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PERCHE' CREDERE

Ultimo Aggiornamento: 18/07/2013 11:46
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18/07/2013 11:34
 
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Il mondo è finalizzato, dunque Dio esiste



"Diciamo dunque che Dio è vivente, eterno e ottimo; cosicché a Dio appartiene una vita perennemente continua ed eterna: questo è, dunque, Dio".

(ARISTOTELE, Metafisica, XII, 1072 b 30)



I. Il Concilio Vaticano II, confermando il bimillenario insegna­mento della Chiesa cattolica, afferma che "Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere conosciuto con certezza col lume naturale dell'umana ragione dalle cose create" (Dei Verbum, n. 6). Questo è tenuto a credere ogni cattolico. Ma anche chi non crede, se ragiona bene, può giungere a condividere l'insegnamento del Concilio. Vediamo come.



2. Il punto di partenza di questa via che conduce alla esistenza di Dio è una semplice constatazione, così evidente che chiunque, anche chi non crede, può fare propria. Eccola: intorno a noi ci sono cose (enti, nel linguaggio filosofico) che non sono intelligenti.



3. Queste cose prive di intelligenza sono i corpi della natura: un fiore, una cellula, gli organi umani non intelligenti, il fegato, lo stomaco, l'intestino, gli animali, etc.



4. Dopo questa prima constatazione, il cattolico condividerà con chi non crede un secondo dato di fatto, innegabile: queste cose non intelligenti si comportano intelligentemente. Sono cose prive di intelli­genza, sono prive di conoscenza intellettiva, ma si comportano come se fossero intelligenti.



5. Perché diciamo che si comportano intelligentemente? Perché - come insegna san Tommaso d'Aquino - agiscono costantemente per rag­giungere uno scopo, un obiettivo. E questo fine è identificato in ciò che per queste cose non intelligenti è il loro meglio. Vedremo, poco oltre, che per raggiungere costantemente un fine è necessaria una operazione intelligente.



6. Ripetiamo che questo punto di partenza dell'indagine sull'esi­stenza di Dio è un dato di fatto, è una semplice constatazione. Esso non dipende dalla Fede religiosa, ma dalla osservazione della realtà umana o della natura che ci circonda. Facciamo un esempio, prendendo un organo del corpo umano: l'occhio.



7. È un organo complicatissimo. Il fisiologo statunitense George Wald, premio Nobel nel 1967 per la medicina, sostiene: "Che sul fondo di ciascun nostro occhio vi siano oltre 100 milioni di antennine riceventi, lascia tutti noi sorpresi e sgomenti. È un prodigio della natura che supera ogni più ardita fantasia" (tratto da DOMENICO E. RAVALICO, La Creazione non è una favola, Paoline, VI ed., Milano 1987, p. 133). La scienza moderna non è ancora capace di riprodurlo, di ricostruirlo, non è ancora in grado di risolvere definitivamente il problema della cecità, costruendo occhi nuovi ed efficienti per sostituirli a quelli che non fun­zionano.



8. È facile osservare come l'occhio sia costituito in modo tale da raggiungere sempre o quasi sempre il suo scopo: vedere. Tutti sanno che esso non è intelligente, ma adempie un compito - il vedere, appunto - intelligentissimo. E non solo: il nostro stupore aumenta quando consta­tiamo (un'altra constatazione, un altro dato di fatto) che anche fuori dal­l'occhio ci sono cose non intelligenti che esistono con lo scopo di colla­borare con l'occhio, di permettergli di vedere (la luce) o di essere visti (gli oggetti colorati). Queste cose non intelligenti, la luce e gli oggetti colorati, permettono all'occhio di svolgere la sua funzione, di raggiun­gere il suo obiettivo.



9. Come è possibile che cose non intelligenti (l'occhio, la luce e gli oggetti colorati) collaborino tra di loro in modo estremamente intelli­gente per consentire il raggiungimento di uno scopo, di un fine, il vedere appunto? È una domanda che possono avanzare tanto credenti quanto non credenti. Teniamo, per ora, in sospeso la risposta.



10. Facciamo un secondo esempio. Pensiamo ad un'altra realtà non intelligente: una cellula, una semplice (si fa per dire) cellula. Essa è l'ele­mento base della vita, dice la scienza. Tutti sanno che una cellula non è intelligente tanto nel suo insieme quanto negli elementi che la compon­gono: la membrana plasmatica o cellulare, il citoplasma, il nucleo con il suo nucleolo, la membrana nucleare, il reticolo endoplasmatico, il mito­condrio, l'apparato di Golgi, i centrioli, il lisosoma, il vacuolo e i ribosomi.



