Il problema dei 3 corpi: Attraverso continenti e decadi, cinque amici geniali fanno scoperte sconvolgenti mentre le leggi della scienza si sgretolano ed emerge una minaccia esistenziale. Vieni a parlarne su TopManga.
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SCRITTI PATRISTICI PER LA LITURGIA FESTIVA (anno C)

Ultimo Aggiornamento: 12/01/2017 10:17
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28/11/2012 08:16
 
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I DOMENICA DI AVVENTO

Letture: Geremia 33,14-16
1 Tessalonicesi 3,12-4,2
Luca 21,25-28.34-36

1. La fine del mondo segna il trionfo di Gesù Cristo e il premio degli eletti.

Fratelli carissimi, il nostro Signore e Redentore, volendoci trovare preparati e per allontanarci dall`amore del mondo, ci dice quali mali ne accompagnino la fine. Ci scopre quali colpi ne indichino la fine, in modo che se non temiamo Dio nella tranquillità, il terrore di quei colpi ci faccia temere l`imminenza del suo giudizio. Infatti alla pagina del santo Vangelo che avete ora sentito, il Signore poco prima ha premesso: "Si leverà popolo contro popolo e regno contro regno; vi saranno terremoti, pestilenze e carestie dappertutto" (Lc 21,10-11); e poi ancora: "Ci saranno anche cose nuove nel sole, nella luna e nelle stelle; sulla terra le genti saranno prese da angoscia e spavento per il fragore del mare in tempesta" (Lc 21,25); dalle cui parole vediamo che alcune cose già sono avvenute e tremiamo per quelle che devono ancora arrivare. Che le genti si levino contro altre genti e che la loro angoscia si sia diffusa sulla terra l`abbiam visto piú ai nostri tempi che non sia avvenuto nel passato. Che il terremoto abbia sconquassato innumerevoli città, sapete quante volte l`abbiam letto. Di pestilenze ne abbiamo senza fine. Di fatti nuovi nel sole, nella luna e nelle stelle, apertamente per ora non ne abbiam visto nulla, ma che non siano lontani ce ne dà un segno il cambiamento dell`aria. Tuttavia prima che l`Italia cadesse sotto la spada dei pagani, vedemmo in cielo eserciti di fuoco, cioè proprio quel sangue rosseggiante del genere umano, che poi fu sparso. Di notevoli confusioni di onde e di mare non ne abbiamo ancora avute, ma poiché molte delle cose predette già si sono avverate, non c`è dubbio che awengano anche le poche, che ancora non si sono avverate; il passato è garanzia del futuro.
Queste cose, fratelli carissimi, le andiamo dicendo, perché le vostre menti stiano vigilanti nell`attesa, non s`intorpidiscano nella sicurezza, non s`addormentino nell`ignoranza e vi stimoli alle opere buone il pensiero del Redentore che dice: "Gli abitanti della terra moriranno per la paura e per il presentimento delle cose che devono avvenire. Infatti le forze del cielo saranno sconvolte" (Lc 21,26). Che cosa il Signore intende per forze dei cieli, se non gli angeli, arcangeli, troni, dominazioni, principati e potestà, che appariranno visibilmente all`arrivo del giudice severo, perché severamente esigano da noi ciò che oggi l`invisibile Creatore tollera pazientemente? Ivi stesso si aggiunge: "E allora vedranno venire il Figlio dell`uomo sulle nubi con gran potenza e maestà". Come se volesse dire: Vedranno in maestà e potenza colui che non vollero sentire nell`umiltà, perché ne sentano tanto piú severamente la forza, quanto meno oggi piegano l`orgoglio del loro cuore innanzi a lui.
Ma poiché queste cose sono state dette contro i malvagi, ecco ora la consolazione degli eletti. Difatti viene soggiunto: "All`inizio di questi avvenimenti, guardate e sollevate le vostre teste, perché s`avvicina il vostro riscatto". E` la Verità che avverte i suoi eletti dicendo: Mentre s`addensano le piaghe del mondo, quando il terrore del giudizio si fa palese per lo sconvolgimento di tutte le cose, alzate la testa, cioè prendete animo, perché, se finisce il mondo, di cui non siete amici, si compie il riscatto che aspettate. Spesso nella Scrittura il capo sta per la mente, perché come le membra son guidate dal capo, cosí i pensieri sono ordinati dalla mente. Sollevare la testa, quindi, vuol dire innalzare le menti alla felicità della patria celeste. Coloro, dunque, che amano Dio sono invitati a rallegrarsi per la fine del mondo, perché presto incontreranno colui che amano, mentre se ne va colui ch`essi non amavano. Non sia mai che un fedele che aspetta di vedere Dio, s`abbia a rattristare per la fine del mondo. Sta scritto infatti: "Chi vorrà essere amico di questo mondo, diventerà nemico di Dio" (Gc 4,4). Colui che, allora, avvicinandosi la fine del mondo, non si rallegra, si dimostra amico del mondo e nemico di Dio. Ma non può essere questo per un fedele, che crede che c`è un`altra vita e l`ama nelle sue opere. Si può dispiacere della fine di questo mondo, chi ha posto in esso le radici del suo cuore, chi non tende a una vita futura, chi neanche sospetta che ci sia. Ma noi che sappiamo dell`eterna felicità della patria, dobbiamo affrettarne il conseguimento. Dobbiamo desiderare d`andarvi al piú presto possibile per la via piú breve. Quali mali non ha il mondo? Quale tristezza e angustia vi manca? Che cosa è la vita mortale, se non una via? E giudicate voi stessi, fratelli, che significherebbe stancarsi nel cammino d`un viaggio e tuttavia non desiderare ch`esso sia finito.

(Gregorio Magno, Sermo 1, 1-3)


2. Beato chi pensa al giudizio

Beata l`anima che notte e giorno non si preoccupa d`altro che di rendere agevole il suo compito quel giorno in cui ogni creatura dovrà presentare i suoi conti al grande giudice. Colui, infatti, che tiene fisso innanzi agli occhi quel giorno e quell`ora e medita su quel tribunale che non può essere ingannato, non può commettere se non qualche lievissimo peccato; poiché, quando pecchiamo, pecchiamo per mancanza di timor di Dio; perciò, se uno tiene ben fisso lo sguardo sulle pene che sono minacciate, il suo intimo ed istintivo timore gli consentirà soltanto di cadere in qualche involontaria azione o pensiero. Perciò, ricordati di Dio, conservane il timore nel tuo cuore e invita tutti a pregare con te. E` grande l`aiuto di quelli che possono placare Dio. E questo non lo devi tralasciare mai. Questo sostegno dell`altrui preghiera ci è di aiuto in questa vita e ci è di buon viatico, quando ne usciamo per la vita futura. Però, com`è cosa buona la preoccupazione del bene, cosí è dannoso per l`anima lo scoraggiamento e la disperazione. Riponi la tua speranza nella bontà di Dio e aspettane l`aiuto con la sicurezza che, se ci rivolgiamo a lui con sincerità di cuore, non solo non ci rigetterà, ma prima ancora che si chiuda la bocca sulla preghiera, egli ci dirà: Eccomi, son qui.

(Basilio di Cesarea, Epist., 174)


3. La fine del mondo

Sorvegliate la vostra vita. Le vostre lampade non si spengano, e non si sciolgano i vostri fianchi, ma siate pronti. Non sapete l`ora in cui nostro Signore viene (cf. Mt 24,42-44). Riunitevi spesso cercando ciò che conviene alle vostre anime non vi gioverà tutto il tempo della vostra fede, se non sarete perfetti in ultimo.

(Didachè, 16, 1-2)


4. «Ottava omelia sul digiuno del decimo mese»

Istruendo i suoi discepoli circa l`avvento del Regno di Dio e la fine del mondo - e, nei suoi apostoli, insegnava a tutta la Chiesa -, il Salvatore disse: "Siate vigilanti, perché i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita" (Lc 21,34).
Ecco, in verità, o carissimi, un precetto di cui sappiamo che ci riguarda in modo specialissimo, noi che non dubitiamo che il giorno annunciato in questi termini, per quanto nascosto, sia molto vicino. E` opportuno che ogni uomo si prepari alla sua venuta, di modo che non vi sia nessuno che risulti o schiavo del ventre (cf. Rm 16,18) o implicato negli affanni della vita. L`esperienza quotidiana prova, in effetti, che saziando la carne, si smussa la punta dello spirito, e l`eccesso di cibo infiacchisce la forza del cuore; di modo che riporre le proprie delizie nel cibo è contrario persino alla salute del corpo, a meno che la misura imposta dalla temperanza non si opponga alle attrattive carnali e non rifiuti alla voluttà ciò che diverrebbe un fardello.
Difatti, se è vero che la carne non desidera niente senza il concorso dell`anima e riceve le sensazioni dallo stesso principio che gli permette anche il movimento, è tuttavia in facoltà di quest`anima rifiutare talune cose alla materia che le è sottomessa e, attraverso un giudizio interiore, disporre un freno, per non soffrirne, a ciò che le è esterno; cosí, sempre piú libera dai desideri carnali, essa potrà vagare nella divina sapienza nell`intimo di sé dove, tacendo il trambusto degli affanni mondani, essa troverà la sua gioia in sante meditazioni e nelle delizie eterne. Naturalmente, è difficile realizzare questo in modo continuativo in questa vita; si può però applicarvisi spesso, in modo che ci occupiamo piú frequentemente e piú a lungo di ciò che è spirituale che non di ciò che è carnale; cosí, quando consacriamo piú tempo a preoccupazioni migliori, le nostre azioni temporali si cambiano anch`esse in ricchezze incorruttibili.
Questa utile osservanza, carissimi, è il principale oggetto del digiuno della Chiesa, che, seguendo l`insegnamento dello Spirito Santo, è stato ripartito in modo tale, nel corso dell`anno, che la legge dell`astinenza sia sottolineata in ogni stagione..
Per praticarlo, in effetti, non ci è richiesto soltanto di privarci del cibo, bensí di astenerci da ogni desiderio carnale. D`altronde, sarebbe inutile soffrire volontariamente la fame senza rinunciare nel contempo ad una volontà perversa; infliggersi una privazione di cibo e non svincolarsi da un peccato già concepito nell`anima. E` carnale e non spirituale il digiuno che si riferisce solo al corpo, mentre si persiste a restare in ciò che nuoce piú di tutte le delizie. Che serve all`anima comportarsi esteriormente da padrona ed essere schiava e prigioniera interiormente; comandare alle proprie membra e abbandonarsi poi dritta dritta alla propria libertà? Ed è a ragione che spesso essa soffre la ribellione della serva, lei che non serve il Signore come dovrebbe. Digiunando dunque di cibi grazie al corpo, lo spirito digiuna dei vizi e stima le cure e i desideri terreni secondo la legge del suo re.
Questo spirito ricordi che deve il primo amore a Dio e il secondo al prossimo; che la regola di tutti i suoi sentimenti è quella di non trascurare né il culto del Signore né l`utilità di chiunque lo serve insieme a noi.
Ma come si rende culto a Dio, se non quando ci piace ciò che a lui piace e il nostro cuore non si allontana mai dal suo comandamento? Infatti, se noi vogliamo ciò che egli vuole, la nostra debolezza troverà la sua forza in colui dal quale riceviamo persino il nostro volere, "poiché è Dio" - dice l`Apostolo - "che suscita in voi il volere e l`operare secondo i suoi benevoli disegni" (Fil 2,13). Ecco perché l`uomo non si gonfierà di orgoglio, né cadrà vittima della disperazione, se è per la gloria di colui che li dona che usa dei beni che gli sono divinamente dati ed allontana i suoi desideri da ciò che sa che gli possa nuocere. Se, in verità, si guarda bene dall`invidia cattiva, dalla lussuria dissolutrice, dal turbamento che genera la collera, dal desiderio di vendicarsi, egli si purifica allora santificandosi con un digiuno autentico e si sazierà del piacere di delizie incorruttibili; saprà dall`uso spirituale che ne farà, trasformare gli stessi beni terreni in ricchezze celesti, non serbando per sé quanto ha ricevuto, bensi moltiplicando sempre di piú ciò che avrà dato.
Per questo, con senso di amore paterno, esortiamo la vostra carità a rendere profittevole per voi, con l`abbondanza delle elemosine, il digiuno del decimo mese; vi rallegrerete allora del fatto che, tramite il vostro ministero, il Signore nutre e riveste i suoi poveri.

(Leone Magno, Sermo 89 [19], 1-3).
[Modificato da Coordin. 12/01/2017 10:17]
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04/12/2012 08:17
 
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II DOMENICA DI AVVENTO

Letture: Baruc 5,1-9
Filippesi 1,4-6.8-11
Luca 3,1-6


1. Il Battista

Il precursore del nostro Redentore viene presentato attraverso l`indicazione delle autorità che governavano Roma e la Giudea al tempo della sua predicazione, con le parole: "Nel quindicesimo anno dell`impero di Tiberio Cesare, essendo procuratore della Giudea Pilato, tetrarca della Galilea Erode, Filippo suo fratello tetrarca dell`Iturea e della Traconitide e Lisania tetrarca dell`Abilene, mentr`erano principi dei sacerdoti Anna e Caifa, la Parola di Dio si manifestò a Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto" (Lc 3,1s). Poiché, infatti, Giovanni veniva ad annunziare colui che doveva redimere alcuni Giudei e molti Gentili, i tempi vengono indicati menzionando il re dei Gentili e i principi dei Giudei. Poiché poi i Gentili dovevano venir raccolti e i Giudei stavano per essere dispersi a causa della loro perfidia, nella descrizione dei principati, la repubblica romana è tutta assegnata a un solo capo e nel regno della Giudea viene sottolineata la divisione in quattro parti. Il nostro Redentore infatti dice: "Ogni regno diviso in se stesso, andrà in rovina" (Lc 11,17). E` chiaro allora che la Giudea, divisa tra tanti re, era giunta alla fine del regno. E proprio opportunamente vien notato non solo chi fossero a quel tempo i re, ma anche chi fossero i sacerdoti, perché Giovanni Battista avrebbe annunziato colui che sarebbe stato allo stesso tempo e re e sacerdote.
"E si recò per tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di penitenza per il perdono dei peccati" (Lc 3,3). Chi legge comprende che Giovanni non solo predicò ma diede anche ad alcuni il battesimo di penitenza, ma tuttavia non poté dare il suo battesimo in remissione dei peccati. La remissione dei peccati, infatti, avviene solo nel Battesimo di Cristo. Bisogna osservare che vien detto: "Predicando un battesimo di penitenza per il perdono dei peccati", predicava cioè un battesimo che perdonasse i peccati, perché non lo poteva dare. Come annunziava con la parola il Verbo del Padre che si era incarnato, così nel suo battesimo che non poteva perdonare i peccati, anticipava il Battesimo di penitenza, che avrebbe liberato dai peccati. La sua predicazione anticipava la presenza del Redentore, il suo battesimo era ombra del vero Battesimo di Cristo.
"Com`è scritto nel libro d`Isaia: Voce di colui che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri" (Is 40,3). Lo stesso Battista, interrogato chi egli fosse, rispose: "Io sono la voce di colui che grida nel deserto" (Gv 1,23). E` detto voce, perché annunzia il Verbo. Quello poi che diceva sta nelle parole: "Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri". Chiunque annunzia la fede vera e predica le opere buone che altro fa se non preparare i cuori di chi lo ascolta al Signore che viene? Perché la forza della grazia penetri, la luce della verità illumini, raddrizzi le vie innanzi al Signore, mentre il sermone della buona predicazione forma buoni pensieri nell`animo.
"Ogni valle sarà riempita e ogni colle e monte sarà abbassato". Che cosa s`intende qui per valli se non gli umili, che cosa per monti e colli se non i superbi? Alla venuta del Salvatore le valli saranno riempite, i colli e i monti saranno abbassati, perché com`egli stesso dice: "Chiunque si esalta sarà umiliato e chiunque si umilia sarà esaltato" (Lc 14,11). Infatti, la valle riempita s`alza, il monte e il colle umiliato, s`abbassa, perché nella fede del Mediatore tra Dio e gli uomini Cristo Gesú, la gentilità ricevette la pienezza della grazia e la Giudea per la sua perfidia perdette ciò di cui s`inorgogliva. Ogni valle sarà riempita, perché i cuori degli umili saranno riempiti dalla grazia delle virtù...
Il popolo, poiché vedeva Giovanni Battista fornito di meravigliosa santità, lo riteneva un monte singolarmente alto e solido... Ma se lo stesso Giovanni non si fosse ritenuto una valle, non sarebbe stato riempito dello spirito della grazia. Egli infatti disse di sé: "Viene uno piú forte di me; non son degno di sciogliere i legacci dei suoi calzari" (Mc 1,7). Ed anche: "Chi ha la sposa è lo sposo, l`amico dello sposo sta lí a sentirlo e gode a sentir la voce dello sposo. Questa mia gioia è piena. Lui deve crescere, io devo essere diminuito" (Gv 3,29-30). Infatti, essendo stato ritenuto, a motivo della sua eccezionale virtù, d`essere il Cristo, non solo disse di non esserlo, ma disse addirittura ch`egli non era degno di sciogliere i lacci dei suoi calzari, di frugare, cioè, nel mistero della sua incarnazione. Credevano che la Chiesa fosse sua sposa; ma egli li corresse: "Chi ha la sposa è lo sposo". Io non sono lo sposo, ma l`amico dello sposo. E diceva di godere non della propria voce, ma di quella dello sposo, perché si rallegrava non di essere umilmente ascoltato dal popolo, quanto perché sentiva dentro di sé la voce della verità, ch`egli annunziava. Dice che la sua gioia era piena, perché colui che gode della sua propria voce, non ha gioia piena, e aggiunge: "Lui deve crescere, io devo essere diminuito".
Bisogna ora chiedersi in che cosa è cresciuto il Cristo e in che cosa è stato diminuito Giovanni, ed è che il popolo vedendo l`astinenza e la solitudine di Giovanni, lo credeva il Cristo, vedendo invece il Cristo che mangiava coi pubblicani e peccatori, credeva che non fosse il Cristo, ma un profeta. Ma con l`andar del tempo, quando il Cristo, ch`era ritenuto un profeta fu riconosciuto come il Cristo e Giovanni, che era ritenuto di essere il Cristo, fu riconosciuto come un profeta, allora si avverò ciò che il precursore aveva detto del Cristo: "Lui deve crescere, io devo essere diminuito... E le vie storte saranno raddrizzate e le aspre appianate". Le vie storte si raddrizzano, quando i cuori dei malvagi, storpiati dall`ingiustizia, vengono allineati con la giustizia (Is 40,4). E le vie aspre vengono appianate, quando le menti iraconde tornano, per opera della grazia, alla serenità della mansuetudine. Quando, infatti, la mente iraconda respinge la parola di verità, è come se l`asprezza del cammino impedisse il passo del viandante. Ma quando l`anima iraconda, attraverso la grazia ricevuta, accoglie la parola della correzione, allora il predicatore trova la via piana, laddove non osava muovere il piede.
"E ogni uomo vedrà la salvezza di Dio". Ma non tutti gli uomini hanno potuto vedere Cristo, salvezza di Dio, in questa vita. Dove allora appunta lo sguardo il profeta, se non all`ultimo giorno del giudizio? Quando, aperti i cieli, tra gli angeli e gli apostoli, in un trono di maestà, apparirà il Cristo e tutti, eletti e dannati, lo vedranno, perché i giusti abbiano un premio senza fine e i dannati gemano nell`eternità del supplizio.

(Gregorio Magno, Hom., 20, 1-7)


2. La via diritta

Sta scritto di Giovanni: "Voce di colui che grida nel deserto: preparate la via al Signore, raddrizzate i suoi sentieri" (Lc 3,4; Is 40,3). Quanto segue si riferisce espressamente al nostro Signore e Salvatore. Non è infatti Giovanni che «ha colmato ogni valle», ma il nostro Signore e Salvatore. Osservi ciascuno che cosa era prima di avere la fede: si accorgerà che era una valle bassa, una valle in pendio che sprofondava negli abissi. Ma quando è venuto il Signore Gesú e ha inviato quale suo vicario lo Spirito Santo, «ogni valle è stata colmata». E` stata colmata con le buone opere e i frutti dello Spirito Santo. La carità non lascia che in te resti una valle, perché, se tu possiedi la pace, la pazienza e la bontà, non soltanto cesserai di essere una valle, ma comincerai a divenire «montagna» di Dio.
Queste parole: «Ogni valle sarà colmata», vediamo che ogni giorno si realizzano e si compiono tanto per i Gentili quanto per il popolo di Israele, che è stato rovesciato dalla sua grandezza: "ogni montagna e ogni colle sarà abbassato" (Lc 3,5; Is 40,4). Questo popolo era un giorno un monte e un colle, ed è stato abbattuto e smantellato. Ma "per il loro delitto è stata data la salvezza alle genti, per provocare la loro emulazione" (Rm 11,11).
E per contro, non sbaglierai se vedrai in queste montagne e in queste colline abbattute le potenze nemiche che si levano contro gli uomini. Affinché infatti siano colmate le vallate di cui parliamo, dovranno essere abbattute le potenze nemiche, montagne e colline.
Ma vediamo se si è compiuta la profezia seguente che concerne l`avvento del Cristo. Dice infatti: "E tutte le cose tortuose diverranno dritte" (Lc 3,5; Is 40,4). Ognuno di noi era tortuoso - sempreché lo sia stato allora senza esserlo ancora oggi - e, per la venuta di Cristo che si è compiuta anche nella nostra anima, tutto ciò che era tortuoso è diventato dritto. A che ti serve infatti che Cristo sia venuto un tempo nella carne, se non è venuto anche nella tua anima? Preghiamo dunque perché ogni giorno il suo avvento si compia in noi, onde possiamo dire: "Vivo, ma non piú io; è Cristo che vive in me" (Gal 2,20). Se Cristo vive in Paolo e non vive in me, che vantaggio ne ho? Ma quando egli sarà venuto anche in me e io ne gioirò come ne ha gioito Paolo, anch`io potrò dire come Paolo: "Vivo, ma non piú io; è Cristo che vive in me" (Gal 2,20).
Consideriamo anche il resto di ciò che si annunzia a proposito dell`avvento del Cristo. Niente al mondo era piú aspro di te. Guarda le tue passioni di un tempo, la tua ira e i tuoi altri vizi, sempreché ora siano scomparsi; e comprenderai che niente era piú aspro di te, oppure, per esprimermi in un modo piú chiaro, comprenderai che niente era piú ingiusto di te. La tua condotta era ingiusta, ingiuste le tue parole e le tue opere. Ma è venuto il mio Signore Gesú, ha spianato le tue asperità, ha mutato in strade dritte tutto il tuo disordine, perché in te sorgesse una strada senza inciampi, un cammino dolce e puro, lungo il quale in te Dio Padre potesse procedere e Cristo Signore in te potesse fissare la sua dimora e dire: "Io e il Padre mio verremo e porremo in lui la nostra dimora" (Gv 14,23).
Cosí continua: "e ogni carne vedrà la salvezza di Dio" (Lc 3,6; Is 40,5). Tu un tempo eri carne; ebbene, mentre eri carne, anzi mentre ancora sei carne, ecco il prodigio, vedi già «la salvezza di Dio».

Quanto al significato delle parole: «ogni carne», senza che nessuna sia esclusa dalla visione «della salvezza di Dio», lo lascio comprendere a coloro che sono capaci di sondare il mistero e il cuore della Scrittura.

(Origene, In Luc., 22, 1-5)


3. L`Incarnazione

Chi fra tutti gli uomini sapeva perfettamente che cosa è Dio, prima che egli venisse?...
Nessun uomo lo vide e lo conobbe, ma egli stesso si rivelò a noi. Si rivelò mediante la fede, con la quale solo è concesso vedere Dio. Dio, Signore e Creatore dell`universo, che ha fatto tutte le cose e le ha stabilite in ordine, non solo si mostrò amico degli uomini, ma anche magnanimo. Tale fu sempre, è e sarà: eccellente, buono, mite e veritiero, il solo buono (cf. Mt 19,17; Mc 10,18; Lc 18,19). Avendo pensato un piano grande e ineffabile lo comunicò solo al Figlio. Finché lo teneva nel mistero e custodiva il suo saggio volere, pareva che non si curasse e non pensasse a noi. Dopo che per mezzo del suo Figlio diletto rivelò e manifestò ciò che aveva stabilito sin dall`inizio, ci concesse insieme ogni cosa, cioè di partecipare ai suoi benefici, di vederli e di comprenderli. Chi di noi se lo sarebbe aspettato?
(Dio) dunque avendo da sé tutto disposto con il Figlio, permise che noi fino all`ultimo, trascinati dai piaceri e dalle brame (cf. Tt 3,3) come volevamo, fossimo travolti dai piaceri e dalle passioni. Non si compiaceva affatto dei nostri peccati, ma ci sopportava e non approvava quel tempo di ingiustizia. Invece, preparava il tempo della giustizia perché noi fossimo convinti che in quel periodo, per le nostre opere, eravamo indegni della vita, e ora solo per bontà di Dio ne siamo degni, e dimostrassimo, per quanto fosse in noi, che era impossibile entrare nel Regno di Dio e che solo per sua potenza ne diventiamo capaci. Dopo che la nostra ingiustizia giunse al colmo e fu dimostrato chiaramente che come suo guadagno spettava il castigo e la morte, venne il tempo che Dio aveva stabilito per manifestare la sua bontà e la sua potenza. O immensa bontà e amore di Dio. Non ci odiò, non ci respinse e non si vendicò, ma fu magnanimo e ci sopportò e con misericordia si addossò i nostri peccati e mandò suo Figlio per il nostro riscatto (cf. Mt 20,28; Mc 10,45); il santo per gli empi, l`innocente per i malvagi, il giusto per gli ingiusti, l`incorruttibile per i corrotti, l`immortale per i mortali. Quale altra cosa poteva coprire i nostri peccati se non la sua giustizia? In chi avremmo potuto essere giustificati noi ingiusti ed empi se non nel solo Figlio di Dio? Dolce sostituzione, opera inscrutabile, benefici insospettati! L`ingiustizia di molti viene riparata da un solo giusto e la giustizia di uno solo rende giusti molti (cf. Rm 5,18). Egli che prima ci convinse dell`importanza della nostra natura Per avere la vita, ora ci mostra il Salvatore capace di salvare anche l`impossibile. Con queste due cose ha voluto che ci fidiamo della sua bontà e lo consideriamo nostro sostentatore, padre, maestro, consigliere, medico, mente, luce, onore, gloria, forza, vita, senza preoccuparsi del vestito e del cibo.

(Ep. ad Diognetum, 8, 1; 8, 5 - 9, 6)
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13/12/2012 09:18
 
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III DOMENICA DI AVVENTO

Letture: Sofonia 3,14-18a
Filippesi 4,4-7
Luca 3,10-18

1. I beni temporali possono avere il merito d`un carisma spirituale

Rispose loro: "Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha del cibo faccia altrettanto" (Lc 3,11).
Per il fatto che la tunica ci è piú necessaria del mantello dobbiamo dire che per produrre un frutto degno di penitenza non basta dividere con i poveri soltanto cose esterne e non necessarie, ma anche quelle cose che son molto necessarie, come il cibo, che ci serve a vivere, e la tunica che ci riveste. Poiché infatti, nella Legge sta scritto: "Amerai ii tuo prossimo come te stesso" (Lv 19,18), si capisce che non ama abbastanza il suo prossimo colui che, nel bisogno, non divide con lui anche le cose necessarie. Quanto alla divisione delle tuniche, si parla di due, perché, se ne hai una sola e la dividi in due, finisci per restar nudo tu e colui che riceve l`altra metà. Bisogna sottolineare tuttavia quanto grande sia il valore delle opere di misericordia, se queste sono le prime comandate per produrre frutti degni di penitenza. E la Verità stessa dice: "Fate elemosina, e tutto è puro per voi" (Lc 11,41). E ancora: "Date e vi sarà dato" (Lc 6,38). Perciò è stato scritto: "L`acqua spegne il fuoco ardente e l`elemosina resiste ai peccati" (Sir 3,29). E di nuovo: "Nascondi l`elemosina nel seno del povero e questa intercederà per te" (Sir 29,15)... Per mostrare poi quanta virtù ci sia nell`accogliere i poveri, il nostro Redentore dice: "Chi riceve un profeta, perché profeta, riceverà la mercede del profeta e chi accoglie un giusto, perché giusto, riceverà la mercede del giusto" (Mt 10,41). In queste parole bisogna osservare che non dice: mercede per il profeta, o per il giusto, ma proprio mercede del profeta e mercede del giusto, perché colui che mantiene un profeta, sebbene non abbia lui la profezia, avrà tuttavia dall`Onnipotente il premio della profezia. Il giusto poi, quanto meno possiede in questo mondo, tanta più audacia ha di parlare per la giustizia; e colui che, avendo qualche cosa in questo mondo, sostiene il giusto, sebbene non osi forse parlare liberamente per la giustizia, si rende socio della giustizia del giusto, tanto da ricevere insieme con lui il premio della giustizia. Il profeta è pieno di spirito di profezia, manca però di alimento corporale; e se il corpo non è sostenuto, la voce viene a mancare. Chi dunque alimenta il profeta, gli dà la forza per alimentarne la profezia, e davanti agli occhi di Dio, pur non avendo lui lo spirito di profezia, ne riceverà la mercede, perché è come se avesse dato lui ciò che ha contribuito ad annunziare. Perciò Giovanni dice: "Sono partiti per il servizia del Signore, senza accettare nulla dai pagani. Pertanto abbiamo l`obbligo di sostenerli, cosí saremo anche noi collaboratori della verità" (3Gv 7-8). Infatti chi dà un aiuto temporale a chi ha un carisma spirituale, diventa partecipe del carisma spirituale. Poiché son pochi quelli che hanno carismi spirituali e molti, invece, quelli che abbondano di cose temporali, questi però mettono se stessi a parte delle virtù del profeta povero proprio con quell`atto che fa delle loro ricchezze un mezzo di sollievo per il profeta...
Poiché però Giovanni ci richiama a grandi opere con le parole: "Fate frutti degni di penitenza" (Mt 3,8), e ancora: "Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha del cibo faccia altrettanto" (Lc 3,11), si può ormai capire che cosa voglia dire la Verità, quando dice: "Dai giorni del Battista a oggi il regno dei cieli è esposto alla violenza, e i violenti lo conquistano" (Mt 11,12). E queste parole di divina sapienza devono essere studiate. Come può subir violenza il regno dei cieli? Chi può farla questa violenza? E se il regno dei cieli può essere esposto alla violenza, perché lo è solo dal tempo del Battista e non da prima? Ma poiché la Legge dice: Chi ha fatto questo o quello, morrà, il lettore capisce che la Legge può colpire chiunque con la sua severità, ma non risuscita nessuno attraverso la penitenza. Poiché però Giovanni Battista, precorrendo la grazia del Redentore, predica la penitenza, perché il peccatore, morto per la colpa, riviva attraverso la conversione, si capisce perché il regno dei cieli sia esposto alla violenza solo a partire da Giovanni Battista. Che cosa è poi il regno dei cieli se non la dimora dei giusti? Solo i giusti hanno diritto al premio eterno; sono i miti, gli umili, i casti, i misericordiosi che entrano nella gioia celeste. Sicché quando un superbo, un dissoluto, un iracondo, un empio o crudele fa penitenza e riceve la vita eterna, è come se un peccatore entrasse in casa altrui. Dal tempo del Battista il regno dei cieli è esposto alla violenza e i violenti lo conquistano, perché colui che chiamò i peccatori a penitenza, che altro fece se non insegnare a forzare il regno dei cieli?

(Gregorio Magno, Hom., 20, 11)


2. Il soldato piace a Dio se lotta per la pace

Non credere che non possa piacere a Dio nessuno il quale faccia il soldato tra le armi destinate alla guerra. Era guerriero il santo re David, al quale il Signore diede una si grande testimonianza. Erano guerrieri moltissimi altri giusti di quel tempo. Era soldato anche quel centurione che al Signore disse: "Non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di` una sola parola ed il mio attendente guarirà. Infatti sono anch`io rivestito d`autorità avendo dei soldati ai miei ordini e dico a uno: «Va`» ed egli va; ad un altro: «Vieni», ed egli viene; e al mio attendente: «Fa` ciò», ed egli lo fa. Per conseguenza il Signore disse di lui: In verità vi dico che non ho trovato tanta fede in Israele" (Mt 8,8-10; Lc 7,6-9). Era soldato anche quel Cornelio al quale l`angelo rivolse le seguenti parole: Cornelio, gradite sono state le tue elemosine ed esaudite le tue preghiere" (At 10,1-8.30-33), quando lo esortò di mandare a chiamare l`apostolo Pietro, per sentire che cosa doveva fare. Mandò infatti un soldato timorato di Dio dall`apostolo per pregarlo di recarsi da lui. Erano soldati anche quelli ch`erano andati a ricevere il battesimo da Giovanni (cf. Lc 3,12), il santo precursore del Signore e amico dello Sposo, del quale proprio il Signore disse: "Tra i nati di donna non è sorto nessuno piú grande di Giovanni Battista" (Mt 11,11). Quei soldati gli avevano chiesto che cosa dovessero fare ed egli rispose: "Non fate vessazioni ad alcuno, non fate false denunce ed accontentatevi della vostra paga" (Lc 3,14). Egli dunque non proibí loro di fare il soldato sotto le armi, dal momento che raccomandò loro di accontentarsi della loro paga.
Quando perciò indossi le armi per combattere, pensa anzitutto che la tua stessa vigoria fisica è un dono di Dio; cosí facendo non ti passerà neppure per la mente di abusare d`un dono di Dio contro di lui. La parola data, infatti, si deve mantenere anche verso il nemico contro il quale si fa guerra; quanto piú dev`essere mantenuta verso l`amico per il quale si combatte! La pace deve essere nella volontà e la guerra solo una necessità, affinché Dio ci liberi dalla necessità e ci conservi nella pace! Infatti non si cerca la pace per provocare la guerra, ma si fa la guerra per ottenere la pace! Anche facendo la guerra sii dunque ispirato dalla pace in modo che, vincendo, tu possa condurre al bene della pace coloro che tu sconfiggi. "Beati i pacificatori" -dice il Signore - "perché saranno chiamati figli di Dio" (Mt 5,9). Ora, se la pace umana è tanto dolce a causa della salvezza temporale dei mortali, quanto piú dolce è la pace divina, a causa dell`eterna salvezza degli angeli! Sia pertanto la necessità e non la volontà il motivo per togliere di mezzo il nemico che combatte. Allo stesso modo che si usa la violenza con chi si ribella e resiste, cosí deve usarsi misericordia con chi è ormai vinto o prigioniero, soprattutto se non c`è da temere, nei suoi riguardi, che turbi la pace.

(Agostino, Epist., 189, 4.6)


3. Cristo fondamento sulla roccia

Orbene, "colui che battezza nello Spirito Santo e nel fuoco" -dice la Scrittura - "ha in mano il ventilabro e purificherà la sua aia; raccoglierà il grano nel suo granaio e brucerà la paglia nel fuoco inestinguibile" (Lc 3,17). Vorrei scoprire qual è il motivo per cui il nostro Signore tiene «il ventilabro» in mano, e da quale vento la paglia leggera è spostata di qua e di là, mentre il grano piú pesante cade sempre nello stesso punto, dato che, senza il vento, non si può separare il grano dalla paglia.
Il vento, io credo siano le tentazioni, le quali, nella massa confusa dei credenti, mostrano che alcuni sono paglia e altri buon grano. Infatti, quando la tua anima si è lasciata dominare da qualche tentazione, non è che la tentazione l`abbia mutata in paglia; ma è perché tu eri paglia, cioè uomo leggero e incredulo, che la tentazione ha rivelato la tua natura nascosta. Al contrario, quando tu affronti coraggiosamente la tentazione, non è la tentazione che ti rende fedele e paziente, ma essa mostra alla luce del giorno le virtù della pazienza e della fortezza che erano in te, ma che erano nascoste. "Credi infatti" - dice i] Signore - "che io avevo nel parlarti uno scopo diverso da quello di manifestare la tua giustizia?" (Gb 40,3, secondo i LXX). E altrove aggiunge: "Ti ho afflitto e ti ho colpito con la privazione ma per manifestare il contenuto del tuo cuore" (Dt 8,3-5). Nello stesso senso la tempesta non permette che una costruzione elevata sulla sabbia resista, mentre lascia in piedi quella che è stata costruita sulla "pietra" (Mt 7,24-25). La tempesta, una volta scatenata, non potrà rovesciare un edificio costruito sulla pietra, mentre rivelerà la debolezza delle fondamenta della casa che vacilla sulla sabbia.
Ecco perché, prima che la tempesta si scateni, prima che soffino le raffiche di vento e i torrenti si gonfino, mentre ancora tutto è nel silenzio, dedichiamo ogni nostra cura alle fondamenta della costruzione, eleviamo la nostra casa con le pietre solide e molteplici che sono i comandamenti di Dio; affinché, quando la persecuzione incrudelirà, quando la bufera delle sciagure si scatenerà contro i cristiani, potremo allora mostrare che il nostro edificio è fondato sulla "pietra" (1Cor 10,4) che è Cristo Gesú. Ma se qualcuno allora lo rinnegherà -lungi da noi tale sciagura - sappia bene costui che non è nel momento in cui tutti lo hanno visto rinnegare Cristo che egli lo ha rinnegato, ma portava in sé antichi germogli e radici del rinnegamento. In quel momento si è rivelato ciò che era in lui, e si è manifestato alla luce del giorno. Chiediamo anche noi al Signore di essere un solido edificio, che nessun uragano possa rovesciare, «fondato sulla pietra», sul nostro Signore Gesú Cristo, "cui appartengono la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen" (1Pt 4,11).

(Origene, In Luc., 26, 3-5)


4. Accettare la perdita dei beni terreni è un esercitarsi a donarli

Volentieri, dunque, accettiamo la perdita dei beni terreni, per assicurarci i celesti; cada pure tutto il mondo, perché io progredisca in questa accettazione! Che se uno non è deciso a sopportare con animo tranquillo una qualche diminuzione dei suoi beni per furto, rapina o per indolenza, non so poi se riuscirà facilmente e generosamente a farci un taglio a titolo di elemosina. Come mai, infatti, uno che non sopporta un taglio, quando gli vien fatto da un altro, riuscirà a infiggere lui stesso il coltello nel suo corpo? La tolleranza delle perdite è un esercizio per imparare a donare e a far gli altri partecipi del proprio: non ha difficoltà a donare, colui che non ha paura di perdere. Altrimenti come farebbe, chi ha due tuniche, a darne una a un altro, se questo stesso non è capace di dare il mantello a uno che gli avesse portato via la tunica? Come potremmo farci degli amici col mammona, se neanche riusciamo a tollerare la perdita di questo mammona? Perderemmo con esso anche la nostra anima. E che cosa troviamo, dove perdiamo tutto? Ma è proprio dei pagani perdere la pazienza in ogni danno di cose temporali, perché essi antepongono il danaro forse anche alla vita... Noi però, conservando la diversità dei valori, non diamo la vita per il danaro, ma il danaro per la vita, dandolo generosamente o sopportandone la perdita pazientemente.

(Tertulliano, De patientia, 7, 8-11.13)
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19/12/2012 08:04
 
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IV DOMENICA DI AVVENTO

Letture: Michea 5,2-5
Ebrei 10,5-10
Luca 1,39-48a

1. La visita di Maria a Elisabetta

I piú buoni vanno dai meno buoni per procurare loro qualche vantaggio con la loro venuta. Cosí anche il Salvatore andò da Giovanni, per santificare il suo battesimo, e Maria, dopo aver udito il messaggio dell`angelo, cioè che stava per concepire il Salvatore e che la sua cugina Elisabetta era incinta, "si alzò e si recò in fretta alla montagna, ed entrò nella casa di Elisabetta" (Lc 1,39-40). Gesú, che era nel seno di lei, aveva fretta di santificare Giovanni che si trovava nel grembo della madre.
Prima che venisse Maria per salutare Elisabetta, il fanciullo non «esultò nel seno»; ma non appena Maria ebbe pronunziata la parola che il Figlio di Dio, nel suo seno, le aveva suggerito, "esultò il fanciullo per la gioia", e da allora Gesú fece, del suo precursore, un profeta.
Era necessario che Maria, che era quanto mai degna di essere madre del Figlio di Dio, salisse alla montagna dopo il colloquio con l`angelo, e dimorasse sulle vette. Per questo sta scritto: «In quei giorni Maria si alzò e si recò alla montagna».
Doveva del pari, non essendo affatto pigra nel suo zelo, affrettarsi sollecitamente, e, ricolma di Spirito Santo, essere condotta sulle vette, essere protetta dalla potenza di Dio la cui ombra l`aveva già ricoperta.
Venne dunque "in una città di Giuda, nella casa di Zaccaria e salutò Elisabetta. E accadde che quando Elisabetta udí il saluto di Maria, esultò il fanciullo nel suo seno ed ella fu ricolmata di Spirito Santo" (Lc 1,39-41).
Non v`è perciò alcun dubbio che colei che fu allora ricolmata di Spirito Santo, lo fu a causa di suo figlio. Non fu infatti la madre a meritare per prima lo Spirito Santo; ma quando Giovanni, ancora chiuso nel seno materno, ebbe ricevuto lo Spirito Santo, Elisabetta, a sua volta, dopo la santificazione del figlio, «fu ricolmata di Spirito Santo». Potrai accettare questa verità quando saprai che qualcosa di simile è accaduto per il Salvatore. Si legge, come abbiamo trovato in molti esemplari, che la beata Maria ha profetato. Ma non ignoriamo che, secondo altri codici, fu Elisabetta a pronunziare anche queste parole profetiche. Maria fu dunque ricolmata di Spirito Santo dal momento in cui cominciò ad avere nel seno il Salvatore. Non appena ricevette lo Spirito Santo, creatore del corpo del Signore e il Figlio di Dio cominciò a vivere in lei, anche Maria fu ricolmata di Spirito Santo.
Orbene, esultò il fanciullo nel seno di Elisabetta ed ella, ricolmata di Spirito Santo, "gridò a grande voce e disse: Tu sei benedetta tra le donne" (Lc 1,42). A questo punto, per evitare che gli spiriti semplici siano ingannati, dobbiamo confutare le abituali obiezioni degli eretici. Di fatto io non so chi si è abbandonato ad una tale follia da affermare che Maria fu rinnegata dal Salvatore, per essersi unita, dopo la nascita di lui, a Giuseppe; chi cosí ha parlato, risponda delle sue parole e delle sue intenzioni. Voi, se qualche volta gli eretici vi fanno una tale obiezione, dite loro per tutta risposta: proprio in quanto era stata ricolmata di Spirito Santo, Elisabetta disse: «Tu sei benedetta fra le donne». Se Maria è stata dunque dichiarata benedetta dallo Spirito Santo, in qual modo il Signore ha potuto rinnegarla? Quanto a coloro che hanno sostenuto che ella contrasse il matrimonio dopo il parto, non hanno prove per dimostrare la loro tesi; infatti i figli che erano attribuiti a Giuseppe, non erano nati da Maria, e non c`è alcun testo della Scrittura che lo affermi.
"Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del ventre tuo. E donde a me la grazia che venga a me la madre del mio Signore?" (Lc 1,42-43). Dicendo: «Donde a me la grazia?», non mostra affatto di ignorare donde viene tale grazia, quasi che Elisabetta, ricolma di Spirito Santo, non sappia che la madre del Signore è venuta da lei obbedendo alla volontà di Dio, ma vuol dire: Che cosa ho fatto di buono? Quali grandi opere ho compiuto per cui la madre del Signore giunga fino a me? Per quale giustizia, per quali buone azioni, per quale fedeltà interiore ho meritato che la madre del mio Signore venga fino a me?
"Ecco, appena il tuo saluto è giunto alle mie orecchie, il fanciullo ha trasalito di gioia nel mio seno" (Lc 1,44). L`anima del beato Giovanni era santa: ancora chiuso nel seno di sua madre e sul punto di venire al mondo, conosceva colui che Israele ignorava; per questo esultò, e non soltanto esultò, ma esultò nella gioia. Aveva compreso che il Signore era venuto per santificare il suo servitore, ancor prima che nascesse dal ventre materno.
Voglia il cielo che capiti anche a me, che ho fede in tali misteri, di essere trattato da pazzo dagli increduli. I fatti stessi e la verità hanno dimostrato chiaramente che io ho creduto non ad una pazzia ma alla sapienza, perché ciò che è consideralo follia da costoro è per me motivo di salvezza.
Se la nascita del Signore non fosse stata tutta celeste e beata, se essa non avesse avuto niente di divino e di superiore alla natura umana, la sua dottrina non si sarebbe affatto diffusa per tutta la terra. Se fosse stato soltanto un uomo colui che era nel seno di Maria, e non il Figlio di Dio, come poteva avvenire che in quel tempo ed anche ora venissero guarite non solo le piú diverse malattie dei corpi, ma anche quelle delle anime? Chi di noi non è stato insensato, di noi che ora, per misericordia divina, abbiamo l`intelligenza e la conoscenza di Dio? Chi di noi non ha mancato di fede nella giustizia, di noi che ora, per mezzo di Cristo, possediamo e seguiamo la giustizia? Chi di noi non è stato nell`errore e nello sconforto, di noi che oggi, per l`avvento del Signore, non conosciamo piú né esitazioni né turbamenti, ma siamo sulla via, cioè siamo in Gesú che ha detto: "Io sono la via" (Gv 14,6)?

(Origene, In Luc., 7, 1-6)


2. L`anima magnifica il Signore

"In quei giorni Maria si alzò e partí in fretta per la montagna verso una città della Giudea ed entrò nella casa di Zaccaria e salutò Elisabetta" (Lc 1,39-40). E` di regola che tutti coloro che vogliono essere creduti, forniscano le prove. Cosí l`angelo che annunziava i misteri, per indurre a credere Maria con un esempio, aveva annunziato a lei, che era vergine, la maternità di una donna anziana e sterile, mostrando cosí che Dio può tutto ciò che vuole. Appena Maria ebbe appreso questa notizia, non certo per mancanza di fede nella profezia, né per incertezza sulla veridicità dell`annunzio, e neppure perché avesse dei dubbi su quel precedente che l`angelo le aveva riferito, ma lieta e sollecita per il compimento di un dovere, partí, frettolosa, alla volta della montagna. Ormai ricolma di Dio, dove poteva andare in fretta se non in alto? La grazia dello Spirito Santo non conosce lunghi indugi...
Immediatamente si manifestano i benefici della venuta di Maria e della presenza del Signore: infatti, "appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, esultò il bambino nel seno di lei ed ella fu ricolma di Spirito Santo" (Lc 1,41).
Nota la scelta e il significato anche delle singole parole. Elisabetta udì. per prima la voce, ma Giovanni per primo sentí la grazia: la donna ha udito secondo l`ordine della natura, Giovanni invece ha trasalito nell`ambito del mistero; lei ha percepito l`arrivo di Maria, lui l`arrivo del Signore, la donna l`arrivo della donna, il bambino l`arrivo del bambino. Esse parlano delle grazie ricevute; essi, nel seno delle madri, realizzano la grazia e il mistero della misericordia a profitto delle madri stesse, le quali, per effetto di un duplice miracolo, profetizzano sotto l`ispirazione dei figli che recano nel seno. Il figlio ha esultato di gioia, la madre è stata riempita di Spirito Santo. Non la madre è stata ricolmata di Spirito prima del figlio, ma è stato il figlio che, una volta ricevuto lo Spirito Santo, ne ha riempito la madre.
Giovanni ha esultato e ugualmente ha esultato lo spirito di Maria. Alla esultanza di Giovanni, Elisabetta è ricolma di Spirito Santo; quanto a Maria, apprendiamo che essa non è stata colmata ora dello Spirito Santo, ma che ora il suo spirito ha esultato -colui che è incomprensibile, opera in modo incomprensibile nella madre. Elisabetta è ricolma dello Spirito Santo dopo la concezione, mentre Maria ne è stata colmata prima della concezione...
Tu vedi che Maria non ha dubitato, ma ha creduto, e ha ottenuto perciò la ricompensa della sua fede. «Beata» - dice Elisabetta - «tu che hai creduto».
Ma anche voi siete beati, perché avete udito e avete creduto: ogni anima che crede, concepisce e genera la Parola di Dio e riconosce le sue opere. Che in ciascuno sia l`anima di Maria, per glorificare il Signore; che in ciascuno sia lo spirito di Maria per esultare in Dio. Se corporalmente c`è una sola madre di Cristo, secondo la fede Cristo è generato da tutti; ogni anima infatti riceve il Verbo di Dio in sé, purché, immacolata e immune da colpe, sappia custodire la castità con coraggio.
Ogni anima, dunque, che sa esser cosí, magnifica il Signore, come l`anima di Maria l`ha magnificato e il suo spirito ha esultato in Dio salvatore. Il Signore è infatti magnificato, come tu hai letto altrove: "Magnificate il Signore con me" (Sal 33,4). E non nel senso che la parola umana possa aggiungere qualcosa alla grandezza del Signore, ma nel senso che egli viene magnificato in noi: infatti l`immagine "di Dio è Cristo" (2Cor 4,4; Col 1,15), e quindi l`anima che compie opere giuste e pie magnifica questa immagine di Dio, a somiglianza della quale è stata creata. E magnificandola si sublima, e sembra riprodurre in sé quella immagine con lo splendore delle buone opere e l`emulazione della virtù. Cosi l`anima di Maria magnifica il Signore e il suo spirito esulta in Dio: fedele al Padre e al Figlio, venera di religioso amore il Dio unico da cui derivano tutte le cose, e l`unico Signore per mezzo del quale tutte le cose sono state fatte (cf. 1Cor 8,6).

