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Risposta a obiezione sul pensiero di s.Agostino

Ultimo Aggiornamento: 03/07/2013 14:40
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03/07/2013 14:35
 
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(1) Si è distinto, tra tutti, B. Russel nelle sezioni dedicate ad Agostino ed il desiderio sessuale nella suaHistory of Western Philosophy, vol. II (tr. it. Milano 1966, pp. 461, 478), dove il tema del peccato e della colpa che hanno reso «il sesso odioso all’asceta» sono visti nella prospettiva del furto giovanile di pere. Tra gli italiani ricordiamo E. Buonaiuti, I rapporti sessuali nell’esperienza religiosa del mondo mediterraneo, Roma 1949, p. 121, dove la dottrina sessuale agostiniana è detta dovere la sua inesorabilità e la sua durezza ad un «proposito antidemografico».

    (2) Rimandiamo il lettore alle opere di J. T. Noonan,Contraception, A History of its Treatment by the Catholic Theologians and Canonist, Cambridge, Massachusetts 1965, p. 120; di A. Valsecchi,Regolazione delle nascite, Brescia 1967, pp. 158-159; di J. Ford- G. Kelly, Contemporary Moral Theology, vol. II, Cork 1963, p. 174; di E. Chiavacci, Proposte morali tra l’antico e il nuovo, Assisi 1973, pp. 62-63, che si basano tutti su un testo del De moribus Ecclesiae catholicae et de moribus manichacorum (II, XVIII, 65) per inferire che Agostino ha severissimamente condannato l’uso contraccettivo dei tempi infecondi (ma vedi su questo testo quanto è scritto più avanti, nota 93). Oppure, tanto per fare un altro esempio, quanto ricava B. Häring, Theologische Brennpunkte. Brennpunkt Ehe, Frankfurt 1968, p. 38, dal Sermo LI (XV, 25); anche per questo testo vedi più avanti a n. 80. 

    (3) Così il Noonan, Contraception..., p. 131, che afferma che Agostino non ha fatto altro che conferire una forma classica alla morale coniugale di Filone e degli stoici. O, per quanto riguarda l’influenza neoplatonica, J. Bigham e A. Mollegen (cf. The Christian Ethic, in R. W. Battenhouse, A companion to the study of St. Augustine, New York 1955, p. 385) che indicano che il santo intendeva il celibato come fuga dal corpo e dal mondo. O infine, per il manicheismo, C. Schahl, La doctrine des fins du manage dans la théologie scolastique, Paris 1948, pp. 28-30, che vede nella lunga frequentazione degli eretici dualisti il limite della dottrina matrimoniale agostiniana. 

    (4) Pensiamo agli studi di B. Alves Pereira, La doctrine du mariage selon St. Augustin, Paris 1930; N. Ladomerszky, Saint Augustin, docteur du mariage chrétien, Rome 1942; A. Reuter, S. Aurelii Augustini doctrina de bonis matrimoniis, Roma 1942. 

    (5) K. E. Børresen, Subordination et équivalence. Nature et rôle de la femme d’après Augustin et Th. d’Aquin, Oslo-Paris 1968. 

    (6) Si veda la serie di Saggi di G. Armas, Hacia una etica agustiniana del hogar, «Augustinus», 3 (1958), 461-477; 4 (1959), 519-527; 6 (1961), 499-512; 7 (1962), 145-164. 

     (7) A. Brucculeri, Il pensiero sociale di S. Agostino, Roma 1932. 

     (8) Uno degli studi più recenti, ma non indiscussi, quello di P. Brown, Augustine of Hippo, Berkeley-Los Angeles 1967, p. 389 (tr. it. Torino 1971), ha concluso, che sulla base dell’esame della sua comprensione del rapporto ragione-sessualità Agostino appare «as a Manichee or an extreme Platonist». 

    (9) Secondo il Dorner e il Sommerlad, Agostino avrebbe condannato il matrimonio. Secondo il Lecky l’avrebbe considerato una conseguenza del peccato originale o comunque peccaminoso. Per Harnack il santo l’avrebbe stimato impuro (cf. i testi citati da J. Mausbach, Die Ethik des heiligen Augustlnus, Freiburg 19292, p. 318). Per Noonan, Contraception..., p. 119, l’impronta manichea non si è mai estinta nel suo pensiero. Secondo D. S. Bailey, Sexual right in Christian Thought, New York 1959, p. 59, Agostino è responsabile dell'insinuazione dell’idea che la cristianità considera il sesso come infetto dal male. Per M. Müller,Die Lehre des hl. Augustinus der Paradiesehe und ihre Auswirkungen in der Sexualethik des 12/13 Jh’s bis Thomas, Regensburg 1954, pp. 25 ss.; e per F. Körner,Vom Sein und Sollen des Menschen (Etudes Augustiniennes 13), Paris 1963, p. 35, è certo che tratti manichei hanno caratterizzato la sua posizione di fronte alla sfera corporeo-sessuale. 

    (10) Per il platonismo ed il neoplatonismo si devono citare L. Lochet, Les fins du mariage, «Nouv. Rev. Théol.», 73 (1951), 449-465; 561-586 e J. A. Beckaert, Bases philosophiques de l’ascèse augustinienne, in Augustinus Magister, II, Paris 1954, pp. 703-711. Il primo vede un’influenza di principio, il secondo ma senza comprovare, le seguenti referenze: Fedone, Gorgia, Teeto, IV, Enneade. Per lo stoicismo, cf. le conclusioni di J. Fuchs, Die Sexualethik Thomas von Aquin, Köln 1949, p. 13, che parla (cf. più avanti pp. 230 ss.) di etica sessuale rigorosa improntata al pessimismo sessuale della Stoa; e di L. Janssens, Morale conjugale et progestogènes, «Eph. Theol. Lov.», 1963, 787-826; Chasteté conjugale selon l’encyclique Casti connubii, «Eph. Theol. Lov.», 1966, 413-544 (su questi saggi poi raccolti in volume cf. più avanti pp. 231 s.). Infine per la filosofia romana cf. J. O’Meara, Virgil and S. Augustin: the roman Background to Christian sexuality, «Augustinus», 13 (1968), 307-326. 

