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SCRITTI PATRISTICI PER LA LITURGIA FESTIVA (anno C)

Ultimo Aggiornamento: 12/01/2017 10:17
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27/02/2013 08:30
 
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III DOMENICA DI QUARESIMA

Letture: Esodo 3,1-8a.13-15
1 Corinti 10,1-6.10-12
Luca 13,1-9

1. Moderazione nel condannare

Non è la stessa cosa strappare uno sterpo o un fiore e uccidere un uomo. Sei immagine di Dio e parli a un`immagine di Dio. Tu che giudichi sarai a tua volta giudicato (Mt 7,1); e giudichi il servo di un altro (Rm 14,4), che è governato da un altro. Esamina bene tuo fratello, come se tu dovessi essere misurato con la stessa misura. Attento a non tagliare e gettar via temerariamente un membro, nell`incertezza, perché le membra sane non abbiano ad averne un detrimento. Riprendi, rimprovera, scongiura. Hai la regola della medicina. Sei discepolo di Cristo mite e benigno, che portò le nostre infermità (Is 53,4). Se incontri una prima resistenza, aspetta con pazienza; alla seconda, non perdere la speranza, c`è ancora tempo per una cura; al terzo scontro cerca d`imitare quel benevolo agricoltore e chiedi al Signore che non sradichi il fico infruttuoso (Lc 13,8), che lo curi, che lo concimi, attraverso la confessione. Forse si cambierà e porterà frutto e accoglierà Gesú che torna da Betania.

(Gregorio di Nazianzo, Sermo 32, 30)


2. La pianta, che non rende e non fa rendere, occupa inutilmente il terreno

Con gran timore si deve ascoltare ciò che vien detto dell`albero che non fa frutto: "Taglialo; perché dovrebbe continuare ad occupare il terreno?" (Lc 13,7).
Ognuno, a suo modo, se non fa opere buone, dal momento che occupa dello spazio nella vita presente, è un albero che occupa inutilmente il terreno, perché, nel posto ove sta lui, impedisce che ci si metta a lavorare un altro. Ma c`è di peggio, Ed è che i potenti di questo mondo, se non producono nessun bene, non lo fanno fare neanche a coloro che dipendono da loro, perché il loro esempio agisce sui dipendenti come un`ombra stimolatrice di perversità. Al di sopra c`è un albero infruttuoso e sotto la terra rimane sterile. Al di sopra s`infittisce l`ombra dell`albero infruttuoso e i raggi del sole non riescono a raggiungere la terra, perché quando i dipendenti di un padrone perverso vedono i suoi cattivi esempi, anch`essi, rimanendo privi della luce della verità, restano infruttuosi; soffocati dall`ombra non ricevono il calore del sole e restano freddi, senza il calore di Dio. Ma il pensiero di questo qualsivoglia potente non è piú oggetto diretto delle cure di Dio. Dopo, infatti, ch`egli ha perduto se stesso, la domanda è soltanto perché debba far pressione anche sugli altri. Perciò il contadino si domanda: «Perché dovrebbe continuare ad occupare il terreno?». Occupa il terreno, chi crea diffiicoltà alle menti altrui, occupa il terreno, chi non produce buone opere nell`ufficio che tiene.

(Gregorio Magno, Hom., 31, 4)


3. La penitenza nel disegno di Dio

[Dio] richiamò a sé il popolo e lo rinfrancò con i molti favori della sua bontà, pur avendolo riscontrato ingratissimo; e dopo averlo esortato in continuazione alla penitenza, gli inviò gli oracoli di tutti i profeti per predicarla. Appena promessa la grazia che negli ultimi tempi avrebbe illuminato l`universo intero per mezzo del suo Spirito, comandò che la precedesse la promulgazione della penitenza, affinché coloro che per grazia chiamava alla promessa del seme di Abramo, per l`adesione alla penitenza fossero destinati ad essere in anticipo raccolti.
Giovanni non tace, dicendo: "Fate penitenza" (Mt 3,2): già infatti si avvicinava la salvezza alle nazioni, ossia il Signore che arrecava la seconda promessa di Dio. A chi destinava la preordinata penitenza, prefissata a purgare gli spiriti perché, qualsiasi antico errore lo inquinasse, qualsivoglia ignoranza del cuore umano lo contaminasse, purificando, sradicando e traendo fuori, preparasse allo Spirito Santo venturo una casa interiore pulita, in cui egli potesse entrare per godervi i beni celesti.
Unico è il titolo di questi beni, la salvezza dell`uomo, premessa l`abolizione dei crimini antichi; questa la ragione della penitenza, questa l`opera, che assicura la mediazione della divina misericordia, a pro dell`uomo e a servizio di Dio...
Quindi, per tutti i delitti, commessi nella carne o nello spirito, in azioni o nella volontà, che egli con proprio giudizio ha destinato alla pena, agli stessi, per la penitenza, ha promesso il perdono, dicendo al popolo: Fa` penitenza e vedrai la mia salvezza (cf. Ez 18,21). E poi: "Come è vero che io vivo - oracolo del Signore Dio - preferisco la penitenza alla morte" (Ez 33,11). Quindi la penitenza è vita, che si contrappone alla morte. Tu peccatore, mio simile - o anche a me inferiore: io, infatti, riconosco la mia responsabilità nei delitti -, cosí pervaditi di essa, abbraccia la fede come un naufrago si aggrappa ad un qualsiasi pezzo di tavola. Questa preleverà te, liberato dai frutti dei peccatori e ti trasferirà nel porto della divina clemenza.
Afferra l`occasione d`impensata felicità, sí che proprio tu, un tempo nient`altro davanti al Signore se non recipiente arido, polvere del suolo e vasetto da nulla, divenga da ora in poi fico rigoglioso, albero che quasi sgorga acque, dalla chioma perenne e che porta frutti a suo tempo, in modo da non conoscere né fuoco né scure.
Conosciuta la Verità, pentiti degli errori; pentiti di aver amato ciò che Dio non ama. Noi stessi, del resto, non permettiamo ai nostri servi di conoscere quelle cose da cui ci riteniamo offesi: infatti, la ragione dell`ossequio risiede nella somiglianza degli animi.
Invero, occorre parlare diffusamente e con grande impegno del bene della penitenza, e io ne ho fatto materia del mio discorso: noi in effetti per le nostre angustie una cosa sola inculchiamo, che è cosa buona, anzi ottima, quella che Dio comanda. Reputo infatti cosa audace discutere i divini precetti; e non tanto perché si tratta di un bene, e quindi dobbiamo ascoltarli, quanto piuttosto perché è Dio che dispone: prima viene infatti la maestà della divina potestà nella disposizione all`ossequio; prima si pone l`autorità di chi comanda, e non l`utilità di chi serve.
E` dunque un bene o no fare penitenza? Cosa rispondi? Dio dispone! Peraltro, egli non tanto dispone, quanto piuttosto esorta; invita con il premio, con la salvezza; e lo giura persino, dicendo: "Come è vero che io vivo", e brama che gli si creda.

