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PERCHE' CREDERE

Ultimo Aggiornamento: 18/07/2013 11:46
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18/07/2013 11:38
 
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L'esistenza storica di Gesù Cristo



"E il Verbo si fèce carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, glo­ria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità" (Gv 1,14).



1. Fino a questo punto, la nostra indagine ci ha condotto all'acqui­sizione di un dato importante, che il cattolico non mancherà di utilizzare per contribuire alla conversione di chi non crede in Dio: la ragione umana è in grado di giungere alla certezza intellettuale della esistenza di Dio creatore.



2. Le vie che conducono la ragione ad entrare in possesso di que­sta certezza sono numerose. Noi abbiamo proposto soltanto le più facili, la quinta e la seconda di san Tommaso d'Aquino. Abbiamo preferito for­nire solo argomenti elementari, alla portata di tutti, facilmente utilizza­bili nell'opera di evangelizzazione.



3. Ma il cattolico, che non disdegna il confronto e lo scontro di opinioni, non deve mancare di approfondire la sua conoscenza delle vie che la ragione umana può percorrere per dimostrare l'esistenza di Dio.



4. Ora, mostrando che Dio esiste abbiamo fatto solo il primo passo. Il cattolico, grazie alla Rivelazione e all'insegnamento della Chiesa, sa che il Cristianesimo è la vera Religione, l'unica che ci svela il vero Dio e ci indica la strada per il Paradiso.



5. Chi non crede in Dio, o chi vi crede senza essere Cristiano, potrebbe chiedere ragione delle convinzioni del cattolico. È necessario, pertanto, focalizzare l'attenzione sul Cristianesimo. E’ doveroso indagare sulla credibilità di questa Religione, che ha avuto un ruolo straordinaria­mente importante sia nella storia dell'Occidente che in quella del mondo intero. Il cattolico deve conoscere i motivi di credibilità delle sue convinzioni religiose ed essere in grado di proporli, con chiarezza e semplicità, a quanti non professano la sua stessa Fede.



6. Il Cristianesimo ci informa che il suo fondatore, Gesù Cristo, è morto per salvare l'umanità intera da un pericolo mortale, altrimenti irri­mediabile, l'inferno, al quale tutti eravamo destinati dopo il peccato di Adamo e di Eva. Inoltre, il Cristianesimo annuncia che Gesù Cristo è stato ucciso, crocifisso, ma poi è risorto ed è tornato a vivere. Anche ad ogni uomo - stando al Cristianesimo - toccherà di risorgere, quindi di affrontare un giudizio da parte di Dio per essere destinato alla gioia o alla disperazione eterna.



7. A queste, e ad altre verità rivelate, il Cristianesimo chiede ad ogni uomo una adesione pressoché totale. Ora, può accadere che qual­cuno, prima di dare il suo consenso, specialmente se questo comporta un mutamento radicale nella vita e nel modo di pensare, voglia accertarsi della bontà dei fatti cui è chiamato a dare ragione.



8. Se questo accadesse, e può accadere, il cattolico che opera per la conversione di chi non crede, o di chi crede ma non è cristiano, non deve trovarsi impreparato. Torna utile, allora, accertarsi che i fatti narrati dal Cristianesimo, a cominciare dalla esistenza storica di Gesù Cristo, siano credibili. E dobbiamo verificare anche lo spessore storico dei Van­geli, indagando sulla loro autenticità, integrità e veridicità.



9. I limiti della nostra indagine sono presto dichiarati: intendiamo riconoscere autorità solo alla ragione umana, quindi ai risultati della ricerca storica. Né la Sacra Scrittura, né la dottrina della Chiesa saranno interpellate, perché chi non crede, o chi non è cristiano, non è disposto a riconoscerle come autorevoli.



10. Ne consegue che, per mostrare la credibilità del Cristianesimo, anche i Vangeli saranno trattati alla stregua di comuni documenti, il cui valore storico deve essere ancora accertato. E, per meritare di essere cre­duti, devono superare positivamente qualche interrogativo. Non daremo per scontato nemmeno il fatto che Gesù sia realmente esistito e per cere­dere che duemila anni fa questo figlio di un carpentiere abbia realmente visto la luce in terra di Palestina avremo bisogno della conferma di docu­menti storici.



11. Evidentemente i Cristiani non nutrono alcun dubbio riguardo l'esistenza storica di Gesù; ma questa certezza vale anche per chi non crede in Dio? Si dirà che la Sacra Scrittura è molto esplicita in proposito, e non mancheremo di interrogarla su Gesù Cristo, ma chi non crede chiede di vedere, conoscere, esaminare altri documenti storici. Docu­menti che non nascono, per esempio, in ambiente cristiano e che, quindi, non destano sospetti di parzialità.