    (11) I. Hausherr, Hésychasme et prière, Roma 1966, p. 88. 

    (12) I passi che sembrano collocare Agostino su una linea lassista sono il De sermone Domini in monte, I, 50 (il caso di una donna di Antiochia che per liberare il marito dalla prigione si era concessa ad un altro, a proposito del quale l'Ipponate commenta: «liceat cuique aestimare quod velit» («Sia consentito a ciascuno di giudicare come vuole»; NdC): cf. J. Peters, Die Ehe nach der Lehre des hl. Augustinus, Paderborn 1918, p. 26 (si tratta di un testo immediatamente seguente la conversione) ed il De fide et operibus XIX, 35 (un testo dove è qualificata con l’avverbio venialiter la colpa di un marito tradito che si unisce ad un’altra donna): cf. H. Crouzel, L’Èglise primitive face au divorce, Paris 1971, p. 332 (l’oscurità degli incisi non permette conclusioni contrarie a ciò che è negato negli altri libri del Santo); per i passi, invece, che sembrano collocarlo su una linea ultra-spiritualizzante e cioè Soliloquia I, X, 17 e I, XIV, 24 (il matrimonio descritto come ciò rispetto a cui «nihil tam fugiendum...esse» («niente di più debba essere fuggito»; NdC) e l’amplesso coniugale come ciò che va visto «cum horrore et aspernatione» («con orrore e con disprezzo»; NdC) si ricordi che i testi sono del 386; quanto al Sermo CXCII delI’Appendix (che condanna il concepimento durante i giorni festivi e comanda ai coniugi che hanno compiuto l’atto di astenersi dall’entrare in chiesa), cf. il criterio dell’identità di dottrina addotto da C. Lambot per stabilire l’autenticità dei sermoni: Critique interne et sermons de Saint Augustin, StPatr I (TU 63), 1957, p. 125. 

    (13) Cf., per esempio: De bono coniugali III, 3; XXXIV, 32; De sancta virginitate XII; De Genesi ad Litteram IX, VII, 12; De peccato originali XXXIV, 39; De nuptiis et concupiscentia i, XVII, 19; Contra Julianum pelagianum III, XXV, 57; V, XII, 46. Precisiamo che per una necessità di uniformare le citazioni ci rifacciamo sempre (salvo avviso contrario) all’edizione del Migne. D’ora innanzi le opere già citate saranno siglate secondo l’uso corrente. 

    (14) Mentre il De bono con. XXIV, 32 sembra limitare il bonum sacramenti ai soli cristiani («quod autem ad populum Dei pertinet etiam in sanctitate sacramenti»), sia il De nuptiis I, XXI, 23 («Quod ergo est in Christo et in Ecclesia magnum, hoc in singulis quibusque viris atque uxoribus minimum, sed tamen coniunctionis inseparabilis Sacramentum s), sia il C. Jul. v, xii, 46 (<< Ego autem... adverti etiam tertium bonum quod esse in coniugibus debet, maxime perti nentibus ad populum Dei, quod mihi visum est esse aliquod sacramentum, ne divortium fiat... >>) estendono il bonum sacramenti anche ai pagani. Un testo intermedio che parla di indissolubilità, ma non di bonum sacnamenti per il matrimonio pagano è il De coniugiis adulteninis i, xviii, 22. 

    (15) Solo a titolo indicativo riportiamo questo passo del De Gen. ad litt. IX, VIII, 12: «Hoc autem [il bene del matrimonio] tripartitum est: fides, proles, sacramentum. In fide attenditur ne praeter vinculum coniugale cum altera vel altero comcumbatur; in prole, ut amanter suscipiatur, benigne nutriatur, religiose educetur; in sacramento autem ut coniugium non separetur et dimissus aut dimissa nec causa prolis alteri coniungatur».

     (16) De bono con. III, 3. 

    (17) De s. virg. XII, 12. 

    (18) De bono con. XI, 12; De nuptiis II, XXXII, 54; De bono con. IV, 4. 

    (19) De bono vid. III, 4: «Quantum autem bonum habeat nuptarum fides, hinc intelligi potest, quod cum de fugienda fornicatione praeciperet, ubi utique et coniugatos alloquebatur, Nescitis — inquit — quia corpora vestra membra sunt Christi. Tantum ergo bonum est fidelis coniugii, ut etiam ipsa membra sint Christi». Oltre a 1 Cor. 6, 19, appena citato, Agostino rimanda per il bonum fidei ad un altro passo paolino 1 Cor. 7, 4 (cf. De bono con. XXIV, 32). 

    (20) De bono con. VI, 7: «Quod [il legame] nequaquam puto tantum valere patuisse nisi alicuius rei maioris ex hac infirma mortalitate hominum quoddam sacramentum adhiberetur... ».

    (21) De bono con. VI, 6: «Usque adeo foedus illud initum nuptiale cuiusdam sacramenti res est, ut nec ipsa separatione irritum fiat»>.

    (22) De bono con. XXIV, 32. 

    (23) I tre testi biblici sono rispettivamente: 1 Tim. 5, 14; 1 Cor. 7,4; 1 Cor. 7, 10, 11. Nel De Gratia et peccato originali (II, 34, 39) il bonum sacramenti è fondato in Mt. 19, 6. 

