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SCRITTI PATRISTICI PER LA LITURGIA FESTIVA (anno C)

Ultimo Aggiornamento: 12/01/2017 10:17
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19/04/2013 07:33
 
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IV DOMENICA DI PASQUA

Letture: Atti 13,14.43-52
Apocalisse 7,9.14b-17
Giovanni 10,27-30

1. La vita eterna

I Giudei attribuivano una grande importanza a quanto avevano domandato a Cristo. Se infatti egli avesse detto: Io sono Cristo, dato che essi ritenevano che Cristo fosse soltanto figlio di David, lo avrebbero accusato di volersi arrogare il potere regale. Ma piú importante è quanto egli rispose loro: a quelli che volevano far passare come delitto il dichiararsi figlio di David, egli dichiarò di essere Figlio di Dio. In qual modo? Ascoltate: "Rispose loro Gesú: «Già ve l`ho detto e non credete; le opere che io faccio in nome del Padre mio, rendono testimonianza in mio favore. Ma voi non credete perché non siete delle mie pecore»" (Gv 10,25-26).
Già avete appreso chi siano le pecore: siate nel numero delle sue pecore! Le pecore sono tali in quanto credono, in quanto seguono il loro pastore, non disprezzano colui che le redime, entrano per la porta, ne escono e trovano i pascoli: e sono pecore perché godono della vita eterna. E perché allora disse a costoro: «Non siete delle mie pecore»? Perché egli li vedeva predestinati alla morte eterna, e non riacquistati alla vita eterna col prezzo del suo sangue.
"Le mie pecore ascoltano la mia voce, e io le conosco, ed esse mi seguono; e io do loro la vita eterna" (Gv 10,27-28).
Ecco quali sono i pascoli. Se ben ricordate, egli aveva detto prima: «Ed entrerà e uscirà e troverà i pascoli». Siamo entrati credendo, usciamo morendo. Ma nello stesso modo in cui siamo entrati per la porta della fede, da fedeli anche usciamo dal corpo: usciamo per la stessa porta per poter trovare i pascoli. Questi eccellenti pascoli sono la vita eterna: qui l`erba non si inaridisce, sempre verdeggia, sempre è piena di vigore. Si dice di una certa erba che è sempre viva: essa si trova solo in quei pascoli. «La vita eterna - dice - do loro», cioè alle mie pecore. Voi cercate motivi per accusarmi, perché non pensate che alla vita presente.
"E non periranno in eterno" (Gv 10,27-28); sottintende: voi invece andrete nella morte eterna, perché non siete mie pecore. "Nessuno le rapirà di mano a me (ibid.)". Raddoppiate ora la vostra attenzione: "Il Padre mio che me le ha date, è piu potente di tutti" (Gv 10,29).
Che può fare il lupo? Che possono fare il ladro e il brigante? Essi non possono perdere che quelli che sono predestinati alla rovina. Ma quelle pecore di cui l`Apostolo dice: "Il Signore conosce i suoi" (2Tm 2,19), e ancora: "Quelli che ha conosciuti nella sua prescienza, quelli ha predestinati, e coloro che ha predestinati, li ha anche chiamati; quelli che ha chiamati li ha anche giustificati; e quelli che ha giustificati li ha anche glorificati" (Rm 8,29-30), queste pecore, dicevo, non potranno né essere rapite dal lupo, né asportate dal ladro, né uccise dal brigante. Colui che sa cosa ha pagato per esse, è sicuro delle sue pecore. E` questo il senso delle parole: «Nessuno le rapisce di mano a me».

(Agostino, Comment. in Ioan., 48, 4-6)


