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IL CASTELLO INTERIORE (s.Teresa d'Avila)

Ultimo Aggiornamento: 02/08/2013 15:02
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02/08/2013 14:56
 
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CAPITOLO 2
Prosegue nel medesimo argomento e tratta delle aridità nell’orazione e di quello che, a suo parere, potrebbe accadere. Dice come sia necessario mettersi alla prova e come il Signore provi coloro che si trovano in queste mansioni.
1. Ho conosciuto alcune persone – credo, anzi, di poter dire molte – fra quelle pervenute a questo stato e vissute molti anni in questa rettitudine e in questa regolarità, anima e corpo, per quel che si può giudicare, le quali, quando avrebbero dovuto – sembra – prevalere sul mondo e, per lo meno, esserne interamente disingannate, messe alla prova da Sua Maestà in cose di non grande importanza, cadevano in una così grande inquietudine e oppressione di cuore da farmi restare sbalordita e anche molto spaventata. Ora, dare a tali persone un consiglio è inutile perché, facendo esse professione di virtù da tanto tempo, credono di poter insegnare agli altri e di aver ragione da vendere per essere così sensibili a quelle prove.
2. Insomma, io non ho trovato né trovo altro rimedio per consolarle che mostrare compassione per la loro pena (e la si prova davvero vedendole soggette a tanta miseria) e non contraddire le loro ragioni perché se le aggiustano così bene nel loro pensiero, perché credono di soffrire per amore di Dio, pertanto non riescono a capire che si tratta di un’imperfezione, altro inganno per anime così avanzate. Non c’è da meravigliarsi per il fatto che risentano di queste prove, anche se, a mio parere, una pena per simili cose dovrebbe passare presto. Dio spesso, volendo che i suoi eletti avvertano la loro miseria, sottrae un poco ad essi il suo favore, e questo basta perché subito conoscano chi sono. Si capisce immediatamente che ciò costituisce da parte di Dio un mezzo di metterli alla prova, per il fatto che essi comprendono molto chiaramente in cosa hanno mancato e, a volte, il vedersi, malgrado ogni sforzo, così sensibili a cose terrene e di scarsa importanza li affligge più dell’oggetto stesso della loro pena. A me sembra che questa sia una grande misericordia di Dio perché, sebbene si tratti di una imperfezione, è molto utile per crescere nell’umiltà.
3. Non così, invece, delle persone di cui parlo, le quali – come ho detto – canonizzano nel loro pensiero queste prove e vorrebbero che le canonizzassero anche gli altri. Voglio darne qualche esempio che ci sarà d’aiuto per farci conoscere e metterci alla prova da noi stesse, prima che ci metta alla prova il Signore, essendo molto importante trovarci preparate ad essere anzitutto noi a conoscerci prima.
4. Supponiamo che una persona ricca, senza figli né eredi a cui lasciare i suoi beni, subisca una perdita [di denaro], ma non tale che con quanto le resta possa mancarle il necessario per sé e per la sua casa, anzi gliene avanzi. Se essa ne fosse così turbata e inquieta come se non le rimanesse neanche un pane di cui cibarsi, in che modo nostro Signore potrà chiederle di lasciar tutto per lui? A questo punto ella dirà che se ne affligge perché vuol far beneficiare i poveri del suo. Io, però, credo che Dio preferisca che io mi conformi a ciò che egli fa e, pur adoperandomi a conseguire quanto desidero, mantenga l’anima nella pace, anziché compiere questo atto di carità. E, se quella persona non lo fa perché il Signore non l’ha elevata fin qui a tanto, pazienza! Ma si renda conto che le manca ancora libertà di spirito, e in tal modo si disporrà a riceverla dal Signore, chiedendogliela. Supponiamo che un’altra persona abbia di che vivere bene e disponga anche di più del necessario. Le si offre l’occasione di aumentare le sue ricchezze: approfittarne, se si tratta di un dono, pazienza, passi; ma darsi da fare per giungere a questo scopo e, una volta conseguitolo, cercare di avere sempre di più, per quanto buona sia la sua intenzione (che certamente è tale, perché – come ho detto – si tratta di persone di orazione e virtuose), state certe che non salirà mai alle mansioni più vicine a quelle del re.