     (24) Tra i rappresentanti di questa linea segnaliamo: Estius, Billuart, Pesch,Scheeben, Tepe, Mazzella. 

     (25) E. Portalié, Augustin, in DThC, i, 2431. 

     (26) G. H. Joyce, Christian Marriage. An historical and doctrinal Study, London 1948 (tr. it. Alba 1955, pp. 164-165). Per l’omologia istituita tra l’incancellabilità delsacramentum del matrimonio e quella del battesimo, cf.De nuptiis I, x, 11 e De coniugiis adulteririnis IX, V; per l’omologia con il Sacramento dell’ordine cf. De bono con.XXIV, 32. 

     (27) Su questa posizione, seppur con sfumature, si trovano: Alves Pereira, Og gioni, Couturier, Ladomerszky, Reuter, Mausbach, Godefroy. 

     (28) Alves Pereira, La doctrine du mariage..., pp. 185 ss. 

     (29) Ibi, p. 187; P. Visentin, Il matrimonio nella luce della teologia patristica, «Riv. Liturgica», (1968), 327-341, ricorda che questa attenzione allo status piuttosto che non alla celebrazione del rito è comune ai padri; cf. anche, per questa preterizione del matrimonio come rito che dà la grazia, G. Oggioni, Il matrimonio nei Padri (sino ad Agostino), Venegono 1963, pp. 402-403. 

     (30) Alves Pereira, La doctrine du mariage..., p. 190. Neppure il Tractatus in Joh. IX, 2 {C.C. p. 91] una volta che lo si confronti con il Sermo CXXIII 2, che spiega che l’istituzione delle nozze è compiuta da Gesù, ma sin da quando era presso il Padre. Cf. M. F. Berrouard,L’enseignement de S. Augustin sur le mariage dans le tract. IX, 2 in Johannis evangelium, «Augustinus», 12 (1967), 83-96. 

     (31) Alves Pereira, La doctrine du mariage..., p. 200.

     (32) Oggioni, >i>Il matrimonio nei Padri..., p. 403. 

     (33) Visentin, Il matrimonio..., p. 339. 

     (34) P. Visentin, La sacramentalità del matrimonio nella teologia dei Padri, «Studia Patavina», 5 (1968), 395. 

     (35) De bono con. VI, 7. 

     (36) Visentin, La sacramentalità..., p. 396. Lo stesso autore in un altro saggio (Mysterium-Sacramentum dai Padri alla Scolastica, «Studia Patavina», 3 , 407), aveva osservato: « ... il nostro Santo non si è posto esplicita mente il problema del rapporto preciso tra simbolismo ed efficacia dei sacramenti come appare a noi oggi, d’altra parte però è certissimo che egli ha creduto come noi all’efficacia reale dei sacramenti lì per esempio dove scrive: «aliud est sacramentum, aliud virtus sacramenti [In Johannis evangelium tr. XXVI], o dove distingue (contro i donatisti e l'errore di Cipriano) l'usus e l'effectus sacramenti, dove contrappone la visibilis forma e l'invisibilis gratia...».

    (37) Il Vasquez, citato in Peters, Die Ehe..., p. 29, aveva accennato a questo impossibile utilizzo di Agostino nelle De matrimonio disputationes II, 5, 30. Cf. anche questa icastica frase di Calvino (Institutio religionis chistianae IV, 19): «Matrimonium.quod ut a deo institutum fatentur omnis, ita pro sacramento datum nemo usqua ad Gregorii tempora viderat. Et cui umquam sobrio venisset in mentem?». 

    (38) Cf. per esempio de nuptis I. X, 11: «Quoniamo sane non tantum fecunditas cuius fructus in prole est; nec tantum pudicitia, cuius vinculum est fides; verum etiamo quoddam sacramentum nuptiarum commendatur fidelibus coniugatis, unde dicit Apostolus,Viri, diligite uxores vestras, sicut et Christus dilexit Ecclesiamo: huius procul dubio sacramenti res est ut mas et femina connubio copulati quamdiu vivunt inseparabilit perseverent... Hoc einim custoditur in Christo et in Ecclesia, ut vivnes in aeternum nullo divortio separetur». Ed anche De nuptiis I, XXI, 23 citato alla nota 14. 

    (39) De coniugiis adult. II, XI, 11: «Nam procreandorum filiorum ista causatio (questo pretesto di voler aver figli) etiam non adulteras sed castissimas feminas, si forte sint steriles, cogit dimitti et alteras duci: quod tibi (è l’interlocutore dell’opera, Pollenzio) existimo non placere. Quapropter si causa incontinentiae non sunt excusanda adulteria quanto minus excusantur procreandorum causa filiorum».

    (40) Questo orientamento a! modello coniugale costituito da Cristo e dalla chiesa non esclude soltanto, come è evidente, ogni genere di colpa morale del tipo dell’adulterio, dell’onanismo coniugale, dell’uso contro natura della sessualità, ma stabilisce i confini dello stessonaturalis usus (De bono con. XI, 12). Per Agostino è necessario che gli sposi si propongano come fine la procreazione dei figli: solo in questo caso l’atto coniugale è totalmente senza peccato (De bono con. X, 11: «Concubitus enim necessarius causa generandi, inculpabilis et solus ipse nuptialis est»). Questa severità che sembra escludere II valore unitivo nel matrimonio [chi unisca un'intenzione ad satiandam concupiscientiae, sia pure con il proprio coniuge, viene detto da Agostino peccare venialmente: De bono con. VI,6] va però intesa. Non soltanto, come si è visto, la presenza del bonum sacramenti impedisce di pensare che il matrimonio sia giustificato solo dalla sua fecondità, ma, come s vedrà, si tratta di stabilire l'esatto significato di questa colpa veniale di cui si macchia il matrimonio. Inoltre, dall'esame della struttura della concupiscientia, che verrà fatto più avanti e che è oggetto specifico dell'attenzione agostiniana nelle opere della tarda maturità, risulterà abbastanza chiaro che il santo non condanna la ricerca della satisfactio all'interno del matrimonio, quanto la non conformità tra questa ricerca della satisfactio e il fine della propagazione della prole. Ciò che si condanna è ilnon ricercare che la satisfactio concupiscentiae, sì che questo valore unitivo verrebbe preposto agli altri valori; cf. M. Zalba, Num Ecclesia doctrinam suam mutaverit?, «Per. Mor. Can. Lit. », 54 (1965), 473-474. 