(Ambrogio, In Luc., 2, 19.22 s.26 s.)


3. Maria visita Elisabetta

Dopo aver ascoltato queste cose, la Vergine si recò, alla casetta di Zaccaria, e trovata Elisabetta incinta, la salutò, e il bambino all`interno rispose. Per le orecchie della madre il saluto pervenne a quelle del feto, e poiché per i limiti di natura Giovanni non poteva usare la lingua, parlò in modo che la propria madre attraverso i suoi salti rispondesse con proprie parole alla madre del Salvatore.
Infatti Elisabetta non potendo piú trattenere il sussultare del figlio, ripiena di Spirito Santo, esclamò dicendo: "Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del ventre tuo"! (Lc 1,42). Tu, disse, benedetta che dissolvi la maledizione. Tu benedetta, che rechi il dono dellla sapienza. Tu benedetta, che porti nell`utero colui che ha passeggiato nel paradiso. Tu benedetta, il cui ventre è divenuto tempio santo. "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del ventre tuo!", dal quale sarà vinto il nemico, dal tempo in cui Adamo mangiò. Frutto benedetto, che è divenuto alimento e vestito del mondo.

(Antipatro di Bostra, De S. Ioanne, 12)


4. Maria ha reso benedette in sé tutte le donne

[Maria] allora si affrettò con premura verso la cognata Elisabetta. "Ed entrata in casa di Zaccaria, salutò Elisabetta", a imitazione dell`angelo. "E appena Elisabetta udì il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo ed Elisabetta fu ripiena di Spirito Santo" (Lc 1,40.41). Dunque la voce di Maria fu efficace, riempí Elisabetta di Spirito Santo: a mo` di perenne fonte, per mezzo della lingua, emise un fiume di carismi profetici alla cognata: e, pur stando i piedini del feto stretti nell`utero, procurò il salto e l`esultanza. E ciò in verità era simbolo e segno del miracoloso tripudio. Infatti, quando venne la Piena di grazia, tutte le cose furono ripiene di gioia. Ed Elisabetta esclamò a gran voce, e disse: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del ventre tuo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?" (Lc 1,42.43). "Benedetta tu fra le donne". Tu senza dubbio fosti per le stesse principio di riparazione. Tu ci desti la fiducia di entrare in paradiso e fugasti l`antico dolore e lutto. Infatti, le donne dopo di te non vengono piú disprezzate; giammai le figlie di Eva temeranno l`antica maledizione, né paventeranno le doglie del parto, poiché dal tuo santo utero uscí Cristo, Redentore del genere umano, Salvatore dell`intera creazione, Adamo spirituale, Medico della ferita dell`uomo terreno. "Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del ventre tuo!" Infatti, il tuo frutto divenne seme di tutte le cose buone. Invero, parole illustri sembrano anche queste della sterile Elisabetta; ma, a sua volta, ancor piú illustri ne pronunciò la Santissima Vergine, la quale rese a Dio un cantico di grazie, di soave odore, pieno di teologia, annunciando cose nuove insieme con cose antiche, predicendo insieme con quelle dell`inizio del secolo quelle che accadranno alla consumazione dei secoli, esponendo sinteticamente in un breve discorso i misteri del Cristo.

(Pseudo-Gregorio Taumaturgo, Hom., 2)


5. Per una donna la morte, per una Donna la salvezza

Elisabetta concepí un uomo, Maria un uomo: Elisabetta madre di Giovanni, Maria madre di Cristo: ma Elisabetta soltanto un uomo, Maria Dio e l`uomo. E` meraviglioso come mai una creatura abbia potuto concepire il Creatore. Cosa richiede maggiore intelligenza, fratelli miei, che egli abbia assunto la carne dalla sola madre, o l`aver creato il primo uomo senza padre e senza madre? Quel primo uomo determinò la nostra caduta quando la donna, ad opera della quale siamo morti, accolse nel cuore i veleni de; serpente. Infatti il serpente la convinse di peccato, e persuadendola fu ammesso il male. Se cosí quindi avvenne la nostra prima caduta, allorché la donna accolse nel cuore i veleni del serpente, non desti meraviglia che la nostra salvezza si sia operata allorché la Donna ha concepito nel suo grembo la carne dell`Onnipotente. Entrambi i sessi erano caduti, entrambi dovevano essere ricostituiti. Per la donna eravamo entrati nella morte, per la Donna ci è stata resa la salvezza.

(Agostino, Sermo 289, 2)


6. Il natale di san Giovanni Battista

Onde disse: "A che debbo cbe la madre del mio Signore venga a me?" (Lc 1,43). Umiltà grande, fratelli miei! La madre del Salvatore si recò dalla madre del Precursore. Giovanni salutava Cristo, ed entrambi non apparivano nella carne. Infatti Cristo era ospite del grembo di Maria, Giovanni era portato dal seno di Elisabetta. Alla fine, la stessa voce profetica, dalla persona di Cristo vaticinò, dicendo: "Prima di formarti nel grembo, ti conoscevo, prima che uscissi dal ventre, ti avevo santificato; ti ho stabilito profeta delle nazioni" (Ger 1,5). Beate sono siffatte madri che son divenute genitrici di santi! E sempre beate saranno quelle madri che meritarono di esser dette tali!
Riconosciamo pertanto le nascite di entrambi e distinguiamo le mirabili generazioni dei due: uno da sterile, l`altro da vergine: la sterilità fu tramutata in fecondità, la verginità rimase dopo la fecondità: la sterile generò il Precursore, la Vergine generò il Giudice. Elisabetta generò Giovanni il battezzatore, Maria partorí Cristo Salvatore.

(Pseudo-Agostino, Sermo Mai 45, 2 s.)
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24/12/2012 08:36
 
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IL NATALE E IL PERIODO NATALIZIO

Il più antico cenno della festa del Natale, celebrata a Roma nel giorno 25 dicembre, la riporta il calendario di Filocalos dell`anno 354, ma l`analisi interna del documento dimostra che la festa veniva celebrata già prima dell`anno 336. Fu scelto il giorno 25 dicembre visto che in quel giorno si celebrava una festa pagana in onore del «Sole Invincibile». I cristiani hanno sostituito le cerimonie pagane con la solennità della nascita di Cristo, il Sole di Giustizia. Già nel secolo IV troviamo la nuova festa in Africa, ad Antiochia, a Costantinopoli e in Egitto, ma solamente nel VI/VII secolo sarà ammessa in Palestina.
Secondo una tradizione romana del secolo VI, ogni sacerdote può celebrare nel giorno di Natale tre Messe. L`origine di questo costume è abbastanza semplice. La prima e l`unica Messa veniva celebrata solennemente dal papa nel secolo IV alla solita ora nella basilica di San Pietro (attualmente la Messa «nel giorno»). Nel secolo V, si comincia a celebrare la Messa notturna nella basilica di Santa Maria Maggiore. Il papa Sisto III (+ 446), dopo la proclamazione del dogma della Maternità di Maria ha ampliato e abbellito la basilica erigendo in essa la cappella che imitava la grotta della Natività di Betlemme. In questa cappella, la notte di Natale, il papa celebrava la Messa solenne (attualmente la «Messa della Notte»). Verso la metà del secolo VI, inizia l`usanza di celebrare la terza Messa da parte del papa. Vicino al palazzo dei governanti bizantini (Colle Palatino) si trovava la chiesa in cui si conservavano le reliquie di santa Anastasia martire, venerata particolarmente a Costantinopoli, la cui memoria cadeva proprio il 25 dicembre. Per rispetto al potere secolare, i papi - fermandosi per strada dal Laterano alla basilica di San Pietro - celebravano qui la Messa in onore della santa (attualmente la «Messa dell`Aurora»). I libri liturgici romani contenevano i formulari di queste tre Messe papali e perciò tutta la Chiesa prese l`usanza di celebrare l`Eucaristia tre volte in questo giorno.
Prendendo spunto dalla festa di Natale, sono sorte diverse consuetudini come ad esempio il presepio. L`uso dell`albero di Natale viene consolidato dalle popolazioni germaniche nel secolo XIX. In Polonia, i commensali della cena della Vigilia si dividono il pane azzimo in segno di pace e di unione.
La festa del Natale ha la sua ottava, viene celebrata cioè per tutta la settimana. Già i più vecchi calendari collegano le commemorazioni di alcuni santi con la solennità del Natale e il Medioevo vede in essi una schiera illustre che accompagna il Bambino Gesù. Ecco questi santi nella liturgia romana: il Protomartire Stefano, san Giovanni Evangelista e i Bambini Innocenti uccisi a Betlemme. Il periodo del Natale va oltre l`ottava, fino alla domenica dopo l`Epifania, che viene celebrata come festa del Battesimo del Signore.
Nel giorno di Natale, la Chiesa commemora tutto ciò che è avvenuto a Betlemme, ma non si limita al lato esteriore degli avvenimenti. Contempla il mistero del Figlio di Dio, che «nato dal Padre prima di tutti i secoli, Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero», per «noi uomini e per la nostra salvezza» discese dal cielo. Dio, che in modo meraviglioso ha creato l`uomo, in modo ancora più meraviglioso inizia l`opera della sua salvezza. Cristo diventa l`uomo simile a noi in tutto eccetto il peccato. Si giunge ad un «meraviglioso scambio»: Cristo accolse la nostra natura umana, debole e limitata, per farci partecipare alla sua natura divina.
Che cos`è la venuta di Cristo per l`uomo? L`uomo ha visto Dio in forma visibile, Cristo ha portato agli uomini la nuova vita, li ripristina nella dignità di figli di Dio, introduce l`uomo mortale nella vita eterna, libera l`umanità dalla vecchia schiavitù del peccato e le dona la libertà.
Il Natale, così concepito, si collega inseparabilmente con il mistero della Morte e della Risurrezione di Cristo. Benché allora per molti cristiani il Natale è un gioioso ricordo della venuta di Cristo che porta la pace e la fraternità, la Chiesa vede questa festa in stretta relazione con la sua futura morte; Gesù deposto nella mangiatoia viene chiamato nelle preghiere il Redentore. Celebrare il Natale significa esprimere nella vita la nuova realtà dell`uomo, rendersi simile al Figlio di Dio, aprirsi all`azione della grazia, cercare le cose di lassù, crescere nell`amore fraterno. Lodiamo Dio perché in questi ultimi tempi ha parlato a noi per mezzo del Figlio, assumendo la fatica della nuova vita.

Esaudisci, Signore, questa famiglia a te devota
e adunata in seno a quesa chiesa nella odierna
festività del tuo Natale per cantare le tue lodi.
Dona ai prigionieri la liberazione,
la vista ai ciechi,
la remissione ai peccatori,
poiché è per offrire loro la salvezza
che tu sei venuto.
Riguarda dal tuo santo Cielo, o Salvatore del mondo,
il tuo popolo e donagli la tua luce,
il loro animo si rivolge a te in devota fiducia.

(Missale Gothicum, ed. L.C. Mohlberg, Roma 1961, n. 12)


1. La venuta di Dio tra gli uomini

Cristo nasce, cantate gloria, Cristo scende dal cielo, andategli incontro; Cristo è in terra, alzatevi. Cantate al Signore da tutta la terra (Sal 95,1). E per riassumere queste due cose in una sola: Gioiscano i cieli, esulti la terra (ibid. 11), poiché colui che è del cielo è ora in terra. Cristo si è fatto carne, tremate e gioite; tremate per il peccato; gioite per la speranza. Cristo nasce dalla Vergine; donne, abbiate cura della verginità perché possiate essere madri di Cristo. Chi non adora colui che è il principio? Chi non loda e non glorifica colui che è la fine?
Di nuovo si dissipano le tenebre, di nuovo viene creata la luce, di nuovo l`Egitto è tormentato dalle tenebre (cf. Es 10,21), di nuovo Israele è illuminato per mezzo della colonna (cf. Es 13,21). Il popolo che è nelle tenebre dell`ignoranza veda la grande luce della conoscenza (cf. Is 9,1). Le cose vecchie sono passate, ecco, ne sono nate di nuove (2Cor 5,17). La lettera cede, lo spirito vince, le ombre passano, entra la verità. Melchisedech si ricapitola: chi era senza madre, è generato senza padre; prima senza madre e poi senza padre. Le leggi della natura sono rovesciate... Applaudite, popoli tutti (Sal 46,1), poiché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il segno della sovranità (con la croce infatti viene innalzato) ed è chiamato Consigliere ammirabile, cioè del Padre, l`Angelo (Is 9,5). Gridi Giovanni: Preparate la via del Signore (Mt 3,3). Anch`io proclamerò la forza e la potenza di questo giorno; colui che non è stato generato dalla carne si incarna; il Verbo prende consistenza; l`invisibile diventa visibile; l`intangibile si può toccare; colui che è senza tempo comincia ad esistere nel tempo; il Figlio di Dio diventa Figlio dell`uomo, Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre! (Eb 13,8)...
La festa che noi oggi celebriamo è la venuta di Dio tra gli uomini, perché noi possiamo accedere a Dio o (per meglio dire) ritornare a Dio, affinché, abbandonato l`uomo vecchio, ci rivestiamo del nuovo; e come siamo morti nel vecchio Adamo, così viviamo in Cristo; infatti con Cristo nasciamo, siamo messi in croce, veniamo sepolti e risorgiamo...
Perciò celebriamola in modo divino e non come si suol fare nelle feste pubbliche; non con spirito mondano ma oltremondano; celebriamo non ciò che è nostro, ma di lui che è nostro o, per meglio dire, di lui che è il Signore; celebriamo non ciò che arreca infermità, ma ciò che cura; non ciò che riguarda la creazione, ma la rigenerazione.

(Gregorio di Nazianzo, Oratio 38, 1 s. 4)


2. Natale

Poiché oggi, per grazia di Dio, diremo tre Messe, non possiamo dilungarci nel commento del Vangelo. Ma il Natale del Redentore ci obbliga a dire qualche cosa, sia pur brevemente. Che cosa vuol dire questo censimento del mondo alla nascita del Signore, se non che sta nascendo nella carne colui che avrebbe iscritto i suoi eletti nell`eternità? Al contrario il Profeta dice dei reprobi: Siano cancellati dal libro della vita e non siano annoverati tra i giusti (Sal 68,29). E giustamente il Signore nasce a Betlemme: poiché Betlemme vuol dire casa del pane. Egli è infatti colui che dice: Io sono il pane vivo che viene dal cielo (Gv 6,41). Il luogo dunque dove nasce il Signore, già prima ch`egli nascesse fu chiamato casa del pane, perché doveva manifestarvisi nella carne colui che avrebbe saziato gli eletti di cibo spirituale. Ed egli nacque non in casa sua, ma per la via, per far capire ch`egli, assumendo la natura umana, nasceva in una veste che non era la sua. Non era sua, s`intende, perché, essendo Dio, la sua propria natura è la divina. La natura umana gli apparteneva, perché Dio è padrone di tutto, e perciò sta scritto: Venne a casa sua (Gv 1,11). Nella sua natura divina ci stava, prima dei tempi, nella nostra ci venne in un`epoca della nostra storia. Perciò, se colui che è eterno, si fa nostro compagno nel tempo, possiamo dire che viene in un campo che gli è estraneo. E poiché il Profeta dice: Ogni uomo è fieno (Is 40,6), il Signore, fattosi uomo, cambiò il nostro fieno in grano, poiché egli dice di se stesso: Se il chicco di frumento non cade in terra e muore, rimane solo (Gv 12,24). Perciò anche, appena nato, è messo nella mangiatoia, perché nutrisse tutti i fedeli, rappresentati dagli animali, col frumento della sua carne. E che cosa vuol dire l`apparizione dell`angelo ai pastori che vegliavano e la luce che li avvolse, se non che coloro i quali guardano con amore il gregge dei fedeli hanno, più degli altri, il privilegio di vedere le cose celesti? Mentre essi piamente vegliano il gregge, la grazia divina più largamente splende su di loro.
L`angelo annunzia che è nato il Re e cori di angeli gli fanno eco e cantano: Gloria nei cieli a Dio e pace in terra agli uomini di buona volontà. Prima che il nostro Redentore nascesse nella carne, non c`era armonia tra noi e gli angeli, ci separava dalla loro luce e purezza la macchia della nostra colpa originale, ci allontanavano da loro le nostre colpe quotidiane. Poiché, per il peccato, eravamo estranei a Dio, gli angeli, cittadini di Dio, ci ritenevano estranei alla loro società. Ma quando riconoscemmo il nostro Re, gli angeli ci riconobbero per loro concittadini. Poiché il Re ha preso in sé la terra della nostra carne, gli angeli non disprezzano più la nostra debolezza. Gli angeli tornano a far pace con noi, non guardano più i motivi della discordia e accolgono come soci coloro che avevano già disprezzati come abietti. Perciò Lot (Gen 19,1) e Giosuè (Gs 5,15) adorano gli angeli e non sono respinti. Giovanni però, nell`Apocalisse, si prostrò in adorazione dinanzi a un angelo e questi lo respinse dicendo: Non lo fare, sono un servo, come te e i tuoi fratelli (Ap 22,9). E che cosa vuol dire che gli angeli prima della venuta del Redentore si lasciano adorare, ma dopo la sua venuta non lo permettono più, se non che hanno paura di mettersi al di sopra della nostra natura, dopo che l`hanno vista portata dal Signore al di sopra di loro? E non osano più deprezzare come inferma quella natura che vedono nel Re del cielo. Né disdegnano d`aver come socio l`uomo essi che adorano un uomo Dio. Guardiamo allora, fratelli, che non ci sporchi una qualche immondizia, poiché nell`eterna prescienza siamo cittadini di Dio e uguali ai suoi angeli. Riportiamo nei costumi la nostra dignità, nessuna lussuria ci macchi, nessun pensiero turpe ci accusi, la malizia non morda la nostra mente la ruggine dell`invidia non ci roda, non ci gonfi l`orgoglio, non ci dilanii la concupiscenza dei piaceri terreni, non c`infiammi l`ira. Gli uomini sono stati chiamati dèi. Difendi, dunque, o uomo, l`onore di Dio, poiché per te s`è fatto uomo quel Dio, che vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.

(Gregorio Magno, Hom., 1, 8)


3. Osservazioni sulla nascita del Signore

Celebrando la nascita del Signore nostro Gesù Cristo, vediamo, fratelli, il senso del brano evangelico che or ora abbiamo letto. Il santo evangelista dice che Augusto ordinò di fare il censimento in tutto il mondo e che per questo Giuseppe, da Nazareth in Galilea, si recò a Betlemme in Giudea, città di David, per registrarsi. Ci fu per dodici anni, quando apparve nella carne il Figlio di Dio, tanta pace che tutti, secondo l`oracolo d`Isaia, mutavano le loro spade in aratri e le lance in falci. Il Figlio di Dio, autore della pace, nasce in tempo di pace, per insegnare ai suoi discepoli l`amore della pace. Infatti come Cesare Augusto mandò Cirino a riscuotere il censo, così Dio, vero Augusto, mandò i suoi predicatori nel mondo a riscuotere il censo della fede. Diamo allora, fratelli, il censo della fede e delle buone azioni. Non resti nessuno a casa, usciamo tutti dalla Galilea, cioè dalla volubilità del mondo, e andiamo nella Giudea della retta fede, per meritare di essere Betlemme, la casa del pane di colui che dice: Io sono il pane vivo venuto dal cielo.
Il Vangelo narra che la beata sempre vergine Maria, dato alla luce Cristo, lo avvolse in panni e lo adagiò nella mangiatoia. Giustamente nasce in una via, colui ch`era venuto a mostrarci la via. Volle essere posto in una piccola mangiatoia, colui ch`era venuto a preparar per noi l`ampiezza del regno dei cieli. Non in panni di seta e dorati, ma poveri, volle essere avvolto, colui ch`era venuto a restituirci la veste dell`immortalità. Permise di essere costretto in una culla, colui che si era affrettato a scioglierci mani e piedi, perché facessimo opere buone. Che dobbiamo dire, fratelli? Diciamo col salmista: Che cosa darò in cambio al Signore per tutto ciò che mi ha dato? Egli trovò un calice per retribuzione, noi diamo ciò che possiamo: elemosine, vigilie, lagrime, pace. Perdoniamo a chi ha peccato contro di noi, perché Dio perdoni i nostri peccati.
I pastori, che alla nascita del Figlio di Dio vegliano sul gregge e vedono gli angeli, sono i santi predicatori, che quanto più s`impegnano a custodire le anime, tanto più spesso meritano il sollievo del colloquio angelico. Ma all`apparizione dell`angelo i pastori si turbano, perché è proprio della natura umana temere alla vista degli angeli ed è proprio dei buoni angeli portar consolazione a quelli che temono. Perciò l`angelo dice subito ai pastori: Non temete; e aggiunge: Ecco, vi do una grande gioia, per voi e per tutto il popolo. Dice giusto: Per tutto il popolo, perché da tutto il popolo ci fu gente che si volse alla fede.
Mentre un solo angelo parlava ai pastori, subito una moltitudine di angeli si manifestò e disse: Gloria a Dio nell`alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà. E questo c`insegna che quando anche un solo fratello parla, insegna o fa un`opera buona, una moltitudine di fedeli dovrebbe prorompere nella lode di Dio e muoversi all`imitazione del bene che vede. All`apparire poi del Figlio di Dio nella carne si canta gloria a Dio e si augura pace sulla terra agli uomini di buona volontà. Siamo, dunque, anche noi, fratelli, uomini di buona volontà, perché possiamo vivere in pace.
Per essere liberati da codesta persecuzione e dalla dannazione eterna, in questo giorno della nascita del Figlio di Dio, corregga ciascuno ciò che trova da riprendere in se stesso: chi è stato adultero, s`impegni alla castità; chi avaro, prometta generosità; chi ubriacone, sobrietà; chi superbo, umiltà; chi denigratore, carità. Prometta e mantenga la promessa, secondo il verso del Salmo: Promettete e mantenete le promesse fatte al Signore vostro Dio. Promettiamo lealmente, ci darà lui la forza di mantenere. Sarebbe molto ingiusto, fratelli, che oggi qualcuno non desse niente al Signore. Facciamo doni ai re e agli amici, e non daremo nulla al Creatore che viene da noi? Ed egli chiede soprattutto noi stessi. Offriamogli, dunque, noi stessi, perché liberati, per sua misericordia, dalle pene eterne, possiamo godere per sempre nella felicità del regno celeste.

(Anonimo sec. IX, Hom., 2, 1-4)


4. Egli si è fatto uomo per farci diventare Dio

Qui, infatti, colui che tu ora disprezzi, una volta esisteva, ed era superiore a te: colui che ora è uomo, era privo di composizione.
Ciò che egli era, rimase, ciò che non aveva, lo assunse.
Al principio era senza causa.
Quale causa, infatti, di Dio si potrebbe apportare? Ma anche dopo, nacque da una causa certa.
Era quella, di fare acquistare la salvezza a te, insolente e ostinato, che disprezzi, perciò, la divinità, poiché egli ricevette la tua ignoranza, unito alla carne con una intenzione frapposta, e questo uomo Dio, resosi inferiore, dopo che crebbe insieme con Dio, superando la parte più nobile, divenne uno, affinché io stesso tanto diventi anche Dio, quanto egli uomo.
Egli invero nacque, ma anche era stato generato: da una donna, invero, ma anche vergine. Quello fu un modo umano, questo divino. Qui fu privo di Padre, lì di madre.
L`uno e l`altro di questi due fatti è proprio della divinità.
Fu portato proprio nel seno materno, e fu riconosciuto veramente dal Profeta (cf. Lc 1,41) e mentre ancora esisteva nel seno [materno] esultava davanti al Verbo, a causa del quale era stato procreato.
Fu avvolto con pannolini, e tornato vivo rigettò le fasce della sepoltura.
Fu adagiato, è vero, nella mangiatoia, ma poi fu celebrato dagli angeli (cf. Lc 2,7) ed indicato dalla stella e adorato dai Magi (cf. Mt 2,2).
Perché ti meravigli di quello che è visto cogli occhi, mentre non osservi quello che è percepito con la mente e col cuore?
Fu spinto a fuggire in Egitto; ma volse in fuga l`andare errando degli Egiziani.
Non aveva né aspetto, né decoro umano (cf. Is 53,2) presso i Giudei: ma secondo David era bello di volto al di sopra dei figli degli uomini (cf. Sal 44,3) e anche sul monte, a guisa di folgore, risplende e diventa più luminoso del sole (cf. Mt 17,2), adombrando, in tal modo, lo splendore futuro.
Fu battezzato (cf. Mt 3,16), è vero, come uomo: ma assunse su di sé i peccati come Dio; non perché avesse bisogno di purificazione, ma affinché dalle acque stesse arrecasse la santità.
Fu tentato come uomo: conseguì la vittoria come Dio; ci comanda, invero, di aver fiducia in lui come in colui che ha vinto il mondo.
Soffrì la fame (cf. Mt 4,1-2): ma sfamò molte migliaia di persone (cf. Mt 14,21) ed egli stesso si è reso pane che dà la vita e il Cielo (cf. Gv 5,41). Patì la sete (cf. Gv 19,28) ma esclamò: Se qualcuno ha sete, venga a me e beva (Gv 7,37): ed anche promise di fare scaturire, per quelli che hanno fede, fonti di acqua viva.
Provò la fatica (cf. Gv 4,6): ma diventa riposo di quelli che sono affaticati ed oppressi (cf. Mt 11,28).
Fu sfinito dal sonno (cf. Mt 8,24): ma leggero cammina sul mare, rimprovera i venti e salva Pietro che già era sommerso [dalle acque] (cf. Mt 14,25).
Paga le imposte, ma dal pesce (cf. Mt 17,23): ma è il Re degli esattori [di tasse]. E` chiamato Samaritano e posseduto dal demonio (cf. Gv 8,48): ma a colui che scendendo da Gerusalemme (cf. Lc 10,5) era incappato nei ladroni, porta la salvezza, ed è riconosciuto dai demoni (cf. Mc 1,24; Lc 4,34), e scaccia i demoni, e spinge a precipitare in mare legioni di spiriti (cf. Mc 5,7) e vede il principe dei demoni, quasi come una folgore, precipitare dal cielo (cf. Lc 8,18).
E` assalito con pietre, ma non è preso (cf. Gv 8,59).
Prega, ma esaudisce gli altri che pregano. Piange, ma asciuga le lacrime; domanda dove è stato sepolto Lazzaro: era infatti uomo; ma risuscita dalla morte alla vita Lazzaro: era infatti Dio.
E` venduto, e, invero, a poco prezzo, cioè a trenta sicli d`argento (cf. Mt 26,15), ma nel frattempo redimeva il mondo a grande prezzo, cioè col suo sangue (cf. 1Pt 1,19; 1Cor 6,20). E` condotto alla morte come una pecora (cf. Is 53,7); ma egli pasce Israele, ed ora anche l`intero mondo.
Come un agnello è muto (cf. Sal 77,71), ma egli è lo stesso Verbo, annunziato nel deserto dalla voce di colui che gridava (cf. Gv 1,23). Fu affranto e ferito dall`angoscia (cf. Is 53,4-5), ma respinge ogni malattia e angoscia (cf. Mt 9,35).
E` tolto sul legno e vi è appeso, ma restituì noi alla vita, col legno, e dona la salvezza anche al ladrone (pendente dal legno), ed oscura tutto ciò che si scorge.
E` abbeverato con aceto e nutrito di fiele (cf. Lc 23,33; Mt 27,34): ma chi?
Colui, cioè, che cambiò l`acqua in vino (Gv 2,7), e assaporò quel gusto amarognolo, egli che era la stessa dolcezza ed ogni desiderio (cf. Ct 5,16).
Affida la sua anima: ma conserva la facoltà di riprenderla di nuovo (cf. Gv 10,18), ma il velo si scinde (e le potenze superiori si manifestano); ma le pietre si spezzano, ma i morti risorgono (cf. Mt 27,51).
Egli muore, ma ridà la vita, e sconfigge la morte, con la sua morte.
E` onorato con la sepoltura, ma risorge [dalla tomba].
Discende agli Inferi, ma accompagna le anime in alto, e sale al cielo, e verrà a giudicare i vivi e i morti e ad esaminare tali suoi discorsi.
Ché se quelle... ti apportarono l`occasione dell`errore, queste scuoteranno il tuo errore.

(Gregorio di Nazianzo, Oratio, 29, 19-20)


5. Simile a noi nella morte, perché simile a noi nella nascita

La condizione del nascere rende, certo, necessaria la morte. Conveniva, infatti, che colui che, una volta sola, aveva stabilito di essere partecipe dell`umanità, avesse tutte le proprietà della natura.
Dal momento che la natura umana fu partecipata con duplice fine, se fosse stato solo con uno (di essi) e non avesse conseguito l`altro, l`intenzione sarebbe rimasta imperfetta, come chi non avesse raggiunto l`altra proprietà della nostra natura umana.
Forse, invece, qualcuno, avendo appreso il mistero con cura ed esattezza, con maggior consenso avrebbe detto che la morte non sarebbe venuta per il fatto che egli era nato, ma, al contrario, la causa della morte era stata l`aver egli accettato la condizione di nascere.
Egli, eterno, non andò incontro ad una generazione pertanto corporea, poiché aveva bisogno della vita, ma ci richiamò dalla morte alla vita.
Poiché, dunque, occorreva che avvenisse la risurrezione di tutta la nostra natura dai morti; come porgendo la mano a colui che giaceva (privo di vita), e per questo guardando il nostro cadavere, si avvicinò tanto alla morte, quanto ne aveva preso la mortalità, e aveva dato alla natura l`inizio della risurrezione col suo corpo, affinché con la sua virtù e potenza risuscitasse insieme l`uomo nella sua interezza.
Poiché, infatti, la sua carne non diversamente che dalla nostra natura proveniva, la quale aveva ricevuto Dio, e, senza dubbio, a causa della risurrezione fu risuscitata insieme con la divinità come nel nostro corpo l`operato procede dai mezzi dei sensi di uno, unito alla parte per l`intero consenso, così anche se ci fosse qualche essere vivente in tutta la natura, la risurrezione di una parte passa all`intero universo, e a causa della continuità e salvezza della natura tutto concorre in parte.
Che cosa, infatti, impariamo di lontano dalla probabilità e verosimiglianza, nel mistero, se qualcuno sta diritto, si china, e colui che cade, oppure che giace per rialzarlo?

(Gregorio di Nissa, Oratio catech., 32, passim)


6. Il mistero di Gesù fanciullo

Il Signore nostro Dio è un solo Dio. Non può variare, non può cambiare, come dice David: Tu sei sempre uguale e i tuoi anni non vengono mai meno. Dunque questo Dio nostro eterno, fuori del tempo, immutabile, s`è fatto nella nostra natura mutabile e temporale, per aprire alle cose mutabili una via alla sua eternità e stabilità, e questa via è proprio la mutabilità ch`egli ha preso per noi, in modo che in un solo e medesimo Salvatore noi troviamo la via per cui salire, la via cui giungere e la verità da possedere, poiché egli disse: Io sono la via, la verità e la vita.
Perciò il nostro grande Signore, rimanendo nella sua natura, nacque bambino secondo la carne, crebbe in determinati tempi e si sviluppò secondo la carne, perché noi piccoli nello spirito, o quasi niente, nascessimo spiritualmente e crescessimo secondo la successione e il progresso delle età spirituali. Così il suo progresso corporale è il nostro progresso spirituale; e tutte le cose, ch`egli ha fatto in diverse età (coloro che sono avanti nella perfezione lo capiscono), si realizzano in noi attraverso i singoli gradi del progresso. La sua nascita corporale, dunque, sia il modello della nostra nascita spirituale, cioè della santa conversione; la persecuzione, ch`egli subì da parte di Erode, è un simbolo delle tentazioni che subiamo dal diavolo al principio della nostra conversione; la sua crescita a Nazareth rappresenti il nostro progresso nella virtù.

(Aelredo di Rievaulx, De Iesu duodec., 2)


7. Il mistero di povertà del Natale

Oh, se potessi vedere quella mangiatoia in cui giacque il Signore! Ora, noi cristiani, come per tributo d`onore, abbiamo tolto quella di fango e collocato una d`argento: ma per me è più preziosa quella che è stata portata via. L`argento e l`oro si addicono al mondo pagano: alla fede cristiana si addice la mangiatoia fatta di fango. Colui che è nato in questa mangiatoia disprezza l`oro e l`argento. Non disapprovo coloro che lo fecero per rendergli onore (né in verità coloro che fecero vasi d`oro per il tempio): mi meraviglio invece che il Signore, creatore del mondo, nasca non in mezzo all`oro e all`argento, ma nel fango.

(Girolamo, Homilia de Nativitate Domini, 31-40)


8. Betlemme ha riaperto l`Eden

Betlemme ha riaperto l`Eden, vedremo come. Abbiamo trovato le delizie in un luogo nascosto, nella grotta riprenderemo i beni del Paradiso. Là, è apparsa la radice da nessuno innaffiata da cui è fiorito il perdono. Là, si è rinvenuto il pozzo da nessuno scavato, dove un tempo David ebbe desiderio di bere. Là, una vergine, con il suo parto, ha subito estinto la sete di Adamo e la sete di David. Affrettiamoci dunque verso quel luogo dove è nato, piccolo bambino, il Dio che è prima dei secoli.
Il padre della madre è, per sua libera scelta, divenuto suo figlio; il salvatore dei neonati è un neonato egli stesso, coricato in una mangiatoia. Sua madre lo contempla e gli dice: «Dimmi, figlio mio, come sei stato seminato in me, come sei stato formato? Io ti vedo, o carne mia, con stupore, poiché il mio seno è pieno di latte e non ho avuto uno sposo; ti vedo avvolto in panni, ed ecco che il sigillo della mia verginità è sempre intatto: sei tu infatti che l`hai custodito quando ti sei degnato di venire al mondo, bambino mio, Dio [che sei] prima dei secoli».

(Romano il Melode, Carmen X, Proimion, 1, 2)
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28/12/2012 07:23
 
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DOMENICA DOPO NATALE: SANTA FAMIGLIA

Letture: Siracide 3,3-7.14-17a
Colossesi 3,12-21
Luca 2,41-52

1. Gesú fra i dottori del tempio

Compiuti i dodici anni, si ferma a Gerusalemme; i genitori, non sapendo dove fosse, lo cercano con inquietudine, e non lo trovano. "Lo cercano tra i parenti prossimi", lo cercano tra i compagni di viaggio, lo cercano tra i conoscenti, ma non lo trovano presso tutte queste persone. Gesú è dunque cercato dai genitori, dal padre putativo che lo aveva accompagnato e custodito quando era disceso in Egitto; e tuttavia, pur cercato, non è subito trovato. Non si trova infatti Gesú tra i parenti e gli amici secondo la carne, non sta tra coloro che sono uniti a lui corporalmente. Il mio Gesú non può essere trovato nella folla.
Impara dove lo trovano coloro che lo cercano, in modo che anche tu, cercandolo insieme con Giuseppe e con Maria, lo possa trovare. Nel cercarlo - dice l`evangelista - "lo trovarono nel tempio". Non lo trovarono in un luogo qualunque, ma «nel tempio», e neppure semplicemente «nel tempio», ma "in mezzo ai dottori che egli ascoltava e interrogava". Cerca dunque anche tu Gesú «nel tempio» di Dio, cercalo in chiesa, cercalo presso i maestri che stanno nel tempio e non ne escono; se cosí lo avrai cercato, lo troverai. E inoltre, se qualcuno dice di essere un maestro e non possiede Gesú, egli ha soltanto il nome di maestro, ed è per questo che non si può trovare in lui Gesú, Verbo di Dio e sapienza di Dio.
Lo trovano - dice - «in mezzo ai dottori». Come in un altro passo sta scritto a proposito dai profeti, nello stesso senso devi intendere ora le parole «in mezzo ai dottori». Dice l`Apostolo: "Se un altro che è seduto riceve una rivelazione da fare, il primo taccia" (1Cor 14,30). Lo trovano «seduto in mezzo ai dottori», anzi mentre se ne sta non soltanto seduto, ma mentre «li ascolta e li interroga». Anche ora Gesú è presente, ci interroga e ci ascolta parlare.
Il testo continua: "E tutti erano ammirati". Che cosa ammiravano? Non le domande che egli faceva, anche se esse erano straordinarie, ma le "risposte". Una cosa è infatti interrogare, un`altra rispondere.
Gesú interrogava i maestri; ma siccome essi talvolta non erano capaci di rispondere, era lui a rispondere alle domande che egli stesso aveva poste. E poiché rispondere non significa soltanto parlare dopo chi ha parlato per primo, ma significa, secondo le sante Scritture, dare un insegnamento, ti auguro che sia la legge divina ad insegnartelo. "Mosè parlava, e Dio poi gli rispondeva con una voce" (Es 19,19); con queste risposte il Signore istruiva Mosè sulle cose ch`egli ignorava. Di tanto in tanto Gesú interroga, di tanto in tanto risponde, e, come abbiamo detto prima, sebbene siano straordinarie le sue domande, tuttavia molto piú straordinario è ciò che egli risponde. Se vogliamo dunque anche noi ascoltarlo, se vogliamo che egli proponga anche a noi delle domande che egli stesso risolverà, supplichiamolo, e cerchiamolo con tutta la fatica e il dolore: cosí potremo trovare colui che cerchiamo. Non a caso sta scritto infatti: "io e tuo padre addolorati ti cercavamo".
E` necessario che colui che cerca Gesú, lo cerchi non in modo negligente e trascurato e con impegno saltuario, come lo cercano alcuni che perciò non riescono a trovarlo. Per parte nostra invece diciamo: «ti cerchiamo addolorati».

(Origene, In Luc., 18, 2-5)


2. «Noi ti cercavamo addolorati»

Dice il Vangelo che «cresceva». Si era infatti "umiliato assumendo la natura del servo" (Fil 2,7), e con la stessa potenza con la quale «si era umiliato» cresce. Era apparso debole, perché aveva assunto un corpo debole, ed è proprio per questo che nuovamente si fortifica. Il Figlio di Dio si era umiliato e per questo è poi ricolmato di sapienza. «E la grazia di Dio era su di lui». Egli aveva la grazia di Dio non quando raggiunse l`adolescenza, non quando insegnava apertamente, ma anche quando era ancora fanciullo; e come ogni cosa in lui era ammirabile, cosí lo fu anche la sua fanciullezza, fino al punto da possedere la pienezza della sapienza di Dio.
"Andavano dunque i suoi genitori, secondo la consuetudine, a Gerusalemme per celebrare il giorno della Pasqua. Gesú aveva dodici anni" (Lc 2,41-42). Osserva con attenzione che, prima di aver compiuto i dodici anni, era ricolmato della sapienza di Dio e degli altri doni di cui si parla nel Vangelo. Quando ebbe dunque compiuto - come abbiamo detto - i dodici anni, e furono celebrati, secondo il costume, i giorni della solennità, e quando i parenti erano sulla via del ritorno, "il fanciullo rimase a Gerusalemme senza che i suoi genitori se ne accorgessero" (Lc 2,43). Comprendi che qui c`è qualcosa di sublime che varca i limiti della natura umana. Infatti non «rimase» semplicemente mentre i suoi genitori non sapevano dove fosse; ma, allo stesso modo in cui nel Vangelo di Giovanni (cf.Gv 8,59; 10,39) è detto che allorquando i Giudei lo insidiavano egli sfuggí di mezzo a loro senza farsi vedere, così credo che ora il fanciullo sia rimasto a Gerusalemme, mentre i suoi genitori non sapevano dove fosse rimasto. E non dobbiamo stupirci di sentir chiamare genitori coloro che avevano meritato il titolo di madre e padre, l`una per averlo partorito, e l`altro per la devozione paterna.
Continua: «Noi ti cercavamo addolorati». Non credo che essi si siano addolorati perché credevano che il fanciullo si fosse perduto o fosse morto. Non poteva accadere che Maria, la quale sapeva di averlo concepito dallo Spirito Santo, che era stata testimone delle parole dell`angelo, della premura dei pastori e della profezia di Simeone, nutrisse il timore di aver perduto il fanciullo che si era smarrito. Si deve assolutamente scartare un simile timore dalla mente di Giuseppe al quale l`angelo aveva ordinato di prendere il fanciullo e di andare in Egitto, di Giuseppe che aveva sentito le parole: "Non temere di prendere Maria in sposa, perché colui che è nato da lei è frutto dello Spirito Santo" (Mt 1,20): non poteva temere di aver perduto il fanciullo, che sapeva essere Dio. Il dolore e la sofferenza dei genitori ci suggeriscono un senso diverso da quello che può intendere il lettore comune.
Così come tu, se qualche volta leggi la Scrittura, ne cerchi il significato con dolore e tormento, non perché pensi che la Scrittura abbia sbagliato, oppure che essa contenga qualcosa di falso, ma perché essa ha in sé una verità spirituale e tu non sei capace di scoprire questa verità; ebbene è proprio in questo modo che essi cercavano Gesú, temendo che egli si fosse allontanato da loro, che li avesse abbandonati e fosse andato altrove, e che -questa soprattutto è la mia opinione - fosse tornato in cielo per discenderne di nuovo un`altra volta quando gli fosse piaciuto.
«Addolorati», dunque, cercavano il Figlio di Dio. E cercandolo, non lo trovarono «tra i parenti». La famiglia umana non poteva infatti contenere il Figlio di Dio. Non lo trovarono tra i conoscenti, perché la potenza divina sorpassa qualsiasi conoscenza e scienza umana. Dove lo trovano dunque? «Nel tempio»; lì si trova infatti il Figlio di Dio. Quando anche tu cercherai il Figlio di Dio, cercalo dapprima nel tempio, affrettati ad andare nel tempio, ed ivi troverai il Cristo, Verbo e Sapienza, cioè Figlio di Dio.
Siccome era ancora piccolo, è trovato «in mezzo ai dottori» mentre li santificava e li ammaestrava. Siccome, ripeto, era piccolo, egli sta «in mezzo» a loro, non insegnando, ma interrogando, e fa così perché noi, considerando la sua età, apprendiamo che ai fanciulli conviene - anche se sono sapienti ed eruditi - ascoltare i maestri piuttosto che voler insegnare loro, evitando cioè di mettersi in mostra con vana ostentazione. Interrogava i maestri - io dico - non per imparare qualche cosa, ma per istruirli interrogandoli. Dalla stessa sorgente della dottrina derivano infatti sia l`interrogare che il rispondere sapientemente; è caratteristica della stessa scienza sapere che cosa chiedere e che cosa rispondere. Era necessario che dapprima il Salvatore c`insegnasse come porre sagge domande, e poi come rispondere alle questioni secondo la sapienza e la Parola di Dio.

(Origene, In Luc, 19, 2-7)


3. Crescere in età, sapienza e grazia

Apprendiamo, figli, ad essere sottomessi ai nostri genitori. Qui il piú grande si sottomette al piú piccolo. Infatti, vedendo che Giuseppe è piú anziano di lui, Gesú lo onora del rispetto che si deve a un padre, dando a tutti i figli un esempio di sottomissione al genitore, oppure, se sono orfani, a coloro che detengono l`autorità paterna.
Ma perché parlo dei genitori e dei figli? Se Gesú, il Figlio di Dio, è sottomesso a Giuseppe e a Maria, io non dovrei essere sottomesso al vescovo che Dio mi ha dato per padre? Non dovrei essere sottomesso al sacerdote preposto dalla scelta del Signore?
Penso che Giuseppe comprendeva che Gesú era a lui superiore, pur essendogli sottomesso; e, sapendo che il sottoposto era maggiore di lui, gli dava ordini con timore e moderazione. Rifletta ciascuno su tutto questo: spesso un uomo di poco valore è posto al di sopra di persone migliori di lui, e talvolta accade che l`inferiore vale di piú di colui che sembra comandarlo. Se chi detiene elevate dignità comprenderà tutto questo, non si gonfierà d`orgoglio a causa del suo rango piú alto, ma saprà che il suo inferiore può essere migliore di lui, nello stesso modo in cui Gesú era sottomesso a Giuseppe.
Continua poi: "Maria conservava tutte queste parole nel suo cuore" (Lc 2,51). Ella sospettava che ci fosse qualche cosa che andava al di là dell`uomo. Per questo «conservava nel suo cuore tutte le parole di lui», non come le parole di un fanciullo di dodici anni, ma come le parole di colui che era stato concepito di Spirito Santo, di colui che ella vedeva "progredire in sapienza e in grazia agli occhi di Dio e degli uomini" (Lc 2,52).
Gesú «progrediva in sapienza» e di anno in anno appariva sempre piú sapiente. Forse che non era sapiente, cosí che doveva progredire nella sapienza? o piuttosto, "poiché si era annientato, prendendo la forma del servo" (Fil 2,7), riprendeva ciò che aveva perduto e si arricchiva della pienezza della virtù che sembrava aver abbandonato prima assumendo un corpo umano?
«Progrediva» non soltanto «in sapienza», ma anche in età. C`è infatti anche un progresso nell`età. La Scrittura ci parla di due generi di età: l`età fisica che non è in nostro potere, ma dipende dalla legge della natura; e l`età spirituale che è veramente in nostro potere e nella quale, se lo vogliamo, possiamo crescere ogni giorno.
Crescere e pervenire fino alla perfezione di essa: "Tanto da non essere piú dei piccoli fanciulli fluttuanti in balia di ogni vento di dottrina" (Ef 4,14); ma, cessando di essere fanciulli, cominciare a divenire uomini e poter dire: "Divenuto uomo, ho fatto scomparire le cose che appartenevano all`infanzia" (1Cor 13,11). Il progresso di questa età, che si risolve in una crescita spirituale, dipende da noi. Ma se non basta questa prima testimonianza, prendiamo da Paolo un altro esempio: "Fino a quando tutti noi perveniamo allo stato di uomo perfetto, alla misura dell`età e della pienezza del corpo di Cristo" (Ef 4,13). E` dunque in nostro potere «pervenire alla misura dell`età del corpo di Cristo», e, se ciò è in nostro potere, lavoriamo con tutte le nostre forze a spogliare e a distruggere quel che in noi appartiene all`infanzia, per raggiungere le successive età e potere anche noi ascoltar queste parole: "Tu andrai in pace dai tuoi padri, avendo vissuto una buona vecchiaia" (Gen 15,15), -vecchiaia certamente spirituale, che è veramente la buona vecchiaia, vecchiaia canuta (cf. Sap 4,8-9) e che raggiunge il suo fine in Gesú Cristo.

