Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

CRITICA STORICA ALLA BIBBIA

Ultimo Aggiornamento: 26/10/2014 21:29
Autore
Stampa | Notifica email    
01/05/2013 18:33
 
Email
 
Scheda Utente
 
Modifica
 
Cancella
 
Quota

INCOERENZA DEL MINIMISMO EVANGELICO 

C'è un minimismo nei riguardi del miracoloso e del soprannaturale - già considerato precedentemente - che consiste nella metodica preferenziale interpretazione naturalisticadei fatti, secondo la moderna tendenza della demitizzazione. Esso manca, come si è visto, di coerenza, specialmente per la vita di Gesù, che attua nella sua persona la vertiginosa soprannaturalità della unione ipostatica e giustifica quindi, nei casi dubbi, la presunzione in favore del meraviglioso, o per lo meno proibisce di sentenziare con sicurezza in senso naturalistico e minimista. 

Ma c'è un altro minimismo, più diffuso ancora dell'altro, che come l'altro non sembra logico. E' la tendenza ad unificare i fatti e i detti del Signore, appena si vedano rassomiglianti, quando siano narrati, pur talora con notevole diversità, dai diversi Evangelisti e talora anche dallo stesso. E' chiaro che questa tendenza moltiplica anche, in certi casi, le difficoltà della concordanza, dovendosi conciliare tra loro differenze, che sarebbero invece naturali nell'ipotesi di episodi diversi.

Un esempio tipico è la doppia cacciata dei venditori dal tempio, allo inizio della vita pubblica (Gv. 2, 13-17) e alla fine (Mt. 21, 12-12; Mc. 11, 15 -17; Lc. 19, 46-46). Nonostante vari particolari diversi e la netta diversa localizzazione dei due clamorosi fatti, la sostanziale rassomiglianza induce non pochi ad unificarli nell'unico episodio narrato da Giovanni all'inizio. 

Eppure uno spostamento così netto del giusto posto cronologico da parte dei sinottici non è facile ad ammettersi anche per la grande diversità psicologica ed ambientale dei due momenti. D'altra parte, se l'episodio non fosse effettivamente avvenuto due volte, dato che i sinottici parlano esplicitamente della sola ultima pasqua passata da Gesù a Gerusalemme (quella della morte) sarebbe stato naturale che omettessero totalmente quello avvenuto, come risulta da Giovanni, nella prima. 

Ciò tanto più che essi non riferiscono le parole, riportate da S. Giovanni, dette in quella occasione da Gesù nella contestazione seguita al suo gesto: «disfate pure questo tempio e in tre giorni io lo farò risorgere» (Gv. 2, 19): parole che i sinottici, se si fosse trattato nel loro racconto del medesimo episodio di Giovanni, avrebbero avuto particolare interesse di riportare poiché ad esse si riferiscono nella narrazione della passione (Mt. 26, 61; 27, 40). 

Questa tendenza alla unificazione non tiene sufficientemente conto della molteplice ricchezza della vita e dell'insegnamento di Gesù - di cui gli episodi evangelici sono soltanto una limitata espressione (Gv. 21, 25) - e della presumibile ripetizione di parole e di gesta che il divino Maestro deve aver fatto per inculcare il suo insegnamento, secondo il principio della buona pedagogia: «repetita iuvant». 

Nel caso quindi di episodi un po' diversi e diversamente collocati, l'affrettata tendenza alla unificazione non è razionalmente fondata. Ci si dovrebbe anzi meravigliare che di ripetizioni ve ne siano così poche. Tanto meno quella tendenza è ammissibile quando si tratta di ripetizioni del medesimo Evangelista. Dando logico peso a tale presumibile ripetizione anche molte difficoltà di concordanza - come dicevo - si risolvono. 

Entrambe queste tendenze di minimizzazione producono il grave inconveniente di impoverire la ricchezza della vita e del messaggio di Gesù, ricchezza alla quale la mentalità umana - ristretta, spontaneamente incline al naturalismo e propensa a ridurre tutto alla propria misura ­dura già tanta fatica ad adeguarsi.

Nell'alternativa quindi o di interpretare dei testi in modo troppo naturale ed unificato o d'interpretarli in modo troppo soprannaturale e molteplice - quando l'indicazione del testo non sia certa - è preferibile la seconda, perché essa contribuirà per accidens al migliore adeguamento alla realtà, ossia al migliore adeguamento conoscitivo alla superiore ricchezza di Gesù, sempre al di sopra di qualunque immaginazione e concezione. Tutto l'opposto si dovrebbe dire se il protagonista fosse una limitata comune persona umana. Ma qui si tratta della divina persona di Gesù. 

Niente vieta naturalmente che, quando si presenti il serio fondamento, nei singoli casi, della più probabile interpretazione ristretta, tale probabilità - senza trasformarla arbitrariamente in certezza - sia imparzialmente presentata: anzi ciò è criticamente necessario. Ma ciò che appare non criticamente fondata è la metodica preferenza per tale tipo d'interpretazione e il suo avallo come di cosa certa. 

Il danno che può derivare da tale tendenza preferenziale alla adeguata conoscenza di Gesù, rimpiccolendone ingiustamente la figura, è grande: tanto più - per tornare su una riflessione precedente - in quanto una volta affermatasi - sul piano della pura probabilità - una interpretazione minimista, difficilmente si riesumerà la più ricca interpretazione ­ forse più vera - potendosi quindi perdere per sempre importanti luci della divina grandezza. Tornando all'esempio suddetto è facile intuire quale portata immensamente maggiore acquista il gesto di Gesù, sia come insegnamento ascetico e religioso, sia come drammatica rivelazione del cuore di Gesù, sia come rivelazione della sua potenza umano-divina, ammettendo la doppia cacciata dal tempio, proprio una all'inizio e una alla fine; e, alla fine, proprio nella cornice dell'ingresso trionfale e della passione. 

Dunque, si debbono scegliere le tesi massimaliste per partito preso e al solo scopo di amplificare la vita di Gesù? Chi ha seguito i precedenti ragionamenti comprenderà che si deve stare ben lontani da tale criterio. E si deve anche essere ben lontani dal pensare che ciò sia necessario per comprendere sostanzialmente la persona di Gesù. Si tratta invece di usare la vera critica razionale, affermando come certo ciò che è certo e come probabile ciò che è probabile. Ma dovendo, in questo secondo caso, fare una scelta, il criterio preferenziale più logico è quello massimalista. 

Non si tratta che di un criterio prudente per sbagliare il meno possibile e per aderire alla verità e comprendere Gesù il meglio possibile.

Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi
Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Quegli rispose: «E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?». At 8,30
 
*****************************************
Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra | Regolamento | Privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 14:40. Versione: Stampabile | Mobile - © 2000-2024 www.freeforumzone.com