    (41) Cf. la nota 222. 

    (42) J~ Freisen, Geschichte des canonischen Eherechtes his zum Verfall der Glossenliteratur, Paderborn 1893, pp. 28, 86, 89. 

    (43) B. Schwane, Dogmengeschichte, II, Freiburg 1895, pp. 868 ss. 

    (44) O. Schilling, Die Staats-und Soziallehre des hl. Augustinus, Freiburg 1910, p. 190. 

    (45) J. Tixeront, Histoire des dogmes, II, Paris 1912, p. 425. 

    (46) B. Roland Gosselin, La morale de S. Augustin, Paris 1925, pp. 157-158; Mausbach, Die Ethik des heiligen Augustinus, I, pp. 320-323. 

    (47) Alves Pereira, La doctrine du mariage..., pp. 41-50. 

    (48) Ibi, p. 53. 

    (49) Ladomerszky, Saint Augustin..., p. 71. L’autore non ricalca solo su questo punto l’opera deIl’Alves Pereira, ma un po’ dappertutto. 

    (50) Cf., per esempio, Schahl, La doctrine..., p. 14; Lochet, Les fins du mariage, p. 567; Janssens, Chasteté conjugale..., p. 525; Mariage et fecondité de Casti connubii a Gaudium et Spes, Paris 1967, p. 14; L. Dupré, From Augustine to Janssens, in The Commonweal, 1964, p. 337. 

    (51) Janssens, Chasteté conjugale..., p. 524. 

    (52) Cf. J. Saint-Martin, Notes complémentaires, allaBibliothèque Augustinienne, III: L’ascétisme chrétien, Paris 1949, pp. 442-443. 

    (53) Reuter, S. Aurelii Augustini..., pp. 105-107, osserva molto opportunamente sia che Agostino parla di beni e mai di fini, sia che questa distinzione ha un’origine tipicamente moderna. 

     (54) Cf. J. Stelzenberger, Die Beziehungen der frühchristlichen Sittenlehre zur Ethik der Stoa, München 1932, pp. 406-408. 

    (55) G. Mancini, L’etica stoica da Zenone a Crisippo, Padova 1940, p. 116. 

    (56) Sembra che la formula e le tabulae nuptiales su cui era scritta facciano parte di una usanza di origine orientale pervenuta a Roma attraverso la civiltà fenicia dell’Africa, cf. E. Schillebeeckx, Il matrimonio, realtà terrena e mistero di salvezza (tr. it. dell’originale olandese), Roma 1968, p. 281; e Kübler, Tabulae nuptiales, in Real-Encyclop. IV, 1949-1955. 

    (S7) Cf. Kunkel, Matrimonium, in Real -Encyclop. XIV, 2260. 

    (58) Atenagora, Suppl. 33. 

    (59) Giustino, Apologia I,29. 

    (60) Minucio, Octavius 31,5. 

    (61) Clem. Al., Stromata II, 23. Clemente, oltre a vedere nella procreazione il fine del matrimonio, eleva la stessa unione coniugale ad atto di collaborazione con il creatore; mutuo amore ed assistenza reciproca s’aggiungono al fine primario: cf. J. P. Broudéhoux,Mariage et famille chez Clement d’Alexandrie, Paris 1970. Clemente è l’unico a riconoscere una superiorità dello sposato sul celibe: Stromata VII, 12. 

    (62) Lattanzio, Divinae institutiones VI, 23, 17. 

    (63) Tertulliano, Ad uxorem I, 2; ci. M. Spanneut,Tertullien et les premiers moralistes africains, Paris 1969, pp. 45-48. 

    (64) Origene, In Genesim homilia V, 4; cf. H. Crouzel, Virginité et mariage selon Origène, Paris 1963, p. 79. 

    (65) Gerolamo, Epistula 66, 3 (a Paolina); in questo testo il comando genesico del «crescete e moltiplicatevi» ha solo significato se interpretato nel senso di generare vergini a Cristo. Sul fondamento della superiorità, per Gerolamo, della verginità sul matrimonio cf. R. Gryson, Les origines du célibat ecclésiastique, Gembloux 1970, pp. 142-154. 

    (66) Crisostomo, In epistolam ad Titum II, 2 (cit. da B. Honings, Morale coniugale agostiniana. Sintesi di un dualismo, «Ephem. Carmel. Ital.», 1969, 285); sul pensiero del Crisostomo cf. però il saggio di C. Scaglioni in questo volume. 

    (67) I testi citati da R. C. Gerest, Mistero e problemi del matrimonio nei primi cinque secoli della Chiesa, «Sacra Doctrina», 13 (1968), 19-59. 

    (68) Gerolamo, Adversus Jovinianum I, 14; Cf. Gryson, Les origines du célibat..., p. 147. 

    (69) Greg. Nissa, De hominis opificio XVI-XVII (cit. da Honings). 