12. Il cattolico potrà utilmente ricordare a chi non crede che fino al XVIII secolo a nessuno, nemmeno ai nemici più agguerriti della Reli­gione cristiana, era mai venuto in mente di negare l'esistenza storica di Gesù. Ma viviamo nel XX secolo e non scordiamo che, in tempi più recenti, l'esistenza di Cristo è stata definita da qualcuno puramente mitologica, fantastica, inventata. L'Enciclopedia Sovietica, per fare un esempio, si schierava su questa posizione. E così anche qualche "intellet­tuale" di casa nostra, l'italiano Umberto Galimberti, che in diversi arti­coli pubblicati su quotidiani nazionali paragonava Gesù Cristo al perso­naggio mitologico Mitra.



13. In verità, oggi le cose sono profondamente mutate e la caduta di quel muro di Berlino che è stato il simbolo della vergogna del nostro secolo ha trascinato con sé anche le sicurezze dell'Enciclopedia succitata. Infatti, grazie ad una documentazione sempre più rigorosa e ricca, oggi nessuno studioso degno di questo nome, a qualunque fede appartenga, oppure si professi semplicemente ateo, nega che l'esistenza storica di Gesù è abbondantemente documentata.



Documenti storici



14. Se diamo retta da un ex esattore delle tasse (Matteo), ad un medico (Luca), ad un giovane che per qualche tempo fu segretario del­l'Apostolo Pietro (Marco) e ad un anziano che fu tra i pochi ad ascoltare le parole di Gesù in croce (Giovanni), tutti vissuti nel primo secolo, l'esi­stenza di Gesù di Nazareth deve considerarsi un dato incontestabilmente accertato dal punto di vista storico.



15. I quattro testimoni hanno messo per iscritto i ricordi di quanto accaduto 2.000 anni orsono, lasciandoci così con i Vangeli le prove più preziose riguardo l'esistenza di Gesù. Ma, fino a questo momento, noi non abbiamo ancora esaminato il valore storico di questi documenti e quindi dobbiamo lasciarli da parte, per ora.



16. Altri riferimenti alla persona di Gesù sono molto rari nelle fonti documentarie non cristiane dei primi secoli. Il mondo romano lo ha sostanzialmente ignorato e quello ebraico, se talvolta lo ricorda, lo fa con disprezzo e con offese; ma, più spesso, non se ne è occupato.



17. La scarsità di informazioni provenienti da ambienti non cristiani non deve preoccupare ed è perfettamente comprensibile: in quell'epoca nessuno poteva immaginare a quale incredibile sviluppo andasse incontro il Cristianesimo. Oltre a ciò, la fine ingloriosa del suo Fondatore, crocifisso con l'infamante accusa di avere bestemmiato perché si era fatto uguale a Dio, non suscitava certo l'interesse degli storici pagani dell'epoca.



18. Tuttavia, i cronisti dell'Impero, le cui opere ci sono pervenute, sebbene solo con cenni e spesso con intenzioni non benevole, di Cristo e dei Cristiani qualche cosa dicono. I loro ricordi sono pochi e talvolta superficiali, segno che non conoscevano bene questo nuovo personag­gio, tuttavia meritano la massima attenzione.



19. Una prima traccia la troviamo in Flavio Giuseppe, storico giu­deo nato a Gerusalemme verso il 37/39 d.C. Capo della rivolta antiro­inana dell'anno 66, sconfitto, decise di passare al nemico, divenendo fedele servitore del comandante romano Vespasiano, futuro imperatore. Flavio Giuseppe mostra di conoscere bene i fatti di cui parla, per averli vissuti in prima persona. Gli studiosi lo accreditano come storico sostan­zialmente attendibile.



20. Alla fine del primo secolo scrive le Antichittà giudaiche. In quest'opera troviamo tre riferimenti a Gesù e ai Cristiani:

- il primo tratta della morte onorevole di Giovanni Battista (Antichità giudaiche, XVIII, 116-119);

- il secondo informa della morte di Giacomo, che Flavio Giuseppe quali­fica come "fratello di Gesù chiamato il Cristo" (ivi, XX, 200);

- il terzo, il più noto, è conosciuto come "Testimonium Flavianum".