(Origene, In Luc., 20, 5-7)
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02/01/2013 07:34
 
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SOLENNITA` DI MARIA SS. MADRE DI DIO

(1° gennaio)

L`inizio dell`anno civile fu a Roma legato a festeggiamenti pagani di tipo carnevalesco. I cristiani si opposero decisamente a queste celebrazioni e attraverso il digiuno e la penitenza cercano di ripagare Dio per i peccati dei pagani commessi in questo giorno. Nei vecchi sacramentari romani troviamo formulari di Messa perquesto giorno che racchiudono la supplica per la difesa contro il ritorno all`idolatria.
Insieme con il tramonto del paganesimo scompare il carattere remunerativo di questo giorno. La Chiesa celebra adesso, il primo gennaio, l`ottava del Natale, e le preghiere liturgiche assumono un aspetto mariano. Il capodanno diventa la prima festa mariana nella liturgia romana.
Alcuni collegano l`introduzione della festa con la consacrazione della basilica di Santa Maria Antiqua al Foro Romano, altri vi vedono l`impatto con la liturgia bizantina. Il capodanno ha conservato il carattere mariano ancora nel Medioevo, e solamente sotto l`influsso della liturgia gallica l`ottava del Natale coglie le caratteristiche della festa della Circoncisione del Signore.
Il nuovo messale romano torna alla vecchia tradizione: il capodanno diventa di nuovo la solennità della Santissima Vergine Maria, Madre di Dio.
Il Concilio in Efeso (431) ha proclamato che Maria è la Madre di Dio - Theotokos - e la fede della Chiesa trova la sua espressione nelle preghiere del giorno di oggi. Maria ha concepito l`Unigenito Figlio di Dio per opera dello Spirito Santo e «sempre intatta nella sua gloria verginale ha irradiato sul mondo la luce eterna, Gesú Cristo nostro Signore», Datore della Vita. Maria è pervenuta ad una grande elezione, è stata dotata di privilegi particolari, ma tutti i doni li ha ottenuti in vista del suo ruolo nella storia della salvezza: ella porta al mondo il Salvatore. Maria, essendo Madre di Gesú quanto al corpo, è anche Madre del suo corpo mistico, è Madre della Chiesa: questo nuovo titolo è stato conferito a Maria durante il Concilio Vaticano II. I testi liturgici non si riferiscono all`inizio del nuovo anno, ma a Maria che medita nel suo cuore il mistero di Cristo e manifesta Cristo al mondo; essa indica ai credenti come devono vivere il dono del tempo.

O Vergine Immacolata Madre di Dio, piena di grazia;
il santo tuo seno portò l`Emmanuele;
dalle tue mammelle stillò il latte
alimento di tutti.
Tu però superi ogni lode,
tu sei al di sopra di ogni gloria.
Salve, o Genitrice di Dio,
gaudio degli angeli,
che superi ogni pienezza di grazia
predetta dai profeti.
Il Signore è con te,
che generasti la Salvezza del mondo.

(Liturgia Copta, Troparium copticum, EE n. 3032)


1. Maria è Madre di Dio in senso proprio

Noi proclamiamo, in senso assoluto, che la santa Vergine è propriamente e veramente Madre di Dio (Greg. Naz., Epist. 1 ad Cledon).
Come, infatti, è Dio colui che è nato da lei, così, per conseguenza, è Madre di Dio, colei che generò il vero Dio che prese carne da lei. Noi diciamo che Dio, senza dubbio, è nato da lei, non già perché la divinità del Verbo trasse da lei il principio dell`esistenza; ma perché lo stesso Verbo, che è stato generato prima dei secoli, al di là di alcun tempo, ed esiste insieme col Padre e lo Spirito Santo senza inizio e da sempre, negli ultimi tempi si racchiuse nel seno di lei per la nostra salvezza, e col prendere la nostra natura umana da lei fu generato senza che mutasse la propria natura (divina).
La santa Vergine, infatti, non generò un semplice uomo, ma il Dio vero; non puro spirito, ma rivestito di carne umana; né (questo avvenne) in modo tale che, portato il corpo dal cielo, venne a noi per mezzo di Maria, come attraverso un canale; ma prese da lei corpo umano della nostra medesima natura, che in lui sussistesse.
Infatti, se il corpo è disceso dal cielo, e non è stato ricevuto dalla nostra natura, che gran bisogno c`era di farsi uomo?
Il Verbo di Dio si rivestí, pertanto, della natura umana, affinché con la stessa natura che aveva peccato, ed era decaduta, corrompendosi, vincesse il tiranno che si era ingannato e così fosse ristabilito dalla corruzione, come l`apostolo del Signore dice: Poiché la morte entrò per mezzo dell`uomo, parimenti per l`uomo la risurrezione dei morti (1Cor 15,21).
Se resta vera la prima verità, certamente anche la seconda.
Sebbene poi si usino queste parole: «Il primo Adamo, il terreno, (ha origine) dalla terra, il secondo Adamo, il Signore, dal cielo» (Greg di Naz. ), non indica che il suo corpo discendesse dal cielo, ma rivela che egli non è un semplice uomo. Infatti, come vedi, lo chiamò sia Adamo, che Signore, indicando insieme l`una e l`altra cosa.
Adamo, in verità, vuol dire di origine terrena. Conviene, invero, che l`origine dell`uomo sia terrena, perché è plasmato dalla terra. Ma il nome del Signore, significa natura divina.
E di nuovo così parla l`Apostolo: Dio mandò il suo Figlio unigenito nato da una donna (1Cor 15,47). Non disse, per mezzo di una donna, ma da una donna.
Perciò egli volle indicare che egli stesso era l`Unigenito Figlio di Dio e Dio stesso, che si è fatto uomo dalla Vergine, e parimenti che era stato generato dalla Vergine, colui che è Figlio di Dio e Dio stesso.
Generato, invero, in quanto al corpo, vale a dire, per la ragione per la quale si è fatto uomo, cosí certamente, per non abitare prima in un uomo creato, come in un profeta, ma egli stesso si è fatto uomo veramente e sostanzialmente; cioè, nella sua unione personale fece sussistere la carne animata da uno spirito razionale ed intelligente, offrendo se stesso come «ipostasi» di lui.
Questo è il significato che ha l`espressione nato da una donna.
Infatti, a quale condizione lo stesso Verbo di Dio sarebbe divenuto sotto la legge, se l`uomo non fosse stato della medesima nostra sostanza?

Giustamente dunque e veramente chiamiamo Maria la santa Madre di Dio.
Questo nome, infatti, racchiude tutto il mistero della incarnazione.
Poiché, se la Madre di Dio è colei che generò, certamente è Dio colui che è stato generato da lei stessa: e, senza dubbio, anche uomo.
Infatti, chi avrebbe potuto far avvenire che Dio, che esisteva prima dei secoli, nascesse da una donna, se non si fosse fatto uomo?
Colui, in effetti, che è Figlio dell`uomo, è necessario sia anche uomo.
Poiché se chi è nato da una donna, è Dio, senza dubbio è l`unico e identico che è stato generato da Dio Padre, per il fatto che si addice alla divina sostanza non avere inizio, e che quella sostanza che ebbe inizio negli ultimi tempi ed è sottomessa al tempo, cioè alla sostanza umana, è nata dalla Vergine.
E ciò vuol dire, invero, una sola Persona del nostro Signore Gesú Cristo, e due nature e due discendenze... e quel deleterio Nestorio dichiarò con lingua rabbiosa Deiforo (portatore di Dio) colui che nacque dalla Vergine.
Ma sia lontana da noi questa affermazione, a tal punto che noi diciamo o pensiamo che è uscito da Dio, il Deiforo; anzi, è piuttosto lo stesso Dio incarnato (Ciril., lib. I cont. Nest.).
Lo stesso Figlio di Dio, infatti, si è fatto uomo, fu concepito veramente dalla Vergine, ma Dio divenne quella natura umana che aveva deificata non appena essa fu assunta.
Per la qual cosa tre cose divennero parimenti una sola, senza dubbio perché fu assunta, perché pre-esisteva e perché fu deificata dal Verbo.
Di qui consegue che la Vergine santa, come Madre di Dio, sia capita e chiamata, non solo a causa della natura del Verbo, ma anche a motivo dell`umanità data alla divinità, poiché la concezione e l`esistenza furono compiute con un eccezionale prodigio, con la concezione, è vero, del Verbo, ma con la esistenza della carne nello stesso Verbo.
E infatti, la stessa Madre di Dio al di sopra delle leggi della natura era sottomessa al formatore di tutte le cose, donde anche egli stesso fosse creato (formato), e al Dio creatore dell`universo, affinché con la divinità donando l`umanità assunta, egli si facesse uomo, mentre l`unione, nel frattempo, conservasse le nature (cose) unite tali quali erano state, cioè, non solo la divinità, ma anche la umanità del Cristo; e né soltanto quello che è al di sopra di noi, ma anche ciò che è nostro.

(Giovanni Damasceno, De fide ortod., 3, 12)


2. Madre per opera dello Spirito Santo

Che è nato per opera dello Spirito Santo da Maria Vergine. Questa fra gli uomini è nascita dovuta all`economia della salvezza, mentre quella è della sostanza divina: questa è di condiscendenza, quella di natura. Nasce per opera dello Spirito Santo da Maria Vergine: e certo a questo punto si richiedono piú puri le orecchie le l`intelletto. Infatti a questi, che poco fa hai appreso nato indicibilmente dal Padre, ora apprendi che dallo Spirito Santo è stato preparato un tempio nel segreto del ventre verginale; e come nella santificazione dello Spirito Santo non si deve intendere nessuna fragilità, così anche nel parto della Vergine non si deve intendere alcuna corruzione. Ora infatti al mondo è stato dato un nuovo parto e non senza ragione. Chi infatti in cielo è unico Figlio, conseguentemente anche in terra è unico e nasce in modo unico. Su questo argomento sono a tutti note e riecheggiate nei Vangeli le parole dei profeti, i quali affermano che una vergine concepirà e partorirà un figlio (Is 7,14). E anche il meraviglioso modo del parto il profeta Ezechiele aveva anticipatamente indicato, definendo simbolicamente Maria porta del Signore, cioè attraverso la quale il Signore è entrato nel mondo. Dice pertanto cosí: La porta che guarda ad oriente sarà chiusa e non verrà aperta e nessuno vi passerà attraverso, perché proprio il Signore Dio d`Israele passerà attraverso questa porta e sarà chiusa (Ez 44,2). Che cosa di altrettanto evidente si sarebbe potuto dire della consacrazione della Vergine? Rimase in lei chiusa la porta della verginità, attraverso di essa il Signore Dio d`Israele è entrato in questo mondo, e attraverso di essa è venuto dal ventre della Vergine, e in eterno la porta della Vergine è rimasta chiusa poiché la verginità è stata preservata. Per tal motivo lo Spirito Santo è detto creatore della carne del Signore e del suo tempio.
Comincia già da qui a comprendere anche la maestà dello Spirito Santo. Infatti riguardo a questo anche la parola del Vangelo afferma che, quando l`angelo parlò alla Vergine e le disse: Partorirai un figlio e gli darai nome Gesú: infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati, ed ella rispose: In che modo avverrà questo, dal momento che non conosco uomo, allora l`angelo di Dio le disse: Lo Spirito Santo verrà su di te e la potenza dell`Altissimo ti adombrerà: perciò ciò che da te nascerà santo sarà chiamato Figlio di Dio (Lc 1,31.34.35; Mt 1,21). Osserva dunque la Trinità che coopera scambievolmente. E` detto rito Santo viene sulla Vergine e la potenza dell`Altissimo adombra. Ma qual è la potenza dell`Altissimo, se non proprio Cristo, che è potenza di Dio e sapienza di Dio? (1Cor 1,24). Ma questa potenza di chi è? Dell`Altissimo, è detto. Perciò è presente l`Altissimo, è presente anche la potenza dell`Altissimo, è presente anche lo Spirito Santo. Questa è la Trinità, che duvunque è nascosta e dovunque appare, distinta nei nomi e nelle Persone, sostanza inseparabile della divinità. E benché soltanto il Figlio nasca dalla Vergine, tuttavia è presente anche l`Altissimo è presente anche lo Spirito Santo, perché venga santificato il concecepimento della Vergine e il suo parto.

(Rufino di Aquileia, Expositio symboli, 8-9)


3. Inno a Maria

Salve, Madre di Dio, Maria, tesoro venerabile di tutto il mondo, lampada inestinguibile, corona della verginità, scettro della sana dottrina, tempio indissolubile, casa di colui che non può essere contenuto in nessuna casa, madre e vergine; per la quale è chiamato benedetto nei Vangeli colui che viene nel nome del Signore (Mt 21,9): salve, tu accogliesti nel tuo seno santo e verginale l`immenso e incontenibile, per te la santa Trinità è glorificata e adorata; per te la preziosa croce è celebrata e adorata in tutto il mondo; per te il cielo esulta, per te gli angeli e gli arcangeli si allietano, per te i demoni son messi in fuga, per te il diavolo tentatore cade dal cielo, per te la creatura decaduta vien portata al cielo; per te ogni creatura, irretita dal veleno degli idoli, giunge alla conoscenza della verità; per te il santo battesimo è stato dato ai credenti, per te l`olio della consacrazione, per te sono state fondate le Chiese in tutto il mondo, per te i popoli son guidati alla penitenza. E che dirò ancora? Per te l`unigenito figlio di Dio rifulse come luce a coloro ch`eran nelle tenebre; per te i profeti parlarono, per te i morti risorgono, per te gli apostoli annunziarono la salvezza, per te i re regnano in nome della santa Trinità. E chi mai potrà celebrare adeguatamente quella Maria degnissima d`ogni lode? Essa è madre e vergine; o cosa meravigliosa! Questo miracolo colma di stupore.

(Cirillo di Ales., Hom. 4, n. 1183)


4. Cercare in Dio la felicità

Quale vantaggio ricavate dal vostro lungo e continuo camminare per vie aspre (Sap 5,7) e penose? Non vi è quiete dove voi la cercate. Cercate ciò che cercate, ma non è là, dove voi cercate. Voi cercate una vita felice in un paese di morte (Is 9,2): non e lí. Come potrebbe essere una vita felice ove manca la vita?
Discese nel mondo la nostra vita, la vera (cf. Gv 6,33.41.59; 11,25; 14,6), si prese sulle sue spalle la nostra morte e l`uccise (cf. 1Tm 1,10) con la sovrabbondanza della sua vita, ci gridò tuonando di tornare dal mondo a lui, nel sacrario onde verme a noi dapprima entrando nel seno di una vergine, ove gli si unì come sposa la creatura umana, la nostra carne mortale, per non rimanere definitivamente mortale; poi di là, come sposo che esce dal talamo, uscí con balzo di gigante per correre la sua via (Sal 18,6), e senza mai attardarsi corse gridando a parole e a fatti, con la morte e la vita, con la discesa e l`ascesa (cf. Ef 4,9ss), gridando affinché tornassimo a lui; e si dipartì dagli occhi (At 1,9; cf. Lc 24,51) affinché tornassimo al cuore, ove trovarlo. Partí infatti, ed eccolo, è qui (Mt 24,23; Mc 13,21).

(Agostino, Confess. 4, 12, 18-19)


5. Scopo dell`Incarnazione: farci figli di Dio

Il figlio di Dio, in effetti, si fece figlio dell`uomo perché i figli dell`uomo, cioè di Adamo, divenissero figli di Dio. Infatti il Verbo che lassú fu generato fuori del tempo dal Padre in modo ineffabile, inesplicabile, incomprensibile, viene quaggiú generato nel tempo da Maria Vergine e Madre, perché quelli che prima furono generati quaggiú siano poi generati lassú, cioè da Dio. Egli quindi ha in terra solo la madre, e noi abbiamo in cielo solo il padre. Per questo chiama se stesso figlio dell`uomo, perché gli uomini chiamino Dio padre celeste. Padre nostro, dice, che sei nei cieli (Mt. 6,9). Dunque, come noi servi di Dio siamo di Dio, cosí il Signore dei servi è diventato figlio mortale del proprio servo, cioè di Adamo, affinché i figli di Adamo, che erano mortali, divenissero figli di Dio; infatti sta scritto: Ha dato loro il potere di diventare figli di Dio (Gv 1,12). Quindi il figlio di Dio prova la morte in quanto generato dalla carne, perché i figli dell`uomo siano fatti partecipi della vita di Dio in quanto loro padre secondo lo Spirito. Egli dunque è figlio di Dio secondo natura: noi invece per mezzo della grazia.

(Atanasio, De incarnat., 8)


6. Una condizione per rimanere in Dio

Se uno non crede che Maria, la santa, è madre di Dio, è fuori della divinità.

(Gregorio di Nazianzio, Epist., 101)
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04/01/2013 08:37
 
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SOLENNITA` DELL` EPIFANIA DEL SIGNORE

(II domenica dopo Natale)

Già il norne della festa «Epifania» (gr. Epiphaneia, Teofania = venuta, manifestazione, apparizione) denota la sua origine orientale. Sembra sia stata introdotta in Oriente per gli stessi motivi e più o meno nello stesso tempo che il Natale in Occidente. Festeggiato in Egitto il 6 gennaio, il solstizio invernale, e collegate con esso le celebrazioni in onore del «Sole Invincibile», i cristiani l`hanno sostituito coll`Epifania, cioè la venuta, la rivelazione di Cristo, vera Luce del mondo. In questo giorno, la Chiesa di Gerusalemme celebrava il mistero della nascita di Cristo, commemorando pure l`adorazione dei pastori e dei magi la Chiesa d`Egitto ricorda inoltre il Battesimo di Cristo nel Giordano.
Quando, nella seconda metà del secolo IV, Roma comincerà a festeggiare l`Epifania e l`Oriente accetterà il Natale, la sostanza della Solennità dell`Epifania del Signore verrà trasformata. Sia l`Oriente che l`Occidente celebrano il 25 dicembre la nascita di Gesù a Betlemme il 6 gennaio, l`Oriente si concentrerà sul Battesimo di Gesù nel Giordano, l`Occidente invece sull`adorazione dei magi. Poiché il Vangelo parla dell`offerta dei tre doni - oro, incenso e mirra -, si cominciò a pensare che fossero venuti tre magi. Sotto l`influsso dei testi liturgici, dal secolo VI in poi furono chiamati re, e dal secolo IX ottennero dei nomi: Gaspare, Melchiorre, Baldassarre. Il culto dei tre magi si è rafforzato a partire dal secolo XII quando l`imperatore Federico Barbarossa prese le loro reliquie da Milano e le trasportò a Colonia dove sono tutt`ora nella famosa cattedrale. Nel Medioevo, si veneravano i tre magi quali patroni dei viaggiatori. Secondo un antico costume dei primi secoli, durante la Messa, dopo il canto del Vangelo, veniva annunziata ai fedeli la data della Pasqua e delle altre feste mobili di tutto l`anno. Dalla fine del Medioevo, inizia l`usanza della benedizione delle case in cui si adoperava l`acqua e l`incenso benedetti nel giorno dell`Epifania e con il gesso si scrivevano sulle porte le lettere CMB. Secondo la convinzione comune, le lettere dovevano significare i nomi dei magi, ma alcuni ritengono che esse siano l`abbreviazione della frase: «Christus mansionem benedicat» [ = Cristo benedica l`abitazione]. Il costume di benedire l`incenso e il gesso è ancora in vigore localmente.
Oggi, per mezzo della stella, Dio rivela il Figlio Unigenito quale Salvatore di tutti gli uomini. Nella persona dei magi venuti dall`Oriente, i popoli del mondo rispondono alla chiamata di Dio, individuano e riconoscono il Bambino di Betlemme come loro Salvatore. Si adempie la profezia di Isaia: il buio copre la terra, le tenebre avvolgono le nazioni, ma sopra Gerusalemme risplende la luce. Verso questa luce sono diretti i popoli della terra e in questa luce cammineranno d`ora in poi. Siamo di fronte ad un mistero, che non era conosciuto dalle generazioni precedenti e quale fu rivelato a san Paolo dallo Spirito Santo: i pagani sono già coeredi e membri dello stesso Corpo, e compartecipi della promessa in Cristo Gesù per mezzo del Vangelo. Gesù inizia l`opera dell`unificazione dei popoli e la fondazione della comunità della famiglia umana. La Chiesa, segno dell`unità di tutto il genere umano, continua a svolgere questa missione oggi, finché non ritorni il Signore.
Abbiamo già conosciuto Cristo per mezzo della fede, abbiamo ottenuto il rinnovamento della nostra natura umana, apparteniamo alla Chiesa, popolo della Nuova Alleanza. Abbiamo hisogno, come una volta i magi, della luce di Dio per capire quanto grandi siano i misteri ai quali partecipiamo, per poter annunziare a tutti gli uomini le grandi opere di Dio.

Dio onnipotente ed eterno
che hai voluto rivelare l`incarnazione del tuo Verbo
per mezzo della testimonianza luminosa della stella,
vedendo la quale i magi adorarono la tua maestà
con l`offerta di doni,
concedi che appaia sempre alle nostre menti
la tua stella di giustizia,
e sia nostro tesoro la confessione
del tuo Nome, per mezzo della vita.

(Sacramentarium Bergomense, ed. A. Paredi, Bergamo 1962, n. 186)


1. Seconda omelia per la solennità dell`Epifania

Rallegratevi nel Signore, o carissimi, ve lo ripeto, rallegratevi (Fil 3,4); infatti, poco dopo la festa della nascita di Cristo, ecco che la solennità della sua manifestazione ci ha inondati di luce; e il mondo conosce in questo giorno colui che la Vergine partorì in quello. Il Verbo fatto carne, in effetti, regolò così bene gli inizi della sua vita nella nostra natura che la nascita di Gesù fu nel contempo svelata ai credenti e nascosta ai persecutori. Allora, i cieli narrarono la gloria di Dio e su tutta la terra si diffuse il suono della verità (cf. Sal 18,25), quando l`esercito degli angeli apparve ai pastori per annunciare loro la nascita di un Salvatore, ed una stella guidò i Magi precedendoli perché venissero ad adorarlo. Così, dall`aurora al tramonto (cf. Sal 49,2) la nascita del vero re brillò in tutto il suo fulgore, poiché, nel contempo, i regni d`Oriente ne appresero il fedele racconto attraverso i Magi, mentre i fatti non rimasero nascosti all`Impero romano. Infatti, persino la crudeltà di Erode, che volle sopprimere fin dai primi istanti colui che sospettava essere re, favoriva senza saperlo quel disegno divino; in effetti, mentre tutto dedito al suo atroce progetto, perseguitava un bambino sconosciuto massacrando indiscriminatamente tutti i neonati, una singolare fama diffondeva dappertutto la notizia, annunciata dal cielo, della nascita del sovrano; fama che rendeva ad un tempo più sicura nei suoi effetti e più rapida tanto la novità del prodigio celeste che l`empietà del persecutore assetato di sangue. Ma è allora che il Salvatore viene portato in Egitto, affinché quel popolo, dedito ad antichi errori, venisse chiamato da una grazia nascosta alla salvezza ormai prossima e, senza che avesse ancora ripudiato la superstizione dal suo cuore, nondimeno offrisse ospitalità alla verità.
E` dunque con ragione, amatissimi, che, consacrato dalla manifestazione del Signore, questo giorno è insignito di speciale dignità in tutto il mondo: esso deve di conseguenza brillare con degno splendore nei nostri cuori, affinché possiamo non solo venerare il seguito di tali avvenimenti prestandovi fede, ma altresì comprendendoli...
Riconosciamo perciò, carissimi, nei magi adoratori del Cristo, le primizie della nostra vocazione e della nostra fede, e con animo straripante di gioia, celebriamo gli esordi della nostra beata speranza. E allora, infatti, che noi abbiamo cominciato ad entrare in possesso della nostra eterna eredità; è allora che si sono aperti per noi i segreti delle Scritture che parlano del Cristo, e che la verità, rifiutata dai Giudei resi ciechi, è diffusa dalla sua luce su tutti i popoli. Veneriamo dunque il giorno santissimo in cui si è manifestato l`autore della nostra salvezza e adoriamo nei cieli l`Onnipotente che i Magi adorarono neonato in una culla. E come essi offrirono al Signore dei doni tratti dai loro scrigni, simboli mistici, così anche noi estraiamo dai nostri cuori doni degni di Dio. Senza dubbio è lui il datore di ogni bene; tuttavia egli cerca il frutto del nostro lavoro: non è infatti a chi dorme che è dato il regno dei cieli, bensì a coloro che soffrono e vigilano nei comandamenti di Dio; se perciò non rendiamo vani i doni da lui stesso ricevuti, meriteremo tramite i beni che egli ha elargito, di ricevere quelli che egli ha promesso.
Dimodoché esortiamo la nostra carità ad astenersi da ogni opera malvagia ed a legarvi a tutto ciò che è casto e santo. I figli della luce devono, in effetti, ricusare le opere delle tenebre (cf. Rm 13,12). Per questo, fuggite gli odi, rigettate le menzogne, distruggete l`orgoglio con l`umiltà, bandite l`avarizia, amate la liberalità, poiché è conveniente che le membra si conformino al loro capo; così meriteremo di essere ammessi a condividere l`eredità promessa. Per il nostro Signore Gesù Cristo che, con il Padre e lo Spirito Santo, vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.

(Leone Magno, Sermo 32, 1 s. 4)


2. La stella dei Magi

La stella apparve perché i profeti erano scomparsi. La stella accorse per spiegare chi fosse colui verso il quale erano rivolte con precisione le parole dei profeti. Come per Ezechia il sole si rivolse dall`Occidente verso l`Oriente (cf. 2Re,20,8-11; Is 38,7-8), così a causa del bambino del presepio, la stella corse dall`Oriente verso l`Occidente.
Il segno del sole fu un biasimo per Israele, e i Magi confusero il popolo con i doni che essi arrecavano. Essi vennero con i loro segni, a somiglianza dei profeti, ed essi resero testimonianza alla nascita del Cristo, affinché, quando Egli sarebbe venuto, non fosse considerato come uno straniero, ma che tutte le creature riconoscessero la sua nascita. Zaccaria divenne muto ed Elisabetta concepì, affinché tutte le regioni comprendessero e conoscessero la sua venuta.
Ma questa stella era maestra del proprio percorso; essa saliva, discendeva, come se alcun legame la trattenesse, perché aveva potere sugli spazi celesti, e non era fissa nel firmamento. Se essa si nascose (per un momento agli occhi dei Magi), fu affinché essi non venissero a Betlemme attraverso un cammino chiaro e diritto.
Dio la nascose loro per mettere alla prova Israele, affinché i Magi raggiungessero Gerusalemme, gli Scribi parlassero loro della nascita del Signore (cf. Mt 2,4-6) e ricevessero una testimonianza sincera dalla bocca stessa dei profeti e dei sacerdoti. Ma ciò avvenne anche affinché i Magi non credessero che vi fosse un potere al di fuori di quello che risiede a Gerusalemme. Allo stesso modo gli antichi avevano ricevuto dallo spirito che era sopra Mosè, affinché non si pensasse che ci fosse un altro spirito (cf. Nm 11,17).
I popoli orientali sono stati illuminati dalla stella, perché gli Israeliti, al sorgere del sole, che è Cristo, erano diventati ciechi.
E`, dunque, l`Oriente che per primo ha adorato il Cristo, come Zaccaria aveva predetto: L`Oriente darà la luce dall`alto (Lc 1,78). Quando la stella ebbe accompagnato i Magi fino al sole, si fermò, perché arrivata alla meta, in seguito, essa smise il suo percorso.
Giovanni era la voce, che annunciava il Verbo. Ma quando il Verbo, per farsi ascoltare, s`incarnò ed apparve, la voce che preparava la strada, esclamò: Bisogna che egli cresca e che io diminuisca (Gv 3,30).
I Magi, che adoravano gli astri, non avrebbero deciso di andare verso la luce se la stella non li avesse attratti col suo splendore. La stessa attrasse il loro amore, legato ad una luce di poca durata, verso la luce che non tramonta...
Ed essi aprirono i loro tesori e gli offrirono in dono, l`oro alla sua natura umana, la mirra, come figura della sua morte, l`incenso, alla sua divinità (Mt 2,11). Cioè: l`oro, come ad un re, l`incenso, come a Dio, la mirra, come a colui che dev`essere imbalsamato. O, meglio ancora: l`oro, perché lo si adorasse, in quanto questa adorazione è dovuta al proprio maestro; la mirra e l`incenso, per indicare il medico che doveva guarire la ferita di Adamo.

(Efrem, Diatessaron, II, 5, 18-25)


3. La festività dell`Epifania: il motivo profondo della sua solennità

L`Epifania, il cui nome deriva dalla lingua greca, in latino può essere chiamata manifestazione.
Oggi, si è rivelato il Redentore di tutte le genti e a tutte le genti chiede solennità.
E, per questo, abbiamo celebrato la sua nascita, pochissimi giorni fa, e oggi celebriamo la sua stessa manifestazione.
Il Signore nostro Gesù Cristo, nato da tredici giorni, si dice sia stato adorato oggi dai Magi.
Poiché avvenne che la verità del Vangelo parla: ma in quale giorno sia avvenuto dovunque l`importanza di questa solennità così gloriosa, lo dichiara.
Sembrò giusto, infatti, e veramente è giusto, che poiché, primi fra i Gentili, i Magi conobbero il Signore Gesù, e, non ancora impressionati dalla sua parola, seguirono la stella apparsa loro che parlò loro visibilmente in luogo del Verbo incarnato, come lingua del Cielo (Mt 11,1-12), affinché i Gentili conoscessero, per grazia, il giorno della salvezza delle sue primizie, e lo dedicassero al Cristo Signore con solenne ossequio ed azione di grazie.
Le primizie, certo, dei Giudei per la fede e la rivelazione del Cristo, esistettero in quei pastori, qui nello stesso giorno in cui egli nacque, lo videro col venire da molto vicino.
Gli angeli annunziarono a quelli, la stessa a questi.
A quelli fu detto: Gloria a Dio dal sommo dei Cieli (Lc 2,14): in questi si compì: I cieli cantano la gloria di Dio (Sal 18,2).
Gli uni e gli altri, senza dubbio, come gli inizi delle due pareti che provenivano da condizione diversa: dalla circoncisione e dal prepuzio accorsero alla pietra principale: per la loro pace, che l`una e l`altra cosa rendeva una sola (Ef 2,11-12).
Nei Giudei fu prima la grazia, nei Gentili più abbondante l`umiltà.
Veramente quelli lodarono Dio, perché avevano visto il Cristo: ma questi adorarono anche il Cristo che avevano visto.
In quelli fu prima la grazia, in questi, più abbondante l`umiltà.
Forse quelli pastori di poca importanza, esultavano più fervidamente per la loro salvezza: ma questi Magi ricoperti di molti peccati chiedevano più umilmente il perdono.
Questa è quella umiltà, che la Divina Scrittura esalta più in quelli che provenivano dai Gentili che nei Giudei.
Dai Gentili, infatti, proveniva quel centurione che, avendo ricevuto il Signore con tutto il cuore, tuttavia si ritenne indegno, che egli esitasse nella sua casa, né volle che il suo ammalato fosse visto da lui, ma (volle) che si comandasse al salvo (cf. Mt 7,5-10).
Così più intimamente lo considerava presente nel cuore, la cui presenza egli, nobilmente, teneva lontano dalla sua casa.
Finalmente il Signore disse: «Non ho trovato in Israele una fede così grande».
Anche quella donna Cananea viveva tra i Gentili e, quando si sentì chiamare dal Signore cane, e giudicata indegna che il pane dei figli fosse dato a lei, come un cane si accontentò delle briciole: e perciò non meritò di esserlo, poiché non rifiutò quello che non era stata.
Infatti, in persona ascoltò queste parole dal Signore: O donna grande è la tua fede (ibid., 15, 21-28).
L`umiltà in lei aveva reso grande la fede; perché essa stessa si era fatta piccola.
I pastori dunque vengono da vicino a vedere, e i Magi vengono da lontano ad adorare.
Questa è l`umiltà con la quale meritò di essere innestata sull`olivo selvaticamente, e di portare l`olivo contro natura (cf. Rm 11,17)...
Celebriamo, dunque, con molta devozione questo giorno, e adoriamo presente nel Cielo, il Signore Gesù che quelle nostre primizie adorarono giacente nella mangiatoia.
In lui, certo, essi veneravano ciò che accadrebbe, che noi veneriamo già adempiuto.
Le primizie dei Gentili, lo adorarono raccolto sul seno materno: i Gentili lo adorarono seduto alla destra di Dio Padre.

(Agostino, Sermo 203, 1)


4. I Gentili aderiscono al Cristo per mezzo dell`amore ai Giudei

Ora, dunque, o carissimi, figli ed eredi della grazia, osservate la vostra vocazione, ed apritevi ai Giudei ed ai Gentili, aderendo a Cristo, come pietra principale dell`edificio, con un amore molto perseverante.
Si manifestò, infatti, nella stessa culla della sua infanzia a questi, che erano vicini, e a quelli che erano lontano; ai Giudei, con la vicinanza dei pastori, ai Gentili, con la lontananza dei Magi.
Si crede che quelli venissero a lui nel giorno stesso in cui nacque, questi oggi.
Si manifestò, dunque, né a quelli, perché erano dotti, né a questi, perché giusti.
Traspare, infatti, nella rustichezza dei pastori, l`inesperienza, ma l`empietà nel carattere profano dei Magi.
La pietra angolare (il Cristo) attirò a sé gli uni e gli altri: senza dubbio, perché venne a scegliere le cose stolte dal mondo per confondere i sapienti (1Cor 1,27); e non chiamare i giusti, ma i peccatori (Mt 9,13); affinché nessun uomo grande insuperbisse, e nessun piccolo disperasse.
Per la qual cosa gli Scribi e i Farisei mentre sembrano troppo dotti e troppo giusti, indicarono la città del (Messia) nato, interpretando l`oracolo profetico, ma lo respinsero.
Ma poiché (egli) divenne la pietra principale (Sal 117,22), ciò che, nascendo, mostrò, adempì, soffrendo; aderiamo a lui con altri, includendo il resto d`Israele, che per elezione della grazia divenne salvo (Rm 11,5).
Quei pastori, infatti, li prefiguravano sulla loro imminente riunificazione, affinché anche noi, che siamo stati prefigurati dall`arrivo dei Magi, chiamati da lontano, rimaniamo, non più pellegrini ed estranei, ma familiari di Dio, edificati sul fondamento degli Apostoli e dei Profeti, in virtù della principale pietra angolare, che è il Cristo Gesù: che una sola cosa realizzò e dell`una e dell`altra (Ef 2,11-12), affinché amiamo l`unità essendo uniti ed abbiamo l`instancabile carità, per riunire i rami che innestati sul selvatico, son diventati eretici ostinati, a causa della loro superbia, poiché potente è Dio che li innesta di nuovo (Rm 11,17-24).

(Agostino, Sermo 200, 4)


5. I doni dei Magi svelano il mistero di Cristo

L`apparizione di una stella, compresa fin dall`inizio dai Magi, evoca l`idea che i pagani non debbono interporre indugi nel credere in Cristo, né gli uomini allontanati dalla conoscenza di Dio dalle loro convinzioni derivate dalla scienza, stentare a riconoscere la luce che immantinente è apparsa alla sua nascita. In effetti, l`offerta dei doni ha espresso l`essere di Cristo in tutto il suo significato, riconoscendo il re nell`oro, Dio nell`incenso, l`uomo nella mirra. E con la venerazione dei Magi si realizza pienamente la conoscenza dell`insieme del mistero: della morte nell`uomo, della risurrezione in Dio, del potere di giudicare nel re. Nel fatto poi che sono impediti di ritornare sui loro passi e di tornare in Giudea da Erode, vi è l`idea che noi non siamo liberi di attingere in Giudea la nostra scienza e la nostra conoscenza, ma che siamo invitati ad abbandonare la via della nostra vita anteriore collocando tutta la nostra salvezza e tutta la nostra speranza in Cristo.

(Ilario di Poitiers, In Matth., 1, 5)


6. I magi attestano con i doni la fede nel mistero

In effetti, per quanto egli avesse prescelto la nazione israelita, e in questa medesima nazione una data famiglia per assumervi la comune natura umana, non volle tuttavia che le primizie della sua venuta restassero nascoste nei ristretti limiti della casa materna; volle al contrario farsi subito conoscere da tutti, lui che si degnava nascere per tutti.
Una stella di insolita lucentezza apparve allora a tre Magi d`Oriente, stella più brillante e più bella di tutti gli altri astri, che facilmente attrasse gli occhi e i cuori di coloro che la contemplavano; si poteva in tal modo comprendere che non fosse del tutto gratuito quanto di insolito era dato vedere. Colui che concedeva quel segno a quegli osservatori del cielo, ne concesse del pari l`intelligenza; ciò che fece capire, fece anche ricercare; e una volta cercato, si lasciò trovare.
I tre uomini si lasciano condurre dalla luce proveniente dall`alto e si fissano, contemplandolo senza stancarsi, al chiarore dell`astro che li precede e fa loro da guida; così, sono condotti dallo splendore della grazia fino alla conoscenza della verità, essi che, secondo il buon senso, avevano ritenuto un dovere cercare in una città regale la nascita di un re che era stato loro rivelato da quel segno. Ma colui che aveva assunto la condizione di servo (cf. Fil 2,7), e non veniva per giudicare (cf. Gv 12,47), bensì per essere giudicato, scelse Betlemme per la nascita e Gerusalemme per la Passione (cf. Lc 13,33)...
Si compie quindi per i Magi il loro desiderio e, condotti dalla stella, arrivano fino al Bambino, il Signore Gesù Cristo. Nella carne, essi adorano il Verbo; nell`infanzia, la Sapienza; nella debolezza, il vigore; e nella verità dell`uomo, la maestà del Signore; e, per manifestare con segni esterni il mistero in cui credono e di cui hanno intelligenza, attestano con doni ciò che credono nel cuore. Offrono a Dio l`incenso, all`uomo la mirra, al re l`oro, consci di venerare nell`unità la divina e l`umana natura.

(Leone Magno, Sermo 31, l s.)
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11/01/2013 07:24
 
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FESTA DEL BATTESIMO DEL SIGNORE

(domenica dopo l`Epifania)

La liturgia romana commemorava il Battesimo di Cristo nel Giordano l`ottavo giorno dopo l`Epifania del Signore, una festività apparsa in Occidente nel secolo VIII. Questo avvenne sotto l`influenza della liturgia bizantina per la quale, similmente alle altre liturgie orientali, il ricordo del mistero del Battesimo aveva una particolare importanza. La festa a sé stante del Battesimo del Signore fu costituita solamente nell`anno 1955 e veniva celebrata il 13 gennaio. Nel nuovo calendario liturgico, la festa è stata trasferita alla domenica dopo l`Epifania.
Cristo riceve il Battesimo nelle acque del Giordano dalle mani di Giovanni il Battista. La voce del Padre e la presenza dello Spirito Santo proclamano Gesú Figlio prediletto di Dio e, nello stesso tempo, Servo mandato per annunziare ai poveri la buona novella della salvezza. Lui non alzerà la voce, ma annunzierà a tutti la salvezza, non spezzerà la canna incrinata, ma libererà quelli che rimangono nella schiavitú delle tenebre. Cristo non ha alcun peccato, ma non si separa dall`umanità che vive nel peccato: l`umanità corrotta insieme con lui entra nelle acque del Giordano che preannunziano l`acqua che ci purificherà da ogni sporcizia, ci farà vivere la vita nuova, ci introdurrà nel mistero della morte e della risurrezione del nostro Salvatore.
Il mistero che oggi viene celebrato dalla Chiesa richiama alla memoria il nostro Battesimo per mezzo del quale siamo stati purificati e siamo spiritualmente rinati, divenendo figli di Dio. In questo giorno di festa, eleviamo suppliche affinché viviamo come figli di Dio, cresciamo nell`amore e ci trasformiamo spiritualmente ad immagine di Cristo.

Oggi, il nostro Dio ci ha manifestato la sua
indivisa natura in tre Persone;
il Padre dà infatti chiara testimonianza al Figlio;
lo Spirito scende dal cielo in forma di colomba;
il Figlio chinò il capo immacolato dinanzi al Precursore;
e battezzato, scioglie il genere umano dalla schiavitú,
perché amante degli uomini.

(Liturgia Bizantina, EE n. 3038)
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16/01/2013 08:06
 
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II DOMENICA

Letture: Isaia 62,1-5
1 Corinti 12,4-11
Giovanni 2,1-12

1. L`ora di Gesú

"Che c`è tra me e te, o donna? L`ora mia non è ancora venuta" (Gv 2,4).
E` certamente cosa faticosa il tenere sermoni, come riconosce lo stesso Paolo con queste parole: "I presbiteri che governano bene siano compensati di duplice onore: soprattutto quelli che si affaticano e nella predicazione e nell`insegnamento" (1Tm 5,17). Però dipende unicamente da voi il rendere questa fatica leggera o pesante. Se respingete quanto vi si dice, oppure, senza respingerlo, non lo mettete in pratica, la nostra fatica sarà pesante, perché sappiamo di lavorare inutilmente; se, invece, prestate attenzione e mettete in pratica quanto ascoltate, non ci accorgeremo neppure del sudore che tutto questo ci costa: l`abbondanza dei frutti delle nostre fatiche ce le farà sembrare leggere. Perciò, se volete stimolare il nostro zelo, e non spegnerlo o diminuirlo, mostratecene, vi prego, il frutto, affinché, vedendo il buon raccolto, confortati dalla speranza di prosperità e contando già i buoni risultati che ne ricaveremo, non siamo indolenti nell`impegnarci in un`impresa cosí importante. Infatti, anche la questione che oggi ci proponiamo di trattare non è di scarsa importanza. La madre di Gesú gli disse: "Non hanno piú vino", e il Cristo le rispose: "Che c`è tra me e te, o donna? L`ora mia non è ancora venuta"; però, dopo aver risposto così, egli compí proprio quello che gli aveva chiesto la madre. Tale questione non è meno difficile e importante della precedente. Invocando dunque l`aiuto di colui che fece questo miracolo, cerchiamo di arrivare prontamente alla soluzione.
Notiamo prima di tutto che questa espressione non ricorre solo in questa circostanza; lo stesso evangelista dice piú avanti: "Nessuno lo arrestò, perché la sua ora non era ancora venuta" (Gv 8,20); e ancora: "Nessuno gli mise le mani addosso perché la sua ora non era ancora venuta" (Gv 7,30); e infine il Salvatore dice: "E` venuta l`ora, glorifica il Figlio tuo" (Gv 17,1). Ho raccolto qui tutti questi passi tratti dall`intero Vangelo, per darne un`unica soluzione. Qual è in effetti il significato di queste espressioni? In primo luogo, il Cristo non era soggetto alle leggi del tempo, e non era per obbedire alle esigenze di una determinata ora che egli diceva: "L`ora mia non è ancora venuta". E come avrebbe potuto l`Autore del tempo, il Creatore delle ère e dei secoli, subire una tale necessità? Esprimendosi in questo modo, vuole solo farci intendere che egli compie ogni cosa a tempo opportuno e non tutte nello stesso tempo; giacché se non fissasse a ciascuna delle sue opere il momento opportuno, la nascita, la risurrezione, il giudizio dovrebbero mescolarsi l`un l`altro, e ne nascerebbe confusione e disordine. Notate bene, infatti: Era opportuno che la creazione avvenisse, ma non tutta in una volta; era opportuno che venissero creati l`uomo e la donna, ma non entrambi nello stesso istante; era opportuno condannare alla morte il genere umano e che avvenisse poi la risurrezione, ma tra i due decreti doveva esservi un grande intervallo; era opportuno che venisse data la legge, ma non contemporaneamente alla grazia; a ciascuna delle due cose conveniva un tempo particolare. Il Cristo non era dunque soggetto alla necessità dei tempi, ma è lui che ha assegnato un ordine ai tempi, e che li ha creati.
Se perciò Giovanni riporta qui la frase del Cristo: "L`ora mia non è ancora venuta", è per significare che egli era ancora sconosciuto a molti e che non aveva neppure al suo seguito l`intera schiera dei discepoli: lo seguivano solo Andrea e Filippo e nessun altro; e nemmeno questi lo conoscevano in maniera adeguata, come neanche sua madre e i suoi fratelli. Prova ne è quanto dice l`evangelista a proposito dei fratelli, dopo che erano avvenuti molti miracoli: "E neanche i suoi fratelli credevano in lui" (Gv 7,5). Così non lo conoscevano nemmeno quelli che erano presenti alle nozze: altrimenti, essi stessi gli si sarebbero avvicinati e lo avrebbero pregato, trovandosi ad aver bisogno di lui. Ecco perché egli dice: "L`ora mia non è ancora venuta": - non sono, cioè, ancora conosciuto dai presenti ed essi non sanno neppure che il vino manca. Lascia che almeno se ne accorgano. Però non sei tu che devi rivolgermi questa domanda, perché tu sei la madre e rendi sospetto il miracolo. Sarebbe stata cosa piú opportuna che quelli stessi che si trovano nel bisogno fossero venuti da me a pregarmi; non perché questa sia per me una condizione indispensabile, ma affinché essi accolgano il miracolo che io compirò con piena soddisfazione -. Chi, infatti, sa di trovarsi in stato di necessità, appena ottiene quello che desidera, pensa di aver ricevuto una grande grazia; chi, invece, non si rende ancora conto di trovarsi nel bisogno, non avrà neanche una chiara e piena coscienza del beneficio.
«Ma perché mai - mi chiederete -, dopo aver detto: "L`ora mia non è ancora venuta" e dopo aver opposto un rifiuto, compí ciò che la madre gli aveva chiesto?». Per dimostrare ai suoi oppositori e a quanti lo ritenevano soggetto all`ora e al tempo, che non lo era affatto. Se, infatti, fosse stato soggetto ad essi, come avrebbe potuto compiere quest`opera, quando non era ancora venuta l`ora? Inoltre, egli volle rendere onore a sua madre, affinché non sembrasse resisterle completamente, non si spargesse la diceria della sua impotenza a compiere qualcosa di straordinario, e per non farla vergognare in presenza di tante persone: ella, infatti, gli aveva mandato i servitori. Anche quando disse alla Cananea: "Non è bene prendere il pane dei figlioli per gettarlo ai cagnolini" (Mt 15,26), le concesse poi ciò che ella gli aveva chiesto, commosso dalla sua insistenza; e benché le avesse detto precedentemente: "Io non sono stato mandato se non per le pecorelle smarrite della casa d`Israele" (Mt 15,24), egli le liberò la sua figlia.
Impariamo da questi esempi che la perseveranza spesso ci rende degni di ricevere le grazie, anche se ne siamo indegni. Per questo anche la madre aspettò, e poi saggiamente gli mandò i servitori affinché egli venisse pregato da piú persone. Aggiunse infatti: "Fate quello che vi dirà" (Gv 2,5). Ella sapeva che non era per incapacità che le aveva opposto un rifiuto, ma perché rifuggiva dalla vanità, e per evitare ogni apparenza di precipitazione nel fare questo miracolo, gli fece avvicinare i servitori.
"C`erano là sei idrie, per la purificazione dei Giudei, della capacità di due o tre metrete l`una. Gesú disse loro: «Riempite le idrie di acqua». Ed essi le riempirono fino all`orlo" (Gv 2,6-7). Non senza motivo l`evangelista precisò: "per la purificazione dei Giudei", affinché nessun incredulo potesse pensare che vi fosse rimasta dentro un po` di feccia di vino la quale, mescolandosi con l`acqua in esse versata, avesse prodotto una sorta di vino leggerissimo. Disse dunque: "per la purificazione dei Giudei", per precisare che in quelle idrie non veniva mai conservato il vino. Infatti, soffrendo la Palestina di penuria di acqua ed essendo colà rare le fonti e le sorgenti, i Giudei tenevano idrie piene d`acqua, per non essere costretti a correre al fiume quando diventavano impuri e per avere a portata di mano il mezzo per purificarsi.

(Giovanni Crisostomo, Comment. in Ioan., 22, 1-2)


2. Il profumo di Maria nella Chiesa

La presenza di Maria offriva la gradevole dolcezza della primavera, e dovunque ella si girasse per accordare il suo favore, fioriva il paradiso. I tuoi germogli, dice lo Sposo, sono un paradiso di melograni dai frutti squisiti. La henna con il nardo, il nardo con il croco, il croco e la cannella con tutti gli alberi del Libano, la mirra e l`aloe con tutti i balsami scelti. E` la fontana dei giardini, il pozzo di acque vive che scorrono a torrenti dal Libano" (Ct 4,13-15).
Il paradiso della Vergine gloriosa ha proprio le sue melagrane nella varietà delle virtù, i suoi frutti squisiti nella perfezione delle opere. C`è anche la henna con il nardo: l`una, carica di grappoli; l`altro, erba aromatica dal profumo meraviglioso, a motivo della sobria ebbrezza dei sensi e della fama deliziosa e profumata delle virtù. Vi si aggiungono il croco della gioia, la canna del distacco carnale, la cannella della soavità, e tutti gli alberi del Libano che significano l`insieme delle virtù, la mirra della mortificazione come l`aloe dell`incorruttibilità, con tutti i balsami scelti, senza omettere quel balsamo, che, versato sul capo, discende lungo la barba, la barba di Aronne (cf. Sal 132,2) non dell`antico Aronne, che era figura, ma del nuovo che è raffigurato. E discende sull`orlo del suo vestito che è la Chiesa, la quale, secondo Paolo, è stata presentata senza macchia né ruga (cf. Ef 5,27) a questo autentico Aronne.

