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LA NOTTE OSCURA (s.Giovanni della Croce)

Ultimo Aggiornamento: 02/08/2013 17:42
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02/08/2013 17:24
 
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CAPITOLO 9
Ove si parla dei segni dai quali si riconosce che la persona spirituale è in questa notte o purificazione dei sensi.
1. Quest’aridità molte volte può derivare non dalla notte o purificazione dei sensi, bensì dai peccati, imperfezioni, debolezze, tiepidezze, oppure da qualche cattivo umore o indisposizione fisica. Per questo motivo indicherò qui alcuni segni per discernere se quest’aridità ha come origine la purificazione dei sensi oppure qualcuno dei suelencati difetti. A tale proposito tre sono i segni principali.
2. Il primo è l’assenza di gusto e consolazione nelle cose di Dio e in qualsiasi cosa creata. Infatti, allorché Dio introduce l’anima in questa notte oscura per condurla all’aridità e purificarla dall’appetito sensitivo, non le permette di provare consolazioni in cosa alcuna. Da ciò si riconosce abbastanza bene che tale aridità e disgusto non provengono da colpe o imperfezioni commesse recentemente; se così fosse, la natura dovrebbe sentire qualche inclinazione o attrazione per qualcosa di diverso da Dio. Difatti, quando la volontà si lascia andare a qualche imperfezione, si sente subito inclinata, più o meno fortemente, verso questa medesima imperfezione, secondo il piacere o l’affetto riversati su di essa. Ma poiché la ripugnanza per le cose del cielo e per quelle terrene potrebbe derivare da qualche indisposizione fisica o dal temperamento malinconico, che spesso non lascia provare piacere in nulla, occorre un secondo segno o una seconda condizione.
3. Il secondo segno che conferma la presenza della purificazione dei sensi consiste nei ricordarsi abitualmente di Dio con una sollecitudine e un’attenzione che dà pena; ci si preoccupa di non servire Dio, anzi di regredire, perché non si prova più gusto nelle cose divine. Ciò dimostra che il disgusto e l’aridità non provengono da fiacchezza e tiepidezza. Difatti è proprio della tiepidezza non preoccuparsi molto né avere sollecitudine per le cose di Dio. C’è, quindi, molta differenza tra l’aridità e la tiepidezza. È proprio della tiepidezza generare una grande fiacchezza e svogliatezza nella volontà e nell’intelligenza, così da non preoccuparsi delle cose di Dio. Al contrario, l’aridità purificatrice per sua natura comporta una sollecitudine costante e un’attenzione sofferta, per paura di non servire Dio. Questa, sebbene a volte sia aggravata da malinconia o da altro umore cattivo – e accade spesso –, non per questo cessa di avere il suo effetto purificante nella volontà, poiché l’anima è privata di ogni consolazione e desidera solo servire Dio. Quando, invece, l’aridità è solo frutto di umore cattivo, si prova disgusto e spossatezza fisica; in altri termini, l’anima non prova questi desideri di servire Dio che le offre l’aridità purificatrice. Quando questa si verifica, la parte sensitiva è molto abbattuta, fiacca e avvilita a causa del poco piacere che trova nell’agire, mentre lo spirito è pronto e forte (cfr. Mt 26,41).
4. Quest’aridità è dovuta al fatto che Dio trasferisce allo spirito i beni e la forza dei sensi, e poiché i sensi e la natura non sono capaci di tali beni spirituali, restano privi di nutrimento, nell’aridità e nel vuoto. La parte sensitiva, infatti, non è capace di accedere a ciò che è puro spirito. Così, quando lo spirito gode, la carne è scontenta e non ha voglia di agire. Quanto allo spirito, che si va nutrendo, si fortifica, diventa più vigile e attento di prima a non offendere Dio. A causa della novità di tale cambiamento, non sente subito all’inizio le gioie e le delizie spirituali, ma solo aridità e ripugnanza. Il suo palato è tuttora abituato ai gusti sensibili, ragion per cui fa ancora riferimento ad essi. D’altra parte, il suo palato spirituale non è ancora abituato a simili grazie e non è purificato per ricevere cibi così fini. Fin quando non si sarà gradualmente preparato attraverso questa notte arida e oscura, non potrà sentire i gusti e i beni spirituali. Proverà solo aridità e ripugnanza, venendogli a mancare il piacere che prima gustava con tanta facilità.
5. Difatti coloro che Dio comincia a introdurre in queste solitudini desolare sono simili ai figli d’Israele. Da quando li condusse nel deserto, Dio offrì loro un pane capace di procurare ogni delizia, come si legge nella Scrittura, e che si adattava al gusto di chi l’inghiottiva (Sap 16,20-21). Ciò nonostante, gli ebrei rimpiangevano più il gusto e il sapore delle carni e delle cipolle d’Egitto, a cui il loro palato era da tempo assuefatto, che non la delicata dolcezza di questo cibo angelico. Pur abbondando di cibi celesti, piangevano sospirando quelle carni (Nm 11,4-6). Fino a tanto arriva la bassezza dei nostri appetiti: ci fa rimpiangere le nostre miserie e provare avversione per i beni straordinari del cielo!