21. Riportiamo il Testimonium Flavianum perché è sommamente importante ai fini del nostro discorso: "Ora, ci fu verso questo tempo Gesù, un uomo sapiente, seppure bisogna chiamarlo uomo: era infatti facitore di opere straordinarie, maestro di uomini che accolgono con piacere la verità. E attirò a sé molti Giudei, e anche molti dei Greci. Costui era il Cristo. E avendo Pilato, per denuncia degli uomini principali fra noi, punito lui di croce, non cessarono coloro che da principio lo avevano amato. Egli infatti comparve loro al terzo giorno nuovamente vivo, avendo già detto i divini profeti queste e migliaia d'altre cose mirabili riguardo a lui. E ancora adesso non è venuta meno la tribù di quelli che, da costui, sono chiamati i Cristiani" (Antichità giudaiche, XVIII, 63-64).



22. Come emerge da questa testimonianza, Flavio Giuseppe, alla fine del primo secolo, sarebbe stato a conoscenza non solo dell'esistenza di Cristo, ma anche dei suoi poteri, della sua funzione messianica e di quello straordinario avvenimento che va sotto il nome di risurrezione dai morti.



23. Tutto questo, in realtà, è apparso eccessivo a molti studiosi, cui non è piaciuto anche il tono elogiativo nei confronti di Gesù; tono che difficilmente un giudeo non cristiano avrebbe usato nei confronti del Nazareno. Ecco perché alcuni storici ritengono che questo passo sia stato interpolato da una ignota mano cristiana prima di giungere a Eusebio di Cesarea, il grande storico della Chiesa del IV secolo, che lo riporta nella sua celeberrima Historia Ecclesiastica (I, II).



24. In ogni caso, pur sfrondando il testo di tutti i toni elogiativi ed apologetici, resta il fatto che Flavio Giuseppe ha sentito parlare di Gesù, dei cristiani e, da storico, ne scrive senza mettere in dubbio la sua esi­stenza.



25. Ma qualche anno fa, uno studioso ebreo è riuscito a scoprire la probabile versione originale del Testimoniurn Flavianum. Ce ne dà notizia Vittorio Messori: "Nel 1971, una scoperta forse decisiva è venuta dal prof. Shlomo Pinès dell'Università Ebraica di Gerusalemme. Come titolò il suo articolo il 14 febbraio del 1972 il quotidiano International Herald Tribune «Gli ebrei portano le prove dell'esistenza di Gesù». Il prof. Pinès, infatti, notò per primo che del testo su Cristo nelle antichità si possedeva un'altra versione, diversa da quella giudicata inquinata delle edizioni classiche. Quella versione è contenuta in un'opera araba del X secolo, la Storia Uni­versale di Agapio, vescovo di Hierapolis in Siria. Agapio riporta il Testimo­nium Flavianum senza quelle espressioni di fede che lo facevano rifiutare dagli studiosi. Ora, osserva tra l'altro Pinès, sembra incredibile che un vescovo cristiano abbia minimizzato il testo di Flavio Giuseppe, togliendogli (se c'erano) i termini lusinghieri su Gesù. Inoltre, varie testimonianze di autori antichi (Origene, Girolamo, Michele il Siriano) sembrano confer­mare che il professore ebreo contemporaneo avrebbe davvero scoperto la ver­sione originale della testimonianza di Flavio. Se è così, dice Pinès, "abbiamo qui la più antica testimonianza scritta, di origine non cristiana, che riguardi Gesù". (...)

Ecco il brano di Flavio Giuseppe, così com'è riportato da Agapio, nella versione dell'Università Ebraica di Gerusalemme: "A quell'epoca viveva un saggio di nome Gesù. La sua condotta era buona, ed era stimato per la sua virtù. Numerosi furono quelli che, tra i Giudei e le altre nazioni, divennero suoi discepoli. Pilato lo condannò ad essere crocifisso e a morire. Ma coloro che erano divenuti suoi discepoli non smisero di seguire il suo insegnamento. Essi raccontarono che era apparso loro tre giorni dopo la sua crocifissione e che era vivo. Forse era il Messia di cui i profeti hanno raccontato tante meraviglie" (VITTORIO MESSORI, Ipotesi su Gesù, XV edizione, SEI, Torino 1977, pp. 238­239).



26. Anche in questa versione, purificata dalle interpolazioni dell'i­gnota mano cristiana, risulta evidente che Flavio Giuseppe non poneva in discussione l'esistenza reale di Gesù. Il dato è di fondamentale impor­tanza, perché ci è offerto da uno storico non cristiano e proviene da un ambiente che, se è certo dell'esistenza di Cristo, non ne accoglie il mes­saggio: è quindi un ambiente non interessato.