(Amedeo di Losanna, Hom., VII, 124-144)


3. Gesú e Maria, invitati alle nozze

Qual è, allora, il senso di queste parole del Signore: "Che c`è fra me e te, o donna"? Forse ciò che segue può farci capire perché cosí si sia espresso il Signore: "L`ora mia non è ancora venuta". Cosí dice la risposta tutta intera: "Che c`è fra me e te, o donna? L`ora mia non è ancora venuta". Cerchiamo la ragione di questa risposta. Prima, però, confutiamo gli eretici.
Che cosa insinua il serpente, l`antico inoculatore di veleni? Che cosa dice? Che Gesú non ebbe per madre una donna. Come puoi provarlo? Con le parole, tu mi dici, del Signore: "Che c`è fra me e te, o donna"? Ma, rispondo, chi ha scritto queste parole perché possiamo credere che ha detto questo? Chi? Giovanni l`evangelista, lo sappiamo tutti. Ma questo stesso ha detto: "E c`era la madre di Gesú". Questo è il racconto, infatti: "Il terzo giorno si facevano nozze in Cana di Galilea, e c`era la madre di Gesú; e anche Gesú con i suoi discepoli fu invitato alle nozze" (Gv 2,1-2).
Abbiamo qui due affermazioni riportate dall`evangelista. Dice: "C`era la madre di Gesú"; e ancora lui riferisce le parole di Gesú a sua madre. Ma come ci riporta la risposta di Gesú? Comincia da prima con il dire: "La madre di Gesú disse a lui" (Gv 2,3). State attenti a queste parole, fratelli; esse sono la difesa della integrità del vostro cuore contro la lingua del serpente. Lí, nel medesimo Vangelo, nella narrazione del medesimo evangelista, è detto: "C`era la madre di Gesú". E: "la madre di Gesú disse a lui". Chi ci ha narrato questi fatti? Giovanni evangelista. E che cosa rispose Gesú a sua madre? "Che c`è fra me e te, o donna"? Chi ci riporta queste parole? Sempre il medesimo Giovanni evangelista.
O evangelista fedelissimo e veracissimo, tu mi racconti che Gesú disse a sua madre: "Che c`è fra me e te, o donna"? Perché hai assegnato a Gesú una madre che egli non riconosce? Tu hai detto infatti, che "c`era la madre di Gesú", e che "la madre di Gesú disse a lui" perché non hai detto piuttosto: c`era Maria, e: Maria disse a luii Tu riporti, invece, tutte e due le espressioni; sia "la madre di Gesu disse a lui", sia: "E Gesú le rispose: Che c`è fra me e te, o donna"? Perché ciò, se non perché tutte e due le espressioni sono vere? Quelli, invece, vogliono credere all`evangelista solo quando narra che Gesú disse a sua madre: "Che c`è fra me e te, o donna?", e non quando dice: "C`era la madre di Gesú", e "la madre di Gesú disse a lui". Ebbene, chi è che resiste al serpente e possiede la verità, di chi è il cuore la cui integrità non è corrotta dall`astuzia del diavolo? Certamente di chi ritiene vero sia che c`era lí la madre di Gesú, sia che Gesú rispose a quel modo a sua madre.
Se ancora non comprendi in che senso Gesú disse: "Che c`è fra me e te, o donna"?, credi frattanto che Gesú ha detto quelle parole, e le ha dette a sua madre. Comincia con il credere adorando, e tale fede avrà i suoi frutti.
Mi rivolgo a voi, cristiani fedeli: c`era la madre di Gesú? Voi rispondete: c`era. Come lo sapete? Voi rispondete: lo racconta il Vangelo. E che cosa risponde Gesú alla madre? Voi dite: "Che c`è fra me e te, o donna"? "L`ora mia non è ancora venuta". Anche questo, come lo sapete? Voi rispondete: lo racconta il Vangelo. Che nessuno vi corrompa questa fede, se volete conservare per !o sposo una casta verginità. Se poi qualcuno vi domanda perché Gesú rispose a quel modo alla madre, parli pure colui che ne conosce il motivo, e chi non lo conosce ancora, continui a credere fermissimamente che Gesú ha risposto veramente cosí, e che ha risposto cosí a sua madre. Questo spirito di pietà gli meriterà anche di capire il senso di quella risposta, se busserà con la preghiera e non con le obiezioni, alla porta della verità. Ma stia in guardia, perché, mentre crede di sapere il motivo di quella risposta o si vergogna di non saperlo, non sia indotto a credere che l`evangelista ha mentito dicendo: "c`era la madre di Gesú"; oppure che Cristo stesso ha sofferto per i nostri peccati una morte fittizia, ha mostrato delle false cicatrici per la nostra giustificazione, ed ha egli stesso mentito quando disse: "Se voi rimanete costanti nella mia parola, sarete davvero miei discepoli e conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" (Gv 8,31-32). Perché, se la madre è fittizia, e fittizia la carne, fittizia la morte, fittizie le piaghe della Passione, fittizie le cicatrici della Risurrezione; allora non sarà la verità a liberare quelli che credono in lui, ma piuttosto la falsità. No, tutto al contrario la falsità ceda alla verità e siano confusi tutti coloro che vorrebbero sembrare veraci proprio perché si sforzano di dimostrare Cristo fallace, e non vogliono sentirsi dire: - Non vi crediamo, perché mentite -, mentre loro vanno dicendo che la verità stessa ha mentito.
Se poi domandiamo a costoro come facciano a sapere che Cristo ha detto: "Che c`è fra me e te, o donna?", essi rispondono che han creduto al Vangelo. Ma perché allora non credono al Vangelo, quando dice: "C`era la madre di Gesú, e la madre di Gesú disse a lui"? Ché se qui il Vangelo ha mentito, come gli si può credere che Gesú ha detto: "Che c`è fra me e te, o donna"? Non farebbero molto meglio a credere, questi infelici, che è stato proprio a sua madre che il Signore ha risposto a quel modo, e non a una donna estranea? e cercare religiosamente il senso di questa risposta? C`è in effetti una grande differenza fra chi dice: - Vorrei sapere perché Gesú ha risposto in quel modo alla madre - , e chi dice: -Io so che Cristo non a sua madre ha dato quella risposta. Una cosa è voler penetrare ciò che è chiuso, un`altra cosa non voler credere a ciò che è manifesto. Chi dice: - Voglio sapere perché Cristo ha risposto a quel modo a sua madre -, desidera che gli venga aperto il senso del Vangelo, cui crede. Ma colui che dice: -So che Gesú non a sua madre ha dato quella risposta -, accusa di menzogna il Vangelo stesso, dal quale ha saputo, e creduto, che Cristo diede veramente quella risposta.

(Agostino, Comment. in Ioan., 8, 6-7)


4. Cristo con la sua presenza santifica il matrimonio

Quando si celebrano nozze, naturalmente che siano caste ed oneste, di sicuro è presente la madre del Salvatore, ma lui stesso viene con i suoi discepoli se è invitato, e non tanto per prendere parte al banchetto quanto per compiere il miracolo, e inoltre per santificare il principio stesso della procreazione, che di sua natura è cosa che concerne la carne.

(Cirillo di Ales., In Io. comment., 2, 1)
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22/01/2013 08:10
 
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III DOMENICA

Letture: Neemia 8,2-4a.5-6.8.10
1 Corinti 12,12-31a
Luca 1,1-4; 4,14-21

1. La trasmissione della Parola

Un tempo, presso il popolo giudeo, molti pretendevano di avere il dono della profezia, ma alcuni erano dei falsi profeti, -ricordiamo tra essi Anania, figlio di Azor (cf. Ger 28), - mentre altri invece erano profeti autentici (il popolo aveva un carisma particolare per distinguere gli spiriti, in base al quale, con una perizia degna di «cambiavalute molto esperti», ne accoglieva alcuni e respingeva gli altri). Cosí, anche ai tempi del Nuovo Testamento, molti hanno tentato di scrivere vangeli; ma non tutti sono stati accolti. E affinché sappiate che non sono stati scritti soltanto quattro Vangeli ma un numero maggiore e che da essi sono stati scelti quelli che noi possediamo e che vengono tramandati alle Chiese, ascoltiamo quanto lo stesso Prologo di Luca, qui riportato, ci dice: "Perché molti hanno tentato di comporre una narrazione" (Lc 1,1). Queste parole «hanno tentato» contengono implicitamente un`accusa contro coloro i quali, senza la grazia dello Spirito Santo, si sono gettati nella redazione dei Vangeli. Non v`è dubbio che Matteo, Marco, Giovanni e Luca non hanno affatto «tentato» di scrivere, ma, ricolmi di Spirito Santo, hanno scritto i Vangeli. "Molti hanno tentato di comporre una narrazione di questi avvenimenti che sono a noi perfettamente noti" (Lc 1,1).
La Chiesa possiede quattro Vangeli, gli eretici moltissimi...
Luca rivela i suoi sentimenti dicendo: «Ci sono state molto chiaramente manifestate». E` infatti con la certezza della fede e della ragione che egli aveva conosciuto gli avvenimenti; e non aveva il benché minimo dubbio su un fatto, se fosse accaduto in un certo modo anziché in un altro.
Questo succede a coloro che hanno creduto con la massima fedeltà, e hanno raggiunto ciò che il Profeta chiede con insistenza e possono dire: "Confermami nelle tue parole" (Sal 119,29); ecco perché l`Apostolo, di quelli che erano saldi e forti, dice: "Affinché siate radicati e fondati nella fede" (Ef 3,17; Col 2,7; 1,23). Infatti, per chi è radicato e fondato nella fede, la tempesta può sollevarsi, i venti possono soffiare, la pioggia può cadere a rovesci, ma egli non sarà scosso, né vacilerà, perché l`edificio è stato fondato "sulla pietra" (cf. Mt 7,24-28), cioè su una solida base.
E non pensiamo che venga concessa a questi occhi del corpo la fermezza della fede, che è dono della mente e della ragione. Lasciamo che gl`infedeli credano a motivo dei miracoli e dei prodigi che l`occhio umano può vedere; il fedele saggio e prudente segua la ragione e il verbo, e distingua così la verità dall`errore.
"Come ce li hanno tramandati coloro che all`inizio videro e furono poi ministri della Parola" (Lc 1,2). Nell`Esodo sta scritto: "Il popolo vedeva la voce del Signore" (Es 20,18). Certamente a voce si ascolta piuttosto che vederla, ma così sta scritto per farci capire che vedere la voce di Dio significa possedere altri occhi, che permettono di vedere a coloro che lo meritano. Senza dubbio nel Vangelo non è la voce che si vede, ma la Parola, che è superiore alla voce. Per questo dice ora: «Come ce li hanno tramandati coloro che all`inizio videro e poi sono divenuti ministri della Parola».
Gli apostoli hanno visto la Parola, non perché hanno visto il corpo del Signore e Salvatore, ma perché hanno visto il Verbo. Se, infatti, aver visto Gesú con gli occhi del corpo fosse lo stesso che aver visto la Parola di Dio, in questo caso Pilato, che condannò Gesú, avrebbe visto il Verbo, come anche lo avrebbero visto il traditore Giuda e tutti coloro che gridavano: "Crocifiggilo, crocifiggilo, fallo sparire dalla terra" (Gv 19,15). Lungi da me ammettere che qualsiasi infedele abbia potuto vedere il Verbo di Dio. Vedere il Verbo di Dio è ciò che dice il Salvatore stesso: "Chi ha visto me, ha visto anche il Padre che mi ha mandato" (Gv 14,9).
«Come ce li hanno tramandati coloro che all`inizio videro e sono divenuti poi ministri della Parola». Le parole di Luca ci insegnano implicitamente che lo scopo di una dottrina può essere la conoscenza della dottrina stessa, e che c`è invece un`altra dottrina il cui scopo consiste nelle opere che la mettono in pratica. Ad esempio: la scienza della geometria ha per scopo soltanto la conoscenza e la dottrina; ben diversa è la scienza il cui fine esige la pratica, come la medicina. In questo caso io debbo conoscere i metodi e principi della medicina, non soltanto per conoscere ciò che debbo fare, ma anche per fare: cioè per inadere una piaga, per prescrivere una dieta rigorosamente misurata, per valutare il grado della febbre secondo il pulsare delle vene, per moderare e ridurre con periodiche cure l`abbondanza degli umori. Chi sa soltanto queste cose e non le mette in pratica possiederà una scienza inutile. C`è pertanto un analogo rapporto tra la scienza della medicina e le opere, come tra la conoscenza della Parola e il suo ministero. Per questo sta scritto: «Come ce li hanno tramandati coloro che all`inizio videro e poi divennero ministri della Parola». Dicendo «videro» significa la conoscenza e la dottrina, e dicendo «divennero ministri» ci fa conoscere che hanno compiuto le opere.
"E` sembrato anche a me, investigata accuratamente ogni cosa fin dal principio..." (Lc 1,3). Insiste e ripete che tutto ciò che si appresta a scrivere non l`ha conosciuto per sentito dire, ma che ha investigato ogni cosa fin dall`origine. Per questo giustamente anche l`Apostolo lo loda dicendo: "La cui lode per quanto riguarda il Vangelo è diffusa in tutte le Chiese" (2Cor 8,18). Non dice cosí di nessun altro, lo dice solo a proposito di Luca.
"E` sembrato anche a me, investigata accuratamente ogni cosa fin dal principio, di scrivere per te ordinatamente, ottimo Teofilo" (Lc 1,3). Qualcuno può credere che il Vangelo sia stato scritto per un certo Teofilo. Tutti voi che ascoltate le nostre parole, se siete uomini tali da essere amati da Dio, siete anche voi Teofili, e per voi il Vangelo è scritto...
Cosí audacemente direi che chi è Teofilo è forte, perché deriva la sua forza e il suo vigore tanto da Dio quanto dalla sua Parola, per cui è capace di conoscere «la verità delle parole nelle quali è ammaestrato» comprendendo le parole del Vangelo nel Cristo.

(Origene, In Luc., 1)


2. La Parola annunzio di liberazione

Quando tu leggi: «E insegnava nelle loro sinagoghe e tutti celebravano le sue lodi», stai attento a non credere che soltanto quelli siano stati felici, mentre tu sei stato privato del suo insegnamento. Se la Scrittura è la verità, Dio non ha parlato soltanto allora nelle assemblee giudee, ma anche oggi parla in questa nostra assemblea; e non soltanto qui, nella nostra Chiesa, ma anche in altri consessi e in tutto il mondo Gesú insegna, cercando gli strumenti per trasmettere il suo insegnamento. Pregate dunque affinché egli trovi anche in me uno strumento idoneo e ben disposto a parlare di lui. Cosí, come Dio onnipotente, cercando dei profeti, al tempo in cui gli uomini avevano bisogno delle profezie, trovò per esempio Isaia, Geremia, Ezechiele, Daniele; del pari Gesú cerca strumenti con cui trasmettere la sua Parola, e ammaestrare i popoli nelle loro sinagoghe ed essere glorificato da tutti. Oggi Gesú è «piú glorificato da tutti» che non in quel tempo in cui era conosciuto in una sola regione.
"Poi venne a Nazaret, ove era stato allevato, entrò, secondo il costume, nel giorno di sabato nella sinagoga e si alzò per fare la lettura. Gli fu dato il libro del profeta Isaia, e, sfogliando il libro, trovò il passo in cui era scritto: lo Spirito del Signore è su di me, per questo mi ha unto" (Lc 4,16-18). Non è per caso, ma per intervento della provvidenza di Dio, che Gesú sfoglia il libro e trova nel testo il capitolo che profetizzava a suo riguardo. Se sta scritto infatti che «nessun uccello cade nella rete senza la volontà del Padre»; e se «i capelli della testa» degli apostoli "sono tutti contati" (Lc 12,6-7), sarebbe forse un effetto del caso che quella scelta sia caduta proprio sul libro di Isaia e non su un altro, e il passo da leggere sia stato non un altro, ma questo che esprime il mistero del Cristo: «Lo Spirito del Signore è su di me, per questo egli mi ha unto»? E` infatti Cristo che commenta questo testo e bisogna quindi pensare che niente sia avvenuto secondo il gioco del caso o della fantasia, ma tutto si svolse secondo il disegno della provvidenza di Dio.
Consideriamo il senso delle parole del Profeta e, dopo, l`applicazione che di esse fa Gesú a proprio riguardo nella sinagoga. Dice: "Mi ha inviato a portare la buona novella ai poveri" (Lc 4,18). I poveri raffigurano i Gentili. Infatti essi erano poveri, dato che non possedevano assolutamente niente, né Dio, né la legge, né i profeti, né la giustizia, né le altre virtù. Per quel motivo Dio lo ha inviato come messaggero presso i poveri? "Per annunziare agli schiavi la liberazione". Noi fummo prigionieri, e per tanti anni Satana ci ha tenuti incatenati, schiavi e soggetti a sé; è venuto Gesú «ad annunziare la liberazione ai prigionieri "e a dare ai ciechi la vista"». E` appunto per la sua parola, e per la predicazione della sua dottrina, che i ciechi vedono. Il termine «predicazione» va logicamente riferito apò koinoù non soltanto «ai prigionieri», ma anche «ai ciechi».
"E a restituire la libertà agli oppressi" (Lc 4,18). C`è un essere piú oppresso e piú mortificato dell`uomo, che da Gesú è stato liberato e guarito?
"A proclamare l`anno di grazia del Signore" (Lc 4,19; Is 61,2). Secondo una pura e semplice interpretazione letterale, alcuni intendono che il Salvatore ha annunziato il vangelo in Giudea durante un anno, e che questo è il significato della frase: «proclamare l`anno di grazia del Signore "e il giorno della ricompensa"». Ma forse la Santa Scrittura nella frase «proclamare l`anno del Signore» ha voluto nascondere un mistero. Diversi saranno i giorni futuri, non paragonabili a quelli che vediamo oggi nel mondo; ed anche i mesi saranno diversi e diverso il calendario. Se dunque i tempi saranno tutti rinnovati, nuovo sarà nel futuro l`anno del Signore portatore di grazia. Queste cose ci sono state annunziate affinché, dopo essere passati dalla cecità alla chiara visione e dalla schiavitú alla libertà, guariti dalle nostre molteplici ferite, noi perveniamo «all`anno di grazia del Signore».
Gesú, dopo aver letto queste parole, "ripiegandolo restituí il libro al ministro e si pose a sedere. E gli occhi di tutti nella sinagoga erano fissi in lui" (Lc 4,20). Anche ora, se lo volete, in questa sinagoga, in questa nostra assemblea gli occhi vostri possono fissare il Salvatore. Quando voi riuscite a rivolgere lo sguardo piú profondo del vostro cuore verso la contemplazione della Sapienza, della Verità e del Figlio unico di Dio, allora i vostri occhi vedranno Gesú. Felice assemblea quella di cui la Scrittura testimonia che «gli occhi di tutti erano fissi in lui». Come desidererei che questa nostra assemblea potesse ricevere una simile testimonianza, cioè che tutti voi, catecumeni e fedeli donne, uomini e fanciulli aveste gli occhi, non gli occhi del corpo ma quelli dell`anima, rivolti a guardare Gesú! Quando voi vi volgerete verso di lui, dalla sua luce e dal suo volto i vostri volti saranno fatti piú chiari, e potrete dire: "Impressa su di noi è la luce del tuo volto, o Signore" (Sal 4,7), "cui appartengono la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen" (1Pt 4,11).

(Origene, In Luc., 32, 2-6)
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30/01/2013 08:13
 
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IV DOMENICA

Letture: Geremia 1,4-5.17-19
1 Corinti 12,31; 13,13
Luca 4,21-30

1. Nessuno è profeta in patria

Stando al solo racconto di Luca, Gesú non ha ancora soggiornato a Cafarnao, e non si racconta che egli abbia compiuto miracoli in quella città per il semplice motivo che non vi si è fermato. Ma prima della sua venuta a Cafarnao la sua presenza è segnalata nella sua patria, che è Nazaret; e cosí egli parla ai suoi concittadini: "Certo mi citerete quel proverbio: medico, cura te stesso. Tutte quelle cose che abbiamo udito essere state fatte a Cafarnao, falle anche qui, nella tua patria" (Lc 4,23). Io credo che un mistero sia nascosto in questo passo, ove Cafarnao, che raffigura i Gentili, passa avanti a Nazaret, che raffigura i Giudei. Gesú, sapendo che nessuno gode di onori nella sua patria, né egli stesso, né i profeti, né gli apostoli, non ha voluto predicare nella sua città e ha predicato tra i Gentili nel timore che i suoi compatrioti gli dicessero: «Certo mi citerete quel proverbio: medico, cura te stesso».
Verrà in effetti il tempo in cui il popolo giudeo dirà: «Tutte quelle cose che abbiamo udito essere state fatte a Cafarnao», cioè i miracoli e i prodigi compiuti tra i Gentili, «falle anche presso di noi, nella tua patria», mostra cioè anche a noi ciò che hai mostrato al mondo intero; annunzia il tuo messaggio a Israele, tuo popolo, affinché almeno, "quando la totalità dei pagani sarà entrata, sia salvo allora tutto Israele" (Rm 11,25-26). Per questo mi sembra che, secondo una linea ben precisa e logica, Gesú, rispondendo alle domande poste dai Nazareni, abbia detto loro: "Nessun profeta è bene accolto nella sua patria" (Lc 4,24); e penso che queste parole siano piú vere secondo il mistero che secondo la lettera.
Geremia non è stato ricevuto bene ad Anatot (cf. Ger 11,21), sua patria, né Isaia nella sua, quale essa sia stata, e uguale sorte hanno avuto gli altri profeti: mi sembra pertanto che sia meglio comprendere questo rifiuto intendendo che la patria di tutti i profeti è il popolo della circoncisione che non ha bene accolto né loro, né le loro profezie. Invece i Gentili, che abitavano lontano dai profeti e non li conoscevano, hanno accettato la Parola di Gesú Cristo. «Nessun profeta è bene accolto nella sua patria «, cioè dal popolo giudeo. Ma noi, che non appartenevamo all`Alleanza ed eravamo stranieri alle promesse, abbiamo accolto i profeti con tutto il nostro cuore; e Mosè e i profeti che hanno annunziato il Cristo, appartengono piú a noi che a loro: infatti, per non aver accolto Gesú, essi non hanno accolto neppure coloro che lo avevano annunziato.
Così dopo aver detto: «Nessun profeta è bene accolto nella sua patria», aggiunge: "In verità io vi dico che c`erano molte vedove in Israele ai giorni di Elia, quando il cielo stette chiuso per tre anni e sei mesi" (Lc 4,25). Ecco il significato di queste parole: Elia era un profeta e si trovava in mezzo al popolo giudeo, ma nel momento di compiere un prodigio, benché ci fossero parecchie vedove in Israele, egli le trascurò e venne a trovare "una vedova di Sarepta, nel paese di Sidone" (cf. 1Re 17,9), una povera donna pagana, che raffigurava in se stessa l`immagine della futura realtà. Infatti il popolo di Israele era in preda a una "fame e sete, non di pane e d`acqua, ma di ascoltare la Parola di Dio" (Am 8,11) quando Elia venne da questa vedova, di cui il Profeta parla dicendo: "I figli dell`abbandonata sono piú numerosi dei figli della maritata" (Is 54,1); e, appena arrivato, moltiplicò il pane e il cibo di questa donna.
Eri tu la vedova di Sarepta, nel paese di Sidone, nel paese da cui viene fuori la Cananea (Mt 15,22) che desidera veder guarita la propria figlia e che, a causa della sua fede, merita di vedere accolta la propria preghiera. "C`erano dunque molte vedove in Israele ma a nessuna di esse Elia fu inviato se non alla povera vedova di Sarepta" (Lc 4,26).
Cristo aggiunge ancora un altro esempio che ha il medesimo significato: "C`erano molti lebbrosi in Israele nei giorni del profeta Eliseo, e nessuno di essi fu mondato, salvo soltanto Naaman il Siro" (Lc 4,27), che certamente non apparteneva al popolo di Israele. Considera il gran numero di lebbrosi esistente sino ad oggi "in Israele secondo la carne" (1Cor 10,18); e osserva d`altra parte che è dall`Eliseo spirituale, il nostro Signore e Salvatore, che vengono purificati nel mistero del Battesimo gli uomini coperti dalla sozzura della lebbra, e che a te sono rivolte le parole: "Alzati, va` al Giordano, lavati, e la tua carne ritornerà sana" (2Re 5,10). Naaman si alzò, se ne andò e, bagnandosi, compí il mistero del Battesimo, in quanto "la sua carne divenne simile alla carne di un fanciullo" (2Re 5,14). Di quale fanciullo? Di colui che, "nel bagno della rigenerazione" (Tt 3,5), nascerà in Cristo Gesú, "cui appartengono la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen" (1Pt 4,11).

(Origene, In Luc., 33)


2. L`invidia nemica della misericordia

"In verità vi dico che nessun profeta è accetto in patria sua" (Lc 4,24). L`invidia non si manifesta mai per metà: dimentica dell`amore tra concittadini, fa diventare motivi di odio anche le naturali ragioni di affetto. Ma con questo esempio, e con queste parole, si vuol indicare che invano tu potresti attendere la grazia della misericordia celeste, se nutri invidia per la virtù degli altri; Dio, infatti, disprezza gli invidiosi e allontana le meraviglie del suo potere da coloro che disprezzano, negli altri, i doni suoi. Le azioni del Signore nella sua carne, sono espressione della sua divinità, e le sue cose invisibili ci vengono mostrate attraverso quelle visibili.
Non a caso il Signore si scusa di non aver operato in patria i miracoli propri della sua potenza, allo scopo che nessuno di noi pensi che l`amor di patria debba essere considerato cosa di poco conto. Non poteva infatti non amare i suoi concittadini, egli che amava tutti gli uomini: sono stati essi che, con il loro odio, hanno rinunziato a quest`amore per la loro patria. Infatti l`amore "non è invidioso, non si gonfia d`orgoglio" (1Cor 13,4). E, tuttavia, questa patria non è priva dei benefici di Dio: quale miracolo piú grande infatti avvenne in essa della nascita di Cristo? Vedi dunque quali danni procura l`odio: a causa di esso vien giudicata indegna la patria, nella quale egli poteva operare come cittadino, dopo che era stata trovata degna di vederlo nascere nel suo seno come Figlio di Dio...
"C`erano molti lebbrosi al tempo del profeta Eliseo, e nessuno di essi fu mondato, ma solo il siro Naaman" (Lc 4,27).
E` chiaro che questa parola del Signore e Salvatore ci spinge e ci esorta allo zelo di venerare Dio, poiché egli mostra che nessuno è guarito ed è stato liberato dalla malattia che macchia la sua carne, se non ha cercato la salute con desiderio religioso; infatti i doni di Dio non vengono dati a coloro che dormono, ma a coloro che vegliano...
Perché il Profeta non curava i suoi fratelli e concittadini, non guariva i suoi, mentre guariva gli stranieri, coloro che non praticavano la legge e non avevano comunanza di religione, se non perché la guarigione dipende dalla volontà, non dalla nazione cui uno appartiene, e perché il beneficio divino si concede a chi lo desidera e l`invoca, e non per diritto di nascita? Impara quindi a pregare per ciò che desideri ottenere: il beneficio dei doni celesti non tocca in sorte agli indifferenti.

(Ambrogio, In Luc., 4, 46 s.)


3. Gesú Cristo è venuto, come Elia per la vedova

"In verità vi dico: C`erano molte vedove al tempo di Elia in Israele, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi, quando venne una gran fame su tutta la terra; e a nessuna di loro fu mandato Elia, se non a una vedova in Sarepta di Sidone" (Lc 4,25). Non sono stato mandato a voi, dice; non son venuto per guarire voi, perché non a tutte le vedove fu mandato Elia. Questo significava la sua condotta; lui era un segno, io sono la realtà. Io son venuto a curare, a saziare di cibo spirituale, a strappare dalla fame e dall`indigenza quella vedova di cui è scritto: "Benedirò la sua vedova, sazierò di pane i suoi poveri" (Sal 131,15). Questa vedova è la santa Chiesa ma può essere anche qualunque anima dei fedeli. Il Signore, infatti, venne per chiamare tutti e a liberare tutti dalla fame. Se non fosse venuto e non avesse parlato, non avrebbero commesso peccato; ma ora non hanno una giustificazione per i loro peccati.

(Bruno di Segni, In Luc., 1, 5)


4. Piegarsi all`altrui volere è segno di sanità e di forza

E` risaputo che in generale chi sottomette la propria volontà a quella del fratello dimostra di agire meglio di chi difende ostinatamente le proprie opinioni. Quegli infatti, sostenendo e tollerando il prossimo, si pone tra i sani e i forti; questi, tra i deboli e in qualche modo malati prende posto, avendo bisogno di essere carezzato e coccolato, tanto che per tenerlo quieto e in pace, occorre talvolta trascurare anche le cose necessarie.
Se avviene che qualcuno debba trascurare una pratica di perfezione per far questo, non pensi di nuocere alla propria perfezione, ché anzi quanto piú avrà accondisceso alle esigenze del fratello piú debole tanto piú avrà, per la pazienza e la longanimità usate, segnato dei progressi. Cosí suona infatti il precetto apostolico: "Noi che siamo i forti abbiamo l`obbligo di sopportare l`infermità dei deboli" (Rm 15,1); e inoltre: "Portate gli uni i pesi degli altri, cosi avrete adempiuto la legge di Cristo" (Gal 6,2). Giammai, in effetti, un debole può dar forza ad un altro debole, né può sopportare o curare un malato chi si trova nelle identiche condizioni; può invece portar rimedio al debole solo chi non soggiace alla debolezza. A tal proposito è detto, infatti: "Medico, cura te stesso" (Lc 4,23).
A questo punto, va sottolineata una cosa: è tipico della natura dei malati l`essere facili e pronti alle offese e a far scoppiare contese, mentre a loro volta esigono di non essere neppure sfiorati da ombra di ingiuria. Mentre lanciano le invettive piú insolenti, trattando gli altri con la piú spregiudicata libertà, non son disposti ad incassare la piú piccola o lieve mancanza nei loro confronti.

(Giovanni Cassiano, Collationes, 16, 23 s.)
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06/02/2013 08:40
 
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V DOMENICA

Letture: Isaia 6,1-2a.3-8
1 Corinti 15,1-11
Luca 5,1-11

1. La barca di Pietro

"Montato su una delle barche, che era di Simone, lo pregò di scostarsi un poco da terra" (Lc 5,3). Appena il Signore ebbe operato alcune guarigioni, né il tempo né il luogo furono piú sufficienti a trattenere la folla dal desiderio di essere risanata. Cadeva la sera, ma la folla lo seguiva; incontrano il lago e la folla gli è da presso; per questo sale sulla barca di Pietro. E` questa la barca che, secondo Matteo, è scossa dalle onde, e che, secondo Luca, si riempie di pesci, perché tu riconosca gli inizi così tempestosi della Chiesa, e i tempi successivi cosí fruttuosi. I pesci sono infatti coloro che navigano nel mare della vita. Là, Cristo dorme ancora presso i discepoli, qui egli dà ordini; dorme per coloro che tremano, veglia tra quanti sono già fortificati. Ma dal Profeta hai già sentito dire in qual modo dorme Cristo: "Io dormo, ma il mio cuore veglia" (Ct 5,2).
Opportunamente san Matteo non tralascia di testimoniare la manifestazione della potenza divina, quando narra che Cristo comanda ai venti (cf. Mt 8,26). Non si tratta infatti di scienza umana - come avete udito dai Giudei quando dicevano: «Con una parola comanda agli spiriti» - ma c`è il segno della potenza celeste, allorché il mare agitato si calma, gli elementi obbediscono all`ordine della voce divina, gli oggetti insensibili acquistano il senso dell`obbedienza.
Il mistero della presenza divina si rivela quando i flutti del mondo si calmano, quando una parola sconfigge lo spirito immondo: ma questo aspetto non sopprime l`altro, ma l`uno e l`altro vengono esaltati. Riconosci il miracolo nel comportamento degli elementi, l`insegnamento nei misteri.
Dunque, poiché san Matteo aveva già fatto la sua scelta, san Luca preferisce parlare della barca nella quale pescava Pietro. La barca che ospita Pietro non è scossa dalle onde; è scossa quella che ospita Giuda. Benché navigassero i molteplici meriti dei discepoli, tuttavia quest`ultima era turbata dalla perfidia del traditore. Nell`una e nell`altra, c`era Pietro; chi è ben saldo per la sua fede, è però turbato dai demeriti altrui. Guardiamoci dunque dal perfido, guardiamoci dal traditore, affinché la maggior parte di noi non sia agitata dai flutti a causa di uno solo. Non è turbata la nave, nella quale naviga la prudenza, la perfidia è assente, respira la fede. Come poteva essere agitata la nave, di cui era pilota colui sul quale poggia il fondamento della Chiesa? C`è dunque turbamento là dove la fede è debole; c`è sicurezza dove la carità è perfetta.
E infine, benché il Signore comandi agli altri di gettare le reti, solo a Pietro dice: "vai al largo" (Lc 5,4), cioè avventurati nel mare profondo delle dispute. Che cosa c`è infatti di cosí alto come vedere l`altezza dei misteri, riconoscere il Figlio di Dio, proclamare la sua divina generazione? Sebbene lo spirito umano non possa comprenderla pienamente con la penetrazione della ragione, tuttavia la pienezza della fede può abbracciarla. Infatti, anche se non mi è concesso di sapere come egli è nato, tuttavia non mi è permesso ignorare il fatto che egli è nato; ignoro il modo della sua generazione, ma ne riconosco la verità. Non eravamo là, quando il Figlio di Dio era generato dal Padre; ma eravamo là quando dal Padre fu dichiarato Figlio di Dio.
Se non crediamo a Dio, a chi crediamo? Tutto ciò che crediamo, lo crediamo per avere visto o per avere udito. Ebbene, la vista sovente si inganna, ma l`udito fa fede. Vogliamo discutere della veridicità del testimone? Se attestassero persone dabbene, giudicheremmo sconveniente non creder loro: qui Dio afferma, il Figlio prova, il sole che si eclissa lo riconosce, la terra tremando lo testimonia (cf. Mt 27,45-51; Lc 23,44).
La Chiesa è condotta da Pietro nel mare alto delle dispute, per vedere, da un lato, il Figlio di Dio che risorge, e dall`altro lo Spirito Santo che si effonde.
Che cosa sono le reti dell`apostolo, che il Signore gli ordina di gettare, se non il significato delle parole, il senso del discorso, le profondità delle dispute, che non lasciano piú sfuggire coloro che ne sono presi? Ed è giusto che gli strumenti della pesca apostolica siano le reti, perché le reti non fanno morire chi vi è preso, ma lo conservano, lo traggono dalle profondità alla luce e dal fondo conducono in alto chi fluttuava sott`acqua.

(Ambrogio, In Luc. 4, 68-72)


2. Conoscere la propria anima

Conosci dunque te stessa, o anima bella: tu sei l`immagine di Dio. Conosci te stesso, o uomo: tu sei la gloria di Dio. Ascolta in qual modo ne sei la gloria. Dice il Profeta: "La tua scienza è divenuta mirabile provenendo da me", cioè: nella mia opera la tua maestà è piú ammirabile, la tua sapienza viene esaltata nel senno dell`uomo. Mentre io considero me stesso, che tu cogli anche nei pensieri segreti e negli intimi sentimenti, io riconosco i misteri della tua scienza. Conosci dunque te stesso, o uomo, quanto grande tu sei e vigila su di te perché, una volta o l`altra, incappando nei lacci del diavolo che ti dà la caccia, tu non ne divenga preda, perché tu per caso non finisca nelle fauci di quel tetro leone che ruggisce "e va in giro cercando chi divorare". Bada a te, considerando che cosa in te entra, che cosa ne esce. Non parlo del cibo, che viene digerito ed espulso, ma parlo del pensiero, alludo alle parole. Non entri in te il desiderio del talamo altrui, non si insinui nella tua mente; il tuo occhio non rapisca, il tuo animo non chiuda in sé la bellezza d`una donna che passa; la tua parola non escogiti trame di seduzione, non le conduca innanzi con l`inganno, non ricopra il prossimo con maldicenze calunniose. Iddio ti ha fatto cacciatore, non conquistatore; egli che ha detto: "Ecco mando molti cacciatori", cacciatori non di colpe, ma di perdono, cacciatori non di peccati, ma di grazia. Tu sei pescatore di Cristo, al quale si dice: "Da questo momento darai la vita agli uomini". Getta le tue reti, getta i tuoi sguardi, getta le tue parole, cosí da non opprimere nessuno, ma da sostenere chi vacilla. "Bada", dice, "a te stesso". Sta` saldo per non cadere, corri in modo da guadagnare il premio, gareggia così da resistere sino alla fine, perché la corona è dovuta soltanto a un combattimento regolare. Tu sei un soldato: spia con attenzione il nemico, perché di notte non strisci sino a te; sei un atleta: sta` piú vicino all`avversario con le mani che con il volto, perché non colpisca il tuo occhio. Lo sguardo sia libero, astuto l`incedere per stendere a terra l`avversario quando ti si precipita contro, per serrarlo fra le braccia quando si ritrae, per evitare le ferite con la vigilanza dello sguardo, per impedirle assalendolo con decisione. Se poi sarai ferito, bada alla tua salute, corri dal medico, cerca il rimedio della penitenza. Bada a te stesso, perché hai una carne pronta a cadere. Venga a visitarti, medico buono delle anime, la parola divina, sparga su di te gli insegnamenti del Signore come rimedi salutari. Bada a te stesso, perché le parole celate nel tuo cuore non siano inique; serpeggiano infatti come veleno e causano contagi mortali. Bada a te stesso, per non dimenticare Iddio che ti ha creato e non pronunciare inutilmente il suo nome.

(Ambrogio, Hexaemeron, 6, 50)


3. L`umiltà e la dote del predicatore del Vangelo

Quando lo stupore e l`ammirazione si impadronirono di Simon Pietro e dei suoi compagni e l`animo tutto si raccolse su quei fatti straordinari, Pietro, comprendendo che ciò non poteva essere opera dell`umana forza, umilmente si gettò ai piedi di Cristo riconoscendo in lui il suo Signore, dicendogli: "Signore, allontanati da me che sono un peccatore" (Lc 5,8s) e non sono degno di stare in tua compagnia. Allontanati da me, poiché sono un comune mortale, mentre tu sei il Dio-uomo; io peccatore, tu santo; io il servo, tu il Padrone. Quante cose mi dividono da te: la debolezza della mia natura, l`abiezione della colpa, il peccato. Si considerò indegno di trovarsi in presenza di una persona così santa. Questo dimostra quanto si debba temere di toccare le cose sante, di stare attorno all`altare e di accostarsi all`Eucaristia.
Cristo, però, confortò Pietro spiegandogli che pescare voleva dire essere pescatori di uomini e questo avrebbe dovuto fare. Gli disse dunque: Non aver paura, non meravigliarti, ma piuttosto rallegrati e credi che sei destinato ad una pesca piú grande: avrai un`altra barca e altre reti. Finora hai preso i pesci con le reti, d`ora in poi - cioè in un prossimo futuro - prenderai gli uomini con la parola, e con la dottrina salutifera li condurrai sulla via della salvezza, poiché tu sei chiamato al servizio della Parola.
La Parola di Dio è stata paragonata all`amo, poiché come l`amo non prende il pesce se non viene ingoiato, cosí anche l`uomo per la vita eterna prende la Parola di Dio solo se custodisce nell`anima la Parola di Dio. "D`ora in poi sarai pescatore di uomini", vuol dire che, dopo quanto è accaduto, prenderai gli uomini; cioè, dato che ti sei umiliato, a te spetterà d`ufficio di pescare gli uomini; l`umiltà infatti ha il potere di attirare ed è cosa buona e giusta che coloro i quali, pur avendo autorità, sanno non esaltarsi nell`essere a capo degli altri...
In Pietro - che per tutta la notte nulla aveva preso, ma dopo aver gettato le reti alle parole di Cristo fece una pesca abbondante, eppure nelle parole: "Signore, allontanati da me che sono un peccatore", non si attribuisce altro che la colpa - abbiamo l`immagine di colui che predica il Vangelo. Quando fa assegnamento soltanto sulla propria forza, non ricava alcun utile, sostenuto però dalla potenza divina ottiene grandi frutti.
Pietro si gettò ai piedi di Gesú dopo aver catturato una enorme quantità di pesci. Questo ci insegna che il predicatore, catturando con la sua eloquenza un gran numero di uomini, deve umiliarsi interamente davanti a Dio e a lui deve riconoscere ogni cosa, a sé invece nulla se non gli errori. Allora troverà forza nel Signore che gli dirà: Non aver paura, avrai in futuro un successo ancora piú grande: d`ora in poi catturerai un maggior numero di uomini.

(Ludolfo il Certosino, Vita Dom. Christi, 1, 29)


4. Perché Gesú sceglie dei pescatori

La scelta dei pescatori (cf. Mt 4,18-22) illustra l`attività del loro futuro incarico derivante dal loro mestiere umano: gli uomini, alla stregua dei pesci tirati su dal mare, debbono emergere dal secolo verso un luogo superiore, ossia verso la luce del soggiorno dei cieli.
Abbandonando mestiere, patria, casa, ci insegnano, se vogliamo seguire Cristo, a non essere trattenuti né dall`inquietudine della vita nel mondo, né dall`attacamento alla casa paterna.
La scelta di quattro apostoli all`inizio, insieme alla veracità dei fatti, dal momento che questi sono effettivamente avvenuti, prefigura il numero futuro degli evangelisti.

(Ilario di Poitiers, In Matth., 3, 6)
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11/02/2013 08:11
 
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MERCOLEDI` DELLE CENERI E TEMPO DI QUARESIMA

Verso la metà del II secolo, compare la preparazione alla Pasqua, intesa allora come ricordo della morte salvifica di Cristo (Venerdí Santo). Alcune Chiese, in Gallia, rispettano il digiuno il Venerdí Santo, le altre anche il Sabato Santo e alcune persino il Giovedí Santo o addirittura il Mercoledí Santo. I fedeli in Africa, come quelli di Roma, sono tenuti al digiuno il Venerdí Santo e il Sabato Santo. La Chiesa d`Egitto conosce il digiuno settimanale, ma anche qui c`è una certa libertà.
La preparazione di quaranta giorni alla festa di Pasqua viene introdotta all`inizio del IV secolo e comincia con la prima domenica di Quaresima. Con il passare del tempo, nasce la convinzione che il digiuno costituisca la piú importante e quasi l`unica forma di preparazione alla Pasqua. Dato che la domenica non si digiunava, era necessario spostare l`inizio della Quaresima aggiungendo i giorni che mancavano. Questo avveniva gradualmente e dal VII secolo il Mercoledí delle Ceneri segna l`inizio del periodo preparatorio alla Pasqua. L`imposizione delle ceneri compare nel secolo IX ed è collegata con la penitenza pubblica. Con la scomparsa di quest`ultima, i sacerdoti cominciano ad imporre le ceneri su tutti i fedeli.
Le prime testimonianze della solenne benedizione delle ceneri risalgono al secolo X. La Chiesa d`Oriente ha prolungato il periodo di preparazione ad otto settimane e questo ha indotto anche la Chiesa d`Occidente a prolungare il periodo di preparazione con altre tre domeniche prima della Quaresima.
Il periodo della Quaresima ha una ricchissima storia nella liturgia. Costituiva dapprima il tempo della definitiva preparazione dei candidati al Battesimo, amministrato nella Vigilia di Pasqua. I riti legati a questa preparazione venivano chiamati «scrutini». Dal V secolo, a Roma, erano noti tre scrutini pubblici nella terza, quarta e quinta domenica. Si trasmettevano ai candidati i quattro Vangeli, la professione di fede e la preghiera del Signore. Alla preparazione cosí organizzata, prendeva parte la comunità dei credenti e in questa maniera la preparazione al Battesimo degli uni diventava per gli altri l`occasione di meditare sul proprio Battesimo.
Il periodo di preparazione di quaranta giorni è il periodo della penitenza, che col tempo fu ridotta principalmente al digiuno. Il digiuno, inizialmente facoltativo, diventa abitudinario e dal secolo IV viene definito con le prescrizioni di luogo, che nel Medioevo diventeranno obbligatorie per tutti. Completavano il digiuno, la preghiera e l`elemosina. La Chiesa di Roma ha istituito la liturgia delle stazioni, che col tempo venne accolta in molte città vescovili. Il papa, nei giorni della Quaresima, celebrava la Messa nelle diverse chiese dell`Urbe con la partecipazione del clero e di molti fedeli. In alcuni giorni, ci si radunava in una delle chiese, donde col canto delle litanie ci si recava alla chiesa della stazione per celebrare l`Eucaristia.
Le ultime due settimane della Quaresima erano dedicate alla meditazione della Passione del Signore. La lettura del Vangelo di san Giovanni dimostra la lotta di Cristo con i farisei e preannuncia la morte del Salvatore. Nella coscienza dei fedeli, la meditazione della Passione di Cristo divenne dominante nella spiritualità di tale periodo. E` noto finora il costume di velare i quadri e i crocifissi negli ultimi giorni della Quaresima.
Le parole di san Paolo: «Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!» (2Cor 5,20; 6,2), dimostrano che cos`è la Quaresima per la Chiesa e per ogni credente. Ecco il tempo della salvezza, perché stiamo vivendo il mistero del Figlio di Dio, che muore per noi sulla Croce. La Chiesa in questi giorni prende coscienza di partecipare alla grande opera di redenzione del mondo, intrapresa da Cristo. Il cristiano invece vive piú profondamente la realtà del proprio Battesimo: in questo sacramento è morto insieme con Cristo e insieme con lui è risorto a nuova vita, ha raggiunto veramente la salvezza.
In questo periodo di salvezza, la Chiesa fin dai primi tempi si nutre abbondantemente della Parola di Dio, del pane che viene dalla bocca di Dio, per rafforzare la sua fede, come unico mezzo capace di introdurci nella realtà divina. «Convertitevi, e credete al Vangelo». «Lasciatevi riconciliare con Dio!». La Chiesa rivolge queste parole a tutti i credenti. La salvezza di Dio è accessibile a ciascun uomo, la potenza della redenzione di Cristo può abbracciare ciascuno, occorre però l`apertura del cuore, la disponibilità ad accogliere il dono del cielo, la risposta decisa. Il peccato costituisce un ostacolo. Di fronte alla grandezza dei doni di Dio, ci rendiamo conto in questi giorni del male commesso, della nostra debolezza, fragilità e peccaminosità. Questa presa di coscienza avviene sia nella Chiesa, quale comunità, sia nelle sue membra. Il tempo della Quaresima è il momento della conversione, dello staccamento dal peccato, il momento del cambiamento del cuore e del modo di pensare. La conversione cosí concepita esige il sacrificio, il rinnegamento di se stesso, la lotta contro se stesso. Il tempo del pentimento e della conversione è, comunque, anzitutto il tempo del perdono da parte di Dio e il tempo della misericordia di Dio. Dio chiama alla conversione e perdona a chi glielo chiede, è molto paziente verso i peccatori. Da qui sorge la preghiera assidua, piena di fiducia e di speranza. Il tempo della Quaresima, cosí inteso, è un tempo di intensa vita spirituale, di lotta contro se stessi e contro le forze del male; è il tempo dell`avvicinamento a Cristo.

Concedi, ti preghiamo o Signore,
a questo tuo servo degni frutti di penitenza,
perché sia restituito innocente
alla tua santa Chiesa, dalla cui integrità ha deviato peccando,
conseguendo la remissione delle colpe.