2. Cristo vuole riportarci all`unità

Cosí lo stesso "Figlio di Dio, Verbo di Dio" e nello stesso tempo "Mediatore di Dio e degli uomini" come "Figlio dell`uomo uguale al Padre" (1Tm 2,5) per l`unità della divinità e nostro simile per l`umanità che assunse, pregando il Padre per noi con la sua umanità, senza tacere tuttavia di essere con il Padre una sola cosa nella divinità, tra le altre cose dice: "Non soltanto per questi prego ma anche per quelli che crederanno in me, per la loro parola, affinché tutti siano una cosa sola, come tu sei in me, o Padre, ed io in te, affinché anche loro siano una cosa sola in noi; affinché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu mi desti, io l`ho data a loro affinché siano una cosa sola, come noi siamo una cosa sola" (Gv 17,20-22).
Non disse: «Che io e loro siamo una cosa sola», sebbene come capo della Chiesa ed essendo "la Chiesa" il "suo corpo" (Ef 5,23; Col 1,18) potesse dire: «Che io e loro siamo, non una cosa sola, ma uno solo», perché il "capo e il corpo è un solo Cristo" (1Tm 2,5; 1Cor 8,6; 12,20). Ma manifestando la sua divina consustanzialità con il Padre (riferendosi a questo, in un altro passo dice: "Io e il Padre siamo una sola cosa" ([Gv 10,30]), consustanzialità di un genere proprio a lui, cioè uguaglianza consustanziale nella medesima natura, vuole che i suoi siano "una sola cosa", ma in lui. Infatti in se stessi ne sarebbero incapaci, disuniti l`uno dall`altro dalle opposte volontà, dalle passioni, dall`immondezze dei peccati. Per questo sono purificati dal Mediatore per "essere una sola cosa" in lui, non solo nell`unità della natura, nella quale da uomini mortali "diventano uguali agli angeli" (Lc 20,36, Mt 22,30; Mc 12,25), ma anche per l`identità di una volontà che cospira in pieno accordo alla medesima beatitudine, fusa in qualche modo in un solo spirito dal fuoco della carità. E` questo il senso dell`espressione: "Che essi siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa"; come il Padre e il Figlio sono "una sola cosa" non solo per l`uguaglianza della sostanza, ma anche per la volontà, cosí questi che hanno il Figlio come Mediatore tra sé e Dio, siano una cosa sola non soltanto perché sono della stessa natura ma anche per la comunanza di uno stesso amore.

(Agostino, De Trinitate, 4, 8, 12 s.)


3. Gli insegnamenti teorici

Mosè insegna che all`inizio, "Dio fece il cielo e la terra" (Gen 1,1); egli disse queste parole perché conoscessimo la verità sulla Creazione e sul suo autore. E tutte le altre parole del Racconto della Creazione che sono state trascritte, sono state dette non perché le mettessimo in pratica, quanto piuttosto perché le contemplassimo. L`intera Sacra Scrittura corrobora questo insegnamento.
Lo stesso Salvatore, quantomeno, nei Vangeli ora prescrive obblighi da tradurre in pratica, ora fa sapere ciò che occorre conoscere e contemplare. Quando dice, infatti: "Imparate da me che sono mite ed umile di cuore, e troverete riposo alle anime vostre" (Mt 11,29), o ancora: "Se qualcuno vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua ogni giorno" (Lc 9,23; cf. Mt 16,24), egli lo dice perché noi lo si metta in pratica, esattamente come nel caso di: "Siate misericordosi e troverete misericordia" (Mt 5,7), come pure gli altri avvertimenti del genere.
Al contrario, le parole: "Io sono nel Padre e il Padre è in me" (Gv 14,10), oppure: "Il Padre e io siamo una sola cosa" (Gv 10,30), od anche: "Chi vede me, vede il Padre" (Gv 14,9), e del pari le altre rivelazioni inerenti la natura di Dio che si trovano nei due Testamenti, sono state dette e trascritte perché noi le contempliamo ed abbiamo di esse una conoscenza autentica e devota.

(Didimo di Ales., In Zachariam, 3, 13-15)


4. Preghiera per la comunità cristiana

Dio della pace, che di due ci fa uno (Ef 2,14) e ci fonde l`uno con l`altro, che colloca i re sui troni e solleva i poveri dalla terra e innalza gli abietti dal nulla (Sal 112,7); che scelse David e lo prese dalle greggi di pecore (Sal 77,70), sebbene fosse l`ultimo dei figli di Jesse (1Sam 17,14); il quale riempie di forza la parola di quelli che annunziano il Vangelo (Sal 67,12), egli regga la nostra destra, la guidi secondo la sua volontà e la coroni di gloria (Sal 72,24), pascendo i pastori e guidando le guide; perché noi possiamo pascolare con sapienza il suo gregge... Dia lui virtù e fortezza al suo popolo (Sal 67,36) e si formi un gregge splendido e immacolato (Ef 5,27) degno dell`ovile del cielo, nella casa della gioia (Sal 86,7), nello splendore dei santi (Sal 109,3); perché tutti, gregge e pastori, possiamo cantare gloria (Sal 28,9), in Gesú Cristo nostro Signore, al quale sia ogni gloria nei secoli dei secoli. Amen.