     (70) Ambrogio, De virginitate 6, 36; ci. Gryson, Les origines du célibat..., p. 173. Sorprendente è il giudizio dello Schahl (La doctrine..., p. 20) sulla dottrina matrimoniale di Ambrogio rispetto a quella di Agostino. Partendo da De viduis XIII, 81 («non ergo copula nuptialis quasi culpa vitanda»), l’autore afferma che, a differenza del discepolo, il dottore di Milano non vede alcun male nelle relazioni carnali degli sposi. Ma Agostino non ha mai affermato, come si vedrà più avanti, che l’atto coniugale in quanto tale è una culpa

    (71) Cf. Scaglioni, L’ideale coniugale..., alla p. 285 di questo volume. 

    (72) Cf. i testi raccolti da Crouzel, Virginité et mariage..., p. 79, nota. 

    (73) Steizenberger, Die Beziehungen..., p. 416. 

    (74) Ibi, p. 417. 

    (75) Ibi, pp. 428-429. In queste pagine si riconosce a Gregorio Magno il merito di aver pensato agostinianamente, riconoscendo I’atto sessuale tanto finalizzato alla prole che alla soddisfazione del desiderio. Lo Stelzenberger poi afferma più volte che Agostino è sulla linea paolina del riconoscimento nel matrimonio di un aiuto contro la concupiscenza. 

    (76) De moribus eccl. II, XVIII, 65. 

    (77) De continentia XII, 27. 

    (78) Contra Faustum XXX, 6. 

    (79) Cf., per es., Contra Faustum XV, 7. 

    (80) Sermo LI,XV, 25. Di fronte all’interpretazione che di questo testo ha dato B. Häring (l’atto sessuale viene presentato come una conseguenza del peccato a cui bisogna accingersi cum dolore), M. Zalba ha risposto opportunamente (cf.: En torno a una interpretación augustiniana. La tradición prealfonsiana vista por Häring, «Augustinus», 15 (1970), 3-18) che qui Agostino vuole indicare come, a causa degli impulsi della concupiscenza, si deve sentir una pena nel non poter procedere, come i patriarchi, con una totale rettitudine di intenzione. La contrapposizione, dunque, non è tra unione sessuale e amore soprannaturale, ma tra concupiscenza e amore soprannaturale. 

    ( 81) I testi del De bono con. sono rispettivamente: XVII, 19; XXIV, 34; x, 11. 

    (82) Nella Epistula 130 a Proba (dell’anno 411) Agostino parlando di Anna, la madre di Samuele, spiega che la preghiera che essa, ancora sterile, rivolgeva aveva una relazione con l’invocazione «Libera nos a malo» in quanto «non parvum malum videbatur et nuptam esse et fructu carere nuptiarum, cum sola excuset nuptias procreandorum causa filiorum» (Ep.130, 29; CSEL 44). 

    (83) De peccatorum meritis et rem. I, XXIX, 57. 

    (84) De bono vid. IV. Sul problema della sostituzione nel testo della 1a lettera ai Corinti di Paolo in possesso di Agostino della lezione secundum indulgentiam con secundum veniam, cf. più avanti, pp. 243-244. 

     (85) De coniugiis adult. II, XII, 12. 

    (86) De Gen. ad Litt. IX, III, 5; cf. anche IX, VII, 12: «Non itaque video ad quod aliud adiutorium mulier facta sit viro, si generandi causa subtrahitur»; e IX, XI, 19: «Cum ergo quaeritur ad quod adiutorium factus sit ille sexus viro, diligenter, quantum valeo, cuncta consideranti, nonnisi causa prolis occurrit ut per eorum stirpem terra impleretur ».

    (87) Per es.: Contra Jul. III, VII, 15: «Caeterum qui uxoris carnern amplius appetit, quam praescribit limes ille, liberorum procreandorum causa, contra ipsas tabulas facit, quibus earn duxit uxorem... ». Affermando che nelle opere anti pelagiane il bonum prolis non è più così preminente vogliamo intendere che non soltanto ci si trova sempre più spesso di fronte ad elencazioni dei tre beni posti pariteticamente l’uno di fronte all’altro (cf. per es. De Nuptiis I, X, 11; I, XVIII, 19; I, XXI, 23;Contra Jul. III, XVI, 30; III, XXV, 57; V, XII, 46; De Gratia et de pecc. orig. II, XXXIV, 39) ma anche che (a prescindere dai mutamenti della dottrina introdotti dal tema della concupiscentia presente in quelle opere), si e affiancata alla valutazione del bonum prolis un’etica dell’intenzione: l’atto sessuale e esente da colpa se è accompagnato dall’intenzione di generare; cf. De NuptiisI, XII, 12: «Quamvis coniugalis concubitus qui fit in intentione generandi non sit ipse peccatum, quia bona voluntas animi sequentem ducit, non ducentem sequitur corporis voluptatem...», e I, XIV, 16: «Cum igitur culpabilis non sit generandi intentione concubitus, qui proprie nuptiis imputandus est». Su questa morale dell’intenzione in Agostino (l’unione coniugale è vista in dipendenza della persona degli sposi), cf. F. J. Thonnard,La morale conjugale selon St. Augustin, «Rev. Et. August.», 15 (1969), 124. 

    (88) Lo Janssens (Chasteté conjugale..., p. 523) ricorda tra i precedenti stoici o di mentalità stoica del simbolismo agricolo Plutarco e Filone, del simbolismo animale Seneca. 