(Sacramentarium Gelasianum, ed. L.C. Mohlberg, Roma 1968, n. 357)


1. Antica preghiera del pio armeno per tutte le età e le condizioni

I - Con fede ti confesso e ti adoro, Padre, Figlio e Spirito Santo; essenza increata e immortale, creatore degli angeli, degli uomini e di tutti gli esseri. Abbi pietà delle tue creature e di me cosí Peccatore.
II - Con fede io ti confesso e ti adoro, luce indivisibile, consostanziale santa Trinità e una sola Divinità, Creatore della luce e dissipatore delle tenebre, sciogli dalla mia anima le tenebre del peccato e dell`ignoranza e illumina in quest`ora la mia mente per formulare una preghiera che piaccia a te e ottenga da te quanto domando, ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
III - Padre celeste, vero Dio, tu che hai mandato il tuo amato Figlio a cercare la pecora smarrita, ho peccato contro il cielo e alla tua presenza. Accoglimi come il figlio prodigo e restituiscimi la prima veste della quale mi sono spogliato per i peccati ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
IV - Figlio di Dio, vero Dio che sei sceso dal seno dell`Eterno Padre e prendesti corpo dalla santa Vergine Maria per la nostra redenzione; tu sei stato crocifisso e sepolto, sei risuscitato dalla morte e sei salito gloriosamente al Padre. Ho peccato contro il cielo e alla tua presenza. Ricordati di me come del ladrone quando verrai con il tuo regno, ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí Peccatore.
V - Spirito di Dio, vero Dio, che sei sceso al Giordano e al Cenacolo e mi hai illuminato attraverso il battesimo della santa Fonte, ho peccato contro il cielo e alla tua presenza; purificami nuovamente con il tuo fuoco divino come hai fatto ai santi Apostoli con lingue di fuoco ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
VI - Essenza increata, ho peccato contro di te con la mia mente, la mia anima e il corpo; non ricordarti dei miei peccati passati, per il tuo santo nome ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
VII - Tu che tutto vedi, ho peccato contro di te con pensieri, parole e opere; cancella il libro delle mie colpe e scrivi il mio nome in quello della vita ed abbi pietà di me cosí peccatore.
VIII - Perscrutatore dei segreti, ho peccato contro di te volontariamente e involontariamente, cosciente e per ignoranza, concedi il perdono a me peccatore perché, dalla mia nascita battesimale ad oggi, ho peccato alla presenza della tua divinità, con i miei sensi e con tutte le membra del mio corpo, ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
IX - Tu che tutto prevedi, metti il tuo santo timore a vegliare sui miei occhi affinché non guardi ciò che è impuro, sui miei orecchi affinché non mi piaccia di ascoltare parole stupide, alla mia bocca affinché non proferisca menzogne, al mio cuore affinché non trami perversità, alle mie mani affinché non commetta ingiustizia, ai miei piedi affinché non segua la strada dell`iniquità; però dirigi tutti i movimenti perché siano sempre secondo i tuoi comandamenti ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
X - Tu, o Cristo, fuoco vivo, accendi nella mia anima la fiamma di quell`amore che hai sparso sulla terra, perché essa bruci l`impurità della mia anima, purifichi la mia coscienza, tolga i peccati del mio corpo. Accendi nel mio cuore la luce della tua scienza ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
XI - Tu, o Cristo, Sapienza del Padre, dammi la sapienza di pensare, parlare e praticare il bene alla tua presenza e a tutte le ore; liberami dai cattivi pensieri, parole e opere, ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
XII - Tu che ami il bene ed hai per noi una risposta, non lasciarmi camminare secondo i miei desideri, ma orientami perché io faccia sempre la tua benevola volontà ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
XIII - Re celeste, dammi il tuo regno che hai promesso ai tuoi amati, fortifica il mio cuore perché abbia in odio il peccato ed ami solo te e faccia la tua volontà ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
XIV - Provvidenza delle creature, per il segno della tua Croce, preserva la mia anima e il mio corpo dalle illusioni del peccato, dalle tentazioni dei demoni, dagli uomini ingiusti e da tutti i pericoli dell`anima e del corpo ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
XV - Cristo, protettore di tutti, la tua destra sia protezione a me di giorno e di notte, al riparo della casa o camminando per le strade, dormendo o vegliando, perché mai rimanga scosso ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
XVI - Mio Dio, tu che distendi la tua mano e riempi tutte le creature con la tua misericordia, io mi dono tutto a te; provvedi alle necessità della mia anima e del mio corpo, da adesso all`eternità, ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
XVII - Tu che riconduci gli erranti, sviami dalle mie cattive abitudini affinché segua le buone e incidi nella mia anima il terribile giorno della morte, il timore dell`inferno e l`amore del paradiso, affinché mi penta dei peccati e pratichi la giustizia ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí Peccatore.
XVIII - Fonte di immortalità, fai traboccare dal mio cuore lacrime di pentimento, cosí come l`adultera, affinché io lavi i miei peccati prima di partire da questo mondo ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
XIX - Donatore di misericordia, concedimi di tornare da te; ho bisogno di fede forte, di opere buone e della comunione del tuo santo Corpo e Sangue, ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
XX - Signore benefattore, confidami al buon angelo affinché io gli consegni in pace la mia anima ed egli mi faccia passare senza turbamento attraverso la malignità dei demoni, ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccator.
XXI - Cristo, luce vera, rendi la mia anima degna di vedere con gioia nel giorno della mia morte la luce della tua gloria e possa riposare nella speranza dei buoni, nella dimora dei giusti, fino al giorno della tua maestosa venuta ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
XXII - Giudice giusto, quando verrai nella gloria del Padre tuo per giudicare i vivi e i morti, non entrare in giudizio con il tuo servo, ma liberami dal fuoco eterno e fammi degno di sentire il dolce invito dei giusti, e mi trovi nel tuo regno dei cieli, ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
XXIII - Signore tutto misericordia, abbi pietà di tutti coloro che credono in te, dei miei familiari e degli estranei, dei conoscenti e degli sconosciuti, dei vivi e dei morti. Concedi anche ai miei nemici e a coloro che mi odiano il perdono dei delitti commessi contro di me e convertili dalla cattiveria che hanno contro di me perché siano degni della tua misericordia, ed abbi pietà delle tue creature e di me cosí peccatore.
XXIV - Signore glorioso, ricevi le preghiere del tuo servo ed accogli benignamente le mie suppliche per intercessione della santa Madre di Dio, e di san Giovanni Battista, del protomartire santo Stefano, di san Gregorio nostro Illuminatore, dei santi Apostoli, Profeti, Dottori, Martiri, Patriarchi, Eremiti, Vergini e di tutti i tuoi Santi del Cielo e della terra; e a Te, indivisibile santa Trinità, gloria e adorazione per tutti i secoli dei secoli. Amen.

(Nerses Snorhalì, Antica preghiera, «Terra Santa», n. 11. anno 54 (1978), pp. 318-321)


2. La creazione di Dio e l`opera dell`uomo

Chi riconosce i propri peccati e li condanna, è già d`accordo con Dio. Dio condanna i tuoi peccati; e se anche tu li condanni, ti unisci a Dio. L`uomo e il peccatore sono due cose distinte: l`uomo è opera di Dio, il peccatore è opera tua, o uomo. Distruggi ciò che tu hai fatto, affinché Dio salvi ciò che egli ha fatto. E` necessario che tu detesti in te l`opera tua e ami in te l`opera di Dio. Quando comincia a dispiacerti ciò che hai fatto, allora cominciano le tue opere buone, perché condanni le tue opere cattive.
Le opere buone cominciano col riconoscimento delle opere cattive. Operi la verità, e così vieni alla luce. Cosa intendo dire dieendo: operi la verità? Intendo dire che non inganni te stesso, non ti blandisci, non ti lusinghi; non dici che sei giusto mentre sei colpevole. Allora cominci a operare la verità, allora vieni alla luce, affinche sia manifesto che le tue opere sono state fatte in Dio. E infatti il tuo peccato, che ti è dispiaciuto, non ti sarebbe dispiaciuto se Dio non ti avesse illuminato e se la sua verità non te l`avesse manifestato. Ma chi, dopo essere stato redarguito, continua ad amare i suoi peccati, odia la luce che lo redarguisce, e la fugge, affinché non gli vengano rinfacciate le sue opere cattive che egli ama. Chi, invece, opera la verità, condanna in se stesso le sue azioni cattive; non si risparmia, non si perdona affinché Dio gli perdoni. Egli stesso riconosce ciò che vuole gli sia da Dio perdonato, e in tal modo viene alla luce, e la ringrazia d`avergli mostrato ciò che in se stesso doveva odiare. Dice a Dio: Distogli la tua faccia dai miei peccati. Ma con quale faccia direbbe cosí, se non aggiungesse: poiché io riconosco la mia colpa e il mio peccato è sempre davanti a me (Sal 50,5)? Sia davanti a te il tuo peccato, se vuoi che non sia davanti a Dio. Se invece ti getterai il tuo peccato dietro le spalle, Dio te lo rimetterà davanti agli occhi; e te lo rimetterà davanti agli occhi quando il pentimento non potrà piú dare alcun frutto.
Correte, o miei fratelli, affinché non vi sorprendano le tenebre (cf. Gv 12,35); siate vigilanti in ordine alla vostra salvezza, siate vigilanti finché siete in tempo. Nessuno arrivi in ritardo al tempio di Dio, nessuno sia pigro nel servizio divino. Siate tutti perseveranti nell`orazione, fedeli nella costante devozione Siate vigilanti finché è giorno; il giorno risplende; Cristo è il giorno. Egli è pronto a perdonare coloro che riconoscono la loro colpa ma anche a punire quelli che si difendono ritenendosi giusti, quelli che credono di essere qualcosa mentre sono niente. Chi cammina nel suo amore e nella sua misericordia, non si accontenta di liberarsi dai peccati gravi e mortali, quali sono il delitto, l`omicidio, il furto, l`adulterio; ma opera la verità riconoscendo anche i peccati che si considerano meno gravi, come i peccati di lingua, di pensiero o d`intemperanza nelle cose lecite, e viene alla luce compiendo opere degne. Anche i peccati meno gravi, se trascurati, proliferano e producono la morte.
Sono piccole le gocce che riempiono i fiumi; sono piccoli i granelli di sabbia, ma se sono numerosi, pesano e schiacciano. Una piccola falla trascurata, che nella stiva della nave lascia entrare l`acqua a poco a poco, produce lo stesso effetto di un`ondata irrompente: continuando ad entrare poco alla volta, senza mai essere eliminata, affonda la nave. E che significa eliminare, se non fare in modo con opere buone - gemendo, digiunando, facendo elemosine, perdonando - di non essere sommersi dai peccati?
Il cammino di questa vita è duro e irto di prove: quando le cose vanno bene non bisogna esaltarsi, quando vanno male non bisogna abbattersi. La felicità che il Signore ti concede in questa vita, è per consolarti, non per corromperti. E se in questa vita ti colpisce, lo fa per correggerti, non per perderti. Accetta il padre che ti corregge, se non vuoi provare il giudice che punisce. Son cose che vi diciamo tutti i giorni, e vanno ripetute spesso perché sono buone e fanno bene.

(Agostino, In Io. evang., 12, 13 s.)


3. Molte sono le vie di accesso alla misericordia del Salvatore

La definizione piena e perfetta di penitenza comporta che noi non accettiamo mai piú i peccati di cui facciam penitenza o di cui la coscienza ci rimorde. E` poi indizio che abbiam raggiunto l`indulgenza e la soddisfazione se siam riusciti a cacciare dal nostro cuore ogni legame interiore verso di essi. Sappia ognuno, infatti, che non è ancora sciolto dai suoi peccati se, pur applicandosi al pianto e alla soddisfazione per essi gli si presenta agli occhi l`immagine delle colpe compiute o di altre simili, e non dirò il diletto, ma solamente il ricordo di quelli infesta l`intimo della sua mente. Perciò, chi si è tutto dedicato alla soddisfazione sappia che sarà assolto dai suoi delitti ed avrà ottenuto perdono dalle colpe passate quando sentirà che il suo cuore è perfettamente libero dall`attrattiva di quei vizi e dalla loro stessa immaginazione. Nella nostra coscienza stessa, dunque, vi è quasi un giudice esattissimo della nostra penitenza e del perdono ottenuto: sentenzia l`assoluzione dei nostri reati prima del giorno del giudizio, a noi, viventi ancora in questa carne, e ci annuncia la grazia della remissione e della perfetta soddisfazione. E per esprimere con piú efficacia ciò che è stato detto: allora solo dobbiamo ritenere che il contagio dei nostri vizi passati è finalmente svanito, quando dal nostro cuore saran state scacciate le brame delle presenti voluttà, insieme con le nostre passioni...
Oltre alla grande, universale grazia del battesimo e oltre al dono preziosissimo del martirio che cancella le colpe con l`abluzione del sangue, molti sono ancora i frutti di penitenza per i quali si perviene all`espiazione dei peccati. La salvezza eterna infatti non vien solo promessa alla penitenza per la quale si perviene all`espiazione dei peccati. La salvezza eterna infatti non vien solo promessa alla penitenza propriamente detta, di cui dice il beato apostolo Pietro: Fate penitenza, convertitevi: cosí i vostri peccati saranno cancellati! (At 3,19), e Giovanni Battista, anzi lo stesso Salvatore: Fate penitenza perché il regno dei cieli è vicino! (Mt 4,17); ma anche l`amore atterra un cumulo di peccati: La carità infatti copre la moltitudine dei peccati (1Pt 4,8).
Parimenti, anche l`elemosina porge rimedio alle nostre ferite, perché come l`acqua spegne il fuoco, cosí l`elemosina estingue il peccato (Sir 3,29). Cosí le lacrime sparse ottengono l`astersione dei peccati; infatti: Vo bagnando tutte le notti il mio letto, irrigo di lacrime il mio giaciglio (Sal 6,7); e subito poi si aggiunge, per mostrare che esse non furono sparse inutilmente: Allontanatevi da me, voi tutti o malfattori, perché il Signore ha udito il grido del mio pianto (Sal 6,9). Anche con la confessione delle colpe ne vien concessa la purificazione; dice infatti la Scrittura: Ho detto: Proclamerò contro di me la mia ingiustizia al Signore; e tu hai perdonato l`empietà del mio peccato (Sal 31,5), e ancora: Esponi tu per primo le tue iniquità, per esserne giustificato (Is 43,26).
Cosí anche con l`afflizione del cuore e del corpo si ottiene la remissione dei delitti commessi; dice infatti: Vedi la mia bassezza e la mia sofferenza, e perdona tutti i miei peccati (Sal 24,18); ma soprattutto con il mutamento della propria condotta. Togliete dai miei occhi la cattiveria dei vostri pensieri. Smettete di agire perversamente, imparate a fare il bene, cercate la giustizia, aiutate l`oppresso, fate giustizia all`orfano, difendete la vedova, e poi venite ed esponete a me i vostri lamenti, dice il Signore. Anche se i vostri peccati fossero rossi come lo scarlatto, biancheggeranno come la neve; se fossero del colore della porpora, diventeranno bianchi come candida lana (Is 1,16s.).
Talvolta si impetra indulgenza per i propri delitti anche per l`intercessione dei santi. Infatti: Chi sa che suo fratello commette un peccato che non conduce a morte, preghi, e Dio darà la vita a chi ha commesso un peccato che non conduce a morte (1Gv 5,16); e ancora: Se qualcuno di voi è infermo, faccia venire gli anziani della Chiesa; essi pregheranno su di lui ungendolo con olio nel nome del Signore, e la preghiera della fede salverà l`infermo; e il Signore lo allevierà, e se fosse in peccato gli sarà perdonato (Gc 5,14s.).
Vi è anche il caso in cui si purga la macchia dei peccati per merito della fede e della misericordia, secondo il detto: Per la misericordia e la fede vengon cancellati i peccati (Pr 15,27); spesso poi anche per la conversione e la salvezza di coloro che sono salvati dalla nostra predicazione e dai nostri ammonimenti: Infatti chi farà convertire un peccatore dall`errore della sua via, salva l`anima di quello dalla morte e copre una moltitudine di peccati (Gc 5,20). Infine otteniamo indulgenza per le nostre scelleratezze con la nostra indulgenza e magnanimità: Se infatti perdonerete agli uomini i loro peccati, anche a voi il Padre vostro celeste perdonerà i vostri delitti (Mt 6,14).
Vedete dunque quante sono le vie di accesso alla misericordia che la demenza del nostro Salvatore ci ha aperto: perciò nessuno che desidera la salvezza si lasci fiaccare dalla disperazione, vedendo con quanti mezzi è invitato alla vita. Se ti lamenti che per la debolezza della tua carne non puoi cancellare i tuoi peccati con la sofferenza del digiuno, riscattali con la larghezza nelle elemosine. E se non hai cosa dare ai poveri (per quanto la necessità o la povertà non escluda nessuno da questa santa opera, dato che le due sole monetine di bronzo di quella vedova furono piú stimate delle larghe offerte dei ricchi e per quanto il Signore prometta la ricompensa anche per un bicchiere di acqua fresca), anche senza di ciò, li puoi cancellare cambiando la tua vita.
Inoltre, se non ti senti di raggiungere la perfezione della virtù estinguendo tutti i vizi, dedicati con pia sollecitudine all`utilità e alla salvezza altri. Ma se obietti di non sentirti idoneo a questo ministero, puoi coprire i tuoi peccati con l`intimo amore. E se anche a questo l`ignavia del tuo spirito ti rende debole, in umiltà e fervore implora almeno con l`orazione e l`intercessione dei santi il rimedio alle tue ferite. Chi è che non possa dire in tono supplichevole: Ho palesato a te il mio peccato e non ho nascosto la mia ingiustizia? E per questa confessione si merita di soggiungere con confidenza: E tu hai perdonato l`empietà del mio cuore (Sal 32,5).
Se poi la vergogna ti impedisce, ti fa arrossire di rivelarli davanti agli uomini, non cessare di confessarli con suppliche continue a colui cui non sono celati, dicendo: Conosco la mia iniquità e il mio peccato mi sta sempre dinanzi; contro te solo ho peccato e ho agito male al tuo cospetto (Sal 50,5). Egli è solito perdonare le colpe anche senza la vergogna della pubblicità.
Ma oltre a questi mezzi di salvezza facili e sicuri la divina degnazione ce n`ha concesso un altro piú facile, rimettendo al nostro arbitrio il nostro rimedio, perché al nostro sentimento stesso è dato acquistare l`indulgenza delle nostre colpe, quando diciamo a lui: Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori (Mt 6,12).
Chiunque perciò desidera pervenire all`indulgenza per le sue colpe, curi di dedicarsi a questi mezzi; la pervicacia di un cuore indurito non allontani da lui, dalla sua salvezza, la fonte di tanta bontà; infatti anche se faremo tutto ciò, nulla sarà sufficiente ad espiare le nostre colpe, se non sarà la bontà e la clemenza del Signore a cancellarle.

(Giovanni Cassiano, Conf., 20, 5.8)


4. I miracoli del Signore sono segni

Se non che tutti temono la morte del corpo, pochi quella dell`anima. Tutti si preoccupano per la morte del corpo, che prima o poi dovrà venire, e fanno di tutto per scongiurarla. L`uomo destinato a morire si dà tanto da fare per evitare la morte, mentre non altrettanto si sforza di evitare il peccato l`uomo che pure è chiamato a vivere in eterno. Eppure quanto fa per non morire, lo fa inutilmente: al piú ottiene di ritardare la morte, non di evitarla. Se invece si impegna a non peccare, non si affaticherà, e vivrà in eterno. Oh, se riuscissimo a spingere gli uomini, e noi stessi insieme con loro, ad amare la vita che dura in eterno almeno nella misura che gli uomini amano la vita che fugge! Che cosa non fa uno di fronte al pericolo della morte? Quanti, sotto la minaccia che pendeva sul loro capo, hanno preferito perdere tutto pur di salvare la vita! Chi infatti non lo farebbe per non essere colpito? E magari, dopo aver perduto tutto, qualcuno ci ha rimesso anche la vita.
Chi pur di continuare a vivere, non sarebbe pronto a perdere il necessario per vivere preferendo una vita mendicante ad una morte anticipata? Se si dice a uno: se non vuoi morire devi navigare, si lascerà forse prendere dalla pigrizia? Dio ci comanda cose meno pesanti per farci vivere in eterno, e noi siamo negligenti nell`obbedire. Dio non ti dice: getta via tutto ciò che possiedi per vivere poco tempo tirando avanti stentatamente; ti dice: dona i tuoi beni ai poveri se vuoi vivere eternamente nella sicurezza e nella pace. Coloro che amano la vita terrena, che essi non possiedono né quando vogliono né finché vogliono, sono un continuo rimprovero per noi; e noi non ci rimproveriamo a vicenda per essere tanto pigri, tanto tiepidi nel procurarci la vita eterna, che avremo se vorremo e che non perderemo quando l`avremo. Invece questa morte che temiamo, anche se non vogliamo, ci colpirà.

(Agostino, In Io. evang., 49, 2)


5. Aiuto e consolazione della penitenza

La condizione della nostra fragile natura non ammette che qualcuno sia senza macchia. Perciò l`ultimo nostro rimedio è rifugiarci nella penitenza, che ha un posto non piccolo fra le virtù, essendo miglioramento di noi stessi: così, se cadiamo o per le parole o per le opere, subito ci ravvediamo, confessiamo di aver peccato e chiediamo perdono a Dio, il quale, nella sua misericordia, non lo nega se non a chi persevera nell`errore. E` grande l`aiuto della penitenza, è grande la sua consolazione. Essa è la guarigione delle ferite del peccato, la speranza, il porto di salvezza: chi la nega, toglie a se stesso la vita della sua vita, perché nessuno può essere tanto giusto che la penitenza non gli sia talvolta necessaria. Ma noi, anche se non abbiamo peccato, dobbiamo tuttavia aprire la nostra anima a Dio e scongiurarlo ugualmente per le nostre colpe, ringraziandolo anche nelle avversità. Porgiamo sempre a Dio questo ossequio; l`umiltà infatti è grata, è cara a lui: egli che accetta il peccatore convertito piú volentieri del giusto superbo, quanto piú accetterà il giusto che confessa i propri torti e lo renderà sublime nei regni dei cieli, a misura della sua umiltà!
Questo deve presentare a Dio chi veramente lo venera: queste sono le vittime, questo è il sacrificio placatore; ecco dunque il vero culto: quando l`uomo offre all`altare di Dio i pegni del suo spirito. La sua somma maestà si allieta di chi cosí lo venera; lo accoglie come figlio e gli elargisce il dono dell`immortalità.

(Lattanzio, Divinae instit. epit., 67)


6. Tradimento e conversione di Pietro

Pietro si rattristò e pianse perché sbagliò come tutti gli uomini. Non trovo che cos`abbia detto, trovo che ha pianto. Leggo le sue lacrime, non leggo ciò che ha dato in compenso: ma ciò che non può essere scagionato, può ben essere deterso. Lavino le lacrime la trasgressione, che è vergogna confessare con la voce. I pianti sono propizi sia al perdono che alla vergogna. Le lacrime parlano della colpa senza far inorridire, le lacrime riconoscono il peccato senza offendere il rossore, le lacrime non chiedono il perdono ma lo meritano. Ho scoperto perché Pietro ha taciuto: perché, chiedendo tanto presto il perdono, non si rendesse ancora piú colpevole. Prima bisogna piangere, poi bisogna pregare.
Lacrime eccellenti, perché lavano la colpa. Del resto, coloro che Gesú guarda si mettono a piangere (cf. Lc 22,61s). Pietro negò una prima volta, ma non pianse, perché non lo aveva guardato il Signore; negò una seconda volta: non pianse, perché ancora non lo aveva guardato il Signore. Negò anche una terza: Gesú lo guardò ed egli pianse amarissimamente. Guardaci, Signore Gesú, affinché sappiamo piangere sul nostro peccato. Quindi è utile per noi anche la caduta dei santi. Non mi è stato di nessun danno il fatto che Pietro abbia negato, ma mi è stato di giovamento il fatto che si sia emendato. Ho imparato a tenermi lontano dal parlare con gli increduli. Pietro negò in mezzo ai Giudei, Salomone traviò perché tratto in errore da una stretta familiarità con le Genti (cf. 1Re 11,4-8).
Dunque Pietro pianse, e per di piú amarissimamente, pianse per poter lavare con le lacrime il suo peccato. Anche tu, se vuoi meritare il perdono, sciogli nelle lacrime la tua colpa; in quello stesso istante, in quello stesso tempo Cristo ti guarda. Se per caso cadi in qualche errore, Egli, poiché ti è accanto come testimone delle tue azioni segrete, ti guarda affinché te ne ricordi, e confessi il tuo errore. Imita Pietro quando per la terza volta dice in un altro passo: Signore, tu sai che ti voglio bene (Gv 21,17).

(Ambrogio, Exp. Ev. sec. Lucam, 10, 88-90)
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15/02/2013 06:14
 
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I DOMENICA DI QUARESIMA

Letture: Deuteronomio 26,4-10
Romani 10,8-13
Luca 4,1-13

1. «Ecco il tempo favorevole, ecco il giorno della salvezza»

Giusto a proposito è risuonata alle nostre orecchie la lezione tratta dall`insegnamento dell`Apostolo: "Ecco il tempo favorevole, ecco il giorno della salvezza" (2Cor 6,2). C`è, infatti, un tempo piú favorevole di questo, giorni piú adatti alla salvezza dei presenti, in cui è dichiarata guerra ai vizi e si accresce il progresso di tutte le virtù ? In ogni tempo, in verità, o anima cristiana, tu dovresti vigilare contro il nemico della tua salvezza, affinché il tentatore non trovi breccia alcuna aperta alle sue astuzie; ma in questo momento, ti sono necessarie ulteriori precauzioni ed una prudenza piú attenta, allorché il tuo avversario, sempre lo stesso, raddoppia i suoi attacchi, per effetto di una gelosia piú aggressiva: ora, difatti, gli è tolto quel potere che gli assicurava una dominazione secolare sul mondo intero, gli sono tolte le innumerevoli armi delle sue catture (cf. Mt 12,29; Mc 3,27). Folle di ogni nazione e di ogni lingua rinunciano al piú crudele dei pirati; e non vi è piú una sola razza umana che non si ribelli alle sue leggi tiranniche, poiché su tutta la faccia della terra milioni di uomini si preparano alla loro rigenerazione in Cristo, si avvicina l`evento della nuova creazione (cf. Gal 6,15), e lo spirito di malizia (cf. Ef 6,12) è espulso da coloro che ne erano posseduti...
"Se sei Figlio di Dio, ordina che queste pietre diventino pane" (Mt 4,3). L`Onnipotente poteva certo farlo, ed era semplice per ogni creatura, qualunque fosse la sua specie, passare, al comando del suo Creatore, alla specie che gli fosse stata ordinata di assumere; è cosí infatti che, quando lo volle, egli cambiò l`acqua in vino durante il banchetto di nozze (cf.Gv 2,1-10). Ma era piú conveniente all`economia divina della nostra salvezza che il Salvatore vincesse la furberia del piú orgoglioso dei nemici non con la potenza della sua divinità, bensí con il ministero della sua umiltà. Alla fine, messo in fuga il diavolo e smascherato il tentatore in tutti i suoi artifici, gli angeli si avvicinarono al Signore e lo servivano: colui che era vero uomo e vero Dio tenne cosí la sua umanità fuori della minaccia di questioni capziose e manifestò la sua divinità davanti agli omaggi dei suoi santi (cf. Mt 4,11)...
Alla scuola del nostro Redentore, o carissimi, apprendiamo dunque "che l`uomo non vive di solo pane, ma di ogni parola cbe esce dalla bocca di Dio" (Lc 4,4), e che al popolo di Dio conviene, qualunque sia il livello di astinenza in cui è posto, auspicare di nutrirsi piú della parola di Dio che di cibo materiale. Abbracciamo dunque questo digiuno solenne con una devozione premurosa e una fede vigile, e celebriamolo non con una dieta sterile, quale la dettano spesso e la debolezza del corpo e la malattia dell`avarizia, bensí con una larga generosità; cosí saremo tra quelli di cui la stessa Verità ebbe a dire: "Beati coloro che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati" (Mt 5,6). Facciano le opere di pietà le nostre delizie, riempiamoci di quei cibi che nutrono per l`eternità. Poniamo la nostra gioia nel sollievo dei poveri che sazieranno le nostre elargizioni; rallegriamoci di rivestire coloro di cui copriremo la nudità dei vestiti necessari; facciamo sentire la nostra bontà ai degenti nelle loro malattie, agli infermi nella loro debolezza, agli esuli nelle loro prove, agli orfani nel loro abbandono, alle vedove desolate nella loro tristezza (cf. 1Tm 5,5); non v`è alcuno insomma, che aiutandolo, non si sdebiti di una certa parte della beneficenza.
Nessuna rendita è trascurabile quando il cuore è grande e la misura della nostra misericordia non dipende dai limiti della nostra fortuna. L`opulenza della buona volontà non manca mai di merito, anche se si hanno poche risorse. Le elemosine dei ricchi sono piú importanti, e minime quelle dei meno agiati, ma il frutto delle loro opere non differisce se le anima un medesimo amore.

(Leone Magno, Sermo 27 [40], 2-4)


2. Le tentazioni nel deserto

"Allora Gesú fu condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal diavolo" (Lc 4,1-2; Mt 4,1). Conviene ricordare come avvenne che il primo Adamo fu cacciato dal paradiso nel deserto, affinché tu rifletta in qual modo il secondo Adamo dal deserto sia tornato al paradiso.
Osservate come la condanna sia stata revocata, e i benefici di Dio reintegrati nei loro disegni. Adamo fu plasmato con la terra vergine, Cristo è nato da una vergine; quegli fu fatto ad immagine di Dio, questi è la stessa immagine di Dio; quello fu posto al di sopra di tutti gli animali sprovvisti di ragione, questo è al di sopra di tutti i viventi; per mezzo di una donna venne la perdizione, per mezzo di una vergine viene la sapienza la morte per mezzo di un albero, la vita per la croce.
L`uno, spoglio delle cose spirituali, si coprí con le fogle di un albero; l`altro, spoglio delle cose del mondo, non ebbe bisogno del rivestimento corporale. Nel deserto Adamo, nel deserto Cristo; questi infatti sapeva dove poter trovare l`uomo condannato per ricondurlo al paradiso, dopo averne cancellato la colpa. Ma, poiché l`uomo non poteva tornare al paradiso coperto delle spoglie di questo mondo, - e non può essere cittadino del cielo se non chi si è spogliato di ogni colpa, - abbandonò il vecchio uomo, e si rivestì del nuovo, di modo che si avesse piú un mutamento di persona che di sentenza, poiché non si possono abrogare i decreti divini.
Colui che nel paradiso, senza guida, smarrì la via assegnatagli, come avrebbe potuto, senza guida, riprendere nel deserto la via smarrita, lì dove le tentazioni sono moltissime, difficile lo sforzo verso la virtù, facile la caduta nell`errore? La virtù è un po` come le piante dei boschi: quando sono ancora basse salgono da terra verso il cielo; quando la loro età cresce nel tenero fogliame, esposte come sono al pericolo di denti crudeli, possono essere facilmente tagliate e inaridite. Ma quando l`albero si sia stabilito su profonde radici, e si erga con l`altezza dei rami, invano sarebbe attaccato dai morsi delle fiere, dalle braccia dei contadini e dal soffio delle procelle.
Quale guida dunque egli avrebbe potuto seguire contro tanti adescamenti di questo mondo, contro tanti inganni del diavolo, sapendo che noi dobbiamo lottare prima di tutto «contro la carne e il sangue», poi contro le "potenze, contro i principi del mondo delle tenebre, e contro gli spiriti del male che circolano nell`aria" (Ef 6,11-12)?
Avrebbe potuto seguire un angelo? Ma l`angelo stesso è caduto; le legioni degli angeli a malapena sono state utili a qualcuno (cf. Mt 26,53; 2Re 6,17-18). Sarebbe potuto essere inviato un serafino? Ma un serafino discese sulla terra in mezzo a un popolo che aveva le labbra immonde (cf. Is 6,6-7), e riuscí soltanto a purificare le labbra di un profeta con un carbone ardente. Si dovette cercare un`altra guida, che tutti quanti noi potessimo seguire.
E chi poteva essere una guida cosí grande che potesse aiutare tutti, se non colui che è al di sopra di tutti? Chi avrebbe potuto mettersi al di sopra del mondo, se non chi è piú grande del mondo? Chi poteva essere una guida così sicura, che potesse condurre nella stessa direzione l`uomo e la donna, il giudeo e il greco, il barbaro e lo scita, il servo e l`uomo libero, se non il solo che è tutto in tutti, cioè il Cristo?...
Noi dunque non temiamo le tentazioni, ma piuttosto vantiamocene e diciamo: "E` nella debolezza che siamo potenti" (2Cor 12,10), è allora infatti che viene intrecciata per noi la corona della giustizia (cf. 2Tm 4,8). Ma questa corona di cui si parla è quella adatta a Paolo, mentre noi, dato che vi sono diverse corone, dobbiamo sperare di riceverne una qualsiasi. In questo mondo corona è l`alloro, e corona è lo scudo. Ma ecco, a te viene offerta una corona di delizie, perché "una corona di delizie ti farà ombra" (Pr 8,6); e altrove: "Ti circonderà con lo scudo della sua benevolenza" (Sal 5,13; 90,5); infine, il Signore "ha coronato di gloria e onore colui che amava" (cf. Sal 8,6). Duque, colui che vuol darci la corona permette anche le prove: se sarai tentato, sappi che egli ti sta preparando la corona. Togli i combattimenti dei martiri, hai tolto le corone; togli i loro tormenti, hai tolto i loro trionfi.
Forse che la tentazione di Giuseppe non è stata la consacrazione della sua virtù (cf. Gen 39,7ss), l`ingiustizia del carcere la corona della sua castità? In qual modo avrebbe potuto ottenere di essere associato in Egitto alla dignità regale, se non fosse stato venduto come schiavo dai suoi fratelli? (cf. Gen 41,43). Egli stesso dimostrò che tutto questo fu voluto da Dio per mettere alla prova il giusto, dicendo: "in modo da far sí che oggi molta gente si salvasse" (Gen 50,20). Non dobbiamo quindi temere come fossero sciagure le prove del mondo, grazie alle quali si preparano per noi le buone ricompense; piuttosto, tenendo conto della condizione umana, dobbiamo chiedere di subire quelle prove che possiamo sopportare.

(Ambrogio, In Luc., 4, 7-9.41 s.)


3. Universalità del corpo di Cristo

"Esaudisci, Dio, la mia supplica; tendi l`orecchio alla mia preghiera" (Sal 60,2). Chi parla? Sembra un individuo. Ma osserva bene se sia davvero uno. Dice: "Dai confini della terra a te ho gridato, nell`angoscia del mio cuore" (Sal 60,3). Non si tratta dunque di un solo individuo (sebbene in Cristo, di cui siamo le membra, noi tutti abbiamo unità). Una persona singola, infatti, come potrebbe gridare dai confini della terra? Dai confini della terra grida soltanto quella eredità della quale fu detto al Figlio stesso: "Chiedi a me, e ti darò le genti in tua eredità, e in tuo possesso i confini della terra" (Sal 2,8). E` dunque, questo possesso di Cristo, questa eredità di Cristo, questo corpo di Cristo, questa unica Chiesa di Cristo, questa unità che noi siamo, che grida dai confini della terra. E che cosa grida? Ciò che ho detto prima: "Esaudisci, Dio, la mia supplica tendi l`orecchio alla mia preghiera. Dai confini della terra a te ho gridato" (Sal 60,2-3). Cioè, questo ho gridato a te, dai confini della terra; ossia, da ogni luogo.
Ma perché ho gridato questo? "Mentre il mio cuore era nell`angoscia". Mostra di trovarsi in grande gloria tra tutte le genti e in tutto il mondo; eppure è in mezzo a grandi prove. Infatti la nostra vita in questo esilio non può essere senza prove, e il nostro progresso si compie attraverso la tentazione. Nessuno può riconoscersi finché non è tentato; allo stesso modo che nessuno potrà essere incoronato se non dopo la vittoria, vittoria che non ci sarebbe se non ci fossero la lotta contro un nemico e le tentazioni. E` pertanto, nell`angoscia quest`uomo che grida dai confini della terra; è nell`angoscia ma non è abbandonato. Poiché il Signore ha voluto darci in antecedenza un`idea della sorte che attende il suo corpo [mistico] che siamo noi, nelle vicende di quel suo corpo col quale egli morí, risorse ed ascese al cielo: in modo che le membra possano avere speranza di giungere là dove il capo le ha precedute. Egli ci ha insegnato a riconoscerci in lui, quando volle essere tentato da satana (cf. Mt 4,1). Leggevamo ora nel Vangelo che il Signore Gesú Cristo fu tentato dal diavolo nel deserto. Cristo fu certamente tentato dal diavolo, ma in Cristo eri tentato tu. Tua infatti era la carne che Cristo aveva presa perché tu avessi da lui la salvezza. Egli aveva preso per sé la morte, che era tua, per donare a te la vita; da te egli aveva preso su di sé le umiliazioni perché tu avessi da lui la gloria. Cosí, egli prese da te e fece sua la tentazione, affinché per suo dono tu ne riportassi vittoria. Se in lui noi siamo tentati, in lui noi vinciamo il diavolo. Ti preoccupi perché Cristo sia stato tentato, e non consideri che egli ha vinto? In lui fosti tu ad essere tentato, in lui tu riporti vittoria. Riconoscilo! Egli avrebbe potuto tener lontano da sé il diavolo; ma, se non si fosse lasciato tentare, non ti avrebbe insegnato a vincere quando tu sei tentato. Non c`è, dunque, da stupirsi se, in mezzo alle tentazioni, il salmista grida dai confini della terra. Ma perché non è sconfitto? "Nella pietra mi hai innalzato".

(Agostino, Enarr. in Ps., 60, 2)


4. Ogni atto di Gesú è compiuto per impulso dello Spirito

"Gesú fu condotto dallo Spirito nel deserto" (Mt 4,1), ecc. Il mio Signore, Cristo Gesú, compie tutti i suoi atti ricevendo una direttiva, o una missione, o una chiamata, o un`ingiunzione: non fa nulla da se stesso (cf. Gv 8,28). E` una missione che lo porta nel mondo; è una direttiva che lo guida nel deserto; è una chiamata che lo ha risuscitato dai morti, giusta la parola: "Alzati, mia gloria, svegliatevi, arpa e cetra" (Sal 107,3). Ma quando si tratta della Passione egli si affretta spontaneamente e volontariamente, secondo il vaticinio del Profeta: "Si è offerto perché lo ha voluto" (Is 53,7), e tuttavia, anche in quel caso, si fece obbediente al Padre fino alla morte (cf. Fil 2,8). Dottore e modello di obbedienza, non ha minimamente voluto agire o soffrire al di fuori di essa, una via che nella verità conduce alla vita (cf. Gv 14,6)
"Fu dunque condotto dallo Spirito nel deserto", o come dice un altro evangelista: "Fu spinto dallo Spirito nel deserto" (Lc 4,1). "Tutti" coloro che sono spinti dallo Spirito di Dio sono figli di Dio (cf. Rm 8,14). Ma lui, che è Figlio ad un titolo del tutto speciale e con maggiore dignità, è spinto o condotto nel deserto diversamente dagli altri e con piú eccellenza: "Uscí dal Giordano" - è detto - "pieno di Spirito Santo" (Lc 4,1s); e, immediatamente, fu spinto da lui nel deserto. A tutti gli altri lo Spirito viene dato solo in una certa misura (cf. Gv 3,34); ed è in questa stessa misura che essi sono spinti in tutte le loro azioni. Ma egli ha ricevuto la pienezza della divinità, che si è compiaciuta di abitare corporalmente in lui (cf. Col 2,8): per cui, egli è spinto piú poderosamente e vigorosamente ad eseguire gli ordini del Padre

(Isacco di Stella, Sermo 30, 1-2)
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20/02/2013 07:22
 
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II DOMENICA DI QUARESIMA

Letture: Genesi 15,5-12.17-18
Filippesi 3,17; 4,1
Luca 9,28b-36

1. Cristo si trasfigura, ma non tutti vedono la Trasfigurazione

Mi domandi se, quando si trasfigurò innanzi a quelli che aveva condotto sul monte, apparve loro nella sua precedente forma divina, come appariva in forma di servo a quelli che erano a piè del monte...
Guarda che non fu detto semplicemente "si trasfigurò"; Matteo e Marco aggiungono un particolare significativo, ambedue dicono: "Si trasfigurò innanzi a loro" (Mt 17,2; Mc 9,2). E potresti dire che Gesú si sia trasfigurato innanzi ad alcuni e non innanzi ad altri. Ma se vuoi vedere la Trasfigurazione di Gesú che avvenne innanzi a quelli che salirono con lui sul monte, sappi che nei Vangeli trovi un Gesú conosciuto, si potrebbe dire, secondo la carne, da quelli che non salgono il monte attraverso i suoi miracoli e i suoi sermoni, e un Gesú conosciuto teologicamente, attraverso tutti i Vangeli, e visto, attraverso la loro conoscenza, in forma divina; innanzi a questi Gesú si trasfigura, non innanzi a quelli che sono a piè del monte, in basso. Dopo che il suo volto trasfigurato sarà diventato simile al sole, per rivelarsi ai figli della luce, che si saranno spogliati delle opere delle tenebre e si saranno rivestiti delle armi della luce (Rm 13,12) e non saranno piú figli delle tenebre e della notte, ma del giorno (1Ts 5,5) e cammineranno nello splendore del giorno (1Ts 4,12), allora egli si manifesterà ai loro occhi, non solo come un sole, ma come il sole di giustizia (Rm 13,13).
Ma non è solo il suo volto che si trasforma innanzi a tali discepoli; i suoi vestiti diventano bianchi come la luce, agli occhi di coloro che egli condusse con sé sul monte. Ma i vestiti di Gesú sono le parole e le lettere dei Vangeli, di cui egli è vestito. Anche le lettere degli apostoli, che espongono le cose che riguardano Gesú, penso che siano quelle vesti di Gesú fatte bianche agli occhi di coloro che salirono con Gesú sul monte... Quando, dunque, incontrerai uno che cerca non solo la teologia di Gesú, ma che studia anche il testo dei Vangeli, puoi dire che per lui i vestiti di Gesú son diventati bianchi come la luce.

(Origene, Comment. in Matth., 12, 37 s.)


2. L`insegnamento della Trasfigurazione

[Il Salvatore] insegnò che coloro che avessero in mente di seguirlo debbono rinunciare a se stessi e tenere in poco conto la perdita dei beni materiali in vista di quelli eterni; infatti, salverà sicuramente la propria anima chi non avrà avuto paura di perderla per Cristo (cf. Mt 16,25).
Era per altro necessario che gli apostoli concepissero davvero nel loro cuore quella forte e beata fermezza, e non tremassero di fronte alla rudezza della croce che dovevano assumersi occorreva che non arrossissero minimamente del supplizio di Cristo, né che stimassero vergogna per lui la pazienza con la quale doveva subire gli strazi della sua Passione senza perdere la gloria della sua potestà. Cosi, Gesú prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello (cf. Mt 17,1), e, dopo aver salito con essi l`erta di un monte appartato, si manifestò loro nello splendore della sua gloria; infatti, benché avessero compreso che la maestà di Dio era in lui, ignoravano ancora la potenza detenuta da quel corpo che celava la Divinità. Ecco perché aveva promesso in termini netti e precisi "che alcuni dei discepoli non avrebbero gustato la morte prima di aver visto il Figlio dell`uomo uenire nel suo regno" (Mt 16,28), cioè nello splendore regale che egli voleva rendere visibile a quei tre uomini, in modo conveniente alla natura umana da lui assunta. Infatti, in ciò che attiene la visione ineffabile e inaccessibile della Divinità in sé, visione riservata ai puri di cuore (cf. Mt 5,8) nella vita eterna, esseri ancora rivestiti di carne mortale non avrebbero potuto in alcun modo né contemplarla né vederla.
Il Signore svela dunque la sua gloria alla presenza di testimoni scelti e illumina questa comune forma mortale di splendore tale che il suo viso diviene simile al sole e le sue vesti sono paragonabili al bianco della neve (cf. Mt 17,2). Senza dubbio, la Trasfigurazione aveva soprattutto lo scopo di rimuovere dal cuore dei discepoli lo scandalo della croce, affinché l`umiltà della Passione volontariamente subita non turbasse la fede di coloro ai quali sarebbe stata rivelata l`eccellenza della dignità nascosta.
Con eguale previdenza, egli dava però nel contempo un fondamento alla speranza della santa Chiesa, in modo che il corpo di Cristo conoscesse di quale trasformazione sarebbe stato gratificato, e i membri si sforzassero da sé di partecipare all`onore che aveva rifulso nel Capo. A tal proposito, il Signore stesso aveva detto, parlando della maestà del suo avvento: "Allora i giusti risplenderanno come il sole nel regno del loro Padre" (Mt 13,43); e il beato apostolo Paolo afferma la stessa cosa in questi termini: "Stimo, infatti, che le sofferenze del tempo presente non siano da paragonare con la gloria di cui saremo rivestiti" (Rm 8,18); e ancora: "Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio; quando Cristo sarà manifestato, egli che è la vostra vita, anche voi sarete manifestati con lui nella gloria" (Col 3,3-4)...
Animato da questa rivelazione dei misteri, preso da disprezzo per i beni di questo mondo e da disgusto per le cose terrene lo spirito dell`apostolo Pietro era come rapito in estasi nel desiderio dei beni eterni; pieno di gioia per quella visione, si augurava di abitare con Gesú in quel luogo in cui la sua gloria si era cosí manifestata, costituendo tutta la sua gioia; cosí disse: "Signore è bello per noi restar qui; se vuoi facciamo qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia" (Mt 17,4). Ma il Signore non rispose a quella proposta, volendo dimostrare non certo che quel desiderio fosse cattivo, bensì che era fuori posto il mondo, infatti, non poteva essere salvato se non dalla morte di Cristo e l`esempio del Signore invitava la fede dei credenti a comprendere che, senza arrivare a dubitare della felicità promessa, dobbiamo tuttavia, in mezzo alle tentazioni di questa vita, chiedere la pazienza prima della gloria; la felicità del Regno non può, in effetti, precedere il tempo della sofferenza.

(Leone Magno, Sermo 38 [51], 2-3.5)


3. Il sole della Trasfigurazione

"La sua faccia divenne come il sole" (Mt 17,2).
Che meraviglia che la sua faccia sia diventata come il sole, se egli è il Sole? Che c`è di strano che la faccia del Sole diventi come il sole? Era il Sole, ma nascosto sotto una nube; rimossa la nube, ecco che splende. Che cosa è questa nube che viene rimossa? Non proprio la carne, ma la debolezza della carne, che viene rimossa per un istante. E` la nube della quale il Profeta disse: "Ecco il Signore sale sopra una nube leggera" (Is 19,1). La nube-carne che cela la divinità; leggera, perché non appesantita da colpe. Nube che cela lo splendore divino; leggera, sollevata anch`essa agli eterni splendori. Nube, perché come si legge nel Cantico: "Alla sua ombra, cui anelavo, mi siedo" (Ct 2,2); leggera, perché è la carne dell`Agnello che porta via i peccati del mondo. Portati via questi! il mondo s`innalza fino al cielo. Coperto da questa nube della carne il Sole, non questo sole che sorge per i buoni e per i cattivi, ma il Sole di giustizia, che sorge solo per quelli che temono Dio. Oggi però, sebbene coperta da questa nube di carne la luce che illumina ogni uomo ha manifestato il suo splendore, glorificando anche la sua carne e mostrandola deificata agli apostoli e, attraverso gli apostoli, a tutto il mondo. Della contemplazione di questo Sole anche tu, Città beata, godrai in eterno, quando, discesa dal cieio, sarai ornata come sposa preparata da Dio per il suo sposo. Questo Sole non tramonterà piú per te, esso ti stende un eterno mattino sereno. Questo Sole non sarà piú coperto di nubi, ma rifulgendo sempre ti ravviva di luce incessante. Questo Sole non ti acceca, ma ti aiuta a vedere, t`invade di divino fulgore. Questo Sole non conosce eclissi, perché il suo fulgore non viene interrotto da nessun tuo dolore; perché "non ci sarà piú né morte, né lutto, né dolore, né grida" che possano oscurare lo splendore a te dato da Dio perché, come fu detto a Giovanni: "Queste cose ormai sono passate" (Ap 21,4). Questo è il Sole del quale il Profeta disse: "Non sarà il sole a farti luce di giorno, né la luna t`illuminerà di notte, ma il Signore tuo Dio sarà la tua luce eterna" (Is 60,19). Questa è la tua luce eterna, che viene dalla faccia del Signore. Senti la voce del Signore, senti la fulgente faccia del Signore; nella faccia, per cui uno è riconosciuto, riconoscete la sua illuminazione. Qui lo credi per fede, lì lo vedrai. Qui vien compreso per intelligenza, lì lo vedrai in se stesso.
Qui vedi attraverso uno specchio e in immagini, li lo vedrai a faccia a faccia (1Cor 13,12). Allora davvero, com`egli ti conosce, sarai irraggiato dal suo eterno splendore, ne sarai felicemente illuminato, gloriosamente illustrato. Allora sotto lo splendore del volto di Dio, si avvererà ciò che il Profeta desiderava: "Faccia risplendere il suo volto sopra di noi" (Sal 66,2).