(Gregorio di Nazianzo, Sermo 2, 117)


5. Non può avere Dio per padre chi non ha la Chiesa per madre

Ecco quanto il Signore ci dice ammonendoci: "Chi non è con me, è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde" (Mt 12,30). Colui che spezza la concordia, la pace di Cristo, è contro Cristo; e colui che raccoglie fuori della Chiesa, disperde la Chiesa di Cristo.
Il Signore dice: "Io e il Padre siamo uno" (Gv 10,30). E ancora sta scritto del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo: "E i tre sono uno" (1Gv 5,7). Ebbene, può forse esserci qualcuno che creda si possa dividere l`unità nella Chiesa, questa unità che viene dalla stabilità divina e che è legata ai misteri celesti, e penserà che si possa dissolvere per la divergenza di opposte volontà?
Chi non si tiene in questa unità, non si tiene nella legge di Dio, non si tiene nella fede del Padre e del Figlio, non si tiene nella vita e nella salvezza.

(Cipriano, De Unitate Ecclesiae, 6)


6. Inno a Cristo Signore

Freno di puledri indomati,
ala di uccelli smarriti,
timone sicuro delle navi,
Pastore di agnelli regali,
raduna i tuoi figli pieni di semplicità,
per lodare santamente,
per cantare sinceramente con labbra immacolate
al Capo dei pargoli, a Cristo.

Re dei santi e Verbo del Padre
nel piú alto dei cieli
che ogni cosa domini,
governatore della Sapienza,
sostegno nelle fatiche,
ripieno di gioia eterna,
Gesú, Salvatore del genere umano,
Pastore e aratore, timone e freno,
ala celeste della santa schiera.

Pescatore degli uomini mortali
da salvare dal mare di ogni malvagità,
Tu i santi pesci dall`onda nemica
con la dolcezza della vita attiri;
sii guida delle pecore assennate,
Pastore santo, sii il Capo,
o Re di fanciulli innocenti!

Le orme di Cristo sono via al cielo.
Parola eterna, età senza fine,
eterna luce, fonte di pietà.
Tu sei l`autore della virtù nella vita
che si conviene a quei che a Dio inneggiano.
Gesù Cristo, latte celeste
che dal dolce seno della Sposa,
dai doni della tua Sapienza scaturisce;
noi, tuoi figli, con labbra fresche
beviamo al seno della tua Parola
dissetati dalla rugiada dello Spirito.

In semplicità, nel cantico di lode
e con sincero inno, a Cristo Re
rendiamo il tributo santo per la scienza della vita.
Cantiamo insieme, con santa modestia,
cantiamo al Figlio onnipotente!
Noi, nati con Cristo, siamo il coro della pace.
Umile popolo di Dio, insieme,
tutti cantiamo lode al Dio della pace.

(Clemente di Ales., Hymn. ad Christ., passim)


