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Risposta a obiezione sul pensiero di s.Agostino

Ultimo Aggiornamento: 03/07/2013 14:40
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03/07/2013 14:33
 
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Prima di passare a verificare quest’ultime affermazioni su quello che poteva essere stato il matrimonio prima della caduta (modello che non può non essere decisivo per ricostruire la visione che Agostino ha del matrimonio nel tempo della Chiesa) è il caso di chiederci quale importanza hanno alcuni risultati sin qui raggiunti per farci capire e situare esattamente la tesi della critica (più volte riportata) secondo cui per Agostino il bonum prolisè il fine del matrimonio, ogni altro fine unitivo ed oblativo essendo disatteso? La risposta che in via di approssimazione ci sentiamo di poter dare è che, alla luce di tutta la sua produzione, particolarmente quella antipelagiana, cioè l’ultima cronologica mente (come si vedrà molto bene nel caso della dottrina del matrimonio prima della caduta), Agostino ha finito per correggere o pareggiare la logica delle sue affermazioni esplicite (di tipo generazionista) con la logica interna del suoi principi che rimonta l’unilateralità fisicista ad un primo sguardo evidente.

    Si osservi infatti: non solo lotta antimanichea, tensione escatologica, teologia della storia ed esperienza ascetica ridimensionano il suo generazionismo (mostrandolo come una fase del suo pensiero datata storicamente alle prime opere); non solo bonum sacramenti e bonum fidei contraddicono esplicitamente la spinta fisicista (dichiarando l’uno indissolubile il rapporto coniugale anche senza figli, l’altro fondando la liceità del debitum coniugale) (223); non solo la valutazione positiva della sensibilità, del corpo (in una parola della creazione) e la colpabilità veniale (chiarita nel suo vero significato) del coito extra metas toriindicano il limite dell’accusa di biologismo. Non solo, ma anche il giudizio positivo sulla delectatio e, in ultima analisi, la stessa con notazione teologica dellaconcupiscentia cospirano ad attenuare qualunque importanza possa venir attribuita in senso univoco albonum prolis. Vediamo perché. 

    Non e necessario spendere parole per spiegare la correzione ad ogni tipo di ipercreazionismo implicita nell’affermazione del valore positivo della delectatio. È necessario invece soffermarci un attimo sull’argine costituito dalla considerazione teologica della concupiscenza, tanto più che qui, a mio parere, è possibile vedere una differenza sensibile tra il matrimonio pagano e quello cristiano. Un’antropologia filosofica come quella della media ed ultima Stoa è caratterizzata da un dualismo metafisico tra la parte razionale e quella sensibile dell’uomo; in questo caso quanto è ontologicamente meno perfetto diventa eo ipso lontano da Dio, e quanto è più perfetto diventa eo ipso sempre più divino. Il saggio perciò non deve e non può, secondo l’ideale stoico e di buona parte della filosofia pagana, farsi travolgere dalla sensibilità; da qui la necessità di un’impostazione generale del matrimonio indirizzata verso il bonum prolis. Ora in Agostino, noi non soltanto abbiamo un rifiuto esplicito della dottrina stoica dell’apátheia (254) ma anche il rifiuto di far coincidere la scissione religiosa dell’uomo da Dio, provocata dalla concupiscenza (l’epithymia in senso forte), con la scissione filosofica che oppone nell’uomo la sensibilità all’intelletto. Questo significa che almeno tendenzialmente (perché è chiaro che per Agostino esiste sempre nella scala ontologica un più elevato e un meno elevato tra le potenze dell’anima) per il santo non conta tanto il controllo della sensibilità da parte della ragione (e dunque la sua regolazione attraverso una legge di ragione che esalti il bonum prolis) quanto la lotta al peccato spirituale, cioè la concupiscentia, lotta che si esprime nell’adesione di tutto l’uomo alla legge dello Spirito Santo (legge che in certi casi impone di violare l’ordine meramente naturale, per esempio ammettendo l’attività sessuale di coniugi anziani). E questo è così vero che chi non ha chiaro, come Agostino, che non è lo spirito (nel senso di nous) che deve comandare il corpo, ma è lo Spirito di Dio che deve comandare al corpo e allo spirito umano, finisce paradossalmente per essere lui il procreazionista ad oltranza. E questo è esattamente il caso di Giuliano che da una parte considera il matrimonio come necessario per reintegrare il numero dei decessi (225), dall’altra ritiene che quel matrimonio che non raggiunge questo scopo (come quello tra Giuseppe e Maria o tra coniugi anziani) non sia un autentico matrimonio (226). 