(Pietro il Vener., Sermo 1, passim)
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27/02/2013 08:30
 
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III DOMENICA DI QUARESIMA

Letture: Esodo 3,1-8a.13-15
1 Corinti 10,1-6.10-12
Luca 13,1-9

1. Moderazione nel condannare

Non è la stessa cosa strappare uno sterpo o un fiore e uccidere un uomo. Sei immagine di Dio e parli a un`immagine di Dio. Tu che giudichi sarai a tua volta giudicato (Mt 7,1); e giudichi il servo di un altro (Rm 14,4), che è governato da un altro. Esamina bene tuo fratello, come se tu dovessi essere misurato con la stessa misura. Attento a non tagliare e gettar via temerariamente un membro, nell`incertezza, perché le membra sane non abbiano ad averne un detrimento. Riprendi, rimprovera, scongiura. Hai la regola della medicina. Sei discepolo di Cristo mite e benigno, che portò le nostre infermità (Is 53,4). Se incontri una prima resistenza, aspetta con pazienza; alla seconda, non perdere la speranza, c`è ancora tempo per una cura; al terzo scontro cerca d`imitare quel benevolo agricoltore e chiedi al Signore che non sradichi il fico infruttuoso (Lc 13,8), che lo curi, che lo concimi, attraverso la confessione. Forse si cambierà e porterà frutto e accoglierà Gesú che torna da Betania.

(Gregorio di Nazianzo, Sermo 32, 30)


2. La pianta, che non rende e non fa rendere, occupa inutilmente il terreno

Con gran timore si deve ascoltare ciò che vien detto dell`albero che non fa frutto: "Taglialo; perché dovrebbe continuare ad occupare il terreno?" (Lc 13,7).
Ognuno, a suo modo, se non fa opere buone, dal momento che occupa dello spazio nella vita presente, è un albero che occupa inutilmente il terreno, perché, nel posto ove sta lui, impedisce che ci si metta a lavorare un altro. Ma c`è di peggio, Ed è che i potenti di questo mondo, se non producono nessun bene, non lo fanno fare neanche a coloro che dipendono da loro, perché il loro esempio agisce sui dipendenti come un`ombra stimolatrice di perversità. Al di sopra c`è un albero infruttuoso e sotto la terra rimane sterile. Al di sopra s`infittisce l`ombra dell`albero infruttuoso e i raggi del sole non riescono a raggiungere la terra, perché quando i dipendenti di un padrone perverso vedono i suoi cattivi esempi, anch`essi, rimanendo privi della luce della verità, restano infruttuosi; soffocati dall`ombra non ricevono il calore del sole e restano freddi, senza il calore di Dio. Ma il pensiero di questo qualsivoglia potente non è piú oggetto diretto delle cure di Dio. Dopo, infatti, ch`egli ha perduto se stesso, la domanda è soltanto perché debba far pressione anche sugli altri. Perciò il contadino si domanda: «Perché dovrebbe continuare ad occupare il terreno?». Occupa il terreno, chi crea diffiicoltà alle menti altrui, occupa il terreno, chi non produce buone opere nell`ufficio che tiene.

(Gregorio Magno, Hom., 31, 4)


3. La penitenza nel disegno di Dio

[Dio] richiamò a sé il popolo e lo rinfrancò con i molti favori della sua bontà, pur avendolo riscontrato ingratissimo; e dopo averlo esortato in continuazione alla penitenza, gli inviò gli oracoli di tutti i profeti per predicarla. Appena promessa la grazia che negli ultimi tempi avrebbe illuminato l`universo intero per mezzo del suo Spirito, comandò che la precedesse la promulgazione della penitenza, affinché coloro che per grazia chiamava alla promessa del seme di Abramo, per l`adesione alla penitenza fossero destinati ad essere in anticipo raccolti.
Giovanni non tace, dicendo: "Fate penitenza" (Mt 3,2): già infatti si avvicinava la salvezza alle nazioni, ossia il Signore che arrecava la seconda promessa di Dio. A chi destinava la preordinata penitenza, prefissata a purgare gli spiriti perché, qualsiasi antico errore lo inquinasse, qualsivoglia ignoranza del cuore umano lo contaminasse, purificando, sradicando e traendo fuori, preparasse allo Spirito Santo venturo una casa interiore pulita, in cui egli potesse entrare per godervi i beni celesti.
Unico è il titolo di questi beni, la salvezza dell`uomo, premessa l`abolizione dei crimini antichi; questa la ragione della penitenza, questa l`opera, che assicura la mediazione della divina misericordia, a pro dell`uomo e a servizio di Dio...
Quindi, per tutti i delitti, commessi nella carne o nello spirito, in azioni o nella volontà, che egli con proprio giudizio ha destinato alla pena, agli stessi, per la penitenza, ha promesso il perdono, dicendo al popolo: Fa` penitenza e vedrai la mia salvezza (cf. Ez 18,21). E poi: "Come è vero che io vivo - oracolo del Signore Dio - preferisco la penitenza alla morte" (Ez 33,11). Quindi la penitenza è vita, che si contrappone alla morte. Tu peccatore, mio simile - o anche a me inferiore: io, infatti, riconosco la mia responsabilità nei delitti -, cosí pervaditi di essa, abbraccia la fede come un naufrago si aggrappa ad un qualsiasi pezzo di tavola. Questa preleverà te, liberato dai frutti dei peccatori e ti trasferirà nel porto della divina clemenza.
Afferra l`occasione d`impensata felicità, sí che proprio tu, un tempo nient`altro davanti al Signore se non recipiente arido, polvere del suolo e vasetto da nulla, divenga da ora in poi fico rigoglioso, albero che quasi sgorga acque, dalla chioma perenne e che porta frutti a suo tempo, in modo da non conoscere né fuoco né scure.
Conosciuta la Verità, pentiti degli errori; pentiti di aver amato ciò che Dio non ama. Noi stessi, del resto, non permettiamo ai nostri servi di conoscere quelle cose da cui ci riteniamo offesi: infatti, la ragione dell`ossequio risiede nella somiglianza degli animi.
Invero, occorre parlare diffusamente e con grande impegno del bene della penitenza, e io ne ho fatto materia del mio discorso: noi in effetti per le nostre angustie una cosa sola inculchiamo, che è cosa buona, anzi ottima, quella che Dio comanda. Reputo infatti cosa audace discutere i divini precetti; e non tanto perché si tratta di un bene, e quindi dobbiamo ascoltarli, quanto piuttosto perché è Dio che dispone: prima viene infatti la maestà della divina potestà nella disposizione all`ossequio; prima si pone l`autorità di chi comanda, e non l`utilità di chi serve.
E` dunque un bene o no fare penitenza? Cosa rispondi? Dio dispone! Peraltro, egli non tanto dispone, quanto piuttosto esorta; invita con il premio, con la salvezza; e lo giura persino, dicendo: "Come è vero che io vivo", e brama che gli si creda.

Beati noi dei quali Dio giura la causa; miserrimi se non crediamo neppure a Dio che giura!
Ciò che Dio raccomanda reiteratamente e insistentemente, ciò che anche nel costume umano viene attestato con giuramento, dobbiamo come somma gravità accettare e custodire, affinché nell`adesione alla divina grazia, permaniamo nel suo frutto e possiamo perseverare fino ad averne il premio.

(Tertulliano, De poenitentia, II, 4-7; IV, 1-8)


4. Origine e grandezza della pazienza

Questa virtù, in effetti, l`abbiamo in comune con Dio. Ivi ha origine la pazienza, ivi ha scaturigine la sua dignità e chiarezza. L`origine e la grandezza della pazienza derivano da Dio che ne è l`autore. L`uomo deve amare quel che è caro a Dio: è buono ciò che la divina maestà raccomanda. Se Dio è per noi Signore e Padre, dobbiamo condividere la pazienza del Signore e del Padre: in effetti, si deve essere servi devoti, e non è lecito dimostrarsi figli degeneri.
Invero, quale e quanta pazienza di Dio, allorché, tollerando con somma pazienza templi profani, terreni simulacri e sacrilegi sacri istituiti dagli uomini in oltraggio alla sua maestà e onore, fa sorgere il giorno sui buoni e sui cattivi e senza distinzione fa splendere la luce del sole, e mentre irriga la terra con le piogge nessuno viene escluso dai suoi benefici, visto che similmente ai giusti e agli ingiusti vengono distribuite imparziali piogge. Vediamo con inseparabile equanimità di pazienza per i malfattori e gli innocenti, per i religiosi e gli empi, per i grati e gli ingrati, ai cenni di Dio servire gli elementi, spirare i venti, fluire le sorgenti, crescere le messi, maturare i frutti delle vigne, lussureggiare i frutteti, metter fronde i boschi, fiorire i prati. E mentre con offese pressoché continue viene esasperato Dio, egli tempera la sua indignazione e attende pazientemente il giorno prefissato della retribuzione. Pur avendo in suo potere la vendetta, preferisce aver pazienza, sopportando anzi con clemenza e procrastinando, affinché, supposto che possa avvenire, un bel giorno molto si muti nella prolungata malizia, e l`uomo, sia pur tardi, si volga a Dio dal contagio degli errori e delle scelleratezze, secondo quanto egli stesso ammonisce, dicendo: "Non voglio la morte di chi muore, quanto piuttosto che si converta e viva" (Ez 33,11). E ancora: "Convertitevi a me, dice il Signore" (Ml 3,7). E infine: "Convertitevi al Signore vostro Dio, poiché egli è buono e misericordioso, paziente e ricco di benevolenza e si impietosisce riguardo alla sventura e cambia la sentenza già irrogata" (Gl 2,13). Il che propone e dice anche il beato apostolo Paolo ricordando e richiamando il peccatore alla penitenza: "O ti prendi gioco della riccbezza della sua bontà, della sua tolleranza e della sua pazienza, senza riconoscere che la bontà di Dio ti spinge alla conversione? Tu, però, con la tua durezza e il tuo cuore impenitente accumuli collera su di te per il giorno dell`ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio, il quale renderà a ciascuno secondo le sue opere" (Rm 2,4-6). Disse esser giusto il giudizio di Dio, poiché arriva tardi, è procrastinato al massimo, affinché la lunga attesa di Dio si tramuti in vita per l`uomo. All`empio e al peccatore si presenterà la pena solo allorché la penitenza non può piú giovare a chi ha peccato.

(Cipriano di Cartagine, De bono patientiae, 3-4)
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06/03/2013 08:35
 
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IV DOMENICA DI QUARESIMA

Letture: Giosuè 5,9a.10-12
2 Corinti 5,17-21
Luca 15,1-3.11-32

1. Il figlio prodigo

"Un uomo aveva due figli e il piú giovane gli disse: «Dammi la mia parte di patrimonio»" (Lc 15,11-12). Vedi che il patrimonio divino viene dato a coloro che lo chiedono. E non credere che il padre sia in colpa perché ha dato il patrimonio al piú giovane: non si è mai troppo giovani per il Regno di Dio, e la fede non sente il peso degli anni. In ogni caso colui che ha domandato il patrimonio si riteneva capace di possederlo: Dio volesse che egli non si fosse mai allontanato dal padre, e non avesse ignorato gli inconvenienti della sua età! Ma poi se ne partí per un paese straniero - necessariamente dissipa il suo patrimonio chi si allontana dalla Chiesa -; lasciando la casa e la patria, "se ne partí per un paese straniero, in una regione lontana" (Lc 15,13).
Non c`è luogo piú remoto di quello in cui va chi va lontano da sé, e si allontana non per lo spazio, ma per i costumi, si separa non per la distanza ma per i desideri, e, come se mettesse in mezzo l`onda dei piaceri mondani, con la sua condotta spezza ogni legame. Chiunque infatti si separa da Cristo è un esule dalla sua patria, diventa cittadino del mondo.
Noialtri, invece, non siamo stranieri di passaggio, "siamo concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio" (Ef 2,19); eravamo lontani, ma siamo stati fatti vicini nel sangue di Cristo (cf. Ef 2,13). Ma non siamo maldisposti verso chi viene da una regione lontana, perché anche noi siamo stati in una regione lontana, come insegna Isaia; cosí leggi: "Per coloro che sedevano nella regione dell`ombra della morte, per loro è sorta la luce" (Is 9,2). La regione lontana è dunque quella dell`ombra della morte; ma noi che abbiamo per spirito dinanzi al volto il Cristo Signore (cf. Lam 4,20), viviamo nell`ombra di Cristo. Per questo la Chiesa dice: "Nella sua ombra sedetti desiderosa" (Ct 2,3).
Quello, vivendo nella lussuria, ha sciupato ogni ornamento proprio della sua natura: ebbene tu, che hai ricevuto l`immagine di Dio e che sei simile a lui, guardati bene dal rovinarla con una irragionevole e degenerata condotta. Tu sei opera di Dio...
"Venne la carestia in quella regione" (Lc 15,14): carestia non di pane e cibo, ma di buone opere e di virtù. Esiste un digiuno peggiore di questo? In verità chi si allontana dalla Parola di Dio è affamato, perché "non di solo pane vive l`uomo, ma di ogni parola di Dio" (Lc 4,4). Se ci si allontana dalla fonte siamo colti dalla sete, si diventa poveri se ci si allontana dal tesoro, si diviene sciocchi se ci si allontana dalla sapienza, si distrugge infine se stessi allontanandosi dalla virtù. E` quindi naturale che costui cominciò a sentirsi in gravi ristrettezze, in quanto aveva abbandonato i tesori della sapienza e della scienza di Dio e la profondità delle ricchezze celesti (cf.{Col 2,3}). Egli cominciò a sentire la miseria e a soffrire la fame, perché niente è abbastanza per la prodiga voluttà. Sempre patisce la fame, chi non si sa nutrire degli alimenti eterni...
"E bramava di riempirsi il ventre di carrube" (Lc 15,16). I lussuriosi non hanno infatti altro desiderio che di riempirsi il ventre, perché "il ventre è il loro dio" (Fil 3,19). E a simili uomini quale cibo è piú adatto di questo che è, come le carrube, vuoto di dentro, di fuori è molle, ed è fatto non per alimentare, ma per gravare il corpo, e che è piú pesante che nutriente?...
"Ed ecco, nessuno gliene dava" (Lc 15,6); si trovava infatti nella regione di colui che non ha nessuno, perché non ha quelli che sono. Infatti tutte le nazioni sono stimate un niente (cf. Is 40,17); non c`è che Dio, "che vivifica i morti, e chiama le cose che non sono come cose che sono" (Rm 4,17).
"Allora, tornato in sé, disse: «Quanti pani hanno in abbondanza i mercenari di mio padre!»" (Lc 15,17).
E` ben vero che ritorna in sé, poiché si era allontanato da sé. Chi torna infatti al Signore torna in sé, mentre chi si allontana da Cristo rinnega sé.
Ma chi sono i mercenari? Non sono forse quelli che servono per il salario, cioè quelli d`Israele? Che non perseguono il bene per amore dell`onestà, che sono attirati non dalla bellezza della virtù ma dal desiderio del guadagno? Ma il figlio che ha in cuore il pegno dello Spirito Santo (cf. 2Cor 1,22) non cerca il meschino profitto di un salario di questo mondo, perché possiede il diritto all`eredità. Vi sono anche dei mercenari che sono impegnati nei lavori della vigna. Buoni mercenari sono Pietro, Giovanni, Giacomo, ai quali è detto: "Venite, farò di voi pescatori di uomini" (Mt 4,19). Costoro hanno in abbondanza non carrube, ma il pane: perciò poterono riempire dodici ceste di avanzi. O Signore Gesú, se tu ci togliessi le carrube e ci donassi il pane, tu che sei il dispensiere nella casa del Padre! Se tu ti degnassi anche di accoglierci come mercenari, anche se veniamo sul tardi! Tu infatti assumi mercenari anche all`undicesima ora, e ti compiaci di pagare un`eguale mercede (cf. Mt 20,6-16), eguale mercede di vita, non di gloria; non a tutti infatti è «riservata la corona di giustizia», ma a colui che può dire: "Ho combattuto la buona battaglia" (2Tm 4,7ss)...
Se vi fosse restato anche quello, non si sarebbe mai allontanato da suo padre. Ma stiamo tuttavia attenti a non ritardare la sua riconciliazione, che il padre non gli ha ritardato. Egli si riconcilia volentieri, quando è pregato intensamente. Apprendiamo con quali suppliche è necessario avvicinare il Padre. Padre, egli dice. Quanta misericordia, quanta tenerezza, vi è in colui che, pur essendo stato offeso, non sdegna di sentirsi chiamare padre! "Padre" - dice -, "ho peccato contro il cielo e dinanzi a te" (Lc 15,18).
Ecco la prima confessione della colpa, rivolta al creatore della natura, all`arbitro della misericordia, al giudice del peccato. Sebbene egli sappia tutto, Dio tuttavia attende dalla tua voce la confessione, infatti "è con la bocca che si fa la confessione per la salvezza" (Rm 10,10). Solleva il peso della propria colpa colui che spontaneamente se ne carica: taglia corto all`animosità dell`accusa chi previene l`accusatore confessando: infatti "il giusto nell`esordio del suo discorso, è accusatore di se stesso" (Pr 18,17). E d`altra parte sarebbe vano tentar di dissimulare qualcosa a colui che su nessuna cosa può trarre in inganno; non rischi niente, a denunziare ciò che sai esser già noto. Meglio è confessare, in modo che per te intervenga Cristo, che noi abbiamo come avvocato presso il Padre (cf. 1Gv 2,1), per te preghi la Chiesa, e il popolo infine per te pianga. E non aver timore di ottenere. L`avvocato ti garantisce il perdono, il patrono ti promette la grazia, il difensore ti assicura la riconciliazione con l`amore paterno. Credi dunque, perché il Signore è verità, e sii tranquillo, perché il Signore è potenza. Egli ha un fondamento per intervenire a tuo favore; altrimenti sarebbe morto inutilmente per te. E anche il Padre ha ben ragione di perdonarti, perché ciò che vuole il Figlio lo vuole anche il Padre.
Ti viene incontro colui che ti ha sentito parlare nell`intimo della tua anima; e mentre tu sei ancora lontano, egli ti vede e ti corre incontro (cf. Lc 15,20). Egli vede nel tuo cuore, e corre a te perché niente sia di ritardo, ti abbraccia, anche. Nel venirti incontro è chiara la sua prescienza; nell`abbracciarti si manifesta la sua clemenza e il suo amore paterno. Si getta al collo, per sollevare colui che giaceva in terra carico di peccati, per sollevarlo verso il cielo in modo che possa cercarvi il suo autore. Cristo si getta al tuo collo, per liberare la tua nuca dal giogo della schiavitú, e mettervi il suo giogo soave (cf. Mt 11,30). Non ti sembra che egli si sia gettato al collo di Giovanni, quando Giovanni riposava sul suo petto, con la testa rovesciata all`indietro? Per questo egli vide il Verbo presso Dio, perché si era innalzato verso altezze sublimi. Il Signore si getta al collo, quando dice: "Venite a me, voi cbe siete affaticati, e io vi darò sollievo; prendete su di voi il mio giogo" (Mt 11,28-29). E` in questo modo che egli ti abbraccia, se tu ti converti.

(Ambrogio, In Luc., 7, 213-230)


2. La parabola del figlio perduto (Lc 15,11-32)

Al presente, ti supplico con lui:
«Padre, contro di te ho peccato e contro il cielo;
non son piú degno che tu mi chiami figlio
fa` di me l`ultimo dei tuoi salariati».

Rendimi degno del piú puro e santo
bacio del Padre tuo sí buono.
Sotto il tetto della sala di Nozze
ti piaccia ricevermi di nuovo.

E la veste iniziale della quale
briganti di strada mi spogliarono,
rivestimene ancora
come ornamento di Sposa preparata.

L`anello regale,
che d`autorità è il segno,
fa` ch`io lo riporti nella mano destra,
per non deviare mai piú verso sinistra.

E come protezione dal Serpente
metti scarpe ai miei piedi
perché non urtino la tenebra,
ma la sua testa schiaccino.

Al sacrificio del vitello grasso,
che sulla Croce per noi s`è immolato
e al sangue uscito per la lancia dal Costato
donde usciva il ruscello della Vita,

fammi partecipare nuovamente,
come nella parabola del Figlio Prodigo,
per mangiare il pane che dà vita,
per bere alla tua celeste coppa...

Sulle tracce del Prodigo ho camminato
in paesi estranei e lontani;
l`eredità paterna ho scialacquato
che al Fonte sacro avevo ricevuto.

Laggiú straziato fui da carestia
del Pane de]la Vita e della divina Bevanda.
Pascolando il gregge dei porci, sfamato
non mi son con i peccati della dolce carruba.

Invoco il Padre tuo come il cadetto
dicendo: «Contro Te e contro il ciel peccai;
anche se di figlio il nome al tuo cospetto,
Padre celeste, non son degno di portare.

Fa` di me (quantomeno) un salariato
che per modesta paga compia il bene;
(ponimi) tra quei che son salvati dal secondo gruppo,
perché ho spezzato l`amor dovuto al Padre».

Accoglimi tra le braccia per esser da Te curato,
o Sublime; rendimi degno del tuo santo bacio;
sostituisci, o Immortal, col tuo profumo,
il lezzo cadaverico dell`anima!

Dammi la carne del Vitello grasso;
il vin che è sulla Croce fammi bere;
allieta lo stuol degli angeli,
perch`io morto la vita ho ritrovato.

L`Ebreo, figlio primogenito,
ovver color che son dei Giusti a lato,
che provenendo dal campo della Legge,
alla tua Chiesa vennero,

sol da lontano intesero la voce,
dei suoi figli che danzavano concordi,
e non vollero entrar nel Santuario,
quali persone afflitte alla maniera umana.

Si consumavan per la gelosia
al veder la salvezza dei gentili:
poiché si vantavano i lor padri
che la tua Legge non han trasgredito.

Quanto ad essi, non erano salvati
né dal Vitello grasso, olocausto di tuo Figlio,
né dal capretto pure immolato
per umano od angelico che fosse.

(Nerses Snorhalí, Jesus, 19-25, 591-600)
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15/03/2013 06:14
 
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V DOMENICA DI QUARESIMA

Letture: Isaia 43,16-21
Filippesi 3,8-14
Giovanni 8,1-11


1. Verità, bonta, giustizia e misericordia

Considerate ora in qual modo la bontà del Signore fu posta alla prova dai suoi nemici. "Allora gli scribi e i farisei conducono una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero. «Maestro, questa donna è stata colta in adulterio. Ora Mosè nella legge ci ha comandato di lapidare tali donne: tu che ne dici?». E questo dicevano per metterlo alla prova, in modo da poterlo accusare" (Gv 8,3-6).
Accusarlo di cosa? Forse avevano colto anche lui in qual che delitto?... E siccome i suoi nemici, per invidia e per rabbia, non riuscivano a sopportare queste due qualità, cioè la sua dolcezza e la sua verità, cercarono allora di tendergli un tranello sulla terza, cioè sulla giustizia. In qual modo?
La legge comandava che gli adulteri dovevano essere lapidati, e la legge non poteva comandare ciò che non era giusto: se qualcuno si opponeva a un precetto della legge, veniva accusato di prevaricazione. I Giudei avevano pensato tra sé: egli è ritenuto amico della verità e appare mansueto; dobbiamo cercare di coglierlo in fallo sulla giustizia: presentiamogli una donna colta in adulterio, e diciamogli che cosa stabilisce la legge in tali casi. Se egli ordinerà che sia lapidata, mostrerà di non essere affatto mansueto: se dirà che deve essere lasciata andare, mostrerà di non avere giustizia. Siccome non vorrà perdere - essi dicevano - l`aureola di mansuetudine, grazie alla quale è amato dal popolo, senza dubbio dirà che dobbiamo lasciarla andare. Cosí noi avremo l`occasione per accusarlo, per dichiararlo reo come prevaricatore e potremo dire di lui che è nemico della legge, che ha parlato contro Mosè o, meglio, contro colui che per mezzo di Mosè ci ha dato la legge; e quindi è degno di morte e deve essere lapidato insieme alla donna.
Con queste parole e con questi ragionamenti la loro invidia si accresceva, ardeva il loro desiderio di accusarlo, diveniva piú forte la voglia di condannarlo. Cosa li spingeva a parlare in questo modo, e contro chi parlavano? Era la perversità che tramava contro la rettitudine, la menzogna contro la verità, il cuore corrotto contro il cuore retto, la stoltezza contro la sapienza...
Cosa rispose il Signore Gesú? Cosa rispose la verità, la sapienza, la stessa giustizia contro la quale era diretta l`insidia?
Non disse: Non sia lapidata! Se lo avesse detto sarebbe apparso che egli andava contro la legge. Ma si guardò bene anche dal dire: Sia lapidata! Egli era venuto infatti per non perdere ciò che aveva trovato, anzi per trovare ciò che si era perduto (cf. Lc 19,10). Cosa rispose? Considerate quanto la sua risposta sia contemporaneamente carica di giustizia, di mansuetudine e di verità! Disse: "Chi di voi è senza peccato scagli per primo una pietra contro di lei" (Gv 8,7).
Risposta piena di saggezza! In che modo li costrinse a guardare dentro se stessi? Essi infatti calunniavano gli altri, ma non scrutavano in se stessi: vedevano l`adulterio della donna, non i loro peccati...
L`avete sentita voi, farisei, dottori della legge, custodi della legge, ma non avete compreso il Legislatore.
Che cosa ha voluto mostrarvi ancora, quando scriveva con il dito in terra? Ha voluto mostrarvi che la legge è stata scritta col dito di Dio e che, a causa della durezza dei cuori, essa è stata scritta sulla pietra (cf.Es 31,18). E ora il Signore scriveva sulla terra perché cercava il frutto della legge. Voi avete inteso: «si compia la legge», «sia lapidata l`adultera»: ma nel punire la donna, la legge dovrà essere applicata da coloro che a loro volta debbono essere puniti? Ciascuno di voi consideri se stesso, entri in se medesimo, si ponga dinanzi al tribunale della sua anima, si costituisca alla sua coscienza, e obblighi se stesso a confessarsi. Egli solo sa chi è, poiché nessun uomo conosce i segreti di un altro, se non lo spirito medesimo dell`uomo che è dentro di lui. Ciascuno, guardando in se stesso, si scopre peccatore (cf. 1Cor 2,11). Non c`è alcun dubbio su questo. Quindi, lasciate andare questa donna, oppure accettate con lei le pene previste dalla legge. Se il Signore avesse detto: Non lapidate l`adultera!, sarebbe stato accusato di ingiustizia; se avesse detto: Lapidatela!, non sarebbe apparso mansueto. Che formuli dunque una risposta che a lui si addice, che è mansueto e giusto: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo una pietra contro di lei». Questa è la voce della giustizia: si punisca la peccatrice, ma non siano i peccatori a punirla; sia rispettata la legge, ma non siano i violatori della legge a imporne il rispetto. Ben a ragione è la voce della giustizia.
Essi, colpiti da queste parole come da una freccia grossa quanto una trave, "uno dopo l`altro se ne andarono" (Gv 8,9). Restano solo loro due, la misera e la misericordia. E il Signore, dopo averli colpiti con la freccia della giustizia, non si degna neppure di stare a vedere la loro umiliazione, ma, voltando loro le spalle, "di nuovo col dito scriveva in terra" (Gv 8,8).
Quella donna era dunque rimasta sola, poiché tutti se ne erano andati: Gesú allora levò i suoi occhi su di lei. Abbiamo udito la voce della giustizia, udiamo ora anche quella della dolcezza.
Credo che quella donna fosse stata piú degli altri colpita e spaventata dalle parole che avete sentito dire dal Signore: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo una pietra contro di lei». I farisei esaminandosi e con la loro stessa partenza confessandosi colpevoli, avevano lasciato la donna con un cosí grande peccato, insieme a colui che era senza peccato. Ed essa, dopo avere udito: «Chi è senza peccato scagli per primo la pietra contro di lei», temeva di essere punita da lui, nel quale non era peccato. Ma egli, dopo avere cacciato i suoi nemici con la voce della giustizia, levando su di lei gli occhi della mansuetudine, le chiese: "Nessuno ti ha condannato?" (Gv 8,10). E quella rispose: "Nessuno, o Signore" (Gv 8,11). Ed egli replicò: "Neppure io ti condannerò (ibid.)", tu che avevi temuto di essere punita da me, poiché in me non hai trovato peccato.
«Neppure io ti condannerò». Che vuol dire questo, Signore? Tu favorisci dunque il peccato? No di certo. Sentite ciò che segue: "Va` e d`ora innanzi non peccare più (ibid.)". In altre parole, il Signore condanna il peccato, non il peccatore. Infatti, se avesse perdonato il peccato, avrebbe detto: Neppure io ti condanno, va` vivi come vuoi, sta` sicura che io ti libererò; per quanto grandi siano i tuoi peccati, io ti libererò da ogni pena e da ogni sofferenza dell`inferno. Ma non disse cosí.
Intendano bene coloro che amano nel Signore la mansuetudine e temano la verità. Infatti è insieme "dolce e retto il Signore" (Sal 24,8).
Tu lo ami perché è dolce, devi temerlo perché è retto. In quanto è mansueto disse: «Tacqui»; ma in quanto è giusto aggiunse: "Ma forse sempre tacerò?" (Is 42,14 secondo i LXX). "Il Signore è pietoso e benigno" (Sal 85,15). Senza dubbio è cosí. Aggiungi ancora «pieno di bontà» e ancora "tardo all`ira (ibid.)"; ma non dimenticare di temere ciò che sarà nell`ultimo giorno, cioè «verace». Egli sopporta ora le colpe dei peccatori, ma allora giudicherà chi lo ha disprezzato. "Ovvero disprezzi le ricchezze della sua bontà e della sua mansuetudine, ignorando che la pazienza di Dio ti spinge alla penitenza? Ma tu con la durezza del tuo cuore impenitente, ti attiri sul capo un cumulo di collera per il giorno dell`ira e della manifestazione del giusto giudizio di Dio, il quale renderà a ciascuno secondo le sue opere" (Rm 2,4-6). Il Signore è mansueto, il Signore è longanime, è misericordioso; ma è anche giusto, è anche verace. Ti dà il tempo di correggerti, ma tu preferisci godere di questa dilazione piuttosto che emendarti. Fosti malvagio ieri? Sii buono oggi. Hai passato nel male la giornata di oggi? Deciditi a cambiare domani. Ma tu aspetti sempre a correggerti, sempre ti riprometti di usufruire della misericordia di Dio, come se colui che ti ha promesso il perdono in cambio del pentimento, ti avesse anche promesso una vita lunghissima. Come fai a sapere che per te ci sarà anche il giorno di domani? Hai ragione quando dici nel tuo cuore: quando mi correggerò, Dio mi rimetterà tutti i peccati. Non possiamo certo negare che Dio ha promesso il perdono a tutti coloro che si correggono e che si convertono. Ma in quella stessa profezia dove tu leggi che Dio promise indulgenza a chi si pente, non puoi leggere che Dio ti ha promesso anche una lunghissima vita.
Contro due ostacoli gli uomini rischiano di naufragare la speranza presuntuosa e la disperazione; due ostacoli del tutto opposti, e che derivano da sentimenti diametralmente contrari. Uno dice: Dio è buono, è misericordioso, io posso perciò fare ciò che mi pare e piace, posso lasciare sciolte le briglie alle mie passioni, posso soddisfare tutti i miei desideri. Perché posso farlo? Perché Dio è misericordioso, è buono, è mansueto. Costoro corrono rischi proprio per la loro speranza, perché non si inducono mai a correggersi. Sono invece vittime della disperazione coloro che, avendo commesso gravi peccati, ritengono di non poter essere piú perdonati e, considerandosi, senza dubbio alcuno, destinati alla dannazione, dicono: Saremo certamente dannati; perché non possiamo allora fare ciò che ci pare, come fanno i gladiatori che sanno di non avere scampo e che il loro destino è essere uccisi dalla spada? Per questo i disperati sono anche pericolosi: essi che credono di non avere piú ormai niente da temere, debbono invece essere riguardati con timore. La disperazione li uccide, cosí come la speranza uccide gli altri.
L`anima fluttua tra la speranza e la disperazione. Devi temere di essere ucciso dalla speranza, devi cioè temere che, mentre tranquillamente continui a sperare nella misericordia, tu non ti ritrovi d`improvviso di fronte al giudizio; altrettanto devi temere che la disperazione non ti uccida; devi temere cioè, poiché hai ritenuto di non poter ottenere il perdono per i gravi delitti che hai commesso e perciò non te ne sei pentito, di incorrere nel giudizio del tribunale della sapienza, che dice: "E io riderò della vostra sventura" (Pr 1,26).
Cosa fa il Signore verso coloro che sono in pericolo per l`una o l`altra di queste due malattie? A coloro che corrono rischi per la troppa speranza dice: "Non tardare a convertirti a Dio, né differire di giorno in giorno; perché d`un tratto scoppia la sua ira e nel giorno del giudizio tu sei spacciato" (Sir 5,7). E a coloro che corrono pericoli per la disperazione, che dice Dio? "In qualunque giorno l`iniquo si sarà convertito, tutte le sue iniquità io dimenticherò" (Ez 18,21.22.27). A coloro dunque che sono in pericolo per la disperazione egli indica il porto dell`indulgenza; per coloro che corrono rischi per la eccessiva speranza e si illudono di avere sempre tempo, fa incerto il giorno della morte. Tu non sai quando verrà l`ultimo giorno. Sei un ingrato, non riconosci la grazia di Dio, che ti ha dato anche il giorno di oggi affinché tu ti corregga.
Questo è il senso delle parole che disse a quella donna: «Neppure io ti condannerò»: ora che sei tranquilla a proposito di quanto hai commesso in passato, abbi timore di quanto potrà accadere nel futuro. «Neppure io ti condannerò»: cioè ho distrutto ciò che hai commesso, ma osserva quanto ti ho comandato, al fine di ottenere quanto ti ho promesso.

(Agostino, Comment. in Ioan., 33, 4-8)


2. Preghiera per ricevere la pace

Noi ti supplichiamo e t`imploriamo
con i sospiri e le lacrime dell`anima,
o Creatore glorioso, Spirito incorruttibile e increato,
eterno e compassionevole;
Tu che sei nostro Avvocato con gemiti indicibili (cf. Rm 8,26) presso il Padre misericordioso;
Tu che sui santi vigili,
e purifichi i peccatori facendone dei Templi (cf. 1Cor 3,16)
vivi e vivificanti per il beneplacito del Padre altissimo.
Liberaci da tutte le azioni impure,
ripugnanti alla tua inabitazione in noi;
non siano estinti da noi gli splendori
della tua grazia che illumina
la vista degli occhi interiori!
Siamo, in effetti, edotti che Tu ti unisci a noi
grazie alla preghiera e ad una condotta di vita
irreprensibile e santa (cf. 1Cor 6,17).
E poiché Uno della Trinità in sacrificio è offerto,
e un Altro Lo riceve e propizio verso noi si mostra
per riguardo al Sangue riconciliatore del suo Primogenito,
voglia Tu accettare le nostre suppliche
e disporci in dimore onorevoli e ben pronte,
affinché assaporiamo e mangiamo l`Agnello celeste,
e riceviamo senza castigo e condanna (cf. 1Cor 11,29)
la Manna che dà vita immortale,
e una salvezza nuova.
Le nostre colpe fondi per questo Fuoco,
come quelle del Profeta, purificate dal carbone ardente
con pinzette appoggiato alle sue labbra (cf. Is 6,5-7),
perché sia proclamata ovunque
la tua compassione, e al pari,
attraverso il Figlio, la soavità del Padre;
Lui che riammise il figlio prodigo all`eredità del padre
e avviò al Regno le cattive donne (cf. Lc 7,36-50; 8,2; Gv 4,1-42),
nella Beatitudine dei Giusti.
Sí, sì, anch`io uno di questi sono;
con loro dunque anche me accogli,
come uno che ha gran bisogno
della benignità tua, io che dalla tua grazia
fui salvato, dal Sangue di Cristo riscattato;
affinché, in tutto questo, sempre e ovunque
la tua Divinità sia conosciuta
e sia glorificata con il Padre in un eguale onore
in un`unica Volontà e nell`unica beata Sovranità lodata.
A Te, invero, appartiene la Compassione, la Potenza,
e l`Amore degli uomini,
la Forza e la Gloria, nei secoli dei secoli. Amen.

(Gregorio di Narek, Liber orat., 33, 5)
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21/03/2013 06:59
 
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DOMENICA DI PASSIONE O DELLE PALME

Letture: Isaia 50,4-7
Filippesi 2,6-11
Luca 22,14; 23,56

1. Benedetto il regno che viene

"Benedetto il regno che viene, del padre nostro David! Osanna nel piú alto dei cieli" (Mc 11,10).
Leggiamo nel Vangelo di Giovanni (cf. Gv 6,15) che le folle, ristorate coi cinque pani e i due pesci, volevano rapire Gesú e proclamarlo re, ma che Gesú, per evitare che questo avvenisse, fuggì sul monte a pregare. Ora invece, mentre viene a Gerusalemme ove subirà la passione, non sfugge a coloro che lo proclamano re; che in schiera osannante e cantando canzoni degne del re e del Figlio di Dio lo conducono alla città regale, non impone il silenzio a quanti insieme cantano la restaurazione in lui del regno del patriarca David, e la riconquista dei doni dell`antica benedizione. Per qual motivo ciò che prima rifiutò fuggendo, ora l`accoglie volentieri, e il regno che non volle accettare quando ancora doveva riportare la sua vittoria nel mondo, ora che sta per abbandonare il mondo per la passione della croce, ora questo regno non lo rifiuta? Certo per insegnare apertamente che egli è il re di un impero non temporaneo e terreno ma eterno nei cieli, di un regno al quale perverrà con il disprezzo della morte, con la gloria della Risurrezione e il trionfo dell`Ascensione. Ecco perché apparendo ai discepoli dopo la Risurrezione dirà: "Mi è stata data ogni potestà in cielo e in terra" (Mt 28,18), con quel che segue. Dobbiamo osservare peraltro quanta somiglianza vi sia tra le parole della folla che loda in coro il Signore e quelle di Gabriele che lo annunzia alla Vergine madre dicendo: "Egli sarà grande e sarà chiamato Figlio dell`Altissimo, e il Signore Iddio gli darà il trono di David suo padre, e regnerà in eterno sulla casa di Giacobbe" (Lc 1,32-33). Il Signore accettò il trono e il regno di David per chiamare al regno celeste e immortale e introdurre nella stessa visione di Dio Padre con fatti, parole, doni e promesse degne soltanto del Mediatore tra Dio e gli uomini, quel popolo al quale un tempo David aveva offerto l`organizzazione di un regno temporale insieme con esempi di giustizia, e che egli soleva spingere all`amore e alla fede nel suo Creatore con le melodie di suoi salmi spirituali. «Aggiungendo osanna, cioè salvezza, nel piú alto dei cieli, chiaramente si mostra che l`avvento di Cristo non è soltanto la salvezza degli uomini, ma di tutto il mondo, in quanto unisce le cose terrene a quelle celesti in modo che ogni ginocchio, celeste, terrestre e infernale, si pieghi dinanzi a lui».

(Beda il Vener., In Marc., 3, 11, 10)


2. Gesú e David, la Legge e la grazia

Con palme i bambini ti lodano,
chiamandoti figlio di David:
avevan ragione, o Maestro,
perché tu l`insolente hai ucciso
Golia spirituale.
Le danzatrici dopo la vittoria
cosí l`acclamarono:
Saul mille ne uccise, David diecimila (cf. 1Sam 18,6-7).
Questo la Legge sta a dire,
e dopo la tua grazia, o mio Gesú.
La Legge è Saul geloso che perseguita;
però su David perseguitato
sboccia il frutto di grazia,
poiché di David il Signor tu sei,
o Benedetto, venuto a richiamare Adamo...

Tu la forza manifesti
eleggendo l`indigenza.
Segno di povertà fu quello
infatti di sedersi sopra un asinello,
mentre con la tua gloria
fai vacillare Sion.
Le vesti dei discepoli eran certo
un marchio d`indigenza,
ma l`inno dei bambini e delle folle il grido (cf. Mt 21,9)
eran di tua potenza il segno:
«Osanna nell`alto dei cieli» - ovvero:
Salvaci alfine; Salva, o Altissimo, gli oppressi.
Abbi pietà di noi, per queste palme;
I rami che si agitano il tuo cuore toccheranno,
tu che venuto sei per richiamare Adamo.

Adamo per noi contrasse,
mangiando il non dovuto,
il debito che ci opprime,
e fino ad oggi, al posto suo vien chiesto
a noi suoi discendenti.
Impadronirsi di sua vittima
dal creditor fu ritenuto poco;
incombe allor sui figli
reclamando del padre il debito,
svuota del debitor la casa,
tutti menando fuori.
A colui che è onnipotente
perciò noi ricorriamo:
conoscendo la nostra spoliazione,
assumiti tu il nostro debito,
tu ricco qual sei,
tu che venuto sei per richiamare Adamo.

Per liberare gli uomini venisti,
testimone il profeta Zaccaria,
che dolcissimo, giusto e salvatore,
un tempo t`ha chiamato (cf. Zc 9,9).
Esausti e vinti siamo,
scacciati dappertutto.
Nella Legge credemmo intravedere
un liberator, però in servaggio
essa ormai ci ha ridotti;
quindi appello ai profeti
facemmo e sulla speranza ci han lasciati.
Per questo coi bambini
ci gettiamo ai tuoi piedi:
pietà di noi, oppressi;
consenti a subir la croce e la sentenza
tu della morte lacera,
tu che venuto sei per richiamare Adamo.

«O creatura della mano mia -
risponde il Creatore a quelli che sí gridano -,
sapendo che la Legge non aveva
potere di salvarti,
lo stesso son venuto.
A]la Legge salvarti non spettava,
perché non è lei che t`ha creato;
né dei profeti compito,
che creature mie come te erano.
Solo a me spetta d`affrancarti
dal debito oppressore.
Per te sono venduto, e sí ti libero;
per te son crocifisso, e dalla morte scampi;
muoio, cosí a gridar ti insegno:
Benedetto tu sei
tu che venuto sei per richiamare Adamo.

Ho forse io amato tanto gli angeli?
No, sei tu, il meschino, che io ho preferito.
La mia gloria offuscai,
e ricco, liberamente povero mi feci,
per amor tuo.
Per te ho sofferto
fame, sete e fatica.
Per monti, valli e per burroni ho corso,
pecorella smarrita, per cercarti;
nome di agnello presi
per ricondurti, attratta da mia voce;
e di pastore, per dare la mia vita
per te, e sottrarti al lupo.
Tutto perché tu gridi io sopporto:
Benedetto tu sei,
tu che venuto sei per richiamare Adamo».

(Romano il Melode, Hymn., 32, 6.8-12)


3. Sulla Passione di Gesú

Gesú, sapendo che era ormai venuto il tempo di dar compimento alla sua gloriosa Passione, disse: "L`anima mia è triste fino alla morte" (Mt 26,38), e ancora: "Padre, se possibile passi da me questo calice" (Mt 26,39). Con tali parole rivelatrici di un certo timore, egli guariva condividendole le emozioni della nostra debolezza e aboliva, sottomettendovisi, la paura della sofferenza da subire. E` dunque in noi che il Signore tremava del nostro terrore, di modo che, assumendo la nostra debolezza e rivestendosene, vestì la nostra incostanza con la fermezza scaturita dalla sua forza.
Egli, infatti, era disceso dal cielo in questo mondo come un mercante ricco e benefattore, e, per un ammirabile scambio aveva concluso un affare, prendendo ciò che apparteneva a noi, e accordando ciò che era suo, dando l`onore per gli obbrobri, la guarigione per i dolori, la vita per la morte; e lui che per sterminare i suoi persecutori poteva avere a suo servizio piú di dodicimila legioni di angeli (cf. Mt 26,53), preferí meglio subire il nostro terrore piuttosto che fare uso della propria potenza.
Quanto quella umiltà fosse di profitto per tutti i fedeli, il beato apostolo Pietro lo sperimentò per primo, lui che, con la sua violenta tempesta, l`assalto della crudeltà aveva scosso; con brusco cambiamento, ritornò in sé e ritrovò la sua forza; attingendo il rimedio nell`esempio, quel membro tremante indossò immediatamente la fermezza del suo Capo. Il servo, in effetti, non poteva essere piú grande del suo Signore, né il discepolo piú del Maestro (cf. Gv 15,20); e non avrebbe potuto vincere il terrore dell`umana fragilità, se il vincitore della morte non avesse dapprima tremato. Il Signore dunque guardò Pietro (cf. Lc 22,61), e, pur in mezzo alle calunnie dei sacerdoti, alle menzogne dei testimoni, alle ingiurie di coloro che lo colpivano e lo schernivano, incontrò il discepolo scosso da quello sguardo che in anticipo aveva visto che sarebbe rimasto turbato; la Verità penetrò in lui per scoprire il punto in cui il cuore reclamava la correzione, era come se una non so quale voce del Signore avesse detto: «Pietro, perché scappi? Perché ti rinchiudi in te stesso? Ritorna a me, abbi fiducia, sono io (cf. Gv 21,23); questo è il tempo della mia Passione, l`ora del tuo martirio non è ancora venuta. Perché hai paura di ciò che anche tu supererai? Non lasciarti sconcertare dalla debolezza che ho voluto assumere. Se io tremo, è in proporzione di quanto prendo da te, ma tu, sii senza paura in proporzione di quanto prendi da me».

(Leone Magno, Sermo 41 [54], 4-5)


4. Perché Gesú ha avuto paura della morte?

Al crepuscolo della notte in cui consegnò se stesso, egli distribuí il suo corpo e il suo sangue agli apostoli, ordinando loro di fare atrettanto in memoria della sua Passione.
Eppure, colui che raccomandò ai suoi discepoli di non aver paura della morte - "Non abbiate paura di coloro che uccidono il corpo" (Mt 10,28) -, come mai ha avuto paura della morte ed ha chiesto che il calice si allontanasse da lui (cf. Mt 26,39)?...
Egli ha avuto paura, cosí come ha avuto fame e sete, si è affaticato e ha dormito. Oppure, dice questo perché gli uomini non possano dire nel mondo: E` senza sofferenza e senza dolore che ha pagato i nostri debiti. O anche, per insegnare ai discepoli ad affidare la propria vita e la propria morte a Dio. In effetti, se colui che è saggio della stessa sapienza di Dio ha chiesto ciò che per lui era bene, quanto piú occorre che gli ignoranti abbandonino la loro volontà a colui che sa tutto.
A meno che, per diffondere con la sua Passione la consolazione nei discepoli, egli non abbia voluto entrare nel loro sentimento, proponendosi come esempio, ed assunse in sé la loro paura, affinché la somiglianza della sua anima mostrasse che non bisogna gloriarsi della morte prima di averla subita. In effetti, se colui che non teme ha avuto paura ed ha chiesto di essere liberato, sapendo che ciò era impossibile, quanto piú è necessario che gli altri perseverino nella preghiera prima della tentazione, per esserne liberati quando essa si presenta.
Infine, forse, perché nell`ora della tentazione le nostre anime sono tormentate in tutti i sensi e i nostri pensieri divagano, egli è rimasto in preghiera per insegnarci che è necessario pregare contro i complotti e le insidie del demonio, per poter padroneggiare con una preghiera incessante i dispersi pensieri. O semplicemente, è per confortare coloro che hanno paura della morte che egli ha esternato la propria paura, perché essi sappiano che tale paura non li induce in peccato se essa non perdura a lungo. "Non la mia, o Padre, ma la tua volontà sia fatta" (Lc 22,42), ossia che io muoia per ridare la vita a molti (cf. Is 53,11).