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V DOMENICA DI PASQUA

Letture: Atti 14,20b-26
Apocalisse 21,1-5a
Giovanni 13,31-33a.34-35

1. Uomini nuovi in virtù del comandamento nuovo

Cristo ci ha dunque dato un nuovo comandamento, nel senso che ha detto di amarci l`un l`altro, cosí come egli ci ha amati. E` questo amore che ci rinnova, affinché diveniamo uomini nuovi, eredi del Nuovo Testamento, cantori di un nuovo cantico. Questo amore, fratelli, ha rinnovato anche i giusti dei tempi antichi, i patriarchi e i profeti, come piú tardi ha rinnovato i beati apostoli. Esso ora rinnova tutte le genti, e, di tutto il genere umano che è diffuso ovunque sulla terra, fa, riunendolo, un sol popolo nuovo, il corpo della nuova sposa del Figlio unigenito di Dio, della quale il Cantico dei Cantici dice: "Chi è colei che si alza splendente di candore?" (Ct 8,5, secondo i LXX). Essa è splendente di candore perché è rinnovata: da che cosa, se non dal nuovo comandamento? Ecco perché i suoi membri sono solleciti l`uno per l`altro e se uno soffre, soffrono con lui tutti; se uno è glorificato, gioiscono con lui tutti gli altri (cf. 1Cor 12,25-26). Essi ascoltano e praticano quanto dice il Signore: «Vi do un nuovo comandamento, che vi amiate gli uni gli altri», ma non come si amano quelli che cercano la corruzione, né come si amano gli uomini in quanto hanno la stessa natura umana, ma come si amano coloro che sono dèi e figli dell`Altissimo, e che mirano a divenire fratelli dell`unico Figlio suo, che si amano a vicenda dell`amore del quale egli li ha amati, che li porterà a giungere a quella meta dove egli sazierà tutti i loro desideri, nell`abbondanza di tutte le delizie (cf. Sal 102,5). Allora, ogni desiderio sarà soddisfatto, quando Dio sarà tutto in tutti (cf. 1Cor 15,28). Una tale meta non conoscerà fine. Nessuno muore là dove nessuno può giungere se prima non è morto per questo mondo, e non della comune morte nella quale il corpo è abbandonato dall`anima, ma della morte degli eletti. Quella morte che, mentre ancora siamo in questa carne mortale, eleva il cuore in alto nei cieli. E` di questa morte che l`Apostolo dice: "Perché voi siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio" (Col 3,3). Forse per la stessa ragione sta scritto: "L`amore è forte come la morte" (Ct 8,6).
E` grazie a questo amore che, pur restando ancora prigionieri di questo corpo corruttibile, noi moriamo per questo mondo, e la nostra vita si nasconde con Cristo in Dio; o, meglio, questo stesso amore è la nostra morte per il mondo, ed è vita con Dio. Se infatti parliamo di morte quando l`anima esce dal corpo, perché non dobbiamo parlare di morte quando il nostro amore esce da questo mondo? L`amore è quindi davvero forte come la morte. Che cosa è piú forte di questo amore che vince il mondo?
Ma non crediate, fratelli, che il Signore dicendo: «Vi do un nuovo comandamento, che vi amiate gli uni gli altri», abbia dimenticato quell`altro comandamento che ci è stato dato, che amiamo il Signore Dio nostro con tutto il cuore, con tutta l`anima e con tutto il nostro spirito. Può sembrare che egli lo abbia dimenticato, in quanto dice soltanto: «che vi amiate gli uni gli altri», come se il primo comandamento non avesse rapporti con quello che ordina di amare "il prossimo tuo come te stesso" (Mt 12,37-40).
A "questi due comandamenti" - disse il Signore, come narra Matteo - "si riduce tutta la legge e i profeti (ibid.)". Ma per chi bene li intende, ciascuno dei due comandamenti si ritrova nell`altro. Infatti, chi ama Dio non può disprezzare Dio stesso quando egli ordina di amare il prossimo; e colui che ama il prossimo di un amore spirituale, chi ama in lui se non Dio? Questo è quell`amore liberato da ogni affetto terreno, che il Signore caratterizza aggiungendo le parole: «come io ho amato voi». Che cosa, se non Dio, il Signore amò in noi? Non perché già lo possedessimo, ma perché lo potessimo possedere; per condurci, come poco prima ho detto, là dove Dio sarà tutto in tutti. E` in questo senso che, giustamente, si dice che il medico ama i suoi malati: e cosa ama in essi, se non quella salute che desidera ripristinare, e non certo la malattia che si sforza di scacciare?
Amiamoci dunque l`un l`altro, e, per quanto possiamo, a vicenda aiutiamoci a possedere Dio nei nostri cuori. Questo amore ci dona colui che ci dice: «Come io vi ho amati, anche voi amatevi gli uni gli altri» (Gv 13,34). Egli ci ha amati per renderci capaci di amarci a vicenda; questo ci ha concesso amandoci, che ci stringiamo con mutuo amore e, uniti quali membra da un sí dolce vincolo, siamo il corpo di un tanto augusto capo.
"In questo appunto tutti riconosceranno che voi siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Gv 13,35). E` come se avesse detto: Coloro che non sono miei discepoli, hanno in comune con voi altri doni, oltre la natura umana, la vita, i sensi, la ragione e tutti quei beni che sono propri anche degli animali; essi hanno anche il dono della conoscenza delle lingue, il potere di dare i sacramenti, quello di fare profezie; il dono della scienza o quello della fede, la capacità di distribuire ai poveri tutti i loro beni, e quella di sacrificare il loro corpo nelle fiamme. Ma se essi non hanno la carità, sono soltanto dei cembali squillanti: non sono niente, e tutti questi doni a loro niente giovano (cf..1Cor 13,1-3). Non è dunque in queste grazie, sia pure eccellenti, e che possono esser date anche a chi non è mio discepolo, ma è «in questo che tutti riconosceranno che voi siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri».