11. Ora, che cosa possiamo constatare con immenso stupore? Tutti questi elementi non intelligenti, posti uno accanto all'altro, invece di fare confusione come logica vorrebbe, interagiscono con mirabile organizza­zione e distribuzione di compiti. In un certo senso possiamo dire che si accordano tra loro, quindi compiono una operazione intelligentissima, per raggiungere un fine, uno scopo: dare vita ad una struttura complessa, la cellula, capace di conservarsi, di moltiplicarsi, di riprodursi e di ripa­rarsi quando si registrano danni.



12. E non solo. Le cellule, che singolarmente considerate sono tutte realtà non intelligenti, invece di fare confusione, si accordano mira­bilmente all'interno del corpo di un essere vivente per raggiungere uno scopo: dare vita ad organi complessi, così complessi da svolgere funzioni che nemmeno i più sofisticati computers inventati dall'uomo sono in grado di imitare.



13. Perché miliardi di cellule si organizzano per raggiungere lo scopo di dare vita ad organismi complessi? Anche qui lasciamo in sospeso la risposta.



14. Facciamo un terzo ed ultimo esempio. In ciascun uomo esi­stono organi non intelligenti, che tuttavia si comportano in modo straor­dinariamente intelligente: l'occhio opera per vedere, lo stomaco agisce per digerire, il cuore si contrae per pulsare il sangue, le vene e le arterie canalizzano il sangue e lo trasportano, etc.



15. Che cosa ci offre una semplice osservazione degli organi che compongono il nostro corpo? Ci fa vedere che tutti questi organi messi insieme in un corpo umano, invece di fare confusione, si coordinano (dunque fanno una cosa intelligente) per raggiungere uno scopo gene­rale. Scopo generale che in noi uomini, e in tutti gli esseri viventi, è la conservazione in salute della vita.



16. Dunque, il cattolico, per dimostrare l'esistenza di Dio, parte da un punto fermo: in natura vi sono cose/enti non intelligenti che ope­rano intelligentemente per raggiungere un fine. Tutto questo viene chia­mato "finalismo della natura non intelligente".



17. Prima di domandarci chi sta all'origine di questo finalismo, è bene interpellare anche la scienza, che studia i fenomeni della natura. Essa conferma che la natura non intelligente è finalizzata.



18. Jacques Monod (1910-1976), biologo francese, pioniere della genetica molecolare, Premio Nobel per la fisiologia e la medicina, dichia­ratamente ateo, scrive in un'opera divenuta celebre: "Una delle proprietà fondamentali di tutti i viventi, nessuno escluso, [è] quella di essere oggetti dotati d i un progetto, rappresentato nelle loro strutture e, al tempo stesso, realizzato mediante le loro prestazioni [...]. È indispensabile riconoscere questa nozione come essenziale alla definizione stessa degli esseri viventi [...]. A questa nozione daremo il nome di teleonomia" (JACQUES MONOD, Il caso e la necessità, Mondadori, Milano 1970, p. 21). Teleo­nomia, dal greco "telos" = fine. Teleonomia è la legge finalistica.



19. Sentiamo ancora Monod, a pag. 38 del suo libro più famoso: "L'oggettività ci obbliga a riconoscere il carattere teleonomico degli esseri viventi, ad ammettere che nelle loro strutture e nelle loro operazioni realiz­zano e perseguono un progetto".



20. Le osservazioni di questo scienziato dichiaratamente ateo, additato come modello da tutti coloro che negano l'esistenza di Dio e rimandano al caso e alla necessità per spiegare quanto esiste, andrebbero utilizzate anche da ogni cattolico. Monod, infatti, ritiene che tutti gli esseri viventi, e non solo le cose non intelligenti delle quali ci stiamo occupando in questo capitolo, sono dotate di un progetto, sono proget­tate ed operano per raggiungere uno scopo.



21. In ogni caso, ciò che per ora conta è che il dato della nostra esperienza è confermato dalla scienza. La natura non intelligente opera per raggiungere un fine, uno scopo: è finalizzata. Da questo dato, acces­sibile a tutti gli uomini, credenti in Dio o meno, parte la nostra rifles­sione. Proprio su questo dato di esperienza, che nessuno, credente o non credente, può negare senza cadere nel ridicolo e nell'assurdo, noi impo­stiamo un ragionamento.



22. Ci aiuta san Tommaso d'Aquino. Egli afferma che le cose non intelligenti, i corpi della natura non intelligente che tuttavia si com­portano intelligentemente per raggiungere un fine, non possono essersi dato questo fine da soli.