27. Questa testimonianza segna un punto a favore della reale esi­stenza storica di Cristo. Ve ne sono altre.



28. Due decenni dopo, verso il 112 d.C., il governatore Plinio il Giovane scrive una lettera all'imperatore Traiano. In essa non si parla di Gesù, ma si accenna ai cristiani i quali, in Bitinia (Turchia), regione posta sotto il suo comando, erano "abituati a radunarsi prima del levare del sole, per cantare un carme a Cristo come a un Dio" (Epist., X, 96).



29. Plinio chiede lumi all'imperatore riguardo l'atteggiamento da tenere nei confronti dei cristiani. Sa che, in base alla legge, vanno con­dannati con l'accusa di empietà, perché rifiutano di credere nella reli­gione ufficiale dell'impero e mancano di rispetto verso l'imperatore. Denuncia, inoltre, che i Cristiani sono in gran numero nelle città e nelle campagne, ma reputa innocue le loro riunioni e sa che con giuramento si obbligano a non commettere furti, a non commettere adulterio, a resti­tuire i prestiti e a non tradire la Fede.



30. La lettera di Plinio all'imperatore Traiano "è la più antica testi­monianza pagana sulle assemblee liturgiche dei Cristiani primitivi e sul­l'Eucaristia" (MARTA SORDI, I cristiani e l'impero romano, Jaka Book, Milano 1984, p. 67).



31. La risposta di Traiano non si fa attendere. Noi la conosciamo ed abbiamo così fra le mani il "più antico documento ufficiale sui rapporti fra il Cristianesimo e lo stato romano" (MARTA SORDI, op cit., p 67). L'imperatore dispone che i Cristiani non devono essere ricercati, ma pos­sono essere perseguitati solo se denunciati da qualcuno purché non ano­nimo, salvo che, sacrificando agli dei dell'impero, non rinneghino la loro Fede.



32. La lettera di Plinio ci impone qualche riflessione. Nei primi anni del II secolo vi erano Cristiani che si radunavano per rendere gloria a Cristo come a Dio. Se anche l'esistenza di Gesù fosse stata solo una invenzione mitologica, ebbene questa doveva risalire almeno al I secolo, quindi in epoca molto vicina alla vita del Nazareno, quando potevano insorgere molti testimoni in grado di smascherare il pericoloso inganno.



33. Invece di questi non abbiamo notizia e anche Plinio non fa alcun cenno di presunte invenzioni. Al contrario dà per scontato ciò che ai suoi tempi era pacificamente accettato: un certo Gesù era effettiva­mente esistito qualche decennio prima.



34. Qui dobbiamo registrare un secondo punto a favore della documentata storicità dell'esistenza di Cristo, mentre il cartellino su cui marcare le testimonianze a sfavore segna ancora zero.



35. Cinque anni dopo i fatti sopra ricordati, nel 117, lo storico Tacito scrive nei suoi Annali che Nerone, per evitare sospetti che pote­vano colpirlo a causa dell'incendio di Roma avvenuto nel 64 d.C., "ne presentò come rei e colpì con supplizi raffinatissimi coloro che il volgo, odiandoli per i loro delitti, chiamava Cristiani. L'autore di questa deno­minazione, Cristo, sotto l'impero di Tiberio (imperatore dal 14 al 37 d.C.,), era stato condannato al supplizio dal Procuratore Ponzio Pilato; ma, repressa per il momento, l'esiziale superstizione erompeva di nuovo, non solo per la Giudea, origine di quel male, ma anche per l' Urbe, ove da ogni parte confluiscono tutte le cose atroci e vergognose" (Annales, XV 44).



36. Come è facile notare, Tacito aveva nei confronti dei Cristiani e della loro religione una pessima opinione ed un atteggiamento marcata­mente ostile. Ma questo non è sufficiente per spingerlo ad accusare i Cri­stiani di essersi inventati l'esistenza di Cristo. Eppure, niente al pari di questa accusa, se provata, sarebbe valso a screditare defintivamente quella "esiziale superstizione".



37. Ma Tacito ci fornisce anche un dato molto interessante. Stando a lui, che è uno storico, nel 64 a Roma vi era gente che si profes­sava cristiana, dunque seguace di quel Cristo che era morto poco più di 30 anni prima. Nulla ci vieta di pensare che qualcuno della comunità romana, prima di trasferirsi dalla Palestina all'Urbe, abbia conosciuto personalmente Gesù. È questo, tra gli altri, il caso di Simon Pietro. Ma a noi interessa sottolineare che se l'esistenza di Cristo fosse stata inventata, qualcuno a Roma l'avrebbe certamente contestata e a Tacito, di questa falsificazione, ne sarebbe giunta l'eco. Invece, significativamente, non ci dà alcuna notizia di simili contestazioni.