    (89) La citazione d’obbligo è Contra Faustum XXIX, 27: «(Lex aeterna est) ratio divina vel voluntas Dei, ordinem naturalem conservari iubens perturbari vetans» (cf. anche Contra Faustum XXII, 30; XXII, 61; XXII, 73); su questa consapevole rottura con il naturalismo stoico (la natura non ha il valore di una norma morale indipendente) a favore di un’etica religiosa o comunque teonoma si sono soffermati M. Pohlenz, Die Stoa, Göttingen 1948-1949 (tr. it. Firenze 1968, II, pp. 375.377); Stelzenberger, Die Beziehungen..., pp. 139-141; Honings, Morale coniugale agostiniana..., p. 297. 

    (90) Cf. il preciso giudizio di D. Covi, Il fondamento ontologico della sessualità umana secondo S. Agostino, «Laurentianum» (1970), 379: «A. accetta il presupposto genesiaco che ille sexus, cioè il sesso femminile è stato creato per essere adiutorium in favore dell’uomo, e dopo un attento esame (cuncta consideranti) conclude che ‘ille sexus nonnisi causa prolis occurrit’ in altre parole afferma che il fine specifico del sesso femminile, quale promana dalla creazione del corpo femminile, è fine generativo».

    (91) Nell’affermazione «nonnisi causa prolis» non sono tanto disattesi gli altri beni del matrimonio, ma si escludono piuttosto le esegesi spiritualistiche (così Thonnard, La morale..., p. 117). Resterebbe da chiedersi se il passo del De Genesi contra Manichaeos I, XIX, 30 («Rectissime quaeritur quemadmodum accipienda sit coniunctio masculi et feminae ante peccatum...; licet enim nobis eam etiam spiritualiter accipere...») sia da intendersi come una postesistenza del manicheismo in Agostino o in altro modo. L’Honings (Morale coniugale agostiniana..., pp. 289-290) pensa che, anche se il rapporto fisico è escluso, la motivazione non tragga origine da una visione pessimistica, ma da una impostazione positiva dei rapporti uomo-donna, visti quale simbolo di quelli Cristo Chiesa. 

     92 Cf. D. Covi, El fin de la actividad sexual según Agustin, «Augustinus», 17 (1972), 58, e B. Russo, La regolazione naturale delle nascite, «Rassegna di Teologia», 11(1970), 321. 

    (93) Soprattutto il passo di De moribus Ecclesiae catholicae II, XVIII, 65: «Nonne vos estis [i manichei] qui nos solebatis monere, ut quantum fieri posset observaremus tempus, quo ad conceptum mulier post genitaliurn viscerum purgationem apta esset, eoque tempore a concubitu temperaremus, ne carni anima implicaretur? Ex quo illud sequitur, ut non procreandorum liberorum causa, sed satiandae libidinis habere coniugem censeatis», interpretato a partire da un archetipo (Noonan, Contraception..., p. 120) come un «vigoroso attacco contro l’unico metodo per evitare la procreazione accettato dai teologi del secolo ventesimo come moralmente legittimo» cioè quello dell’uso dei tempi infecondi (oltre ai testi citati nella nota 2 ricordiamo per aver accettato la tesi del Noonan: A. M. Dubarle, La Bible et les Pères ont-ils parlé de la contraception?, VS, 63 (1962), 607 e P. Balestro, Sesso e persona, Milano 1967, p. 41). A questa tesi hanno risposto molto acutamente sia D. Faul, Saint Augustine on the marriage. Recent views and a critique, «Augustinus», 12 (1967), 170 (ciò che Agostino attacca è l’ansietà manichea di prevenire ogni possibile procreazione e non l’uso del periodo agenesiaco) che Covi, El fin..., p. 59 (il contesto condanna l’intenzione manichea di evitare la generazione ne carni anima implicaretur). Un altro passo controverso che se può essere inteso come una condanna del coitus interruptus(come fa Noonan, Contraception..., p. 121) difficilmente lo potrebbe essere come condanna di ogni tipo di contraccezione è Contra Faustum XXII,30: (« ... sic e contrario perversa lex manichaeorum, ne deus eorum, quem ligatum in omnibus seminibus plangunt, in conceptu feminae artius conligetur, prolem ante omnia devitari a concumbentibus iubet, ut deus eorum turpi lapsu potius effundatur quam crudeli nexu vinciatur» l’accenno al coitus interruptus starebbe in quell’effundatur e la condanna nel turpi lapsus). Naturalmente però Agostino ha condannato in un altro testo il coitus interruptus esemplato dall’azione di Onan (De con. adult. II, XII, 12: «Illicite namque et turpiter etiam cum legitima uxore concumbitur ubi prolis conceptio devitatur. Quod faciebat Onan filius Judae... »). Che la polemica del santo fosse contro la motivazione manichea che stava alla base della loro esclusione della prole (l’essere la parte divina legata nel nodo della carne) è chiarissimo da De haeresibus, 46: «In caeteris autem hominibus etiam in ipsis auditoribus suis hanc partem bonae divinaeque substantiae, quae mixta et colligata in escis et potibus detinetur, maximeque in eis qui generant filios arctius et inquinatius colligari putant».

    (94) De sancta virg. XII, 12: «Habeant coniugia bonum suum, non quia filios procreant, sed quia honeste, quia licite, quia pudice, quia socialiter procreant, et procreatos pariter, salubriter, instanter educant... ».

     (95) Cf.: De gratia et de pecc. orig. II, XXXIII, 38;Contra duas epistulas pelagianorum XV,V,9; De nuptiisX,XII, 12; De continentia XII, 27. 