23. San Tommaso aveva perfettamente ragione. Perché non posso­no essersi dato un fine da soli? Per un semplice motivo, che anche chi non crede in Dio può facilmente condividere: perché per raggiungere un fine sono necessarie due operazioni che possono essere compiute solo da realtà intelligenti:

- la prima: conoscere il fine che si vuole raggiungere, ma che ancora non c'è. È dunque necessario, in un certo senso, "anticipare" il fine, "pre­vedere" il fine;

- la seconda: predisporre i mezzi per raggiungere il fine.



24. Ora, si è ben compreso qual è la chiave di volta della nostra riflessione, che un cattolico esporrà con chiarezza a chi non crede: solo un essere intelligente può conoscere e pre-vedere (vedere prima) il suo fine. Solo un essere intelligente può conoscere uno scopo da raggiungere prima che sia stato raggiunto, dunque uno scopo che esiste solo nella mente. E solo un essere intelligente è dotato di una mente, di una intelligenza e grazie ad essa può predisporre (ordinare, disporre prima di uti­lizzarli) i mezzi necessari per raggiungere un obiettivo.



25. Un occhio, una cellula, ma anche un fiore e tutti i vegetali, gli animali, gli organi di un corpo vivente, proprio perché non sono intelligenti, non conoscono il loro fine, nulla sanno dei loro compiti, non sono in grado di decidere da soli e di predisporsi alla collaborazione con altre realtà non intelligenti con le quali operare per raggiungere uno scopo. Ma, ciononostante, questo è quello che accade costantemente in natura. Come è possibile?



26. Se le cose della natura non intelligente si comportano intelli­gentemente, e si comportano intelligentemente - lo abbiamo visto - per­ché raggiungono un fine, e se non possono essersi date da sole questo fine proprio perché non sono intelligenti, domandiamoci: "Da dove viene questo finalismo? da dove viene questo progetto della natura non intelligente?" In altre parole: "Chi ha finalizzato la natura non intelli­gente? Chi l'ha dotata di un progetto?".



27. Questa è la domanda alla quale chi non crede nell'esistenza di Dio non sa e non può rispondere.



28. Infatti, abbiamo visto come sia del tutto impossibile che la natura si sia finalizzata da sola perché essa non è intelligente.



29. È altrettanto impossibile che la natura si sia finalizzata per caso, per opera di un caso. Il caso, per definizione, è cieco, incostante e irripetibile. Invece, le operazioni intelligenti compiute dalla natura non intelligente per raggiungere il suo fine si ripetono costantemente, ed essendo ripetitive non possono avere origine dal caso.



30. Tuttavia, poiché il caso è la risposta maggiormente utilizzata da chi nega l'esistenza di Dio, e nell'immaginario collettivo ha ancora un certo diritto di cittadinanza, anche se infondato, gli dedicheremo un ap­posito capitolo.



31. È impossibile che sia stato l'uomo a finalizzare la natura non intelligente. È vero che l'uomo è un essere intelligente, che è capace di porsi un fine e di preordinare i mezzi per raggiungerlo. Ma chi di noi può vantarsi di avere predisposto anche un solo organo di cui è compo­sto per raggiungere un fine?



32. Vi è chi risponde affermando che sono le leggi della natura a far sì che i corpi non intelligenti si comportino necessariamente così (in modo intelligente) per raggiungere il loro fine. Ma questa non è una ri­sposta alla domanda che ci siamo posti. Infatti, resta aperta la questione: e chi ha dato alla natura non intelligente queste leggi intelligentissime?



33. L'unica risposta ragionevole, logica, che soddisfa la ragione umana, anche quella di coloro che non credono, ci conduce ad ammette­re l'esistenza di un altro Essere intelligente, che non sia l'uomo "dal quale tutte le cose naturali sono ordinate ad un fine" (san Tommaso d'Aquino).



34. Ora, questo essere intelligente è colui che ha finalizzato l'uni­verso intero, ha predisposto i mezzi della natura tutta intera. Una simile intelligenza è solo quella di Dio.



35. Dunque, Dio esiste e ha lasciato una traccia evidente della sua opera intelligente: il finalismo della natura non intelligente. La ragione umana, anche quella di chi si dichiara ateo, osservando con attenzione il finalismo della natura e domandandosi l'origine di questo dato, di questa traccia, non può non giungere ad ammettere l'esistenza di un Finalizza­tore dell'universo intero: Dio.



“La filosofia può rispondere alla domanda: Esiste Dio? Il vangelo risponde all'interrogativo: chi è Dio? La Ri­velazione ci fa entrare all'interno, svelandocene essenza e segreti, di quel Dio di cui la ragione ha ammesso l'esi­stenza”. (JEAN GUITTON, tratto da VITTORIO MESSORI, Inchiesta sul Cristianesimo, Oscar Mondadori, 1993, pp. 72-73)

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