(Agostino, Comment. in Ioann., 65, 1-3)


2. Fate in modo di non arrivare a Dio soli

Se credete d`aver fatto del progresso, tirate qualche altro con voi, cercate d`aver dei compagni nella via di Dio. Se uno di voi, fratelli, va al foro o alle terme e incontra uno che sta senza far niente, lo invita a fargli compagnia. E, allora, se andate verso Dio, fate in modo di non andarvi soli. Perciò fu scritto: "Chi ha sentito l`invito, dica a sua volta: Vieni!" (Ap 22,17), in modo che colui che ha sentito nel cuore il richiamo dell`amore divino, faccia sentire anche al suo prossimo la voce dell`invito. E può ben darsi ch`egli non abbia del pane da dare in elemosina, ma, se ha la lingua, ciò che può dare è molto di piú. Val certo di piú, infatti, ristorare con la parola un`anima immortale, che saziare con pane terreno una carne mortale. Fratelli, non negate al vostro prossimo l`elemosina della parola.

(Gregorio Magno, Hom., 6, 6)


3. La carità

Se anche tu desideri questa fede per prima otterrai la conoscenza del Padre. Dio, infatti, ha amato gli uomini. Per loro creò il mondo, a loro sottomise tutte le cose che sono sulla terra, a loro diede la parola e la ragione, solo a loro concesse di guardarlo, lo plasmò secondo la sua immagine (cf. Gen 1,26-27), per loro mandò suo Figlio unigenito (cf. 1Gv 4,9), loro annunziò il regno nel cielo (cf. Mt 25,34) e lo darà a quelli che l`hanno amato (cf.Gc 2,5). Conosciutolo hai idea di qual gioia sarai colmato? Come non amerai colui che tanto ti ha amato? Ad amarlo diventerai imitatore della sua bontà e non ti meravigliare se un uomo può diventare imitatore di Dio: lo può volendolo lui (l`uomo). Non si è felici nell`opprimere il prossimo, nel voler ottenere piú dei deboli, arricchirsi e tiranneggiare gli inferiori. In questo nessuno può imitare Dio sono cose lontane dalla sua grandezza! Ma chi prende su di sé il peso del prossimo (cf. Gal 6,2) e in ciò che è superiore cerca di beneficare l`inferiore; chi, dando ai bisognosi ciò che ha ricevuto da Dio, è come un Dio per i beneficati, egli è imitatore di Dio.

(Ep. ad Diognetum, 10)


4. Solitudine o Vita attiva?

Secondo la vostra capacità aiutatemi e date una mano a un oppresso, e che è per opposte vie attratto dall`istinto e dallo spirito. Quello suggerisce fuga, monti, solitudine, quiete del corpo e dell`anima, raccoglimento interiore e controllo dei sensi, in modo che, libero da ogni macchia, possa avere familiarità con Dio, brilli dello splendore dello Spirito, senza alcuna mescolanza di terreno turbamento, che impedisca la luce divina tanto che possiamo raggiungere la stessa fonte della luce e rimosso ogni specchio dalla verità, mettiamo fine a ogni nostro desiderio. Questo invece mi spinge a uscire, a provvedere alla pubblica utilità, a giovare a me stesso giovando agli altri, a far palese lo splendore di Dio e a portare a Dio un popolo eletto, una gente santa, un regaale sacerdozio (cf. 1Pt 2,9)... e mi dice che uno non deve guardare solo al suo vantaggio, ma deve tener conto anche degli altri. Cristo, infatti, sebbene potesse rimanere nell`onore della sua divintà, non solo si svuotò fino a prendere la forma di un servo (cf. Fil 2,7), ma senza badare alla sua umiliazione affrontò il supplizio della croce, per distruggere il peccato con le sue pene e debellare la morte con la sua morte (Eb 12,2). Le prime voci sono suggestioni dell`istinto personale, le seconde son segnalazioni dello Spirito.

(Gregorio di Nazianzo, Sermo ad Patrem, 12, 4)
[Modificato da Coordin. 02/05/2013 08:17]
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