5. Accade lo stesso se a queste persone si presenta l’occasione di essere disprezzate o sminuite un po’ nel loro onore; anche se Dio, che ama onorare la virtù in pubblico, fa loro spesso la grazia sopportarlo convenientemente, affinché non ne scapiti la stessa virtù di cui sono stimate depositarie, e forse anche per ricompensarle dei loro servizi, essendo assai buono questo nostro Bene. Tuttavia restano con una inquietudine da cui non sanno liberarsi e che non le lascerà tanto presto. Dio mio! Non sono tali persone quelle che meditano da tanto tempo su quello che ha sofferto il Signore e sui vantaggi della sofferenza alla quale esse anelano? Pensare che vorrebbero che tutti conducessero una vita così regolata come la loro, e piaccia a Dio che non credano di soffrire la pena delle colpe altrui, ritenendo così meritoria la loro afflizione!
6. Vi sembrerà forse, sorelle, che parli a sproposito e non rivolgendomi a voi, perché qui queste cose non accadono: non possediamo ricchezze né le desideriamo né ci adoperiamo ad ottenerle né alcuno ci reca offesa. Si tratta, infatti, di paragoni non riferibili a quanto accade fra noi. Tuttavia essi hanno rapporto con molte circostanze che possono verificarsi e che ora non conviene rilevare, non essendovene motivo. Attraverso tutto ciò potrete capire se siete interamente spoglie di quello che avete lasciato, perché anche qui vi si presentano piccole occasioni in cui, quantunque esse non siano del genere di quelle suddette, potete ben mettervi alla prova e vedere se siete padrone delle vostre passioni. E, credetemi, l’importante non è indossare o no un abito religioso, ma adoperarsi a praticare le virtù e sottomettere in ogni cosa la nostra volontà a quella di Dio, sì che il corso della nostra vita scorra in conformità a quanto ha disposto Sua Maestà e non volere che si faccia la nostra volontà, ma la sua. Giacché non siamo ancora arrivate a questo punto, vi ripeto: umiltà! Essa è l’unguento per le nostre ferite: se infatti sarà realmente in noi il chirurgo, che è Dio, anche se tarderà un po’, verrà infine a sanarci.
7. Le penitenze che fanno queste anime sono regolate così bene come la loro vita, che esse amano molto, per poterla dedicare al servizio del Signore, e in ciò non vi è nulla di male; pertanto, usano grande discrezione nel fare le penitenze per non pregiudicare la salute. Non temete che si ammazzino, perché la loro ragione è sempre padrona di sé e l’amore in esse non è ancor tale da farle uscir di senno. Ma io vorrei che la ragione stessa ci servisse per non accontentarci di questo modo di servire Dio, sempre così lentamente, che di questo passo non giungeremo mai al termine del nostro cammino. E, siccome crediamo di avanzare, ed anche di stancarci (perché, credete pure, è un camminare faticoso), sarà già molto se non ci smarriamo. Ma, figlie mie, se per recarsi da un paese a un altro possono bastare otto giorni, vi sembra logico percorrere il cammino in un anno, con i disagi di alberghi, neve, piogge e strade cattive? Non sarebbe meglio compierlo tutto d’un fiato? Perché tutti questi inconvenienti ci sono, e anche il pericolo di serpenti. Oh, che buone prove potrei addurvi di ciò! E piaccia a Dio che io stessa sia uscita da tali rischi, perché molte volte non mi sembra di esserne fuori.