(Efrem, Diatessaron, 20, 3-7)
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29/03/2013 07:36
 
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GIOVEDI` SANTO

La funzione sacra di questo giorno la ritroviamo nella Chiesa di Gerusalemme alla fine del IV secolo: dopo l`abituale Messa serale, i fedeli si radunavano sul Monte degli Olivi pregando nei luoghi dove stava e fu catturato Gesú. A Roma, nel VI secolo, il Giovedi Santo si celebravano tre Messe: la prima, riuniva i penitenti che ottenevano la riconciliazione; durante la seconda, si benedicevano gli oli; la terza veniva celebrata come ricordo della Cena del Signore. Ben presto, però, queste tre Messe si riuniscono in una solenne celebrazione eucaristica con la partecipazione del clero e dei fedeli attorno al vescovo. Questa pratica, con la diffusione della liturgia romana, viene accolta in tutta la Chiesa d`Occidente. Attualmente, nelle chiese vescovili viene celebrata al mattino la Messa del Crisma, nelle altre chiese soltanto la Messa della Cena del Signore.
La Messa del Crisma - benedizione degli oli - aveva luogo il Giovedí Santo visto che il Battesimo veniva celebrato nella Vigilia di Pasqua. E` difficile stabilire quando definitivamente venne accettato il presente rito della benedizione. In conformità alla vecchia usanza romana, la benedizione viene eseguita dal vescovo attorniato dal suo clero. In questa Messa, si manifesta il mistero del Sacerdozio di Cristo al quale partecipano tutti i sacerdoti rappresentanti le diverse comunità.
La Messa della Cena del Signore è collegata con il rito della lavanda dei piedi. Questa funzione, conosciuta e praticata nei conventi, venne inserita nella liturgia: a Roma, è praticata fin dal XII secolo, e nel Medioevo viene accolta comunemente. Viene accompagnata dal canto «Dov`è carità e amore».
Il Venerdì Santo la Chiesa non celebra l`Eucaristia e perciò bisognava conservare il Santissimo Sacramento dalla Messa di Giovedí. L`Eucaristia, come si faceva sin dai primi tempi, veniva collocata nella sacrestia. Nel XII secolo, sotto l`influenza del crescente culto del Santissimo Sacramento, si cominciò a collocare l`Eucaristia nella chiesa, sull`altare oppure in luogo specialmente preparato. La traslazione avveniva in solenne processione e la cappella della custodia veniva addobbata con fiori e luci. La riposizione del Santissimo Sacramento doveva simboleggiare la permanenza di Cristo nella tomba e per questo i fedeli cominciarono a chiamare il luogo della custodia «Sepolcro del Signore», benché la Chiesa fosse contraria all`addobbo somigliante a quello della tomba.
La spogliazione degli altari ha un`antica origine. All`inizio, era probabilmente un atto comune che poi ha assunto il significato simbolico. L`altare è il simbolo di Cristo e il rimuovere delle tovaglie fa ricordare lo spogliamento di Gesú dalle sue vesti.
«Egli, venuta l`ora di essere glorificato da te, Padre Santo, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine; e mentre cenava con loro, prese il pane e rese grazie, lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli, e disse: "Prendete e mangiatene tutti: questo è il mio Corpo, offerto in sacrificio per voi". Allo stesso modo, prese il calice del vino e rese grazie, lo diede ai suoi discepoli, e disse: "Prendete, e bevetene tutti: questo è il calice del mio Sangue per la nuova ed eterna Alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me"».
Niente renderà meglio il mistero del giorno di oggi, la natura della Messa serale che raduna attorno all`altare tutta la comunità se non quelle parole della Preghiera eucaristica IV. Cristo dà se stesso per la salvezza del mondo, ma prima affida alla Chiesa il Sacrificio vivo e santo, il segno dell`eterna Alleanza con gli uomini. Fedele alle parole del Signore: «Fate questo in memoria di me», la Chiesa incessantemente celebra l`Eucaristia ed invoca: «Guarda con amore e riconosci nell`offerta della tua Chiesa, la vittima immolata per la nostra redenzione». Questo Sacrificio della nostra riconciliazione con Dio porta continuamente pace e salvezza al mondo intero.
La Chiesa, radunata attorno alla mensa eucaristica, oggi piú che mai, sperimenta la presenza del Signore. Rimarrà accanto a lui nella preghiera notturna per non sentire come una volta i discepoli nel Giardino degli Olivi: «Cosí non siete stati capaci di vegliare un`ora sola con me?».

Accedendo tutti alla mistica mensa,
riceviamo con anima pura il pane,
per non essere separati dal Signore,
e perché vedendo come egli lava i piedi dei discepoli
facciamo quanto abbiamo visto, sottomessi gli uni agli altri,
asciugandoci i piedi a vicenda.
Cristo infatti cosí ordinò ai suoi discepoli,
anche se non fu ascoltato da Giuda,
servitore iniquo.

(Liturgia Bizantina, EE, n. 3117)


1. L`agnello figura e l`Agnello vero

I discepoli si trovarono tra l`agnello e l`agnello. Mangiarono l`agnello pasquale e l`agnello vero.
- Responsorio:
Gloria a te, o re Messia, che salvasti la santa Chiesa col tuo sangue.
Gli apostoli si trovarono tra la figura e la verità. Videro la figura portata via e la verità ch`era arrivata.
Beati loro ch`ebbero la fine della figura e l`inizio della verità.
Mangiò il Signore la Pasqua coi suoi discepoli; col pane che spezzò abolí gli azzimi.
Il suo pane che vivifica tutto, vivificò i popoli; prende il posto degli azzimi, che non davano la vita.
La Chiesa ci ha dato un pane vivo al posto degli azzimi, che aveva dato l`Egitto.
Maria ci ha dato il pane della vita al posto del pane di stanchezza, che ci aveva dato Eva.
Abele fu agnello e offrí l`agnello. Chi ha mai visto un agnello che offre un agnello?
L`Agnello di Dio mangiò l`agnello. Chi ha mai visto un agnello che mangia un agnello?
L`agnello della verità mangiò l`agnello della Pasqua. La figura fu mangiata dalla verità.
Tutte le figure stavano nel Santo dei Santi in attesa di colui che le avvera tutte.
Le figure videro l`agnello della verità, aprirono le porte del tempio e gli andarono incontro.
Tutte le figure s`inserirono e rimasero in lui, e tutti e dappertutto parlarono di lui.
Poiché in lui si sono avverate le figure e i misteri; vi ha posto sopra il suo sigillo lui, che compie tutto.
Quando il lupo s`allontanò dal gregge dei dodici e uscí dal cenacolo, si alzò l`agnello della verità e divise il suo corpo tra il gregge, che aveva mangiato l`agnello pasquale. Ivi fu sigillata la figura tramandata attraverso le generazioni dall`Egitto al cenacolo.

(Efrem, Hymn., 6 e 14)


2. La gioia di Gesú nel servire

Nostro Signore guidò i Dodici e li condusse a casa per lavar loro i piedi (cf. Gv 13,5ss; 14ss). Assegnò loro i posti come erede, poi si levò per servir loro da amico. Versò la benefica acqua e portò il catino, prese il panno e se lo cinse ai fianchi.
...Io vidi come pieno di gioia lavò quelli e con volto sereno li serviva. Afferrò i loro piedi, senza che si scottassero e vi versò acqua senza che andassero in fiamme. Li pulì dalle tracce della fatica e della stanchezza e li rafforzò a camminare sulla strada. A tutti andò egli davanti cosí amabilmente, alla stessa maniera senza fare distinzione. Cosí andò anche da Giuda e ne prese i piedi. Allora la terra si lamentò senza bocca; le pietre nei muri elevarono la loro voce allorquando videro come il fuoco lo risparmiava. Chinai il capo a terra e le mie orecchie udirono voci di pianto che annunciarono ciò. E cosí anche questo discorso costernato fu emesso dalla bocca dei loro agnelli:
«Su che cosa dobbiamo meravigliarci e verso chi guardare? Poiché verso i due lati si leva il nostro stupore. Dobbiamo osservare colui che siede qui, col cuore pieno di morte e di inganno senza lasciarsi impressionare oppure l`altro che pieno di misericordia lava i piedi al suo assassino?». Formidabile stupore provocò quando la mano di Nostro Signore toccò il suo assassino. Egli non scoprì la malvagità di costui, anzi coprí il suo delitto e lo trattò proprio come gli altri.
Allora andò verso Simone; ma il cuore di costui si inquietò, egli si alzò davanti a lui e l`implorò: «Gli angeli in cielo coprono i loro piedi per timore, desiderano bruciarsi (Is 6,2), e tu? o mio Signore, sei venuto per prendere i piedi di Simone con la tua mano e servirmi! Tutto questo, la tua umiltà e il tuo amore, hai tu verso di noi già da lungo tempo dimostrato, tramite ciò ci hai tu già onorato; cosí non metterci adesso di nuovo in imbarazzo! I Serafini non osano toccare l`orlo [del tuo vestito], e guarda, tu lavi i piedi di un uomo miserabile! Tu, o Signore, vuoi lavare i miei piedi! Chi potrebbe udire ciò senza divenire sgomento? Tu, o Signore, vuoi lavare i miei piedi! Come potrebbe sopportare ciò la terra? La notizia di questa tua azione farebbe stupire l`intera creazione; questa notizia, che una tal cosa succede sulla terra, turberebbe le schiere degli spiriti celesti. Fermati o Signore, affinché ciò mi resti risparmiato; per questo ti imploro, poiché io sono un uomo peccatore! Secondo il tuo comando ho camminato sul mare, e secondo il tuo ordine ho camminato sulle onde (cf. Mt 14,29). E questa prima cosa non è già abbastanza per me, ma un`altra cosa ancor piú grande vuoi tu ingiungermi! O Signore, ciò non può accadere, perché già la semplice notizia di ciò scuote la creazione! O Signore, ciò non può accadere, giacché questo peso sarebbe piú pesante di quanto può essere pesato!».
«Se ciò non può accadere, allora tu non avrai alcuna parte con me al trono. Se ciò non può accadere, allora restituiscimi le chiavi che ti ho affidato. Se ciò non può accadere, allora anche la tua signoria sarà tolta da te (cf. Mt 16,19). Se ciò, come tu dici, non può accadere, allora non potrai neppure provare nessuna partecipazione al mio corpo». Allora Simone cominciò ad implorare e a dire al Benigno: «O Signore, non lavarmi solamente i piedi, ma anche le mani e il capo!». «Simone, Simone, esiste soltanto un bagno per l`intero corpo nell`acqua santa!». Terminò l`operazione della lavanda e ordinò loro per amore: «Guardate, miei discepoli, come io vi ho servito e quale opera vi ho prescritto! Guardate, io vi ho lavato e pulito; allora affrettatevi felici in chiesa, varcate le sue porte quali eredi! Camminate senza paura sopra i demoni e senza spaventarvi sulla testa del serpente! Andate senza timore del vostro cammino e annunciate la mia parola nelle città! Seminate il Vangelo nei Paesi e innestate l`amore nei cuori degli uomini! Annunciate il mio Vangelo davanti ai re e testimoniate la mia fede davanti ai giudici! Vedete, io che sono il vostro Dio, mi sono abbassato e vi ho servito affinché io vi preparassi una perfetta Pasqua e si rallegrasse la faccia di tutto il mondo».

(Cirillona, Inno sulla lavanda dei piedi)


3. Il dono dell`adozione

E compiuto il tragitto, vennero nella regione di Gennesaret. Ora, avendolo gli abitanti di quel luogo riconosciuto, mandarono in tutti quei dintorni, e condussero a lui tutti gli ammalati, pregandolo di poter toccare anche soltanto il lembo del suo mantello, e quanti lo toccarono, furono risanati (Mt 14,34-36). La gente non gli si accosta piú come prima, obbligandolo ad andare nelle proprie case a imporre le mani sugli infermi e a comandare alle malattie di ritirarsi. Ora invece chiedono e si guadagnano la guarigione in un modo piú elevato e piú sapiente e con una fede piú grande. Senza dubbio l`emorroissa aveva insegnato a tutti il modo in cui comportarsi. L`evangelista, inoltre, per far capire che molto tempo addietro il Maestro era stato da quelle parti, dice: «Avendolo gli abitanti di quel luogo riconosciuto, mandarono in tutti quei dintorni, e condussero a lui tutti gli ammalati». Il tempo non solo non ha distrutto la loro fede, ma al contrario l`ha mantenuta vigorosa e l`ha accresciuta.
Tocchiamo, dunque, anche noi il lembo del suo mantello; anzi, se vogliamo, noi possiamo avere Cristo tutto intero. Il suo corpo infatti è ora davanti a noi. Non il mantello semplicemente, ma il suo stesso corpo: e non solo per toccarlo, ma per mangiarlo, ed esserne saziati. Accostiamoci quindi con fede, portando ognuno la propria infermità. Se coloro che toccarono il lembo del suo mantello si attirarono tanta virtù risanatrice, ancor piú possono attendersi coloro che ricevono Gesú Cristo tutto intero. Tuttavia, accostarsi con fede a Cristo non significa semplicemente prendere ciò che viene offerto, ma toccarlo con cuore puro e con disposizioni piene di fervore, sapendo che ci avviciniamo a Cristo in persona. Che importa se tu non senti la sua voce? Tu lo contempli sull`altare; o meglio tu senti anche la sua voce, dato che egli ti parla per mezzo degli evangelisti.
Credete con viva fede che anche ora c`è la stessa cena alla quale Gesú prese parte con gli apostoli. Non c`è infatti nessuna differenza tra l`ultima cena e la cena dell`altare. Neppure si può dire che questa sia celebrata da un uomo, mentre quella da Cristo, perché Gesú stesso compie questa come quella. Orbene, quando tu vedi il sacerdote presentarti questo sacro cibo, non pensare che è il sacerdote a dartelo, ma sappi che è la mano di Cristo tesa verso di te. Come nel battesimo non è il sacerdote che ti battezza, ma è Dio che sostiene il tuo capo con la sua invisibile potenza, e neppure un angelo, né un arcangelo né chiunque altro osa avvicinarsi e toccarti, cosí avviene anche ora. Quando Dio ci genera nel battesimo facendoci suoi figli, questo dono è esclusivamente suo. Non vedi che nel mondo coloro che adottano dei figli non affidano questo incarico ai loro servi, ma si presentano di persona al tribunale? Nello stesso modo anche Dio non ha affidato agli angeli il suo dono, ma egli stesso si presenta di persona e comanda: Non chiamate Padre vostro alcuno sulla terra (Mt 23,9). Non parla cosí perché tu debba mancare di rispetto a coloro che ti hanno messo al mondo, ma per insegnarti a preferire a tutti colui che ti ha creato e ti ha iscritto, con l`adozione, tra i suoi figli. Ed ora, Cristo che ti ha fatto il dono piú grande offrendo e consegnando se stesso alla morte, assai minor difficoltà avrà a darti il suo corpo. Comprendiamo bene tutti noi, sacerdoti e fedeli, quale dono il Signore si è degnato di darci e a quale onore ci ha elevati. Riconosciamolo e tremiamo. Cristo ci ha dato di saziarci con la sua carne, ci ha offerto se stesso immolato. Quale scusa avremo ancora se, così alimentati, continuiamo a peccare, se, cibati dell`Agnello, viviamo come lupi; se, nutriti di tale cibo, non cessiamo di essere avidi come i leoni? Questo sacramento esige non solo che siamo sempre esenti da ogni violenza e rapina, ma puri anche della piú piccola inimicizia. Questo sacramento infatti è un sacramento di pace, e non permette di avere attaccamento alle ricchezze. Gesú per noi non ha risparmiato se stesso: quale giustificazione potremo dunque invocare se, per conservare i nostri beni, trascuriamo la nostra anima per la quale Cristo non ha risparmiato la sua vita? Dio aveva istituito per gli Ebrei alcune feste annuali a ricordo dei suoi benefici; ma per te, ora, il ricordo esiste ogni giorno per mezzo di questi sacri misteri. Non vergognarti dunque della croce. Queste sono le nostre realtà sacre, questi sono i nostri misteri; con questo dono ci adorniamo, di esso ci fregiamo e ci gloriamo. Quand`io dicessi che Dio ha disteso il cielo, ha dispiegato la terra e i mari, ha inviato profeti e angeli, non direi niente di paragonabile a questo sacramento. La somma di tutti i beni sta nel fatto che Dio non ha risparmiato il proprio Figlio per salvare dei servi che gli erano ostili.
Che nessun Giuda, nessun Simon Mago si accosti dunque a questa tavola: l`uno e l`altro infatti sono periti per il loro amore al denaro. Fuggiamo questo abisso di male e non pensiamo che basti ad assicurare la nostra salvezza, dopo aver con le nostre rapine spogliato le vedove e gli orfani, presentare all`altare un calice d`oro, ornato di pietre preziose. Se vuoi onorare questo sacrificio, presenta la tua anima, per la quale esso è stato offerto. Fa` che la tua anima sia tutta d`oro, perché, se essa rimane peggiore del piombo o di un coccio, che guadagno ti procura il calice d`oro che tu doni alla chiesa? Non preoccuparti quindi di offrire soltanto vasi d`oro, ma bada che essi siano frutto di oneste fatiche. Doni ben piú preziosi dell`oro sono quelli che non provengono dall`avarizia. La chiesa non è un`oreficeria, né una zecca, ma un`assemblea di angeli. Abbiamo perciò bisogno di anime; Dio infatti ammette anche questi vasi sacri, ma solo per le anime. Non era d`argento quella tavola e neppure d`oro era il calice con cui Cristo diede ai discepoli il suo sangue, ma tutto quello era prezioso e degno del piú profondo rispetto, perché era ricolmo di Spirito Santo.
Vuoi onorare il corpo di Cristo? Ebbene, non tollerare che egli sia ignudo; dopo averlo ornato qui in chiesa con stoffe di seta, non permettere che fuori egli muoia di freddo per la nudità. Colui che ha detto questo è il mio corpo (Mt 26,26), confermando con la sua parola l`atto che faceva, ha detto anche: «Mi avete visto soffrire la fame e non mi avete dato da mangiare» e quanto non avete fatto a uno dei piú piccoli tra questi, neppure a me l`avete fatto (Mt 25,42-45). Il corpo di Cristo che sta sull`altare non ha bisogno di mantelli, ma di anime pure; mentre quello che sta fuori ha bisogno di molta cura. Impariamo quindi a pensare e a comportarci degnamente verso così grandi misteri e a onorare Cristo come egli vuol essere onorato. Il culto piú gradito che possiamo rendere a colui che vogliamo venerare è quello che egli stesso vuole, non quello che pensiamo noi. Anche Pietro credeva di onorare Gesú, impedendogli che gli lavasse i piedi (cf. Gv 13,8), ma ciò non era onore, bensí il contrario. Cosí anche voi onoratelo nella maniera che egli stesso ha comandato, impiegando cioè le vostre ricchezze a favore dei poveri. Dio non ha bisogno di vasi d`oro, ma di anime d`oro.

(Giovanni Crisostomo, In Matth., 50, 2 s.)


4. La funzione mediatrice del sacerdote

O sacerdote, che compi il tuo ufficio ministeriale sulla terra in modo spirituale, e che le creature spirituali non possono imitare! O sacerdote, come è grande la funzione che tu adempi e che sognano i ministri «di fuoco e di spirito!».
Chi esprime adeguatamente la grandezza del tuo compito, che è al di sopra degli esseri celesti a causa del titolo del tuo potere? La natura di uno spirito è piú sublime e piú gloriosa della tua, ma non le è permesso di imitarti raffigurando una immagine dei misteri. Un angelo è grande, e diremmo, piú grande di te; ma, quando si paragona il tuo ministero al suo, egli è inferiore a te. Il serafino è santo, il cherubino è bello, l`angelo è veloce; tuttavia non possono muoversi cosí rapidamente come la parola della tua bocca. Gabriele è glorioso; Michele è grande, e il loro nome lo indica; tuttavia, in ogni momento, essi si inchinano davanti al mistero deposto tra le tue mani.
Essi ti stimano, quando tu ti avvicini per compiere il tuo ministero, e ti attendono a condizione che tu dia il segnale ai loro canti di santificazione.
Essi si mettono alla tua destra per esser pronti a cantare le lodi, e quando tu hai compiuto il mistero della tua salvezza, essi acclamano queste lodi. Essi sono sottomessi con amore alla volontà che è nascosta nei tuoi misteri e ti onorano per la funzione, che tu adempi. E se gli esseri spirituali onorano impassibili la tua funzione, chi non ti concederebbe una corona di lode a causa della grandezza della tua funzione?
Ammiriamo continuamente la superiorità della tua dignità maestosa, che ha sottomesso al suo potere il cielo e la terra.
I sacerdoti della Chiesa si sono impadroniti del potere in Cielo e sulla terra, e comandano agli esseri celesti e terrestri.
Essi si pongono come mediatori tra Dio e gli uomini, e con le loro parole scacciano il male tra gli uomini. La chiave delle misericordie divine è stata posta nelle loro mani e distribuiscono la vita agli uomini secondo il loro beneplacito.
La potenza nascosta li ha fortificati per compiere questo, affinché essi manifestino visibilmente l`amore di Dio nell`opera delle sue mani. Egli ha manifestato il suo amore nel Sacramento che ha trasmesso agli esseri umani, perché in virtù di questo dono, degli uomini abbiano compassione degli altri uomini.
Egli ha trasmesso il suo dono potente ai sacerdoti affinché essi fortifichino con lui gli uomini deboli, colpevoli di aver peccato. Il sacerdote paga il debito dell`umanità per mezzo del suo ministero, e cancella con l`acqua l`obbligo contratto da essi nel loro genere umano e lo riabilitano.
Come in una fornace, egli depone i corpi per battezzarli, e come in un fuoco, consuma le spine della mortalità.
Egli getta nell`acqua il rimedio dello Spirito come in una fornace e purifica l`immagine dell`uomo dalle sue impurità.
In virtù del calore dello Spirito, egli toglie la ruggine dal corpo e dall`anima, che acquistano invece di un colore argilloso, quello degli esseri celesti...
Come Mosè, anch`egli si mantiene in riva al mare, ma al posto di un bastone, egli eleva la sua parola sull`acqua muta. Egli percuote le acque con la parola della sua bocca, come il figlio di Amram, ed esse ascoltano la sua voce, meglio della voce del figlio degli Ebrei, esse ascoltarono Mosè, ma anche ascoltandolo, esse non furono santificate. Ma ubbidendo al sacerdote della Chiesa, esse divennero sacre.
L`israelita, veramente, non divise che il mare e il suo grande miracolo non bastò a purificare l`inquinità del suo popolo.
Appartiene al sacerdote operare questo grande miracolo, che non ha nulla di simile tra quelli che sono stati operati, per il fatto che egli ha il potere di rimettere il male a cose inanimate [insensibili-spirituali].
Il sacerdote innalza il suo sguardo verso questo segno che opera la creazione, ed impara da lui come produrre una nuova creazione. Egli imita anche il modo di fare di colui che creò il mondo, e fa intendere la sua voce come colui che la fece ascoltare all`origine sulla terra.
Come il Creatore, anch`egli comanda, all`acqua ordinaria, e in luogo della luce si manifesta in essa il potere della vita. La voce del Creatore creò dal nulla gli astri, e il sacerdote, partendo da qualche segno, crea un`altra cosa in virtù della potenza del Creatore.
Non è sua, la creazione che egli opera in mezzo alle acque, ma essa appartiene al segno che produsse la creazione dal nulla.
Quel comando che Dio espresse, dal quale le creature ragionevoli e sensibili ebbero l`esistenza, egli lo concede di nuovo. Questa è parola che le acque ascoltano dalla bocca del sacerdote, ed esse generano l`uomo. Il frutto che esse portano ora è piú grande del primo, cosí grande è il potere che esercita un uomo ragionevole sopra un essere muto.
Come un seme, egli getta la sua parola in mezzo alle acque, ed esse concepiscono e generano un frutto, non comune.
Egli si intrattiene oralmente con le acque mute con parole spirituali, ed esse acquistano il potere di dare la vita alle nature ragionevoli. Le acque silenziose ascoltano quelli che possono parlare, pronunziare delle parole nuove, come quelle che Maria intese dalla bocca di Gabriele.
Anch`egli fece ascoltare una «buona novella» alle orecchie degli uomini, simile a quella speranza della nascita del Figlio che annunziò l`angelo. Nella sua funzione il sacerdote tiene il posto dell`angelo, un posto migliore del suo, per il fatto che bisogna ottenere la speranza per quelli che sono senza speranza, per mezzo di quello che esprimono le sue parole. Egli adempie l`ufficio di mediatore tra l`essenza divina e gli uomini e conferma con le sue parole l`alleanza delle due parti.
Egli supplica, gemendo, l`Essere nascosto, che è nascosto ma si manifesta per mezzo del suo amore, e la potenza che procede da lui, discende accanto al sacerdote, compiendo ciò che egli dice.

(Narsai il Lebbroso, De mysterio eccl., passim)


5. La Messa e l`offerta

L`offerta che vien fatta è la stessa, chiunque sia l`offerente, sia Paolo, sia Pietro; è la stessa, che Cristo diede ai discepoli, e che ora i sacerdoti presentano ai fedeli. Questa, che vien data dai sacerdoti oggi, non è in nessun modo inferiore a quella che fece Cristo allora, perché non sono gli uomini che la consacrano, ma quello stesso Cristo, che consacrò la prima. Come, infatti, le parole, che Dio disse, sono le stesse che dice oggi il sacerdote, così l`offerta è la stessa; come il battesimo nostro di oggi è il medesimo battesimo di Cristo. Cioè, rientra tutto nel campo della fede.
Dunque, è corpo di Cristo questo che diamo noi, come era corpo di Cristo quello ch`egli stesso diede ai discepoli; e chi pensa che questo, che diamo noi, sia inferiore in qualche modo a quello, che Cristo diede, dimostra di non capire che anche oggi è ancora Cristo che è presente e agisce.

(Giovanni Crisostomo, In Epist. II ad Timoth., 4, 4)


6. Il compito del sacerdote

Se lo stesso Gesú Cristo Signore e Dio nostro è il Sommo Sacerdote di Dio Padre e per primo offrí se stesso in sacrificio e ordinò di fare questo in sua memoria, allora rappresenta veramente Cristo quel sacerdote che imita ciò che Cristo fece, e quindi offre a Dio Padre nella Chiesa un sacrificio vero e pieno, se cerca di offrirlo così come riconosce che Cristo stesso fece.

(Cipriano di Cartagine, Epist., 63, 14)
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29/03/2013 07:37
 
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VENERDI` SANTO

Da quando si cominciò a celebrare la Pasqua in giorno di domenica, il Venerdí Santo diventò il giorno della commemorazione della morte del Signore. A Gerusalemme verso la fine del IV secolo, prima del mezzogiorno si esponevano nella chiesa della Santa Croce sul Golgota le reliquie della Croce del Signore, che erano venerate dai fedeli. A mezzogiorno, il popolo si radunava di nuovo davanti alla stessa chiesa: dalle 12 fino alle 15, si leggeva la Sacra Scrittura e si cantavano i salmi. Sia in Oriente che in Occidente, in questo giorno non si celebrava l`Eucaristia. A Roma, si celebrava una funzione sacra la sera: si leggevano due brani dal Vecchio Testamento e la Passione del Signore secondo Giovanni. La liturgia si concludeva con le solenni preghiere di origine antica, per i rispettivi ceti della Chiesa. L`adorazione della Croce, sull`esempio dell`adorazione di Gerusalemme, venne introdotta nel secolo VII. Roma era in possesso nientemeno che delle reliquie della santa Croce. Il papa si recava dal Laterano alla chiesa di Santa Croce in Gerusalemme insieme con alcuni diaconi, che portavano le reliquie. Queste venivano poste sull`altare e in grande semplicità si iniziava l`adorazione. In Spagna e in Gallia si arriva alla drammatizzazione della liturgia: si svelava ed esponeva la Croce, ci si prostrava per tre volte davanti al Legno sacro, si cantavano gli improperi «Popolo mio» e altri inni. Questi elementi saranno introdotti nella liturgia romana nel IX-X secolo. La santa Comunione delle specie consacrate il Giovedi Santo compare a Roma sotto l`influsso della liturgia orientale nel VII-VIII secolo, però nel XIII secolo verrà limitata al solo celebrante.
Nei paesi nordici, c`è un rito simile alla reposizione del Santissimo Sacramento il Giovedí Santo, che viene chiamato «la deposizione della Croce e dell`Ostia». Ben presto, il rito viene accolto in molte chiese eccetto la romana. Alcuni deponevano nel sepolcro il Santissimo Sacramento (Augsburg), altri invece la Croce (Inghilterra, Francia). I fedeli adoravano l`Ostia e la Croce fino al mattino di Pasqua.
La Chiesa rimane oggi con il Signore che affronta la Passione per la salvezza del mondo. Sta insieme con Gesú nel Giardino degli Olivi, vive insieme con Lui l`arresto e il giudizio, cammina col Salvatore lungo la Via della Croce, resta con lui sul Calvario e sperimenta il silenzio del sepolcro. La liturgia della parola ci introduce nel mistero della Passione del Signore. Il sofferente Servo di Dio, disprezzato e respinto dagli uomini, viene condotto come agnello al macello. Dio pose su di lui le colpe di noi tutti. Cristo muore nel momento in cui nel tempio vengono sacrificati gli agnelli necessari alla celebrazione della cena pasquale. E` Lui il vero Agnello, che toglie i peccati del mondo. Egli viene offerto come nostra Pasqua. Cristo morí per tutti gli uomini e perciò in questo giorno la Chiesa, secondo la sua piú antica tradizione, rivolge a Dio una grande preghiera. Prega per tutta la Chiesa nel mondo, chiede l`unificazione di tutti i credenti in Cristo, intercede per il Popolo Eletto. Ricorda tutti i credenti delle altre religioni come anche chi non crede, prega per i governanti e per gli afflitti.
Come non ringraziare Dio in questo giorno? Lodiamo Gesú e rendiamogli grazie, adorando la Croce su cui si compí la salvezza del mondo. Non solo glorifichiamo il Signore, ma ricevendo la santa Comunione dai doni consacrati ieri ci uniamo a Cristo: ogni volta che mangiamo di questo Pane annunziamo la morte del Signore, nell`attesa della sua venuta.

Oggi viene messo in croce colui che mise la terra sopra le acque: con una corona di spine viene cinto il capo del re degli angeli, con falsa porpora viene coperto colui che copre il cielo di nubi; riceve uno schiaffo colui che nel Giordano diede la libertà ad Adamo: lo sposo della Chiesa viene confitto in croce: il figlio della Vergine viene trafitto con una lancia. Adoriamo la tua passione, o Cristo; e tu mostraci anche la tua gloriosa risurrezione.

(Antiphona ad nonam, EE, n. 3123)


1. La cena e le tappe della Passione

Il salvifico mistero della Croce,
Quella sera hai mostrato e rivelato;
Nel tuo Corpo, fonte della vita,
Al pari della Coppa, l`hai distribuito e dato.
Degnati con la santa Assemblea
Di render anche me partecipe alla Mensa,
Del Pane tuo di vita di cui ho fame
E della tua Bevanda cui assetato anelo.

Lavanda dei piedi (Gv 13,1-20)

Tu hai lavato in una bacinella
Con le tue mani pure i loro piedi
Ed hai insegnato loro l`umiltà
Dianzi in parole, ed in quel punto a fatti.
Lava del pari il fango delle mie miserie
Per le suppliche della santa Comitiva
E indirizza il cammino dei miei passi
Sulla via dell`umiltà verso il tuo cielo.

L`agonia (Mt 26,36-46)

Nelle oscure ore della notte
Hai mostrato la tua natura umana:
Nel terrore Tu fosti in agonia,
Ed hai pregato il Padre che è nei cieli.
Libera anche me dai segreti strali
E dal terrore opprimente della notte;
Le facoltà dell`anima e del corpo
Siano fisse nel santo tuo timore.

L`arresto (Mt 26,47-56)

Sei stato legato per quei che si è legato;
Tu hai disciolto il nodo del legame;
Svincolami dai lacci volontari:
Dai viluppi infernali dei peccati.

Davanti al Sinedrio (Mt 26,59-68)

Pel condannato a motivo del peccato,
Sei comparso, Innocente, in tribunale;
Quando nella gloria del Padre tornerai,
Con lui non giudicarmi.
Sacrileghi sputi T`hanno offeso,
Per l`onta della prima creatura;
Dell`Impudente, l`onta cancella dei peccati
Con la quale ho coperto il mio sembiante.
Hai permesso al cattivo servitore,
D`imprimerti lo schiaffo schernitore;
Colpisci con fermezza la faccia del Cattivo,
Come con par durezza ha schiaffeggiato lui.

Il rinnegamento di Pietro (Mt 26,69-75)

Non hai lasciato che la Pietra rotolasse
Fin negli abissi profondi del peccato,
Ma, per le lacrime amare del suo cuore,
Hai perdonato chi Ti ha rinnegato.
Anche me, come lui rialza
Dalla caduta dove sono incorso,
Dando ai miei occhi lacrime copiose
Ed al mio capo acqua come al mare.

Oltraggi (Mt 27,27-31)

Ti sei rivestito di porpora,
La clamide rossa hai posto sulla tua persona;
Simile ignominia potevano pensarla
Solo i soldati di Ponzio Pilato.
Allontana da me il cilicio del peccato
La rossa porpora dal color del sangue;
E rivestimi dell`abito gioioso
Che al primo uomo indosso Tu ponesti.
Piegando il ginocchio, si fanno burle;
Giocando, si fanno beffe;
Le celesti schiere, ciò considerando
Con timore adorano.
[Tutto hai subito] per togliere dalla natura di Adamo
Tu rilevi l`onta dell`amico del peccato,
Dall`anima mia, dalla mia coscienza,
Leva via la vergogna, piena di tristezza.
La tua celeste testa -
Davanti a cui sta in tremito di spavento il Serafino -,
Copertala d`un velo, vi si davan pugni,
E colpi di nodosa canna.
Per causa della testa [dell`uomo] tratta dalla terra
Che inchinata s`era ai piedi della donna,
Perché in modo piú sublime del celeste Coro,
Tu potessi congiungerla al tuo Corpo.
E la mia [testa] caduta sino al suolo
E inchinata ai piedi del Maligno,
Per le opere tutte dell`Iniquo
Che mi piombarono a terra,
Non permettere di giocar con essa,
Come i bambini giocano alla palla,
Voglia Tu invece liberarla dal Nemico,
Per unirla di nuovo alla tua Testa.

La flagellazione (Mt 27,26)

Per l`intero tuo corpo
E su tutte le parti di tue membra
I colpi del terribile flagello
Ha ricevuto per verdetto iniquo.
Io che dai piedi al capo
Soffro di dolori intollerabili,
Guariscimi di nuovo, una seconda volta,
Come con grazia di Fontana sacra.

La corona di spine (Mt 27,29)

In cambio delle spine della colpa,
Che ha fatto crescere per noi la maledizione,
Sul tuo capo è stata posta una corona [di spine]
Dagli operai della Vigna d`Israele.
Strappa da le spine della colpa
Che in me ha piantato il mio Nemico;
Guarisci la morsura della piaga,
Sian soppresse le stimmate del male.

La crocifissione (Mt 27,32-43)

In cambio del frutto soavissimo
Dell`amaro [albero], mortifero,
Hai gustato il fiele mescolato
All`aceto, durante la tua sete.
L`amarezza della [bestia] velenosa,
Inoculata nelle facoltà dell`anima,
Lungi da me rigettala con essa,
E l`amor tuo diventi in me soave.
In cambio dell`albero di morte,
Cresciuto in mezzo al Paradiso,
Sulle tue spalle hai portato il legno della Croce,
L`hai portato al luogo detto Golgota.
L`anima mia caduta nella colpa
Carica d`un fardello sí pesante,
Alleviala in grazia del soave giogo
E al carico leggero della Croce.
Il Venerdí, attorno all`ora terza,
Nel giorno in cui fu sedotto il primo uomo,
Signor, sei stato affisso al legno
In una con il ladro malfattore.
Le mani creatrici della terra,
Le hai Tu distese sulla Croce,
In cambio delle mani lor [di Adamo ed Eva] che tese
S`eran e dall`albero colto avean la morte!
Per me che, come loro, ho trasgredito
E forse li ho persino superati,
Piantando di mia mano il seme di Gomorra,
E il frutto di Sodoma gustando,
Non misurar la pena al mal commesso
Non esiger da me l`intero debito
Ma elargisci il perdono al mio delitto
[...].
Tu sei salito sulla Croce santa,
La trasgression degli uomini hai scostato;
E il nemico della nostra specie,
Su [la Croce] Tu l`hai inchiodato.
Fortificami nella protezione
Del santo Segno sempre vincitore,
E quando in cielo apparirà d`Oriente,
Ch`io di sua luce venga illuminato.

Il buon ladrone (Lc 23,39-43)

Al ladrone che stava alla tua destra
La porta hai aperto del Paradiso d`Eden;
Anche di me ricordati quando tornerai
Con la Regalità del Padre tuo.
Anch`io ascolti ciò che fa esultare,
La risposta da Te pronunciata:
«Oggi, sarai tu con me nell`Eden, Nella tua Patria prima!».

La Madre di Gesú (Gv 19,25-27)

Lamentandosi e percotendo il petto
La Madre tua, Signor, presso la Croce,
Quando sentiva che Tu avevi sete,
Cocenti lacrime di dolor versava.
Degnati d`accordarmi di versare
Lacrime abbondanti come il mare,
Sí da lavar le colpe di mia vita
E della veste dell`anima il marciume.

Morte di Gesú (Mt 27,45-53)

Quando con voce forte Tu hai gridato
Dicendo: «Eli, Eli...»,
Si scossero i pilastri della terra,
Gli alti monti tremarono sgomenti.
Mentre il velo dell`Antica Legge
Dall`alto in basso si divise in due;
E le tombe s`aprirono,
Dei Santi i corpi ritornaron in vita.
La luce del sole, messo il velo,
Si oscurò nel pieno del meriggio,
E sull`esempio suo anche la luna,
Nel colore si trasformò del sangue,
Perché videro Te, loro Signore,
Nudo sulla Croce: non poteron sopportarlo;
Al posto degli esseri ragionevoli,
Gli elementi privi di ragione provarono spavento.
Adesso, con le rocce che si sgretolano,
Smuovi il mio cuore immoto verso il bene;
Con i morti che allora si drizzarono,
L`anima mia rialza, uccisa dal peccato.
Con la lacerazione del velo
A causa dei debiti di Adamo,
Lacera in me l`antica cattiveria,
Distruggi l`obbligazione delle colpe di mia vita.
Con l`oscuramento dell`astro luminoso,
Scaccia da me la coorte dei Tenebrosi;
Col suo ritorno alla luce nella nona ora,
Illuminami di bel nuovo.
Per il tuo denudamento sopra il legno,
In cambio della nudità del primo uomo,
Voglia Tu ricoprirmi di tua gloria
Nel giorno del Giudizio universale.
Invece d`abbandonar gli autori de la crocifissione,
La casa e la stirpe dei Giudei,
Pregasti il Padre che sta su nei cieli
Di perdonar la colpa che commisero.
A me che credo con tutta la mia anima
E che Ti adoro, o Figlio unicogenito,
Perdonami i misfatti che ho commesso;
Non si faccia memoria delle colpe andate.

Il colpo di lancia (Gv 19,31-37)

Dopo aver adempiuto la Scrittura,
E rimesso al Padre tuo lo spirito
Quando il soldato ebbe inferto il colpo [di lancia]
Una sorgente uscí dal sacro tuo Costato:
Acqua per lavare alla Fontana sacra,
Sangue da bere nel divin Mistero,
Per la ferita di colei che uscí dal fianco,
Per la quale ha peccato il primo uomo.
Io che sono carne che dal vizio è nata,
E un sangue plasmato dalla polvere,
Tu m`hai lavato con la rugiada del [tuo] Fianco,
Ma io, daccapo, tornato sono al primitivo stato;
Fa`, te ne prego, ch`io non vi rimanga,
Ma degnati di lavarmi grazie ad essa;
Se tali doni non fossero accordati,
Siano almeno [i miei peccati] di lacrime irrigati.
Apri la bocca mia, apri al ruscello
Del Sangue tuo che fiotta dal Costato,
Come bebè che attratto al seno succhia
Il latte della madre a lui vitale.
Sì, che io pure possa ber la gioia
Ed esultare nel tuo Santo Spirito,
Diventi sapido il gusto della Coppa,
L`amor immacolato del Vino senza aggiunte.
Alla tua morte, o Principe Immortale!
Con la morte che nel corpo hai ricevuto,
Nell `immortalità m`hai trasportato,
Gli ultimi nervi della morte hai rotto.
A me di nuovo ucciso dal peccato
E che ho perduto il bene tuo immortale,
Rendimi vivo per il tuo volere,
Per la giustizia del [tuo] comandamento.
Tu, dono eterno dell`umanità caduca,
Tu, che sei reclamato come dono,
Tu, dator di doni per le creature,
Mortali ed immortali.

La sepoltura (Mt 27,57-66)

Come a Giuseppe d`Arimatea,
Il discepolo tuo santo e giusto,
La tua persona accordami come don di grazia,
Tu che elargisci a tutti noi la vita.
Sei stato avvolto in un lenzuolo puro,
Sei stato posto in un sepolcro nuovo,
Deh, fa` ch`io non somigli a quei cotali,
Che nella fossa inferiore son discesi.
L`anima mia fa` che sia morta al vizio
Resa viva da Te per la celeste [fossa],
Per il mistero della santa mirra,
E dell`incenso puro dal soave odore.
Tu che dai Cori angelici,
Con timore nascosto sei onorato,
Proprio Tu, sei stato custodito dai soldati,
O vigile Custode d`Israele.
Con la tua destra prendimi per mano,
Affidami pure all`Angelo tuo santo,
Perché resti sano e salvo nella notte
Nella lotta invisibile.
Sei stato sigillato con l`anello
Della corrotta guardia del Sinedrio;
Tu, tesoro dell`immortale vita,
Sei stato ascoso nel grembo della terra.
Le porte del mio spirito e dei sensi,
Dove è porto l`ingresso al bene e al male,
Sigillale col Segno della Croce
E fissami nel tuo [glorioso] bene.

(Nerses Snorhalì, Jesus, nn. 701-764)


2. Lodi alla Croce

O Croce, benedizione del mondo,
o speranaa, o sicura redenzione,
un tempo passaggio alla geenna,
ora luminosa porta del cielo.

In te è offerta l`ostia
che tutto trasse a sé.
L`assale il principe del mondo
ma nulla di suo vi trova.

L`articolo della tua legge
annulla l`antica sentenza.
Perisce l`atavico servaggio,
vien resa la vera libertà.

La magnificenza del tuo profumo
vince tutti gli aromi.
La dolcezza del tuo nettare
riempie i recessi del cuore.

Per la Croce, o Cristo, ti preghiamo
conduci al premio della vita
quelli che inchiodato al legno
redimere ti sei degnato.

Sia gloria al Padre ingenerato,
splendore sia all`Unigenito,
e maestà sia pari
di entrambi alla gran Fiamma.

(Pier Damiani, In inventione s. Crucis, EE, n. 3295)


3. La Croce è una festa spirituale

Oggi il Signore nostro Gesú Cristo sta in Croce e noi facciamo una festa, perché tu capisca che la Croce è una festa e una celebrazione spirituale. Prima, si, la croce significava disprezzo, ma oggi la croce è cosa venerabile, prima era simbolo di condanna, oggi è speranza di salvezza. E` diventata davvero sorgente d`infiniti beni; ci ha liberati dall`errore, ha diradato le nostre tenebre, ci ha riconciliati con Dio, da nemici di Dio ci ha fatti suoi familiari, da stranieri ci ha fatto suoi vicini: questa croce è la distruzione dell`inimicizia, la sorgente della pace, lo scrigno del nostro tesoro. Grazie alla Croce non vaghiamo piú nel deserto, perché abbiamo trovato la via giusta; non stiamo piú fuori della reggia, perché abbiam trovato la porta; non temiamo piú i dardi infuocati del diavolo, perché abbiam visto dov`è la fonte dell`acqua. Grazie alla croce non c`è piú vedovanza, abbiamo lo sposo; non temiamo piú i lupi, abbiamo il buon pastore. Grazie alla Croce non abbiamo piú paura del tiranno, siamo al fianco del re; e perciò facciamo festa celebrando la memoria della croce. Anche Paolo comandò di far festa per mezzo della Croce: Facciamo festa, dice, non secondo la vecchia fermentazione, ma negli azzimi della sincerità e della verità (1Cor 5,8). E poi ne aggiunge il motivo: Perché Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato per noi. Vedi come ci comanda di far festa per mezzo della croce? perché sulla croce è stato immolato Cristo. Infatti, dov`è il sacrificio, ivi è anche la distruzione del peccato, ivi la riconciliazione col Signore, ivi la festa e la gioia. Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato per noi. Dove, di grazia, è stato immolato? Sopra un alto patibolo. Nuovo l`altare di questo sacrificio, perché il sacrificio stesso è nuovo e stupendo. La stessa persona è vittima e sacerdote; vittima nella carne, sacerdote nello spirito: la stessa persona offriva e veniva offerta nella sua carne. Senti come Paolo spiega le due cose: Ogni pontefice, dice, preso di mezzo agli uomini, viene costituito per gli uomini; perciò è necessario che abbia qualcosa da offrire. Ecco egli offre se stesso (cf. Eb 5,1; 8,3). Altrove poi dice: Cristo s`è offerto una sola volta, per lavare i peccati di molti, apparirà ancora a quelli che lo aspettano per dar loro salvezza (Eb 9,28). Ecco qui è stato offerto, lí invece offrí se stesso. Vedi come s`è fatto vittima e sacerdote e come la croce sia stato l`altare? E perché, mi chiederai, la vittima non è offerta nel tempio, ma fuori città e fuori le mura? Perché si adempisse la profezia Fu annoverato tra i malvagi (Is 53,12). Ma perché sopra un alto patibolo e non sotto un tetto? Perché purificasse l`aria; per questo in alto e non sotto un tetto, ma sotto il cielo.
Veniva purificata l`aria, mentre l`Agnello veniva immolato in alto; ma veniva purificata anche la terra, perché il sangue vi scorse sopra dal fianco. Perciò non sotto un tetto, non nel tempio giudaico, perché i Giudei non si appropriassero della vittima e perché tu non pensassi ch`egli fosse morto solo per quella gente. Perciò fuori la porta e le mura della città, perché capissi che il sacrificio è universale, perché l`offerta era fatta per tutta la terra, perché ti rendessi anche conto che l`espiazione era per tutti non riservata ad alcuni, come presso i Giudei.
Proprio per questo Dio aveva comandato ai Giudei di offrire preghiere e sacrifici in un solo luogo, perché tutta la terra era impura per fumo, tanfo e inquinamento proveniente dai sacrifici dei gentili. Per noi invece, poiché Cristo ha lavato tutto il mondo, qualunque luogo è diventato luogo di preghiera. Perciò Paolo raccomanda che senza timore, in qualunque posto, si facessero preghiere con queste parole: Voglio che gli uomini preghino in ogni luogo, innalzando mani pure (1Tm 2,8). Vedi com`è stato lavato il mondo? Adesso si può pregare dappertutto, perché tutta la terra è stata fatta santa, e piú santa dei luoghi piú sacri del tempio. Perché là veniva offerto un agnello irragionevole, qui un Agnello spirituale, e quanto piú augusto è il sacrificio, tanto piú grande è la santificazione. Ecco perché la Croce ha una celebrazione.

(Giovanni Crisostomo, De cruce et latrone, I, 1, 4)


4. Il mistero della croce

Infatti, poiché è proprio della divinità penetrare in ogni cosa, ed essere prolungata alla natura di quelle cose che esistono per ogni parte (non rimarrà, infatti, alcunché nella loro essenza, se non rimane in ciò che esiste.
Ma ciò che è propriamente è la divina natura: e noi la crediamo essere, per necessità, in tutte le cose che sussistono, siamo spinti da quelle cose che perdurano), siamo ammaestrati a ciò per mezzo della croce, la quale essendo divisa in quattro parti, a tal punto che dal centro fino a quando si congiungono tra di loro, contiamo quattro prolungamenti: poiché chi fu steso in essa per il tempo della morte accettata, collega a sé tutte le cose, collega e raduna l`accordo e l`armonia.
Il pensiero passa, infatti, anche attraverso fini trasversali, secondari.
Se, dunque, tu consideri la struttura delle cose celesti e terrestri, oppure degli estremi dell`universo delle une e delle altre, viene sempre incontro alla tua riflessione la divinità, la quale sola si offre in contemplazione da ogni parte in quelle cose che esistono, e tutte le contiene nella essenza.
Sia, poi, tale divinità da nominarsi la natura, oppure la ragione, o la virtù, o la potenza, o la sapienza, o qualche altra cosa tra quelle che sono eccelse, e che maggiormente possono mostrare colui che è sommo ed eccellente, dalla voce o dal nome o dalla figura delle parole, non grande è per noi la discussione.
Poiché, dunque, tutte le creature aspirano al medesimo obiettivo, ed è intorno ad esso e per se stesso che le tiene aderenti e le congiunge, quelle che si trovano nello stato superiore, a quelle che sono nel mezzo, o in uno stato laterale, sarebbero generate vicendevolmente per lui ed anche congiunte; conveniva [allora] che noi fossimo indotti non solo dall`ascolto alla contemplazione della divinità; ma anche che sembrasse che fosse reso il maestro e dottore delle intelligenze superiori.
Di qui, il grande movimento che Paolo istituí nel mistero: [cioè] che il popolo di Efeso, per la dottrina con la facoltà di concedere la virtù di conoscere quale sia la profondità, la larghezza, l`altezza e la lunghezza [di tale mistero]. Col nome chiama qualsiasi estensione della croce.
L`altezza, invero, è ciò che sovrasta; la profondità, poi, è ciò che è al di sotto, la lunghezza, senza dubbio, e la larghezza sono quelle che lateralmente si estendono.
Piú chiaramente, spiega poi questo senso altrove, come penso nella Lettera ai Filippesi, quando dice:
Nel nome di Gesú Cristo, si pieghi ogni ginocchio, in cielo, in terra e negli inferi (Fil 2,10).
In questo testo con l`unico nome la medesima importanza ed eccellenza abbraccia, affinché colui che intercede tra forze celesti e terrestri, avrà il nome di origine terrena.