Beati noi dei quali Dio giura la causa; miserrimi se non crediamo neppure a Dio che giura!
Ciò che Dio raccomanda reiteratamente e insistentemente, ciò che anche nel costume umano viene attestato con giuramento, dobbiamo come somma gravità accettare e custodire, affinché nell`adesione alla divina grazia, permaniamo nel suo frutto e possiamo perseverare fino ad averne il premio.

(Tertulliano, De poenitentia, II, 4-7; IV, 1-8)


4. Origine e grandezza della pazienza

Questa virtù, in effetti, l`abbiamo in comune con Dio. Ivi ha origine la pazienza, ivi ha scaturigine la sua dignità e chiarezza. L`origine e la grandezza della pazienza derivano da Dio che ne è l`autore. L`uomo deve amare quel che è caro a Dio: è buono ciò che la divina maestà raccomanda. Se Dio è per noi Signore e Padre, dobbiamo condividere la pazienza del Signore e del Padre: in effetti, si deve essere servi devoti, e non è lecito dimostrarsi figli degeneri.
Invero, quale e quanta pazienza di Dio, allorché, tollerando con somma pazienza templi profani, terreni simulacri e sacrilegi sacri istituiti dagli uomini in oltraggio alla sua maestà e onore, fa sorgere il giorno sui buoni e sui cattivi e senza distinzione fa splendere la luce del sole, e mentre irriga la terra con le piogge nessuno viene escluso dai suoi benefici, visto che similmente ai giusti e agli ingiusti vengono distribuite imparziali piogge. Vediamo con inseparabile equanimità di pazienza per i malfattori e gli innocenti, per i religiosi e gli empi, per i grati e gli ingrati, ai cenni di Dio servire gli elementi, spirare i venti, fluire le sorgenti, crescere le messi, maturare i frutti delle vigne, lussureggiare i frutteti, metter fronde i boschi, fiorire i prati. E mentre con offese pressoché continue viene esasperato Dio, egli tempera la sua indignazione e attende pazientemente il giorno prefissato della retribuzione. Pur avendo in suo potere la vendetta, preferisce aver pazienza, sopportando anzi con clemenza e procrastinando, affinché, supposto che possa avvenire, un bel giorno molto si muti nella prolungata malizia, e l`uomo, sia pur tardi, si volga a Dio dal contagio degli errori e delle scelleratezze, secondo quanto egli stesso ammonisce, dicendo: "Non voglio la morte di chi muore, quanto piuttosto che si converta e viva" (Ez 33,11). E ancora: "Convertitevi a me, dice il Signore" (Ml 3,7). E infine: "Convertitevi al Signore vostro Dio, poiché egli è buono e misericordioso, paziente e ricco di benevolenza e si impietosisce riguardo alla sventura e cambia la sentenza già irrogata" (Gl 2,13). Il che propone e dice anche il beato apostolo Paolo ricordando e richiamando il peccatore alla penitenza: "O ti prendi gioco della riccbezza della sua bontà, della sua tolleranza e della sua pazienza, senza riconoscere che la bontà di Dio ti spinge alla conversione? Tu, però, con la tua durezza e il tuo cuore impenitente accumuli collera su di te per il giorno dell`ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio, il quale renderà a ciascuno secondo le sue opere" (Rm 2,4-6). Disse esser giusto il giudizio di Dio, poiché arriva tardi, è procrastinato al massimo, affinché la lunga attesa di Dio si tramuti in vita per l`uomo. All`empio e al peccatore si presenterà la pena solo allorché la penitenza non può piú giovare a chi ha peccato.

(Cipriano di Cartagine, De bono patientiae, 3-4)
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