8. Procedendo con tanta prudenza, tutto sembra arrecarci danno, perché di tutto abbiamo paura. Pertanto, non osiamo andare avanti, come se potessimo arrivare alle più alte mansioni, lasciando che altri facciano il cammino per noi! Poiché questo è impossibile, facciamoci coraggio, sorelle mie, per amor del Signore. Rimettiamo nelle sue mani la nostra ragione e i nostri timori; dimentichiamo la nostra naturale debolezza, che potrebbe esserci d’intralcio. La cura del nostro corpo l’abbiano i nostri superiori: è affar loro; la nostra sia solo quella di camminare in fretta per vedere questo nostro Signore. Infatti, pur avendo qui poco o nessun sollievo, la preoccupazione della salute potrebbe ingannarci, senza che per questo si riuscisse ad averla migliore. Io lo so, e so anche che il nocciolo della questione non sta in ciò che riguarda il corpo, che è il meno, ma nel camminare in fretta con grande umiltà. Se l’avete bene inteso, credo che in questo stia il male di quelle anime che non vanno avanti. Cerchiamo, da parte nostra, di credere con assoluta convinzione che non abbiamo fatto se non pochi passi, che le nostre consorelle, al contrario, avanzano molto in fretta; e [cerchiamo] non solo di desiderare che ci considerino le più imperfette di tutte, ma di adoperarci con tutte le forze a tal fine.
9. In questo modo il nostro stato è davvero eccellente. Diversamente resteremo tutta la nostra vita allo stesso punto, fra mille pene e miserie, perché, non essendoci staccate da noi stesse, il cammino è molto duro e faticoso, in quanto procediamo gravate dal peso terreno della nostra miseria, da cui sono liberi coloro che salgono alle mansioni di cui mi resta da parlare. Peraltro, neanche in queste mansioni il Signore manca di ricompensare le anime con la sua giustizia e misericordia, dando egli sempre più di quanto meritiamo, e le favorisce di gioie che superano molto quelle che potrebbero darci tutti i piaceri e i divertimenti della vita. Ma non credo che ci favorisca di molti diletti, se non solo alcune volte, per invitarci, con la vista di ciò che avviene nelle altre mansioni, ad avere le disposizioni necessarie per entrarvi.
10. Vi potrà sembrare che gioie e diletti spirituali siano tutt’uno, e vi chiederete perché faccio questa differenza di nomi. A me sembra che la differenza sia grande, ma posso ingannarmi. Dirò quello che penso nelle quarte mansioni, che seguiranno. Allora, dovendo dare alcune spiegazioni sui diletti spirituali che in esse il Signore concede, verrà più a proposito parlarne. Anche se sembra inutile trattarne, può darsi che ne ricaviate qualche vantaggio, poiché, comprendendo il valore dell’uno e dell’altra, potrete sforzarvi di attenervi al meglio. Inoltre, le anime che Dio eleva fin là vi troveranno un motivo di grande consolazione. Motivo di confusione, invece, ne avranno quelle che credono di aver già tutto, le quali, se sono umili, si sentiranno incitate a render grazie a Dio, mentre, se non lo sono, proveranno un intimo dispiacere, del tutto ingiustificato. La perfezione, e anche il premio, non consistono nei diletti, ma nel maggior amore e nell’operare meglio secondo giustizia e verità.