38. Segnamo un terzo punto a favore della esistenza storica di Gesù, ma la nostra ricerca non è ancora giunta al termine.



39. Lo storico Svetonio, verso l'anno 120, ci lascia una indica­zione precisa sui Cristiani i quali, a suo dire, e come aveva rilevato Tacito, sotto Nerone furono "sottoposti a supplizi (...), razza di uomini d'una superstizione nuova e malefica" (Nero, 16).



40. Il giudizio di Svetonio sui Cristiani è fortemente negativo ed espresso con tinte di spregevole disprezzo. Egli avrebbe avuto buon gioco a svergognare la loro "superstizione nuova e malefica" se appena avesse saputo che era fondata su un personaggio mitologico, mai esistito. Invece, anche in questo caso, non troviamo accuse di questo genere.



41. Non solo. Egli ci informa che durante l'impero di Claudio (imperatore dal 41 al 54), predecessore di Nerone, furono "espulsi da Roma i Giudei i quali, ad impulso di Cresto, facevano frequenti tumulti" (Claudius, 25). Con tutta probabilità, l'espulsione citata da Svetonio avvenne tra il 49 e il 50 d.C. Tutti gli studiosi concordano nel ritenere che quel "Cresto" altri non sia che il Cristo e Svetonio, conoscendo troppo poco i Cristiani, lo crede presente a Roma.



42. A noi, però, interessa un dato: meno di 20 anni dopo la morte di Cristo, a Roma vi è già una comunità di suoi seguaci. È certamente passato troppo poco tempo per inventare l'esistenza di un Messia senza rischiare di essere scoperti e denunciati.



43. Segnamo un ulteriore punto, il quarto, a favore dell'esistenza storica di Gesù. Nessuna delle testimonianze storiche, non uno dei docu­menti che ci sono pervenuti, provenienti da ambienti non cristiani dei primissimi decenni dopo la morte di Cristo, contesta l'esistenza di Gesù.



44. Qualche decennio fa è stato scoperto un altro documento. È una lettera che uno storico siriaco, di nome Mara Bar Sarapion, indirizza a suo figlio nell'anno 73 d.C. In questa lettera viene ricordato come i Giu­dei avrebbero messo a morte il loro "saggio re", dove il riferimento a Gesù, del quale non si fa tuttavia il nome, è comunque di una evidenza lampante.



45. Anche gli avversari accaniti del Cristianesimo non contestano l'esistenza storica di Gesù. Tra questi, merita di essere ricordato un filo­sofo di nome Celso, vissuto nel Il secolo, autore di scritti polemici con­tro la nuova religione. Ciò che conosciamo di lui proviene da Origene, che scrisse un'opera per confutarlo (Contra Celsum).



46. Tra il 178 e il 180, Celso mise mano ad uno scritto, forse pub­blicato in due libri, fortemente polemico nei confronti del Cristianesimo. Egli mostra di conoscere bene la Bibbia e la letteratura cristiana apologe­tica dei primi secoli. Parlando dei Cristiani non conosce mezzi termini: li accusa di ignoranza, di fanatismo, di superstizione. Accusa Gesù di essere stato un ciarlatano, in possesso di arti magiche con le quali si spieghereb­bero i miracoli che gli vengono accreditati.



47. Per la sua violenza verbale, Celso può essere considerato il Vol­taire del Il secolo; tuttavia, nonostante questa avversione, non ha mai messo in dubbio l'esistenza storica di Gesù Cristo.



48. Per attaccare i Cristiani, Celso si serve di tutti gli argomenti a sua disposizione, ma non dell'unico che avrebbe avuto valore ultima­mente definitivo: quello di essersi inventati l'esistenza di Cristo. E anche questo dato, che va ad aggiungersi ai precedenti, deve essere tenuto in debita considerazione.



49. Siamo giunti alla fine di questo capitolo. Ogni cattolico non può dubitare che il Cristianesimo è una Religione fondata su un perso­naggio realmente esistito. Il grosso delle testimonianze storiche sulla vita e le opere di Gesù è contenuto in quattro libretti, i Vangeli. Dovremo ri­volgere verso di loro la nostra attenzione e sottoporli a qualche interro­gativo per verificare se meritano di essere considerati autentici documenti storici. È quanto faremo nei prossimi capitoli.



"Se noi diminuiamo la personalità di Gesù storicamente, dobbiamo poi spiegare da dove sia venuto il cristianesimo". (MONS. ENRICO GALBIATI, in STEFANO ALBERTO la cura di], Vaiagclo e storicitta. Un dibattito, BUR, Milano 1995, p. 44)

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