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SALITA DEL MONTE (S.Giovanni della Croce)

Ultimo Aggiornamento: 01/08/2013 19:19
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01/08/2013 18:52
 
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CAPITOLO 6
Ove si spiega come le tre virtù teologali abbiano il compito di perfezionare le tre potenze dell’anima, producendo in esse il vuoto e le tenebre.
1. Esporrò ora il modo d’introdurre le tre potenze dell’anima, cioè l’intelletto, la memoria e la volontà, in questa notte dello spirito, che conduce all’unione con Dio. Per prima cosa è necessario spiegare, in questo capitolo, come le tre virtù teologali, fede, speranza e carità, che sono propriamente gli oggetti soprannaturali di dette potenze, mediante le quali l’anima si unisce a Dio, creano, ognuna nella rispettiva potenza, lo stesso vuoto e la stessa oscurità: la fede nell’intelletto, la speranza nella memoria e la carità nella volontà. In seguito si vedrà come l’intelletto debba perfezionarsi nelle tenebre della fede, la memoria nel vuoto della speranza e come la volontà si debba fortificare nell’assenza e nello spogliamento di ogni affetto per unirsi a Dio. Detto questo, apparirà chiaro quanto bisogno ha l’anima di percorrere sicura questo cammino spirituale, di passare per questa notte oscura, appoggiandosi a queste tre virtù, che la svuotano di tutte le cose e la tengono al buio nei loro confronti. Difatti, come ho già detto, l’anima in questa vita non si unisce a Dio per mezzo di ciò che può comprendere, godere o immaginare, né tramite qualsiasi altra sensazione, ma solo mediante la fede, la speranza e la carità in rapporto all’intelletto, alla memoria e alla volontà.
2. Queste tre virtù, ripeto, creano il vuoto nelle potenze: la fede crea il vuoto nell’intelletto, impedendogli di comprendere; la speranza spoglia di ogni possesso la memoria; e la carità opera il vuoto nella volontà per spogliarla di ogni affetto e piacere riguardo a tutto ciò che non è Dio. La fede, già lo sappiamo, ci parla di cose che non possiamo capire con l’intelletto. Di essa così si afferma nella lettera agli Ebrei: Fides est sperandarum substantia rerum, argumentum non apparentium (Eb 11,1). Per quanto riguarda il nostro argomento, queste parole vogliono dire che la fede è sostanza delle cose che si sperano. Sebbene l’intelletto aderisca alle cose sperate con ferma certezza, tuttavia non riesce a comprenderle, perché, se le penetrasse, non vi sarebbe più fede. Questa, infatti, benché dia certezza all’intelletto, non gli offre chiarezza, ma solo oscurità.
3. Quanto alla speranza, non v’è dubbio che essa crei vuoto e oscurità anche nella memoria circa le cose di questa e dell’altra vita. Difatti la speranza ha per oggetto le cose che non si possiedono, perché, se si possedessero, non ci sarebbe più speranza. Per questo san Paolo dice nella lettera ai Romani: Spes, quae videtur, non est spes; nam quod videt quis, quid sperat?: Ciò che si spera, se visto, non è più speranza; infatti ciò che uno già vede o possiede, come potrebbe ancora sperarlo? (Rm 8,24). Anche questa virtù, quindi, crea vuoto, perché ha per oggetto ciò che non si ha, non ciò che si ha.
4. La carità crea, ugualmente, nella volontà il vuoto rispetto a tutte le cose create, perché ci obbliga ad amare Dio più di tutte le cose. Ciò si ottiene distaccando da esse ogni affetto per riporlo unicamente in Dio. In Luca Cristo dice: Qui non renuntiat omnibus quae possidet, non potest meus esse discipulus, che vuol dire: Chi non rinunzia a tutti i suoi averi, con la volontà, non può essere mio discepolo (Lc 14,33). È così che tutt’e tre queste virtù pongono l’anima nell’oscurità e nel vuoto rispetto a tutte le cose.
5. È bene ricordare a questo punto la parabola del Signore trasmessa nel vangelo di Luca, dove si parla di un uomo che andò da un suo amico a mezzanotte per chiedergli tre pani (Lc 11,5), che rappresentano le tre virtù. Il testo riferisce che l’amico andò a chiedere questi tre pani a mezzanotte. Ciò significa che l’anima, al buio di tutte le cose, ove terrà le sue potenze, dovrà acquisire queste tre virtù e, in questa notte, dovrà perfezionarsi in esse. Nel capitolo 6 di Isaia (v. 2) leggiamo che il profeta vide due serafini ai lati di Dio, ognuno con sei ali, due delle quali coprivano i loro piedi, a significare la cecità e l’annullamento degli affetti della volontà in tutte le cose per amore di Dio; altre due coprivano i loro volti, e significano le tenebre dell’intelletto di fronte a Dio; mentre con le altre due volavano: questo è il volo della speranza verso le cose che non si possiedono, al di sopra di tutto ciò che non si può avere quaggiù e lassù, eccetto Dio.
6. Le tre potenze dell’anima, dunque, devono tendere verso queste tre virtù, in modo che ciascuna di quelle sia informata dalla virtù corrispondente; occorre tenere al buio e spogliare le potenze di tutto ciò che è estraneo a queste tre virtù. Tale è la notte dello spirito, che ho chiamato attiva, perché l’anima fa ciò che le è possibile per entrarvi. Come nella notte dei sensi ho indicato il modo per liberare, secondo l’appetito, le potenze sensitive dai loro oggetti sensibili, perché l’anima possa passare dal suo ambito verso il campo della fede, così in questa notte dello spirito spiegherò, con l’aiuto di Dio, il modo con cui le potenze spirituali si svuotano e si purificano da tutto ciò che non è Dio e si mantengono nell’oscurità di queste tre virtù, che, ripeto, sono il mezzo e la disposizione adeguata perché l’anima possa unirsi a Dio.
7. In tal modo l’anima troverà perfetta sicurezza contro le astuzie del demonio e contro la forza dell’amor proprio e le sue ramificazioni così sottili, da ingannare e ostacolare il cammino delle persone spirituali. In realtà, questa non sanno spogliarsi di ogni bene creato e regolarsi secondo queste tre virtù. Per questo non riescono mai a raggiungere il bene spirituale nella sua sostanza e nella sua purezza, né percorrono quel cammino diritto e breve che potrebbero seguire.
8. Occorre ricordare che ora vorrei rivolgermi specialmente a coloro che hanno cominciato a entrare nello stato di contemplazione, perché per i principianti sarà necessario trattare questo argomento più a lungo, come farò nel libro secondo, con l’aiuto di Dio, quando parlerò delle loro disposizioni.
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Stretta è la porta e angusta la Via che conduce alla Vita (Mt 7,14)
 
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