11. Se ciò è vero, come lo è, vi domanderete a cosa serva trattare di queste grazie interiori e spiegare in cosa consistano. Non lo so. Lo si chieda a chi mi ha ordinato di scrivere, perché io ho il dovere non di disputare con i superiori, che sarebbe sconveniente, ma di obbedire. Quello che sinceramente vi posso dire è che, prima di aver ricevuto tali grazie e quando non le conoscevo per mia propria esperienza né immaginavo di conoscerle mai nella mia vita (e con ragione, perché sarebbe stata troppa felicità per me sapere o immaginare di piacere a Dio in qualche cosa), quando leggevo libri su queste grazie e consolazioni concesse dal Signore alle anime che lo servono, ne avevo un’immensa gioia e la mia anima ne traeva motivo per rendere grandi lodi a Dio. Se, dunque, facevo questo io, pur essendo così spregevole, le anime che sono buone ed umili lo loderanno assai di più, e fosse anche per una sola che lo lodi, a mio parere sarebbe sempre meglio parlarne e far comprendere la gioia e i diletti che perdiamo per colpa nostra. Questo, tanto più che, se essi procedono da Dio, traboccano di amore e di forza, così da farci camminare con minor fatica e andar crescendo in buone opere e in virtù. Non pensate che abbia poca importanza il fatto che non manchi uno sforzo consapevole da parte nostra. Se non abbiamo colpa nel fallire l’intento, il Signore, che è giusto, ci darà per altre vie quello che ci toglie per questa, per motivi che gli solo conosce, essendo impenetrabili i suoi segreti. Ma non c’è dubbio che sarà per il nostro maggior bene.
12. Ciò che mi sembra sarebbe molto utile per quelle anime che per la bontà del Signore sono pervenute a questo stato (favore che, come ho detto, è frutto di non poca misericordia divina, essendo vicinissime a salire più in alto), è esercitarsi molto nella prontezza dell’obbedienza. Anche se non appartengono allo stato religioso, sarebbe assai utile – seguendo l’esempio di molte persone – avere qualcuno a cui obbedire per non fare in nulla la propria volontà, che è in generale la causa della nostra rovina, e non cercare chi abbia, come si dice, il nostro stesso umore e proceda con altrettanta circospezione in tutto, ma procurare che sia una persona del tutto disingannata sulle cose terrene. È molto proficuo, per conoscere se stessi, trattare con chi conosce il mondo. Anche il vedere realizzate da altri, e tanto agevolmente, certe cose che sembrano impossibili, è di grande incoraggiamento. Sembra che, dietro l’esempio del loro volo, ci arrischiamo a volare, come fanno gli uccellini che, quando imparano a usare le ali, anche se non spiccano subito un gran volo, a poco a poco imitano i loro genitori. Questo è molto vantaggioso, io lo so. Tali persone, per quanto siano risolute a non offendere il Signore, faranno bene ad evitarne le occasioni perché, stando vicine alle prime mansioni, vi potrebbero facilmente ritornare: la loro forza non è ancora fondata sulla roccia, come quella di coloro che sono già abituati ai patimenti, che conoscono le tempeste del mondo e quanto poco siano da temere, come non sono da desiderarne i piaceri, ai quali sarebbe possibile che fossero ricondotte mediante una di quelle grandi persecuzioni che il demonio sa ordire a nostro danno. E, pur essendo animate da giusto zelo nel desiderio di impedire i peccati altrui, non avrebbero forse la forza di resistere agli attacchi che a questo riguardo potrebbero loro sopraggiungere.
13. Badiamo ai nostri difetti e lasciamo stare quelli degli altri. È proprio delle persone assai ben regolate meravigliarsi di tutto mentre forse avremmo molto da apprendere, in ciò che è essenziale, da coloro di cui ci meravigliamo. Può darsi che, nella compostezza esteriore e nel modo di trattare siamo in vantaggio su di loro, ma anche se stimabile, non è questa la cosa che ha maggiore importanza. Inoltre, non c’è ragione di pretendere che tutti vadano per la nostra strada né di mettersi ad insegnare il cammino spirituale quando forse non si sa che cosa sia. Con questi desideri del bene delle anime, che ci sembrano ispirati da Dio, possiamo, sorelle, commettere molti errori. Pertanto, è meglio attenerci a ciò che dice la nostra Regola: «Cercate di vivere sempre nel silenzio e nella speranza». Il Signore si prenderà cura delle sue anime e, se non tralasceremo di supplicarne Sua Maestà, con il suo aiuto saremo loro molto utili. Sia egli per sempre benedetto!
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Stretta è la porta e angusta la Via che conduce alla Vita (Mt 7,14)
 
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