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LA CHIESA E IL COLONIALISMO

Ultimo Aggiornamento: 15/03/2013 15:09
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15/03/2013 15:03
 
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Chiesa e colonialismo

In passato, ma ancora oggi, la Chiesa cattolica riceve accuse e critiche per non essersi opposta energicamente al movimento colonizzatore europeo e alle brutalità commesse dai colonialisti, in particolare da quelli spagnoli e portoghesi nelle Americhe. Ma, mentre alcuni storici avanzano questa invettiva, molti altri sottolineano come in realtà la Chiesa sia statal’unica istituzione ad aver alzato la voce in difesa degli indigeni. Parlando del colonialismo, ad esempio, il sociologo e storico Rodney Stark ha affermato: «lo spirito dei tempi era -con l’eccezione della Chiesa cattolica- favorevole alla tratta degli schiavi» (R. Stark, For the Glory of God, Princeton University Press 2003, pag. 359). Purtroppo la Riforma protestante (1517) indebolì fortemente la Chiesa, la quale non era più riconosciuta autorevole dagli Stati, dai re e dai poteri politici ed economici, così la sua condanna dello schiavismo fu ignoranta ed esso dilagò divenendo un pilastro dell’economia mondiale (nella parte orientale del globo il commercio di schiavi era gestito dagli arabi-musulmani)

Il grande storico americano, Eugene D. Genovese, fra i massimi esperti di schiavismo americano, ha scritto: «Il cattolicesimo ha impresso una profonda differenza nella vita degli schiavi. E’ riuscito a creare un’etica nuova ed autentica nella società schiavista americana, brasiliana e spagnola»[1]. Tuttavia le accuse sono queste: 1) La avrebbe spinto le potenze coloniali nel movimento di scoperta di nuovi popoli, è riconosciuto che non rifiutasse lo sfruttamento della popolazione ma il suo obiettivo era l’evangelizzazione. 2) La diffusione del credo cattolico con ogni metodo fu a volte utilizzato come giustificazione per eccidi di indigeni inermi da parte dei colonialisti, alcune volte anche esponenti della chiesa stessa[2]

 
 

 
 
 
 
 
 
 
 

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1. DUE PREMESSE IMPORTANTI

1) Evangelizzazione Nuovo MondoE’ sicuramente vero che la Chiesa tentò di condizionare il colonialismo per creare un’etica di aiuto e sostegno, invece che di depauperamento dei territori e delle popolazioni colonizzate. Però, troppo spesso purtroppo, è anche corretto ricordare che il messaggio cristiano venne imposto e non proposto, e questa fu senz’altro la colpa maggiore. Un torto, comunque, in parte giustificato dal fatto che i colonizzatori europei trovarono popolazioni totalmente sottomesse al capriccio dei loro pretenziosi e crudeli dei. E’ stato dimostrato, ad esempio, che il popolo Azteco smise di praticare sacrifici umani o altre forme autoctone di culto proprio grazie alla conversione cristiana di molti dei suoi membri (inizialmente, forzata o meno che fosse)[3], mentre in Paraguay, l’arrivo dei missionari permise ai Guarani, di progredire civilmente e abbandonare l’Età della Pietra, le carestie e le guerre pressoché ininterrotte con conseguente sterminio degli abitanti del villaggio sconfitto: si praticava infatti il cannibalismo rituale. In meno di tre generazioni gli indigeni, grazie al cristianesimo, passarono da un livello di vita estremamente primitivo ad uno stadio di civiltà piuttosto elevato[4]. Anche in Messico i missionari fornirono benessere alle popolazioni mediante l’istituzione di scuole e ospedali ed insegnarono agli indiani metodi di allevamento migliori, aumentando l’aspettativa di vita[5]. In California diffusero la dottrina cristiana tra gli indigeni locali ed introdussero il bestiame europeo, frutta, verdura e l’industria. Migliorarono anche la modalità di trasporto e crearono reti sociali decisamente civilizzate[6]. La conversione cristiana, anche forzata, era dunque vista -e infatti si rivelò tale- come la condizione essenziale per abbandonare comportamenti disumani e raggiungere un più alto livello di civiltà.

