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LA CHIESA E IL COLONIALISMO

Ultimo Aggiornamento: 15/03/2013 15:09
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15/03/2013 15:06
 
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5. ILLUMINISTI E ANTICLERICALI UNICI FAVOREVOLI AL COLONIALISMO E ALLA SCHIAVITU’

Mentre la Chiesa era così impegnata contro il neocolonialismo e la schiavitù, dal 1600 in poi il popolo illuminista, ateo e anticlericale (qui vedremo l’opinione di alcuni principali esponenti) si distinse particolarmente nella promozione della cultura razzista. Ovviamente trovarono linfa vitale nella strumentalizzazione riduzionista e anti-cristiana del pensiero darwinista (darwinismo sociale), creando la gerarchia delle «razze» (razzismo, eugenetica, nazionalsocialismo, antisemitismo) e delle «classi» (marxismo, comunismo).  Alcuni di questi argomenti sono stati affrontati più approfonditamente in: “Razzismo ed eugenetica nascono nell’ateismo materialista“.

Voltaire. Il paladino della “tolleranza” Voltaire (1694-1778), profondo anticlericale e illuminista, ebbe a scrivere: «Sbarco nel paese della Cafraria, e comincio a ricercare un uomo. Vedo macachi, elefanti e neri. Tutti sembrano avere un baleno di una ragione imperfetta. Tutti hanno un linguaggio che non capisco e tutte le loro azioni sembrano ugualmente essere relazionate con qualche causa. Se dovessi giudicare le cose per il primo effetto che mi causano, crederei, inizialmente, che tra tutti questi enti l’elefante è l’animale ragionevole. Però, per non scegliere futilmente, prendo i piccoli di queste vari bestie. Esamino un piccolo di nero di sei mesi, un piccolo di elefante, un macachetto, un leonetto, un canetto. Vedo, senza dubbio, che questi giovani animali hanno incomparabilmente più forza e destrezza, più idee, più passioni, più memoria del negretto ed esprimono molto più sensibilmente tutti i loro desideri che quell’altro. Però, dopo un tempo, il negretto ha tante idee quante tutti loro. Mi dò questa definizione: l’uomo nero è un animale che ha lana sulla testa, cammina su due zampe, è quasi tanto pratico quanto una scimmia, è meno forte che gli altri animali della sua taglia, possiede un poco più di idee ed è dotato di maggior facilità di espressione. [...] Vado alle regioni marittime dell”India Orientale. Adesso sono uomini d’un bel tono giallastro, non hanno lana, ma hanno la testa coperta da grande criniere nere. [...] Incontro una specie ancora più singolare che tutte queste. È un uomo vestito bene con un lungo abito nero, che si dice fatto per istruire agli altri [un prete, N.d.A.] Tutti questi uomini che vedi, mi dice lui, sono nati da uno stesso padre. E, allora, mi racconta una lunga storia. Però, quello che questo animale dice mi pare molto sospetto. Mi informo se un nero e una nera, di lana nera e naso piatto, gerano qualche volte bambini bianchi, di capelli biondi, naso adunco ed occhi blu. Mi hanno risposto di no, che i neri trapiantati, per esempio, alla Germania sono rimasti a generare neri»[42].

David Hume e John Locke. Il filosofo illuminista, precursore dell’ateismo scientista, David Hume (1711-1776), scriveva nel 1754:«Non è mai esistita una nazione civilizzata che non fosse bianca: sono portato a sospettare che i negri, e in generale tutte le altre specie umane, siano per natura inferiori ai bianchi». Decise poi di investire i suoi risparmi, come l’ateo John Locke (1632-1704), nel commercio degli schiavi[43].

Arthur de Gobineau e Napoleone. L’illuminista Arthur de Gobineau (1816–1882) è l’autore del «Saggio sulla disuguaglianza delle razze umane» (1853-1855), nel quale interpreta la storia umana affermando che la purezza della razza determina la capacità di sopravvivenza e di dominio sulle popolazioni inferiori. Concetto poi ripreso dall’ideologo del nazismo Rosemberg e dagli assertori dell’eugenetica. E mentre i re cristiani del Medioevo riuscirono ad eliminare la schiavitù, fu Napoleone Bonaparte (1769-1821), ateo, anticlericale e materialista, a ristabilirla nelle colonie francesi (1802)[44].

Karl Marx. L’ateo materialista Karl Marx (1818-1883) aveva anch’egli le idee chiare sulla schiavitù: «La libertà e la schiavitù costituiscono un’antagonismo. Mi riferisco alla schiavitù diretta, alla schiavitù dei neri in Suriname, in Brasile, nelle regione del Sud dell’Ameria del Nord. La schiavitù diretta è il pivot sopra il quale il nostro industrialismo quotidiano fa girare il macchinaio, il credito, ecc. Senza la schiavitù non ci sarebbe nessuno cotone, senza cotone non ci sarebbe nessuna industria moderna. È la schiavitù che dà valore alle colonie, furono le colonie ad aver creato il commercio mondiale, e il commercio mondiale è la condizione necessaria per l’industria di macchina in grande scala. Senza schiavitù, l’America del Nord, la nazione più progressista, si sarebbe trasformata in un paese patriarcale. Abolire la schiavitù sarebbe spazzare l’America del Nord fuori dalla carta»[45].

Friederich Nietzsche, Il capostipite dell’ateismo moderno, Friedrich Nietzsche (1844-1900) non esitava a rivendicare la permanente validità dell’istituto della schiavitù quale fondamento della civiltà. I suoi testi contengono riferimenti sprezzanti a Beecher-Stowe, l’autrice della“Capanna dello zio Tom”, il celebre romanzo abolizionista che tanto eco suscitò in Europa e nella stessa Germania. In “Umano troppo umano” (1878) il filosofo scrisse: «Tutti desiderano l’abolizione della schiavitù, eppure bisogna ammettere che gli schiavi sotto ogni riguardo vivono più sicuri e più felici del moderno operaio e il lavoro degli schiavi è ben poca cosa rispetto a quello dell’operaio». Nietzsche risentì molto chiaramente dell’influenza della nuova “scienza”, l’eugenetica, inventata in Inghilterra dall’antropologo ateo Francis Galton, cugino di Darwin. Così scrisse: «La vita stessa non riconosce nessuna solidarietà, nessuna “uguaglianza di diritti” fra le parti sane di un organismo e quelle degenerate: queste ultime devono essere amputate. Avere compassione dei decadentés, concedere uguaglianza di diritti anche ai falliti, sarebbe la più profonda immoralità, sarebbe l’antinatura posta come morale»[46].

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