La dottrina del matrimonio nel paradiso terrestre

    Le successive formulazioni della dottrina del matrimonio in Paradiso tendono a confermare la tendenza agostiniana alla distinzione tra il moto disordinato della concupiscentia carnis (che è piacere e porta al piacere e su cui verte il giudizio moralmente negativo) ed il suo risvolto fisiologico (la delectatio) considerato, seppure con qualche difficoltà, come connaturale alla realizzazione della funzione specifica degli organi sessuali. Nelle tre fasi, infatti, a cui, grosso modo, è riconducibile la parabola di questa dottrina agostiniana, quel che rimane costante è una certa concezione della concupiscenza come ciò che in ogni caso non può essere ipotizzato presente nell’Eden prima del peccato originale: la concupiscenza, cioè, comeinobedientia, rivolta della carne contro lo spirito, tendenza malvagia a portarsi al piacere indipendentemente da Dio, aversio a Deo (227). In altri termini, lo specifico della libido è la rivolta della carne contro lo spirito, e non la voluptas (il godimento sensibile), anche se in quanto tendenza al piacere come fine la libido una volta apparsa nel mondo non potrà non inquinare ogni piacere naturale, e tra questi, come è evidente, anche quello legato all’attività sessuale. 

    La prima fase della dottrina si trova formulata nel De Genesi contra Manichaeos. La tesi iniziale è che il rapporto Adamo-Eva nel Paradiso può essere intesoetiam spiritualiter nel senso che solo dopo il peccato originale si e trasformato in un rapporto carnale. I frutti di questo rapporto spirituale sarebbero stati invece bona opera divinae laudis, atti compiuti a lode di Dio (228). Anche nelle Confessiones Agostino è del parere che l’interpretazione allegorica del comando genesicocrescite et multiplicamini sia la più confacente al testo (229) e nello scritto press’a poco coevo De catechizandis rudibus specifica in quale senso la donna sia stata data come aiuto all’uomo: non ad carnalem concupiscentiam ma ut haberet et vir gloriam de feminaproponendosi a lei come esempio di santità e pietà, così come l’uomo è gloria di Dio essendogli modello la Sua sapienza (230). 

    Le prime oscillazioni avvengono nel De bono coniugalie nel De Genesi ad Litteram (231). I corni del dilemma sono o la generazione senza alcun commercio carnale oppure mediante l’unione sessuale, ma con l’assenza assoluta della concupiscenza. Più tardi nello stesso De Genesi ad Litteram decide per la generazione mediante il commercio sessuale (232). Anche qui però l’unione sessuale era senza eccitazione e concupiscenza, e per spiegare questa tesi, che corrisponde alla seconda fase dello sviluppo della sua dottrina, Agostino ricorre all’affermazione che nel Paradiso era possibile comandare agli organi sessuali (233). Il matrimonio, dunque, sarebbe stato coitale anche nell’Eden, ma ciò che l’avrebbe distinto nettamente da quello di oggi, sarebbe stata la completa obedientia dell’anima razionale e del corpo a Dio. L’atto sessuale pertanto si sarebbe svolto secondo una «soluzione agricola»: ad nutum voluntatis i genitali avrebbero seminato, cosi come gli agricoltori seminano nei campi, senza libidine alcuna e senza piacere libidinoso (234). 

    Agostino difende questa tesi dalla generazione sessuale prima del peccato anche per non dover accettare la posizione di quelli che affermano che il peccato sarebbe stato necessario per a formazione del numero degli eletti (235) e definisce la differenza tra sé e i pelagiani in questi termini: nel Paradiso anche senza il peccato ci sarebbe stata una sine confusione commixtio, cioè vi sarebbe stata «in coeundo tranquilla membrorum obedientia» (236). Le nozze non sarebbero state divise dalla lotta tra la volontà e la libidine, ma gli organi genitali al pari delle altre membra, avrebbero ubbidito alla volontà e, «sine ardoris inlecebroso stimulo cum tranquillitate animi et corporis», avrebbero infuso la vim seminis (237). 

    Questa tesi della generazione sessuale nel Paradiso prima del peccato sembra incentrarsi in questa fase su due aspetti: il primo è quello della totale obbedienza dei moti del corpo e dello spirito alla legge divina, il secondo è quello della totale assenza dell’aestus libidinis cioè del moto torbido tendente al piacere. E questa è anche la doppia coordinata in cui si situano gran parte delle lettere e del Contra Julianum (238).