    (96) La temperanza nel campo della sessualità impedisce che il matrimonio si dissolva in una bramosia spasmodica di godimento e realizza la stessa finalizzazione del concubito ad un bene superiore, l’ordinamento sociale tra due o tra molti, ordinamento in cui devono vigere giustizia naturale e soprannaturale, cioè charitas che è l’esatto contrario dell’impulso autistico della concupiscentia. Si confrontino questi tre testi del De bono con. I, 1: «Prima itaque naturalis humanae societatis copula vir et uxor est»; III,3: «[Il matrimonio è buono] non... propter solam filiorum procreationesm sed propter ipsam in diverso sexu societatem», e IX,9: «Sane videndum est alia bona nobis Deus dare quae propter se ipsa expetenda sunt... alia quae propter aliquid sunt necessaria, sicut... coniugium, concubitus. [Alcune cose dunque sono necessarie] propter amicitiam sicut nuptiae vel concubitus; hinc enim subsistit propagatio generis humani in quo societas amicalis magnum bonum est». Questo rapporto tra temperanza nel matrimonio e bene comune sarà ripreso da S. Tommaso, il quale riferisce tutti i peccati contro la castità anche alla giustizia, cf.Summa theologiae II, II, q. 153, a. 3. Che per Agostino poi non sia sufficiente l'esercizio di un dovere o di un compito, che in sé non può essere considerato colpevole, se esso non è orientato al fine per cui è stabilito risulta chiaro da diversi passi, cf. C. Jul. IV, III, 21; De bono con. IX, 9; Contra mendacium VIII, 18. Diamo solo il primo: «Officium est autem quod faciendum est: finis vero propter quod faciendum est. Cum itaque facit homo aliquid ubi peccare non videtur, si non propter hoc facit propter quod facere debet, peccare convincitur». Si tenga poi presente che per Agostino come per Tommaso le virtù sono tutte concatenate tra loro, quindi non c'è temperanza che non sia giustizia e viceversa; cf. Ep 167,5 (CSEL 44): «Sic et fortitudo imprudens esse non potest, vel intemperans, vel iniustitia; sic temperantia necesse est ut prudens, fortis, et iustia sit: sic iustitia non est, nisi sit prudens, fortis et temperans. ita ubi vera est aliqua earum, et alia similiter sunt; ubi aliae desunt, vera illa no est, etiamsi aliquo modo similis esse videatur».

    (97) Cf. A. v. Harnack, Reden und Aufsätze, I, Giessen 1904, p. 83 (il vero monaco è il vero e perfetto cristiano); J. Burckhardt, Die Zeit Konstantins des Grossen, tr. it. Milano 1954, pp. 578.579 (senza il modello ascetico la Chiesa si sarebbe completamente mondanizzata); F. Overbeck, Christentum und Kultur(Basel 1919), rist. Darrnstadt 1963, p. 33 (il cristianesimo è, nel suo carattere fondamentale, ascetico). 

    (98) Cf. il bel saggio di J. B. Bauer, Askese und Weltflucht, «Wort und Wahrheit», 28 (1972), 409 ss. 

     (99) Cf. i testi citati da Bauer, Askese und Weltflucht, pp. 406 ss. 

    (100) Cf., per es., Rom. 8, 11; Rom. 8,23; Fil. 3,21;1 Cor. 6, 19. 

     (101) Confessiones VIII, 6; VIII, 12. 

    (102) M. Pellegrino, Le ‘confessioni’ di Sant’Agostino, Roma 1972, p. 119. 

    (103) Ilarino da Milano, La spiritualità cristologica dai padri apostolici agli inizi del monachesimo, in AA.VV.,Problemi di storia della chiesa, Milano 1970, p. 483. 

    (104) L’espressione ci sembra più esatta di quella di «filosofia della storia» usata da H. Rondet, Introduction a l’étude de la théoologie du mariage, Paris 1959, p. 29.

    (105) De civ. Dei XV, 16: «Copulatio igitur maris et feminae, quantum adtinet ad genus mortalium, quoddam seminarium est civitatis» (cf. anche De civ. Dei XII, 22; De civ. Dei XIV, 10). 

    (106) Cf. L. Robles, Matrimonio y ciudad de Dios en S. Agustin, «Studium», Madrid 1969, 257-279. 

     (107) Contra Julianum opus imperfectum VI, 30. 

    (108) De civ. Dei XXV, 10. 

    (109) Lochet, Les fins du mariage, p. 562. 

    (110) De Gen. ad litt. IX, IX, 15: «Narn quia numerosissima est superna civitas angelorum, ideo non recte connubio copularentur, nisi morerentur. Hanc quippe numerositatem perfectam etiam in resurrectione sanctorum Angelis sociandam Dominus praesciens ait:In resurrectione neque nubent, neque uxores ducent...: hic vero cum implenda esset hominibus terra, et eam, propter cognationis arctiorem necessitudinem et unitatis vinculum maxime commendandum, ex uno oporteret impleri; propter quid aliud secundum ipsum quaesitus est femineus sexus adiutor, nisi ut serentem genus humanum natura muliebris, tamquam terrae fecunditas, adiuvaret?». Il testo è nel quadro del discorso sulla necessità della generazione nell’Eden anche se non fosse avvenuto il peccato. Cf. anche De Gen. ad lit,. IX, VI, 10: «Nam si parentes filiis suis cedere ex hac vita oportebat, ut ita omne humanurn genus per decessiones et successiones certa numerositate impleretur, potuerunt etiam homines genitis fihiis... hinc [dall'Eden] ad meliora transferri non per mortem, sed per aliquam commutationem... ».

    (111) De bono con. XXI, 25. 

    (112) De bono con. XXVI, 34. 

     (113) De bono con. XVII, 19. 

    (114) De bono vid. VII, 10. 

    (115) De bono con. XIII, 15. 

    (116) De bono con. XVII, 21. 