6. Ma, ripeto, quando queste aridità dipendono dalla purificazione che sta subendo l’appetito sensitivo, anche se lo spirito all’inizio non gusta il sapore per i motivi suddetti, sente però la forza e lo slancio ad agire che gli offre la sostanza di questo cibo interiore. Tale alimento segna l’inizio della contemplazione oscura e arida per i sensi, contemplazione nascosta e segreta anche per colui che la possiede. Di solito l’anima che prova questa aridità e vuoto dei sensi, è attratta dal desiderio di stare sola e in pace, senza dover pensare a qualcosa di particolare né averne voglia. Se le anime che si trovano in questa situazione sapessero rimanere nella calma, tralasciare qualsiasi opera interiore ed esteriore, senza preoccuparsi di fare qualcosa, allora nell’oblio e nell’intimo riposo gusterebbero subito quel cibo interiore. Esso è tanto delicato che, pur avendo la voglia e l’attenzione a sentirlo, di solito non si percepisce, perché, ripeto, esso agisce nel riposo più assoluto e nell’oblio totale dell’anima. È come l’aria che sfugge di mano quando la si vuole afferrare.
7. Al riguardo possiamo capire ciò che la sposa dice allo Sposo nel Cantico: Distogli da me i tuoi occhi; il loro sguardo mi rapisce (Ct 6,4). Infatti Dio mette l’anima in uno stato tale e la guida per vie così insolite che, se essa volesse servirsi delle sue facoltà, disturberebbe l’opera di Dio anziché aiutarla; in breve, avviene il contrario di quanto accadeva prima. Questo perché l’anima è ormai nello stato di contemplazione; è uscita dalla fase discorsiva per entrare nello stato dei proficienti. Ormai è Dio che agisce in lei e imbriglia le sue potenze interiori, togliendo ogni appoggio all’intelletto, ogni gusto alla volontà e ogni ragionamento alla memoria. In questa fase, ciò che l’anima può fare di suo non serve, come ho già detto, anzi disturba la pace interiore e l’opera che Dio compie nello spirito per mezzo dell’aridità nei sensi. Ora, poiché quest’intervento divino è spirituale e delicato, l’opera si svolge nella calma e nella delicatezza; è un’opera segreta, soddisfacente, pacifica e affatto estranea a tutti i piaceri anteriori, che erano palpabili e sensibili. Tale è la pace che Dio annunzia all’anima, come dice Davide (Sal 84,9), per renderla spirituale. Da qui nasce il terzo segno.
8. Il terzo segno per riconoscere la purificazione dei sensi è l’incapacità, da parte dell’anima, di meditare o di discorrere servendosi dell’immaginazione, come faceva prima, per quanti sforzi compia. Ora Dio comincia a comunicarsi all’anima non per mezzo dei sensi, come in precedenza; non per mezzo dell’attività discorsiva che compone e ordina le cognizioni; ma per mezzo dello spirito puro, nel quale non si sviluppa il ragionamento. Le si comunica in un atto di semplice contemplazione, a cui non possono giungere i sensi interni ed esterni della parte inferiore. Per questo motivo l’immaginazione e la fantasia non possono trovare in essi un punto d’appoggio per qualche considerazione, né fare affidamento su di essi in quel momento o in avvenire.
9. A proposito del terzo segno occorre ricordare che l’impedimento in cui vengono a trovarsi le potenze e il conseguente loro disgusto non proviene da qualche cattivo umore. Se, infatti, la causa fosse questa, e quell’umore svanisse, in quanto è per sua natura mutevole, l’anima impegnandosi potrebbe ricuperare il potere di prima e le potenze ritroverebbero il loro appoggio. Ma non è così nella purificazione dell’appetito sensitivo, perché, appena ha inizio, aumenta sempre più l’impossibilità di discorrere con le potenze. È vero che in alcuni principianti non si verifica una notte continua al punto tale d’impedire loro di gustare talvolta qualche dolcezza o consolazione sensibile. Data la loro debolezza, forse non conveniva operare un distacco netto nella loro vita. Ciò nonostante, essi penetrano sempre più nella notte, lasciando poi da parte l’opera della purificazione sensitiva se sono chiamati ad altezze sublimi. Quanto a quelli che non seguono questo cammino di contemplazione, al contrario degli altri, si ha un modo di procedere molto diverso. Questa notte di aridità, di solito, non è continua nei loro sensi; a volte si verifica, altre volte no; talvolta alcuni non possono discorrere, altri possono farlo. Solo Dio, infatti, li introduce in questa notte per provarli, umiliarli, correggere il loro appetito e impedire che acquistino una golosità viziosa nelle cose spirituali, ma questo non per elevarli alla vita dello spirito, cioè alla contemplazione. Difatti non tutti quelli che deliberatamente si consacrano alla vita spirituale vengono da Dio elevati alla contemplazione: forse nemmeno la metà. Perché questo? Solo Dio lo sa. Ne segue che costoro non riescono a staccarsi mai completamente dalle considerazioni e dai ragionamenti; riescono, come ho detto, a farlo solo per qualche tempo e di tanto in tanto.
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