    Nell’ultimo decennio della sua vita Agostino fa un passo ulteriore; concede cioè la possibilità della stessaconcupiscentia carnis nel Paradiso prima della catastrofe del peccato. Dal modo, però, in cui lascia scegliere tra l’assenza totale di libido (sostenuta precedentemente) e la libido ora ammessa nell’Eden, si deduce la sua distinzione tra l’aspetto sovvertitore della concupiscenza sessuale (sempre condannato perché rappresenta la rivolta della caro contro lo spiritus) e la rilevanza eudemonologica dell’atto sessuale (di per sé non sottoposta al giudizio morale). Questa chiave interpretativa è già adottata in un testo del Contra Julianum: Agostino propone l’alternativa tra l’assenza di concupiscenza e la sua presenza omni modo rationali subdita voluntati spiegando ironicamente che con questa ammissione vuole evitare il rischio di offendere coloro che difendono la voluptas corporis (239). In questo testo, come in una serie di altri, i due limiti entro i quali è pensabile la libido paradisiaca sono il controllo della ragione e della volontà sulla concupiscenza (240) e il permanere dell’elevazione della ratio sulla stessavoluptas raggiunta nell’atto sessuale (241); la maggioranza di questi passi è significativamente contenuta nell’ultima opera di Agostino, il Contra Julianum opus imperfectum. Ciò che si deduce, dunque, da questi due limiti assiologici, è che ciò che in ogni modo viene escluso è l’aspetto del disordine intrinseco alla concupiscenza, e non tanto il piacere. Un’ultima testimonianza in questo senso la si trova in un’altra opera della tarda maturità, che precede di un solo anno 1’Opus imperfectum, e cioè il Contra duas epistulas pelagianorum. Qui Agostino ipotizza quattro possibili modalità per la presenza della libido nel Paradiso, la prima in cui quotiescumque libuisset, toties concubuissent, la seconda in cui Adamo ed Eva avrebbero dovuto frenarla con fatica quando non fosse stato necessario l’atto coniugale, la terza in cui la libido fosse totalmente sotto il controllo della ragione, la quarta in cui fosse totalmente assente. Scartate le prime due ipotesi perché indicherebbero uno stato (la prima) di assoluta servitù alla concupiscenza, e (la seconda) di instabile pace, non confacenti con la condizione paradisiaca, Agostino lascia anche qui scegliere tra la terza e la quarta ipotesi. Dall’esame della terza ipotesi appare evidente che il santo non discute (non repugnamus) la presenza di quella «carnalis concupiscentia, cuius motus ad postremam, quae vos multum delectat, pervenit voluptatem», l’unica condizione che pone è che essa non excederet imperium voluntatis (242). 

Conclusioni

    Se le cose stanno così, l’importanza di questa valutazione positiva della delectatio non può non ricadere sulla stessa concezione che Agostino ha del matrimonio nello stato della natura lapsa. In essa non riarde sotterraneo il manicheismo se, a dispetto di alcune assonanze, il modello stesso di ogni matrimonio (quello paradisiaco) non esclude la delectatio. Certamente, nello stato che è succeduto a! peccato l’istinto sessuale ed il piacere connesso hanno a che fare con la comparsa della concupiscenza, ma essi rimangono un bene quando vengano rispettati la debita misura e l’ordine conveniente. Così, per antitesi, l’essenza della concupiscenza, in quanto peccato (o agostinianamente malum) consiste nel violare e devastare questo ordine. Né si potrà d’altro canto accusare il santo di biologismo quando si osservi che la finalità riproduttiva della potenza sessuale non è né unica né esclusiva, ma si rinvenga accanto ad essa, sia pure ottenuta secondo l’ordine conveniente, la delectatio. E questo è quanto lo stesso Tommaso aveva compreso essere l’intentio profundior di Agostino, quando, discutendo il problema della generazione nello stato di innocenza, osservava che ciò che doveva essere escluso dal Paradiso non era la delectatio sensibilis, ma l’immoderate (cioè praeter mensuram rationis) aderire dell’anima concupiscibile al piacere. E così continuava il maestro universale della chiesa: «Et hoc sonant verba Augustini quae a statu innocentiae non excludunt magnitudinem delectationis, sed ardorem libidinis et inquietudinem animi» (243). Prendendo per base queste precisazioni pensiamo di essere sufficientemente pronti per cogliere il nucleo della riflessione agostiniana sul matrimonio. 