2) Paesi “cattolici”. Molto spesso, il fatto che paesi colonizzatori come Spagna, Francia, Portogallo ecc.. fossero ritenuti “cattolici”, ha portato molti a rivolgere le accuse alla religione piuttosto che verso la politica dei sovrani laici. Eppure molti storici, come ad esempio Rodney Stark della Baylor University o lo studioso britannico Owen Chadwick, hanno spiegato che dipingere i poteri politici sottomessi al volere dei vescovi è una classica falsità storica nata in ambito protestante (come tante altre). Anche negli stati non riformati, la Chiesa aveva poca voce in capitolo e i sovrani aderivano formalmente al cattolicesimo perchè avevano già imposto al papa delle condizioni a loro molto favorevoli. Ad esempio il Concordato di Bologna (1516) concedeva al re franceseFrancesco I il diritto di designare tutte le alte cariche della Chiesa, ottenendo così il completo controllo delle propietà e delle rendite della Chiesa. In Spagna, Ferdinando e Isabella ottennero lo stesso privilegio e riuscirono a far concordare il papa sull’illegalità della pubblicazione delle sue bolle e dei suoi decreti senza il previo consenso reale o dei possedimenti del regno. Sotto Carlo V la subordinazione della Chiesa crebbe ancora di più e il re ottenne anche un terzo delle decime pagate alla Chiesa. «Questi accordi -scrive Stark- svolsero un ruolo fondamentale nel far rimanere cattoliche Spagna e Francia, ma resero la Chiesa dipendente dallo Stato. Ciò ebbe disastrose consegueze quando il papa cercò di prevenire l’introduzione della schiavitù nel Nuovo Mondo»[7].

 
 

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2. PRE-COLONIALISMO: LA CHIESA ABOLI’ LA SCHAVITU’ IN EUROPA

Già nel VI secolo la Chiesa e numerosi suoi membri cominciarono ad opporsi alla schiavitù. Nel VII ricordiamo San Batilde (626-680), prima moglie del re Clodoveo II e poi religiosa e fondatrice di diversi conventi, nota per la sua campagna contro il commercio degli schiavi e per la loro liberazione. Grazie a lei scomparse la schiavitù nei regni dei Franchi e venne abolita la tassa personale sugli abitanti di origine gallica[8]. Nell’ 851 d.C., San Oscar di Brema (801–865), monaco benedettino, si battè nei paesi scandinavi per fermare la tratta degli schiavi perpretata dalle popolazioni vichinghe[9]. Per la fine del X secolo la Chiesa riuscì comuque ad eliminare la schiavitù in gran parte d’Europa: estese a tutti gli schiavi i sacramenti e fece in modo di far proibire la schiavitù per cristiani ed ebrei, tanto da ottenerne un’abolizione totale nelle terre dei re cristiani[10]. Altrove invece continuò a permanere. Nel 1235, con la bolla Devotionis Vestrae, il papa Gregorio IX (1170-1241) approvò l’Ordine di Santa Maria della Mercede, i cui obiettivi principali erano la liberazione degli schiavi prigionieri dei musulmani: circa 52.000 uomini vennero riscattati attraverso l’esborso di enormi somme di denaro[11].

 
 

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3. 1430, IMMEDIATE OPPOSIZIONI AL COLONIALISMO: EUGENIO IV E PIO II

Successivamente però, intorno al 1430, la schiavitù ritornò anche in Europa: gli spagnoli colonizzarono le isole Canarie e cominciarono ad asservire la popolazione locale. Informato di questi fatti, papa Eugenio IV (1383-1487) indirizzò subito alle autorità religiose locali la bolla “Sicut Dudum”(1435) con la quale, in modo netto e senza ambiguità, condannò la schiavitù delle popolazioni indigene e, sotto pena di scomunica, concesse a chi era coinvolto nello schiavismo, 15 giorni dalla ricezione della bolla, per «riportare alla precedente condizione di libertà tutte le persone di entrambi i sessi una volta residenti delle dette Isole Canarie, queste persone dovranno essere considerate totalmente e per sempre libere («ac totaliter liberos perpetuo esse») e dovranno essere lasciate andare senza estorsione o ricezione di denaro»[12].

Nel 1462, anche papa Pio II (1405-1464), riferendosi al governatore locale delle Isole Canarie, condannò il commercio degli schiavi considerandolo «un grande crimine» («magnum scelus»)[13].

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