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FIAMMA VIVA (s.Giovanni della Croce)

Ultimo Aggiornamento: 03/08/2013 15:40
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03/08/2013 15:37
 
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22. Talvolta questo bene dell’anima lascia trasparire nel corpo l’unzione dello Spirito Santo e allora il godimento si estende a tutta la sostanza sensitiva, alle membra, alle ossa, al midollo, non così debolmente come di solito accade, ma con sensazioni di grande gioia e gloria, che l’anima prova fin nella punta dei piedi e delle mani. A sua volta il corpo prova tanta parte della gloria dell’anima, da esaltare a suo modo Dio, sentendolo nelle sue ossa, come quando Davide esclama: Tutte le mie ossa dicano: «Chi è come te, Signore?» (Sal 34,10). Poiché tutto ciò che si può dire su questo è sempre insufficiente, basta qui aggiungere soltanto che il corpo, come lo spirito, sa di eterna vita / e ogni debito paga.
23. L’anima si esprime così perché, nel sapore della vita eterna che gusta, gode la ricompensa delle fatiche affrontate per raggiungere questo stato. Non solo essa si considera ben pagata e ricompensata secondo giustizia, ma premiata molto più dei suoi meriti. A questo punto comprende la verità della promessa che lo Sposo fa nel vangelo di dare il cento per uno (Mt 19,29). Infatti non c’è stata tribolazione, tentazione, penitenza o qualsiasi altra fatica che abbia dovuto affrontare, che non venga ricompensata al centuplo in questa vita, con consolazioni, gioie, ecc. Così l’anima può a buon diritto affermare: e ogni debito paga!
24. Per sapere come e quali siano questi debiti, che l’anima considera qui come pagati, occorre ricordare che nessun’ anima può arrivare per via ordinaria a questo eccelso stato, al grado del matrimonio spirituale, senza prima passare attraverso molte tribolazioni e prove. Ciò è quanto si dice negli Atti degli Apostoli: È necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel regno di Dio (At 14,22). Infatti tutte queste prove sono già state superate quando l’anima perviene a questo stato. Ormai purificata, essa non soffre più.
25. Ora, le prove che devono superare coloro che arrivano a questo stato sono di tre specie, cioè: sofferenze, desolazioni, timori e tentazioni di vario genere da parte del mondo; tentazioni, aridità, afflizioni da parte dei sensi; tribolazioni, tenebre, angosce, rinunce, tentazioni e altre sofferenze da parte dello spirito. In questo modo, infatti, l’anima viene purificata nella sua parte spirituale e in quella sensitiva, come ho detto spiegando il quarto verso della prima strofa. Il motivo per cui sono necessarie queste sofferenze all’anima per arrivare a questo stato è il seguente: come un liquore eccellente si pone sempre in un recipiente forte, ben preparato e pulito, così l’eccelsa unione può realizzarsi solo nell’anima che è resa forte dalla sofferenza e dalle tentazioni, purificata dalle tribolazioni, dalle tenebre e dall’angoscia; le prime prove purificano e rafforzano i sensi, le altre affinano, purificano e preparano lo spirito. Come infatti, per unirsi a Dio nella gloria, le anime non sufficientemente pure devono passare attraverso il fuoco del purgatorio nell’altra vita, così, per arrivare all’unione di perfezione in questa vita, devono passare attraverso il fuoco delle sofferenze suddette. Queste prove sono più o meno forti, più o meno lunghe, a seconda del grado d’unione, al quale Dio vuole elevarle, e secondo quanto esse hanno da purificare.
26. Dio sottopone, dunque, l’anima e i sensi a tali sofferenze. Attraverso l’amarezza di queste, l’anima acquista gradualmente virtù, forza e perfezione, perché la virtù diventa perfetta nella debolezza (cfr. 2Cor 12,9) e si forgia nell’esercizio contro le passioni: similmente al ferro, che l’artigiano tratta e modella secondo la sua idea soltanto con l’aiuto del fuoco e del martello. A proposito del fuoco, Geremia afferma che il Signore glielo mise nella sua mente: Egli ha scagliato un fuoco nelle mie ossa, e mi ha insegnato (Lam 1,13 Volg.). E quanto al martello dichiara: Tu mi hai castigato e io sono stato corretto (Ger 31,18 Volg.). Ecco perché l’Ecclesiastico sentenzia: Colui che non è stato tentato, che può sapere? (Sir 34,9 e 11 Volg.) e chi non ha avuto delle prove, poco conosce (Sir 34,10).
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