiori di opere buone sbocciati e generati dall’albero di un così ardente amore dura molto più a lungo. Giova di più una sola di queste anime con le sue parole e le sue opere che non molte altre le cui parole ed opere siano avvolte dalla polvere della nostra sensualità e dell’interesse personale.
8. Ecco i fiori da cui nascono i frutti: questi sono le mele di cui parla poi la sposa, dicendo: confortatemi con mele. Datemi, Signore, tribolazioni, datemi persecuzioni; e li desidera davvero, e ne esce anche con grande profitto perché, non avendo più di mira la sua soddisfazione ma quella di Dio, il suo piacere è imitare in qualcosa la vita penosissima che ebbe a soffrire Cristo. Per melo io intendo l’albero della croce, perché in un altro passo del Cantico lo Sposo dice: Ti ho risvegliata sotto l’albero di melo. Per un’anima l’essere circondata da croci, da tribolazioni e da persecuzioni è una grande toccasana per restare sempre immersa nel diletto della contemplazione. La sofferenza le dà una grande gioia; non le produce estenuazione e logorio di forze come io credo che faccia la sospensione delle potenze nella contemplazione, se avviene con frequenza. Ha dunque ragione l’anima di chiedere questo, perché non deve accadere di godere sempre, senza mai impegnarsi in qualcosa e servire. Questo io ho osservato attentamente in alcune persone (giacché, a causa dei nostri peccati, non sono molte): quanto più sono progredite in questa orazione e favorite di doni da nostro Signore, tanto più si occupano dei bisogni del prossimo, specialmente di quelli delle anime. Per strapparne una dal peccato mortale sembra che darebbero molte volte la vita, come ho detto all’inizio.
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9. Ma chi potrà convincere di questo le anime che il Signore comincia a favorire dei suoi doni? Forse, secondo loro, le altre conducono una vita di scarso profitto, e starsene nel proprio angolo a godere di quel bene è quanto conviene fare. È provvidenza del Signore, a mio giudizio, che esse non intendano a quale grado di elevazione tali anime siano pervenute perché, con l’ardore degli inizi, vorrebbero certo arrivare subito a quell’altezza che, per il momento, non conviene loro. Non sono ancora mature ed è necessario che si nutrano un po’ più a lungo di quel latte di cui ho parlato all’inizio. Se ne stiano accanto a quelle divine mammelle: sarà cura del Signore, quando avranno preso forza, portarle più in alto; in caso diverso, non farebbero agli altri il bene che immaginano; sarebbero, invece, di danno a se stesse. E siccome nel libro di cui vi ho parlato troverete scritto in modo particolareggiato quando un’anima può desiderare di uscire dalla solitudine per rendersi utile al prossimo e il pericolo che ci sia ad uscirne prematuramente, non voglio ripetermi qui né dilungarmi oltre in questo argomento. Il mio intento, nel cominciare questo scritto, è stato quello di spiegarvi quale diletto potete trarre da alcune parole del Cantico e insegnarvi a meditare, anche se esse restano per voi oscure, sui grandi misteri che racchiudono. Dilungarmi oltre sarebbe una temerità.
10. Piaccia al Signore che non sia stato così di quello che ho scritto, pur avendolo fatto solo per obbedire a chi me lo ha ordinato. Voglia Sua Maestà giovarsi di tutto. Se c’è qualcosa di buono in questo scritto, potete ben credere che il merito non è mio, a motivo della fretta con cui l’ho scritto, a causa delle mie molte occupazioni, come sanno le consorelle con le quali vivo. Supplicate Sua Maestà che mi faccia comprendere per esperienza tali grazie. Quella tra voi che crederà di goderne qualcosa, ne lodi il Signore e gli chieda in ultimo questo favore per me, affinché il guadagno non sia solo per lei. Piaccia a nostro Signore di tenerci con la sua mano e di insegnarci sempre a compiere la sua volontà! Amen.
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