    A un certo punto di questa indagine, ci eravamo chiesti se Agostino, nel momento in cui considerava l’aspetto oggettivo del matrimonio (i bona), non permetteva una lettura della realtà matrimoniale sul versante soggettivo, sì che il matrimonio non sarebbe stato soltanto oggettivamente buono per i suoi beni, ma anche per l’intenzione del contraenti. La risposta positiva era subordinata alla soluzione di due questioni: il bonum prolis è l’aspetto preminente del matrimonio, o una delle sue facce? la considerazione positiva del sesso e del piacere sessuale è completamente disattesa nelle sue opere? Da quanto abbiamo visto le due questioni hanno avuto una risposta: il bonum prolis è, dati i limiti storici e polemici di alcune affermazioni, ben lontano dall’essere la ragione assoluta dell’unione matrimoniale; e la considerazione della delectatio trova il suo posto anche nell’opera agostiniana. 

    Da queste soluzioni si evince la risposta positiva alla questione centrale: accanto alla chiara e ricorrente esaltazione dell’aspetto oggettivo del matrimonio (i tria bona per cui il matrimonio è buono), Agostino, seppur timidamente, é non senza titubanze, ammette l’intenzione soggettiva (è buono anche il motivo per cui ci si sposa). Si osservi perô che l’intenzione soggettiva (la delectatio) è buona solo se essa e conforme all’ordine oggettivo. In altri termini, il rapporto tra intenzione soggettiva e fine oggettivo del matrimonio, per essere corretto deve essere questo: che l’intenzione soggettiva non escluda il fine oggettivo, non le sia contrario, non lo reprima. Questa conformità tra momento soggettivo e momento oggettivo è l’ordine conveniente e di ragione e solo rispettando questo si usa bene di quel male che è la concupiscenza. Con questa affermazione si sono raggiunte due conclusioni regolarmente obliterate da gran parte della critica: laprima, che il rapporto tra momento soggettivo e momento oggettivo in Agostino non è di inferiorità (il primo inferiore, il secondo superiore) ma di conformità (il primo conforme al secondo, ma anche il secondo non avulso dal primo); la seconda, che il piacere dell’atto sessuale e confacente all’ordine di ragione. 

    Sarà forse il caso, a questo punto, di precisare che quest’ordine conveniente tra soddisfazione soggettiva e momento oggettivo del matrimonio non è per Agostino in nessun modo un ordine razionalistico, una realtà di ragione illuministicamente intesa? La natura di Agostino, e a maggior ragione la natura umana, come tutti sanno, e già una natura considerata teologicamente, una natura la cui norma non è una lex naturae ma la volontà di Dio, anche se, si badi bene, questa volontà impone di osservare l’ordine naturale. Questo ci permette di comprendere con una luce in più la ragione dell’impossibile incontro tra Agostino e Giuliano: la sessualità non è puramente naturale (quindi osservabile scientificamente, clinicamente) perché la natura stessa non è natura pura, e perché l’uomo stesso ha una struttura morale compaginata di natura e di grazia. Ma questa è anche la ragione dell’impossibile incontro tra Agostino e quanti lo hanno interpre tato in chiave pessimistica. Costoro hanno sbagliato perché hanno interpretato in chiave di dualismo filosofico l’opposizione tra carne e spirito attribuendola di volta in volta allo stoicismo, ai dettati della filosofia popolare, al platonismo (244). Ma quel dualismo era un dualismo tipicamente religioso, insieme biblico e paolino. 

    Cristo è il principalis dominus, il primo e principale signore del nostro corpo, perciò fa ingiuria a Cristo chi usa disordinatamente, fuori e all’interno del matrimonio, del proprio corpo a motivo di quella concupiscenza che non viene dal Padre ma ex mundo est (245). Essa, lo diciamo ancora una volta facendo nostro il pensiero di Agostino, perverte il senso originario della realtà e trascina l’uomo nel disordine; e questa inversione dell’ordine oggettivo, già espressa altre volte dal santo con l’analogia di chi vive per mangiare (piuttosto che non mangia per vivere) si trova magnificamente esemplata in un testo del De vera religione a proposito del peccato di gola: la voglia dei golosi non è già di saziarsi, ma di mangiare e di gustare (246). 
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È Lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri.. Ef 4,11
 
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