    (117) De nuptiis I, XIII, 14 («Illud quippe [il tempo dei patriarchi] fuit am plectendi, hoc autem continendi ab amplexu»); De con. adult. II, XII, 12 («Erat enim tunc quaedarn propagandi necessitas, quae nunc non est»);De san. virg. XVI, 16 («Sed pro habendo coniugio iam hoc tempore... istam tribulationem carnis... suscipere tolerandam perstultum esset...»,); De bono vid. VIII, 11 («quia noverat [S. Anna] iam tempus esse quo Christo non officio pariendi, sed studio continendi... melius serviretur»). L’invito alla continenza δια την ενεστωσ&alèha;ν αναγχην (1 Cor. 7, 26) è ripetutamente inteso da Agostino, contro coloro che vedono nella verginità un partito di prudenza di fronte alle difficoltà della vita, nel suo ordinamento al Regno dei cieli; cf. De san. virg. XIV, 14: «Novi enim quid praesentis temporis, cui coniugia serviunt, necessitas cogat, ut ea quae Dei sunt minus cogitentur quam sufficit adipiscendae illi gloriae, quae non erit omnium... ».

    (118) Cf. i testi citati a questo proposito da J. Mausbach, Die Ethik des heiligen Augustinus, I, pp. 425-426. S’aggiunga poi che contro il manicheo Adimanto, che credeva di cogliere una contraddizione tra il comando di Gesù di lasciare moglie, genitori, ecc. ed il racconto del Genesi dove si parla della creazione di Eva, Agostino risponde: «Fides autem vera et ecclesiae catholicae disciplina utrumque verum et a Domino dictum esse confirmat et nullo modo esse contrarium, quia et coniunctio maris et uxoris a Domino est et relictio uxoris propter regnum coelorum a Domino est» (Contra Adimaritum I, 3). Vita religiosa e vita coniugale dunque, non si escludono, benché differiscano: «Est enim coniugalis vita laudabilis et habet in corpore Christi locum suum; sicut et in nostro corpore non ea sola habent locum, quae excellentius locata sunt, sicut sensus in facie superiorem corporis partem occupaverunt; sed nisi pede portarent, quidquid sublime est in terra iaceret» (Sermo CCCLI V 4). L’officium societatis humanae continua anche di fronte all’impellenza dei consigli evangelici; chiara in tal senso, seppure in altro contesto, la lettera che Agostino manda al vicario imperiale Bonifacio, intenzionato a lasciare la sua carica per darsi alla vita contemplativa: ognuno è chiamato a rimanere nel posto in cui è stato collocato (Epistula 220, 3; CSEL 57). 

    (119) Epistula 150 (CSEL 44): «Generosius quippe elegit Aniciana posteritas [è Demetriade che si consacra a Dio) tam illustrem familiam beare nuptias nesciendo, quam multiplicare pariendo, et in came iam imitari vitam angelorum... »; Sermo CXXXII III, 3: «Mementote in quocumque sexu sitis, sive mares sive feminae [si rivolge a dei consacrati] angelo rum vitam ducere vos in terra». Sul tema dell’anghelikós bios si trovano in Agostino una quantità di testi, cf., per es.: De san. virg.XIII, 13; XXIV, 24; De bono vid. VIII, 11; De bono con.VIII, 8. 

    (120) Un esempio del rapporto tra passo escatologico (nella fattispecie 1 Cor. 7, 29) e vita coniugale, si trova nel Sermo LI (XIII, 21): «Non itaque propterea non fuit pater Joseph, quia cum matre Domini non concubuit quasi uxorem libido faciat, et non charitas coniugalis. Intendat sanctitas vestra. Dicturus erat post aliquantum temporis Apostolus Christi in Ecciesia,Reliquum est ut qui habent uxores, tam quam non habentes sint. Et multos novimus fratres nostros fructificantes in gratia, in nomine Chnisti ex consensu ab invicem continere concupiscentiam carnis, non autem continere ab invicem charitatem coniugalem...». La quale charitas coniugalis non vieta l’unione ma che si ceda alla concupiscenza andando o al di là del patto matrimoniale procreativo o addirittura unendosi al di fuori del matrimonio, cf. Sermo LI XIII, 22 e 23. 

    (121) Eccl. 3,5; 1 Cor. 7,29-34; Mt. 22,30. Che questo sia «tempus continenti ab amplexu», secondo le parole dell’Ecclesiaste, Agostino lo dimostra col fatto che «ad implendum sanctorum numerum largissima suppetat copia» (De Gen. ad litt. IX, VII, 12). 

    (122) De Sermone Domini in monte I, XIV, 39. 

    (123) De Serm. in monte I, XV, 41. 

    (124) De Genesi contra Manichaeos I, XIX, 30. Il processo di sovrapposizione del neque nubent del Regno sul tipo di relazioni che dovettero avere i protoparenti nell’Eden non deve essere casuale se Tommaso lo ricorda come un’obiezione alla sua tesi della generazione nello stato di innocenza: «Quia ut Damascenus dicit primus homo erat in Paradiso terrestri sicut angelus quidam. Sed in futuro resurrectionis statu, quando erunt homines angelis similes, neque nubent neque nubentur ut dicitur Mt. 22, 30. Ergo neque in Paradiso fuisset generatio per coitum» (Summa theologiae I, q. 98, a. 2). D’altra parte, su un piano più vasto, già H. Rahner,La théologie catholique de l’histoire, «Dieu vivant», 10 (1948), 112, sottolineava come per Agostino la storia dell’umanità sia in ultima analisi un passaggio dal Paradiso al Paradiso: «L’histoire est, comme le dit Saint Augustin, le passage du premier Adam au second, c’est a dire au Christ; donc du Paradis au Paradis».
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È Lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri.. Ef 4,11
 
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