(Gregorio di Nissa, Oratio catech., 32, passim)


5. Fondazione dell`uso del segno della croce

Non vergogniamoci della croce del Cristo, ma, anche se un altro lo fa di nascosto, tu segnati in fronte davanti a tutti, di maniera che i demoni, vedendo quel regal simbolo, fuggano via tremando. Fa` il segno della croce quando mangi e bevi, quando stai seduto o coricato, quando ti alzi, quando parli, quando cammini: in qualsiasi circostanza, insomma. Colui il quale, infatti, è stato quaggiú crocifisso, si trova adesso nell`alto dei cieli. Se, certo, dopo esser stato crocifisso e sepolto, egli fosse rimasto nel sepolcro, allora sí che avremmo ragione di arrossire! Chi è stato crocifisso su questo Golgota, invece, dal Monte degli Ulivi, situato ad oriente (cf. Zc 14,4), ascese al cielo (cf. Lc 24,50). Egli, infatti, dopo esser disceso dalla terra negli inferi e, di laggiú, tornato nuovamente presso di noi, risalí ancora una volta dal nostro mondo al cielo, mentre il Padre, acclamandolo, si rivolgeva a lui dicendo: Siedi alla mia destra, finché avrò posto i tuoi nemici a scanno dei tuoi piedi (Sal 109,1).

(Cirillo di Gerusalemme, Catech., 4, 14)


6. Inno alla Croce

O croce grande bontà di Dio, croce gloria del cielo, croce salvezza eterna degli uomini, croce terrore dei malvagi, forza dei giusti, luce dei fedeli.
O croce che hai fatto sí che Dio nella carne fosse di salvezza alle terre e, nei cieli, che l`uomo regnasse su Dio. Per te splendette la luce della verità, l`empia notte fuggí.
Tu distruggesti per i pagani convertiti i templi scalzati, tu armoniosa fibbia di pace, che concilii l`uomo col patto di Cristo.
Tu sei la scala per cui l`uomo può essere portato in cielo. Sii sempre a noi tuoi devoti fedeli colonna ed àncora, perché la nostra casa stia salda e la flotta sicura.
Sulla croce fissa la tua fede, dalla croce prendi la corona.

(Paolino di Nola, Carmen 19, nn. 718-730)
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31/03/2013 10:08
 
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SABATO SANTO

Secondo una vecchia tradizione, questo è il giorno senza l`Eucaristia, il giorno del silenzio e del digiuno a causa della morte del Redentore. Solo la sera si radunano i fedeli per la veglia notturna e le preghiere. I riti del Sabato Santo, anche se celebrati ancora la sera di questo giorno, in sostanza appartengono già alla liturgia della Domenica della Risurrezione.
Il corpo del Figlio di Dio riposa nel sepolcro. All`entrata del sepolcro fu posta una grande pietra, furono apposti i sigilli e le guardie. Se n`è andato il nostro Pastore, la fonte dell`acqua viva; perciò, la Chiesa piange su di lui come si piange l`unico figlio l`Innocente, il Signore è stato ucciso. Il Signore disse una volta: «Come Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, cosí il Figlio dell`uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra» (Mt 12,40); «distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere» (Gv 2, 9).
Nella Liturgia delle ore, nella sua quotidiana preghiera, la Chiesa professa la fede nella Risurrezione di Gesú, nella vittoria di Gesú sulla morte. Il Signore riposa in pace, ma nella speranza che il suo corpo non subirà la corruzione della morte; si apriranno le porte eterne ed entrerà il Re della Gloria; il Signore sconfiggerà le forze infernali e le porte della morte; il Padre salverà la sua anima dal potere delle tenebre.
Fra poco il Signore acclamerà: «Ero morto, adesso vivo in eterno - mie sono le chiavi della morte e dell`abisso». Il chicco di grano gettato in terra porterà frutto. La Chiesa in preghiera attende la Risurrezione del Signore. La preghiera della Chiesa può essere riassunta nel canto, che inizia la odierna liturgia delle ore: «Venite, adoriamo il Signore, il crocifisso e sepolto per noi».

Fratelli carissimi, supplichiamo umilmente
Dio onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo
unico creatore dell`universo,
in questa grande mattina del grande sabato,
ossia della deposizione del Corpo del Signore,
affinché colui che trasse Adamo misericordiosamente
dalle profondità degli inferi,
per la sola misericordia del Figlio suo
tragga noi che con forza gridiamo
dalla feccia presente alla quale aderiamo.
Gridiamo infatti e preghiamo
perché il pozzo dell`inferno non apra su di noi la sua bocca
e liberati dal fango del peccato,
non ricadiamo in esso.

(Missale Gothicum, ed. L.C. Mohlberg, Roma 1961, n. 219)


1. Morte e risurrezione

Benedetto sei, Signore, insegnami i tuoi decreti!

Sei stato deposto in una tomba, o Cristo che sei la Vita,
e le milizie degli angeli, stupefatte,
danno gloria alla tua condiscendenza.

O Vita, come muori? come abiti una tomba?
Ma tu distruggi il regno della morte
ma tu fai risorgere i morti dall`Ade!

Ti esaltiamo, o Gesú, Re,
adoriamo il tuo sepolcro e i tuoi patimenti,
per i quali ci hai salvati dalla corruzione.

Tu che hai stabilito le misure della terra,
o Gesú, Re dell`universo, oggi tu abiti in una piccola tomba,
per far risorgere i morti dai loro sepolcri.

O Gesú Cristo mio, Re dell`universo,
che sei venuto a cercare tra gli abitanti dell`Ade?
Forse sei venuto a liberare la razza dei mortali?

Il Signore di tutte le cose, lo vediamo, è morto,
è stato deposto in un sepolcro nuovo,
lui che svuota le tombe dei morti.

O Cristo, o Vita, sei stato deposto in una tomba
e con la tua morte hai distrutto la Morte
e fatto zampillare sul mondo la vita.

Sei stato messo in mezzo ai malfattori come un malfattore,
o Cristo, che ci giustifichi tutti
dalla malizia dell`antico insidiatore.

Il Bellissimo di bellezza piú di tutti i mortali
appare come un morto senza figura,
lui che fa bella la natura dell`universo.

Come reggerà l`Ade alla tua presenza?
non sarà spezzato, ottenebrato, accecato
dallo splendido fulgore della tua luce?

Gesú, luce mia, dolce e salvifica,
come ti nascondi in una tomba oscura?
Oh, tolleranza ineffabile, infinita!

Anche la natura spirituale,
le moltitudini degli angeli incorporei,
sono senza parola, o Cristo,
di fronte al mistero della tua sepoltura
inesprimibile, ineffabile!

O straordinario prodigio! O accadimento nuovo!
Colui che mi elargisce il respiro
è trasportato senza respiro
dalle mani di Giuseppe,
che gli rende le ultime cure.

Tramonti in una tomba, o Cristo
senza separarti dal seno del Padre.
Ecco il mistero strano e meraviglioso!
Vero Re del cielo e della terra
ti riconosce tutto il creato, o Gesú,
per quanto rinchiuso in una tomba piccolissima.

Quando tu fosti deposto nella tomba, o Cristo Creatore,
le fondamenta dell`Ade vacillarono
e i sepolcri dei morti si aprirono.

Colui che tiene la terra nella sua mano,
ora, morto, è trattenuto col corpo sotto terra,
ma libera i morti dalla presa dell`Ade...

Non piangere per me, o Madre,
vedendo nella tomba il Figlio
che senza seme hai concepito nel tuo seno.
Risorgerò, infatti, e sarò glorificato
e innalzerò nella gloria incessantemente
coloro che ti esaltano con fede e con amore,
perché io sono Dio!

Alla tua nascita straordinaria, ho sfuggito le doglie
e sono stata sovrannaturalmente beata,
o Figlio che non hai principio;
ma ora, vedendoti morto, Dio mio, senza respiro,
sono orribilmente dilaniata dalla spada del dolore;
risorgi, dunque, perché io possa essere detta beata.

La terra mi nasconde perché lo voglio,
ma tremano i custodi dell`Ade
vedendomi rivestito di una tunica insanguinata,
o Madre, dal sangue della vendetta;
perché io, Dio, ho abbattuto i nemici sulla croce;
e risorgerò di nuovo e ti darò gloria!

Esulti il creato, si allietino tutti gli abitanti della terra!
L`Ade, il nemico, è stato spogliato.
Vengano avanti le donne con gli aromi,
io libero Adamo ed Eva e tutta la loro schiatta
e al terzo giorno risorgerò!...

Oggi una tomba racchiude Colui che nella sua mano stringe il creato,
una pietra copre Colui che copre i cieli con la sua potenza.
Dorme la Vita e l`Ade trema e Adamo è sciolto dalle sue catene.
Gloria alla tua Economia!
Per essa, dopo aver compiuto tutto
tu ci hai donato il sabato eterno,
la tua resurrezione santissima dai morti!

Quale spettacolo si contempla, quale riposo quello di oggi!
Dopo aver compiuto l`Economia della passione,
il Re dei secoli celebra il sabato in una tomba,
e ci offre un sabato nuovo. A lui gridiamo:
Risorgi, o Dio, e giudica la terra
perché tu regni nei secoli,
tu che possiedi infinita la grande misericordia!

Venite, vediamo la Vita nostra giacente in una tomba,
per vivificare i morti che sono nelle tombe.
Venite oggi a contemplare il rampollo di Giuda che dorme:
a lui con il profeta gridiamo: Giaci e dormi come un leone;
chi ti risveglierà, o Re? Risorgi per tuo potere,
tu che volontariamente hai dato te stesso per noi.
Signore, gloria a te!

Giuseppe chiese il corpo di Gesú
e lo depose nel suo sepolcro nuovo.
Infatti doveva uscire fuori dalla tomba come da un talamo.
Gloria a te, che hai spezzato la potenza della morte,
gloria a te, che hai aperto agli uomini le porte del paradiso!
Il grande Mosè prefigurava misticamente il giorno di oggi,
dicendo: E Dio benedisse il settimo giorno.
E` questo infatti il sabato benedetto, è questo il giorno del riposo,
nel quale il Figlio Unigenito di Dio si è riposato da tutte le sue opere,

celebrando il sabato nella sua carne per l`Economia della morte,
e, ritornato di nuovo quello che era per la resurrezione,
ci ha donato la vita eterna;
perché è il solo Buono e Amico degli uomini!

Piú che benedetta tu sei, Madre di Dio Vergine,
perché l`Ade è stato fatto prigioniero
da Colui che si è incarnato da te,
Adamo è stato richiamato alla vita,
la maledizione è stata uccisa,
Eva liberata, la morte messa a morte
e noi siamo stati vivificati.
Perciò inneggiando gridiamo:
Benedetto il Cristo, il Dio nostro,
che cosí si è compiaciuto;
gloria a te!

(Liturgia orientale della Settimana Santa)


2. La morte di Cristo

E non è senza scopo che un altro evangelista abbia scritto che il sepolcro era nuovo (cf. Gv 19,41), un altro che era il sepolcro di Giuseppe (cf. Mt 27,60). Di conseguenza, Cristo non aveva un sepolcro di sua proprietà. Effettivamente, il sepolcro viene allestito per quanti stanno sotto la legge della morte (cf. Rm 7,6); ma il vincitore della morte non ha un sepolcro proprio. Che rapporto ci potrebbe essere tra un sepolcro e Dio? Del resto l`Ecclesiaste dice di colui che medita sul bene (cf. Sir 14,22): Egli non ha sepoltura (Qo 6,3). Perciò, se la morte è comune a tutti, la morte di Cristo è unica, e perciò Egli non viene seppellito insieme con altri, ma è rinchiuso, solo, in un sepolcro; infatti l`incarnazione del Signore ebbe tutte le proprietà simili a quelle degli uomini, però la somiglianza va insieme con la differenza della natura: è nato da una Vergine con la somiglianza della generazione, e con la dissomiglianza della concezione. Curava gli ammalati, ma intanto imperava (cf. Lc 5,24). Giovanni battezzava con l`acqua, Egli con lo Spirito (cf. Lc 3,16). Perciò anche la morte di Cristo è comune a quella degli altri secondo la natura corporea, ma unica secondo la potenza.
E chi è mai questo Giuseppe, nel cui sepolcro Egli viene deposto? Senz`alcun dubbio è un giusto. E` bello perciò che Cristo sia affidato al sepolcro di un giusto, e là il Figlio dell`uomo abbia dove posare il capo (cf. Lc 9,58) e trovi riposo nel domicilio della giustizia...
Non tutti riescono a seppellire il Cristo. Del resto le donne, sebbene pietose, stanno lontano, e appunto perché sono pietose osservano con ogni cura il posto per poter recare gli unguenti e cospargere il corpo (cf. Lc 23,55; Mt 27,55). Ma poiché sono piene d`ansia, si allontanano per ultime dal sepolcro e ritornano per prime al sepolcro (cf. Lc 23,55). Sebbene manchi la fermezza, non manca la premura.

(Ambrogio, Exp. Ev. Luc., 10, 140 s., 144)


3. Meraviglie della morte del Signore

E` piú sorprendente la misericordia di Dio verso di noi, per il fatto che Cristo è morto, non per dei giusti né per dei santi, ma per degli iniqui ed empi; e non potendo, per la sua natura divina, subir la morte, nascendo da noi, prese quell`umanità che offrí per noi. Per bocca del profeta Osea una volta minacciò la nostra morte con la potenza della sua morte dicendo: Sarò la tua morte, o morte sarò il tuo morso, o inferno (Os 13,14). Morendo, infatti, subí le leggi dell`inferno, ma risorgendo le spezzò, e cosí infranse la perennità della morte, facendola, da eterna, temporale. Come, infatti, tutti muoiono in Adamo, cosí tutti risorgono in Cristo (1Cor 15,22).
Si faccia perciò quanto dice l`apostolo Paolo, o dilettissimi: Coloro che vivono, non vivano piú per sé, ma per colui che per tutti è morto e risorto (2Cor 5,15); e poiché le cose vecchie son passate ed ora è tutto nuovo, nessuno rimanga nella vetustà della vita.

(Leone Magno, Sermo 59, 8)


4. Corri, Maria: Va` a dire: «Lo Sposo si è svegliato!»

Che la lingua pubblichi ormai queste cose, o donna, e le spieghi ai figli del Regno che attendono che io, il Vivente mi risvegli. Corri, o Maria, a radunare in fretta i miei discepoli. Io ho in te una tromba dalla voce possente: suona un canto di pace alle orecchie timorose dei miei amici nascosti; quasi da sonno tutti risvegliali, perché vengano al mio incontro e che accendano le torce. Va` a dire: «Lo sposo si è svegliato, uscendo dalla tomba, senza nulla lasciare dentro la tomba. Scacciate da voi, o apostoli, la mortale tristezza, poiché si è svegliato colui che offre agli uomini decaduti la risurrezione».

(Romano il Melode, Carmen XL, De resurrect., 12)
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DOMENICA DI PASQUA

Letture: Atti 10,34a; 37-43
1 Corinti 5,6b-8
Giovanni 20,1-9

1. La Passione e la Risurrezione di Cristo sono per noi sacramento di vita nuova

1) La Passione e la Risurrezione del Signore ci mostrano due vite: una che noi sopportiamo, l`altra che desideriamo. Potente è infatti chi per darci quella, si è degnato di sopportare questa. E questo ci dice in verità quanto egli ci ama, ed ha voluto avere in comune con noi i nostri mali. Noi siamo nati, ed anch`egli è nato: perché siamo destinati alla morte, egli è morto. In questa nostra vita due cose conoscevamo: l`inizio e la fine, il nascere e il morire: nascendo per avviarci alle tribolazioni, morendo per emigrare verso cose incerte: sol questo abbonda nella nostra contrada. La nostra regione è la terra; la regione degli angeli è il cielo. Venne dunque nostro Signore a questa regione da un`altra regione: venne alla regione di morte dalla regione della vita: alla regione del dolore, dalla regione della beatitudine. Venne portandoci i suoi beni, e sostenne pazientemente i nostri mali. Portava i suoi beni di nascosto, sopportava i nostri mali apertamente; appariva l`uomo, si nascondeva Dio; appariva la debolezza, si nascondeva la maestà; appariva la carne, si nascondeva il Verbo. Soffriva la carne: e dove era il Verbo quando la carne soffriva? Il Verbo non taceva, perché ci insegnava la pazienza. Ecco Cristo Signore è risorto il terzo giorno: dov`è il dileggio dei Giudei? Dov`è il dileggio dei convenuti e degli insipienti principi dei Giudei, di quelli che uccisero il Medico? Ricordate, o carissimi, le cose che avete udito, allorché si leggeva la Passione: "Se è figlio di Dio, discenda dalla croce e gli crederemo; se è figlio di Dio lo salvi lui" (Mt 27,40.42; Mt 27,43). Egli ascoltava queste cose, e taceva; pregava per coloro che dicevano tali cose, e non manifestava se stesso. In altro Vangelo sta scritto persino che esclamò per essi e disse: "Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno" (Lc 23,34). Colà egli vedeva coloro che sarebbero stati suoi in futuro, vedeva coloro che avrebbero creduto in lui di continuo, ad essi voleva perdonare. Il nostro Capo pendeva dalla croce, ma conosceva le sue membra sulla terra.
2) Quando verrà letto il libro degli "Atti degli Apostoli", lí già avete sentito come coloro che si trovarono presenti rimasero ammirati che gli apostoli e quelli che stavano con loro parlassero le lingue di tutte le genti, senza che le avessero apprese, sotto l`ispirazione e per l`insegnamento dello Spirito Santo che avevano ricevuto, e come ad essi stupefatti del miracolo abbia parlato l`apostolo Pietro, ed abbia esposto ad essi che per ignoranza fecero questo male, cioè l`aver ucciso il Signore; ma Dio compí il suo disegno, affinché per tutto il mondo fosse versato il sangue innocente, e fossero cancellati i peccati di tutti i credenti: è morto infatti colui nel quale non poteva essere trovato peccato. La cauzione dei nostri peccati veniva custodita, il diavolo tratteneva presso di sé la sentenza contro di noi; possedeva coloro che aveva ingannato, aveva potere su coloro che aveva vinto. Tutti eravamo debitori, dal momento che tutti nasciamo con un debito ereditario: è stato effuso sangue senza peccato, ed è stata cancellata la cauzione del peccato. Coloro dunque che avevano creduto alle parole di Pietro, secondo gli "Atti degli Apostoli", dissero rattristati: "Che dobbiamo fare, fratelli? Ditecelo" (At 2,37). Disperavano infatti che un cosí grande delitto potesse essere perdonato. E fu risposto loro: "Pentitevi, e ognuno di voi si faccia battezzare nel nome del Signore Nostro Gesú Cristo, e saranno rimessi i vostri peccati" (At 2,38). Quali peccati? Tutti. Come, tutti? Il che è cosa tanto piú grande, poiché avete ucciso Cristo. Cosa potevate compiere in effetti di piú scellerato che l`uccidere il vostro Creatore per voi creato? C`è qualcosa di piú grave che possa fare un malato dell`uccidere il proprio medico? E tuttavia - vien detto loro -, anche questo è perdonato: tutto è perdonato. Vi siete abbandonati alla ferocia, avete effuso il sangue innocente: credete, e bevete ciò che avete effuso.
C`eran dunque di quelli che, in preda a disperazione, dissero: "Diteci, fratelli, cosa dobbiamo fare?" E si sentirono rispondere che i credenti in colui che avevano ucciso possono ricevere il perdono di tanto delitto. Erano là presenti, egli li vedeva: vide dinanzi alla sua croce quegli stessi che aveva previsto prima della costituzione del mondo. E per loro disse: "Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno". Quelli uccidevano il Medico: il Medico faceva con il proprio sangue un medicamento per gli uccisori. Grande misericordia e gloria: cosa mai non sarà loro rimesso, se viene rimesso ad essi persino il fatto di avere ucciso Cristo?
Perciò, carissimi, nessuno deve dubitare che nel lavacro della rigenerazione vengono perdonati proprio tutti i peccati, per minimi o massimi che siano: questo ne è infatti grande esempio e documento. Nessun peccato è piú grave dell`uccidere Cristo: quando persino questo viene perdonato, cosa resta di non perdonato nel credente battezzato?
3) Ma consideriamo, carissimi, la Risurrezione di Cristo: infatti, come la sua Passione ha significato la nostra vita vecchia, cosí la sua Risurrezione è sacramento di vita nuova. Perciò l`Apostolo dice: "Siamo stati sepolti con lui per il Battesimo nella morte, e come Cristo è risuscitato dai morti, così anche noi camminiamo in novità di vita" (Rm 6,4).
Hai creduto, sei stato battezzato: la vecchia vita è morta, uccisa nella croce, sepolta nel Battesimo. E` stata sepolta la vecchia nella quale hai vissuto: risorga la nuova. Vivi bene: vivi, sí, che tu viva, affinché quando sarai morto, tu non muoia.
Considerate, carissimi, quel che disse il Signore nel Vangelo all`uomo che aveva curato: "Ecco, sei stato risanato; non peccare piú, perché non ti accada di peggio" (Gv 5,14). Noi eravamo prigionieri di tale sentenza, ridotti in grande angustia: eppure la sua misericordia non venne mai meno. Assegnò una preghiera ai battezzati, dal momento che quaggiú non si vive esenti da peccato, affinché quotidianamente potessimo dire: Rimetti a noi i nostri debiti (Mt 6,12). Son debiti: quella generale cauzione, ed anche noi che non cessiamo di diventare debitori. Diciamo donde a noi quotidianamente si perdonano; ma non per questo dobbiamo riposare pressoché sicuri in turpitudini, in scelleratezze e in crimini. I peccati non debbono essere nostri amici: li abbiamo rigettati, li abbiamo in odio: non torniamo a mo` di cani al nostro vomito. E se ci sorprendono, sorprendano i non volenti, non gli amatori o i vogliosi ad ogni costo: chi infatti ha voluto coltivare amicizia con i peccati, diverrà nemico di colui che, senza peccato alcuno, venne a cancellare i peccati.
Fratelli miei, considerate quel che dico: chi ama la malattia è nemico del medico. Se stai male nel corpo, e viene da te il medico in veste professionale, dimmi cosa, venendo da te, egli vuole: cosa mai, se non risanarti? Se dunque egli deve essere tuo amico, è necessario che si dimostri nemico della febbre: infatti, se amasse la tua febbre, non amerebbe te. Odia quindi la tua febbre; contro di lei entrò nella tua casa, contro di lei salí in camera tua, contro di lei si accostò al tuo letto, contro di lei tastò il tuo polso, contro di lei ti prescrisse una ricetta, contro di lei compose ed applicò un medicamento: tutto contro di lei, tutto per te. Se dunque egli è tutto contro la febbre, tutto per te, tu, amando la febbre, sei il solo ad essere contro te stesso.
Mi risponderai, lo so, mi risponderai dicendo: Chi è che vuol bene alla febbre? Lo so anch`io, il malato non ama la febbre, però ama ciò che la febbre pretende. Cos`è che disse il medico, allorché venne da te armato della sua arte contro la febbre? Ti disse, se non sbaglio: Non bere bevande fredde. Non bere bevande fredde, ti sei sentito dire dal medico, nemico della tua febbre. Ma, appena il medico è uscito, la febbre ha detto: Bevi qualcosa di freddo. Quando la febbre ti disse questo, dovevi dire: Questa sete è la febbre. Un tacito discorso ti parla, fa inghiottire la sete, il bere dà ristoro: ricorda ciò che il medico disse, non bere. Però, mentre il medico è assente è presente la febbre! Cosa aveva detto il medico? Vuoi averla vinta su di lei? Non cederle. Se ti allei con il medico, sarete in due contro la febbre; se consenti alla febbre, il medico è vinto, ma il peggio è per il malato, non per il medico. Ma, ci mancherebbe altro che il Medico, Cristo, sia vinto in "coloro che egli ha prescelti e predestinati:" perché "quelli che ha chiamati, li ha anche giustificati; quelli che ha giustificati, li ha anche glorificati" (Rm 8,29.30). Si pieghino i vizi, si reprimano le libidini, il diavolo e i suoi angeli si contorcano nel livore. "Se Dio è con noi, chi sarà contro di noi?" (Rm 8,31).
4) Comincia dunque ad agire spiritualmente, vivendo bene ciò che Cristo mostra con la Risurrezione del suo corpo. Invero, non vogliate sperare in altro modo quella medesima cosa, ovvero, la medesima proprietà, la medesima verità, la identica incorruttibilità della carne: è il salario della fede, e il salario vien dato solo alla fine della giornata. Per ora, fatichiamo nella vigna, e aspettiamo la fine della giornata: chi ci ha condotti qui per lavorare, non ci ha infatti abbandonati, perché venissimo meno. Nutre l`operaio che lavora, colui che gli prepara il salario a fine giornata: di modo che il Signore nutre in questo mondo noi lavoratori, non solo con il cibo del ventre, ma anche con quello dello spirito. Se non nutrisse, io non parlerei; perché nutre con la parola, questo facciamo, noi che la predichiamo non ai vostri stomaci bensí alle vostre menti. Assetati ricevete banchettando lodate: perché mai reclamate, se alle vostre menti non perviene alcun alimento? Ma noi cosa siamo? Ministri suoi, suoi servi: infatti non la nostra, ma quella della sua dispensa proferiamo ed eroghiamo a voi. Di questo anche noi viviamo, perché siamo conservi. E cosa vi somministriamo: il pane di lui o uno stesso pane? Chiunque abbia portato un uomo come operaio nella sua vigna, può dare a questi il pane, non se stesso. Cristo invece dà se stesso ai propri operai: se medesimo conserva nel pane, se medesimo serba per mercede. E non diciamo: Se lo mangiamo in tal modo, alla fine cosa avremo? Noi mangiamo, ma egli non finisce: ristora gli affamati, ma egli non viene meno. Nutre cosí i lavoratori, per i quali conserva integra la mercede. Cosa infatti potremmo ricevere di meglio che lui stesso? Se avesse avuto qualcosa di meglio di se stesso, ce lo avrebbe dato: però niente è meglio di Dio, e Cristo è Dio. Ascolta: "In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio; egli era in principio presso Dio" (Gv 1,1.2).
Chi può capire questo? Chi può coglierlo? Chi può intuirlo? Chi può contemplarlo? Chi può pensarlo in modo degno? Nessuno. "Il Verbo si è fatto carne, e ha posto la sua dimora in mezzo a noi" (Gv 1,14). A questo egli ti chiama, affinché tu lavori come operaio. "Il Verbo si è fatto carne". Egli ti chiama: il Verbo sarà la tua lode, il Signore sarà la tua mercede.

(Agostino, Sermo Guelferb. 9)
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05/04/2013 09:21
 
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II DOMENICA DI PASQUA

Letture: Atti 5,12-16
Apocalisse 1,9-11a.12-13.17-19
Giovanni 20,19-31

1. «Pace a voi»

"E quando fu sera in quel giorno che era il primo della settimana, essendo per paura dei Giudei chiuse le porte del luogo dove stavano i discepoli riuniti, venne Gesú, e stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi». E detto questo, mostrò loro le mani e il costato" (Gv 20,18-20). I chiodi avevano trafitto le sue mani, e la lancia aveva aperto il suo costato; ed erano conservati i segni delle ferite per guarire dalla piaga del dubbio i cuori degli increduli. E le porte chiuse non avevano potuto opporsi al suo corpo, dove abitava la divinità. Colui, la cui nascita aveva lasciato inviolata la verginità della madre, poté entrare in quel luogo, senza che le porte venissero aperte.
"I discepoli furono pieni di gioia, vedendo il Signore. Ed egli disse loro di nuovo: «Pace a voi»" (Gv 20,20-21). La ripetizione ha valore di conferma; cioè egli dà ciò che era stato promesso per bocca del Profeta, pace aggiunta a pace (cf. Is 26,3). "Come il Padre ha mandato me" - aggiunge il Signore -"anch`io mando voi" (Gv 20,21). Sapevamo già che il Figlio è uguale al Padre; ora ascoltiamo le parole del Mediatore. Egli mostra, in effetti, di essere il Mediatore, in quanto dice: Egli ha mandato me e io mando voi. "Ciò detto, alitò sopra di essi, e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo»" (Gv 20,22). Soffiando su di essi, mostrò che lo Spirito non era soltanto del Padre, ma era anche suo. "A chi rimetterete i peccati, saranno rimessi, a chi li riterrete, saranno ritenuti" (Gv 20,23). La carità della Chiesa che per mezzo dello Spirito Santo scende nei nostri cuori, rimette i peccati di coloro che partecipano di essa; ritiene invece i peccati di quanti non sono parte di essa. E` per questo che parlò del potere di rimettere o di ritenere i peccati, dopo aver annunziato: «Ricevete lo Spirito Santo».
"Ma Tommaso, uno dei dodici, che era chiamato Didimo, non era con essi, quando venne Gesú. Gli dissero allora gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore». Ma egli rispose loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi, e se non metto il mio dito nel luogo dei chiodi, e la mia mano nel suo costato, non credo «. E otto giorni dopo, i suoi discepoli stavano di nuovo in casa, e Tommaso era con essi. Venne Gesú, a porte chiuse, stette in mezzo a loro, e disse: «Pace a voi». E poi disse a Tommaso. «Appressa qui il tuo dito, e guarda le mie mani, e appressa la tua mano e mettila nel mio costato, e non voler essere incredulo, ma credente». Tommaso gli rispose e disse: «Signore mio e Dio mio!»" (Gv 20,24-28).
Vedeva e toccava l`uomo, ma confessava la sua fede in Dio che non vedeva né toccava. Ma quanto vedeva e toccava lo induceva a credere in ciò di cui sino allora aveva dubitato. "E Gesú gli disse: «Hai creduto perché mi hai veduto»" (Gv 20,29). Non disse: Mi hai toccato, ma disse soltanto: «Mi hai veduto», perché la vista in un certo modo comprende tutti gli altri sensi. Anche noi, infatti, siamo soliti nominare la vista per intendere anche gli altri sensi, come quando diciamo: Ascolta e vedi che suono armonioso, odora e vedi che odore gradevole, assapora e vedi che buon sapore, tocca e vedi come è caldo. In ognuna di queste espressioni si dice: «vedi», anche se vedere è proprio degli occhi. E` cosí che il Signore stesso dice a Tommaso: «Appressa qui il tuo dito, e vedi le mie mani». Egli dice in sostanza: Tocca e vedi, anche se Tommaso non aveva certo gli occhi sulla punta delle dita. Sia alla vista che al toccare si riferisce il Signore dicendo: «Hai creduto perché hai veduto».
Si potrebbe anche dire che il discepolo non lo toccò affatto, sebbene Gesú lo invitasse a farlo. L`evangelista infatti non dice: Tommaso lo toccò. Sia che egli abbia ritenuto sufficiente vedere, sia che abbia anche toccato, è vedendo che credette, e giustamente il Signore esalta come superiore alla sua la fede delle genti che non lo vedranno, con le parole: "Beati coloro che banno creduto, senza avere veduto (ibid.)". In questa espressione usa il tempo passato, in quanto egli considerava, nella predestinazione, già avvenuto ciò che doveva verificarsi nel futuro.

(Agostino, Comment. in Ioan., 121, 4s.)


2. Una cosa è il modo e un`altra è il fatto della risurrezione

Vediamo che cosa ci propone la lettura odierna. Ci suggerisce di cercare una risposta per quelli che si domandano: Come il Signore, che portò nella risurrezione una tale solidità di corpo da essere visto e toccato dai discepoli, poi si sia presentato in mezzo a loro mentre le porte erano sbarrate. Alcuni sono sconvolti da questi particolari al punto da rischiar di perdere la fede, perché oppongono ai miracoli di Dio i pregiudizi dei loro ragionamenti. Essi, infatti, dicono: Se era corpo, se erano carne e ossa, se il corpo era quello stesso che fu appeso in croce, come poté passare per una porta chiusa? Se non era possibile, non è avvenuto. Se era possibile, come era possibile? Ma se tu puoi capire il modo, non c`è piú il miracolo, e se non ti sembra un miracolo, sei sul punto di negare del tutto la risurrezione. Guarda fin dall`inizio i miracoli del tuo Signore, e dimmi come sono avvenuti. Non ci fu intervento d`uomo, e la Vergine concepí. Fammi capire, come ha fatto a concepire una vergine senza l`intervento d`un uomo. Dove vien meno la ragione, lí nasce la fede. Hai già un miracolo nella concezione del tuo Signore; senti ora quello del parto. Una vergine concepí e rimase vergine. Anche lí il Signore, prima di risorgere, è nato a porte chiuse. Mi domandi ancora: Se è entrato a porte chiuse, dove se ne va il modo dei corpi? Ed io ti rispondo: Se camminò sopra il mare, dov`è il peso del corpo? Mi dici: Lí il Signore agí da Signore. Ed io: E quando risuscitò, non era piú il Signore? E come si spiega che fece camminare sul mare anche Pietro? (cf. Mt 14,25-29). In Cristo agí la divinità, in Pietro la fede. Cristo fece da sé, Pietro aiutato da Cristo. Se cominci a discutere l`essenza dei miracoli con i mezzi umani, ho paura che perdi la fede. Lo sai che niente è impossibile a Dio? Se uno, dunque, ti dirà: Se entrò a porte chiuse, non era corpo; tu digli: Eppure, se fu toccato, era corpo; se mangiò, era corpo; lo fece con un miracolo, non per via di natura. Non è meraviglioso il corpo quotidiano della natura? E` tutto un miracolo; ma ciò che accade ogni giorno non sorprende piú. Spiegami un po`: Perché l`albero del fico, che è cosí grande, ha un seme che appena lo si vede e la povera zucca fa un seme cosí grande? In quel seme cosí piccolo, poi, se rifletti, ma non lo vedi; c`è la radice e le foglie, e anche il frutto è anticipato nel seme. Delle cose ordinarie nessuno chiede il come, e tu mi chiedi il come dei miracoli. Leggi il Vangelo e accetta i fatti. Dio ha fatto di piú e tu non ti meravigli della cosa piú grande di tutte: non c`era nulla, e il mondo c`è.

(Agostino, Sermo 247, 2)


3. La Messa proclama la Risurrezione di Cristo

Lo scrittore di questo libro con tanta accuratezza scrisse non semplicemente che Cristo si manifestò ai discepoli, ma precisò, dopo otto giorni e mentre erano tutti raccolti. E che cosa vuole insinuare questo trovarsi di tutti nella stessa casa, se non che Cristo ha voluto manifestarci quale debba essere il tempo delle assemblee che facciamo in suo nome? Si presenta e si ferma un po` con quelli che si erano radunati per cagion sua, nell`ottavo giorno, cioè nella domenica... E` giustissimo, allora, che facciamo le nostre sante adunanze nelle chiese nell`ottavo giorno. E poiché dobbiamo dire qualche cosa di arcano, che supera tutte le menti, chiudiamo le porte; ma viene e appare Cristo a noi tutti, invisibilmente e visibilmente allo stesso tempo; invisibilmente, come Dio, e visibilmente, nel suo corpo. Ci dà la sua carne. Ci accostiamo, per grazia di Dio, per prender parte al mistico sacrificio, prendendo Cristo nelle nostre mani, perché anche noi possiamo credere fermamente ch`egli ha risuscitato il suo tempio. E che la partecipazione al mistico sacrificio sia una professione della Risurrezione di Cristo, è evidente dalle parole che egli stesso pronunziò nella sua celebrazione. Infatti, dopo aver spezzato il pane, lo distribuí dicendo: "Questo è il mio corpo, che sarà dato per voi in remissione dei peccati. Fate questo in mio ricordo" (Lc 22,19; 1Cor 11,24). La partecipazione, dunque, ai misteri è vera confessione e commemorazione che il Signore è morto ed è risuscitato per causa nostra e per nostro vantaggio, e perciò ci riempie di grazia divina.

(Cirillo di Ales., In Ioan. Ev., 12)


4. Il Risorto aiuta l`incredulità di Tommaso

"Metti il tuo dito nel foro dei chiodi" (Gv 20,27), mi hai cercato quando non c`ero, goditi ora la mia presenza. Anche se tacevi io sentivo il tuo desiderio; prima che parlassi, conoscevo il tuo pensiero. Sentii le tue parole e, anche se non mi mostravo, ero vicino alla tua incredulità; senza farmi vedere, davo tempo alla tua incredulità, in attesa del tuo desiderio.

(Basilio di Seleucia, Sermo in Sanct. Pascha, 4)
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10/04/2013 07:49
 
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III DOMENICA DI PASQUA

Letture: Atti 5,27b-32.40
Apocalisse 5,11-14
Giovanni 21,1-19

1. Il mistero della Chiesa adombrato nelle due scene di pesca

Gesú, mentre nasceva il giorno, stava in piedi sulla riva: la riva significa la fine del mare, e rappresenta perciò la fine dei tempi. E ancora immagine della fine dei tempi è il fatto che Pietro trae la rete a terra, cioè sulla riva. E` lo stesso Signore che, in un`altra circostanza, ci chiarisce il significato di queste immagini parlando della rete tratta su dal mare: «Ed essi la tirano sulla riva», dice (Mt 13,38). Che cos`è questa riva? Egli stesso lo spiega poco piú avanti: "Sarà cosí alla fine del mondo" (Mt 13,49).
Ma in quella circostanza si trattava soltanto di un racconto sotto forma di parabola, non del significato allegorico di un fatto reale. Qui, invece, è con un fatto reale che il Signore ci vuole fare intendere ciò che sarà la Chiesa alla fine del mondo, cosí come in un`altra pesca ha raffigurato ciò che è la Chiesa, oggi, in questo mondo (cf. Lc 5,1-11). Il primo miracolo ebbe luogo all`inizio della sua predicazione; il secondo, che è questo di cui ora ci occupiamo, si verifica dopo la sua Risurrezione.
Con la prima pesca egli volle significare i buoni e i cattivi di cui ora la Chiesa è formata; con la seconda indica che la Chiesa, alla fine dei tempi, sarà formata soltanto dei buoni che dopo la risurrezione dei morti, saranno in lei in eterno.
La prima volta Gesú non stava, come ora, sulla riva, quando ordinò di prendere i pesci; infatti, "montato su una barca che era di Simone, lo pregò di scostarsi un poco da terra, e sedendo nella barca ammaestrava le turbe. Appena finí di parlare, disse a Simone. Prendi il largo e calate le vostre reti per la pesca" (Lc 5,1-4). E il pesce che allora fu catturato restò nella barca, perché i pescatori non trassero a riva la rete come fanno ora.
Tutte queste circostanze e le altre ancora che si potrebbero trovare, indicano che nella prima pesca è raffigurata la Chiesa in questo mondo, mentre nella seconda pesca essa è raffigurata quale sarà alla fine del mondo. E` per questo che il primo miracolo Cristo lo compie prima della Passione, il secondo dopo la Risurrezione: là, Gesú raffigura noi chiamati alla Chiesa, qui raffigura noi risorti alla vita eterna.
Nella prima pesca la rete non è gettata solo dal lato destro della barca, a significare la raccolta dei soli buoni, e neppure soltanto dal lato sinistro a significare la pesca dei soli malvagi. Gesú non precisa da quale parte si getta la rete: «Calate le vostre reti per la pesca», dice, per intendere che la Chiesa raccoglie, in questo mondo, i buoni e i cattivi. Qui invece precisa: «Gettate la rete dal lato destro della barca», per significare che debbono essere raccolti solo quelli che stanno a destra, cioè i buoni.
La prima volta la rete si rompe, immagine degli scismi che divideranno la Chiesa: qui invece, nella pace suprema di cui gioiranno i santi, non c`è posto per gli scismi, e perciò l`evangelista afferma: «E benché i pesci fossero tanti» - cioè grandi e molto numerosi - «la rete non si strappò». Egli sembra proprio alludere alla prima pesca, quando la rete si ruppe, per sottolineare con tale paragone la superiorità di questa pesca nella quale solo i buoni vengono raccolti.

(Agostino, Comment. in Ioan., 122, 6 s.)


2. La prova dell`amore

Vi sia un uomo che digiuna, che vive castamente, e che soffre infine il martirio, consumato dalle fiamme, e vi sia un altro che rinvia il martirio per l`edificazione del prossimo e, non solo lo rinvia ma se ne parte da questo mondo senza averlo subito. Quale di questi due uomini otterrà maggior gloria, dopo aver lasciato questa vita? Non c`è bisogno qui di discutere a lungo né di parlare eloquentemente per decidere, dato che il beato Paolo dà il suo giudizio dicendo: "Morire ed essere con Cristo è la cosa migliore, ma rimanere nella carne è piú necessario per causa vostra" (Fil 1,23-24). Vedi come l`Apostolo antepone l`edificazione del prossimo al morire per raggiungere Cristo? Non vi è infatti mezzo migliore per essere unito a Cristo che il compiere la sua volontà, e la sua volontà non consiste in nessun`altra cosa come nel bene del prossimo... "Pietro" - dice il Signore -, "mi ami tu? Pasci le mie pecore" (Gv 21,15), e, con la triplice domanda che gli rivolge, Cristo manifesta chiaramente che il pascere le pecore è la prova dell`amore. E questo non è detto solo ai sacerdoti, ma a ognuno di noi, per piccolo che sia il gregge affidatoci. Difatti, anche se è piccolo, non si deve trascurarlo poiché il "Padre mio" - dice il Signore - "si compiace in loro" (Lc 12,32). Ognuno di noi ha una pecora. Badiamo di portarla a pascoli convenienti. L`uomo, appena si leva dal suo letto, non ricerchi altra cosa, sia con le parole sia con le opere, che di render la sua casa e la sua famiglia piú pia. La donna, da parte sua, si dimostri buona padrona di casa, ma prima ancora di questo abbia un`altra preoccupazione assai piú necessaria, quella cioè che tutta la sua famiglia lavori e compia quelle opere che riguardano il regno dei cieli. Se infatti negli affari terreni, prima ancora degli interessi familiari, ci preoccupiamo di pagare i debiti pubblici perché, trascurando quelli, non ci capiti di essere arrestati, tradotti in tribunale e svergognati obbrobriosamente, a maggior ragione, nelle cose spirituali, facciamo in modo di pagare anzittuto ciò che dobbiamo a Dio, re dell`universo, in modo da non essere gettati là dov`è stridore di denti.
Ricerchiamo, inoltre, quelle virtù che da una parte procurano a noi la salvezza e dall`altra sono utilissime al prossimo. Tali sono l`elemosina, le orazioni; anzi, l`orazione riceve dall`elemosina forza e ali. "Le tue orazioni" - dice la Scrittura - "e le tue elemosine sono servite per essere ricordato al cospetto di Dio" (At 10,4). Ma non solo l`orazione, bensí anche il digiuno riceve dall`elemosina efficacia. Se tu digiuni senza fare elemosina, la tua azione non può essere digiuno e diventi peggiore di un ghiottone e di un ubriaco, tanto peggiore quanto la crudeltà è piú grave peccato della gola. Ma perché parlo del digiuno? Anche se tu vivi castamente, anche se tu conservi la verginità, ma non l`accompagni con l`elemosina, tu rimani fuori della sala nuziale. Che cosa è paragonabile alla verginità che, per la sua stessa eccellenza, non fu posta per legge neppure nel Nuovo Testamento? Tuttavia, anch`essa viene respinta se non è congiunta all`elemosina. Se, dunque, le vergini sono ricacciate perché non l`hanno praticata con generosità, chi mai potrà ottenere perdono se trascura di far elemosina? Nessuno, di certo. Chi non pratica l`elemosina, perirà dunque sicuramente. Infatti, se nelle cose di questo mondo nessuno vive per se stesso, ma l`artigiano, il soldato, l`agricoltore, il commerciante svolgono attività che contribuiscono al bene pubblico e alla comune utilità, molto di piú ciò deve realizzarsi nelle cose spirituali. Vive veramente, soltanto chi vive per gli altri. Chi invece vive solo per sé, disprezza e non si cura degli altri, è un essere inutile, non è un uomo, non appartiene alla razza umana. Tu forse mi dirai a questo punto: Devo allora trascurare i miei affari per occuparmi di quelli altrui? No, non è possibile che colui che si prende cura degli affari del prossimo trascuri i propri. Chi cerca l`interesse del prossimo non danneggia nessuno, ha compassione di tutti e aiuta secondo le proprie possibilità, non commette frodi, né si appropria di quanto appartiene agli altri, non dice falsa testimonianza, si astiene dal vizio, abbraccia la virtù, prega per i suoi nemici, fa del bene a chi gli fa del male, non ingiuria nessuno, non maledice neppur quando in mille modi è maledetto, ma ripete piuttosto le parole dell`Apostolo: "Chi è infermo che anch`io non sia infermo? Chi subisce scandalo che io non ne arda?" (2Cor 11,29). Al contrario, se noi ricerchiamo il nostro interesse non seguirà al nostro l`interesse degli altri.
Convinti, dunque, da quanto è stato detto, che non è possibile salvarci se non ci interessiamo del bene comune, e considerando gli esempi del servo che fu separato e di colui che nascose il talento sotto terra, scegliamo quest`altra via, e conseguiremo anche la vita eterna, che io auguro a tutti noi di ottenere per la grazia e l`amore di Gesú Cristo, nostro Signore.

(Giovanni Crisostomo, In Matth., 77, 6)


3. Mi ami tu?

Ma, prima, il Signore domanda a Pietro ciò che già sapeva. Domanda, non una sola volta, ma una seconda e una terza se Pietro lo ama, e da Pietro altrettante volte si sente rispondere che lo ama; e altrettante volte niente altro gli affida che il compito di pascere le sue pecore. Alla sua triplice negazione fa riscontro la triplice confessione d`amore, in modo che la sua parola non obbedisca all`amore meno di quanto ha obbedito al timore, e in modo che la testimonianza della sua voce non sia meno esplicita di fronte alla vita, di quanto lo fu dinanzi alla minaccia di morte. Sia dunque prova del suo amore pascere il gregge del Signore, come rinnegare il pastore costituí la prova del suo timore.
Coloro che pascono le pecore di Cristo con l`intenzione di farne le proprie pecore, si convincano che amano se stessi, non Cristo; si convincano di essere guidati dal desiderio di gloria, di potere, di denaro, e non dalla carità, che vuole soltanto obbedire, soccorrere ed essere gradita a Dio. Contro costoro vigila la parola del Signore cosí insistentemente ripetuta, gli stessi che strappavano gemiti all`Apostolo perché cercavano la propria gloria, non quella di Gesú Cristo (cf. Fil 2,21).
Che vogliono dire infatti le parole: «Mi ami? Pasci le mie pecore»? E` come se, con esse, il Signore dicesse: Se mi ami, non pensare di pascere le pecore nel tuo interesse; pasci le mie pecore in quanto sono mie, non come se fossero tue; cerca nel pascerle la mia gloria, non la tua; cerca di stabilire il mio regno, non il tuo; cura il mio interesse, non il tuo, se non vuoi essere nel numero di coloro che, in questi tempi perigliosi, amano se stessi, e che perciò cadono in tutti gli altri peccati che da tale amore per sé derivano come dal loro principio. L`Apostolo, dopo aver detto: «Gli uomini invero ameranno se stessi», aggiunge infatti: "Ameranno il denaro, saranno presuntuosi, superbi, bestemmiatori, disobbedienti ai genitori, ingrati, scellerati, empi, disamorati, calunniatori, incontinenti, crudeli, nemici del bene, traditori, protervi, ciechi, amanti piú del piacere che di Dio con la sembianza della pietà, ma privi in realtà della sua virtù" (2Tm 3,1-5).
Tutte queste colpe derivano, come dalla loro sorgente, da quella che per prima l`Apostolo ha citato: «amano se stessi».E` dunque con ragione che il Signore chiede a Pietro: «hai dilezione per me?», e giustamente, alla sua risposta: «Sí, ti amo» egli replica: «Pasci i miei agnelli»; e giustamente ripete per tre volte tali parole. Vediamo anche, in questa circostanza, che la dilezione è la stessa cosa che l`amore: la terza e ultima volta, infatti, il Signore non dice: «hai dilezione per me», ma dice: «Mi ami?».
Non amiamo noi stessi, ma il Signore: e nel pascere le sue pecore, cerchiamo ciò che è suo, non ciò che è nostro. Non so in quale inesplicabile modo accade che, chi ama se stesso e non Dio, non ama nemmeno sé, mentre chi ama Dio e non ama se stesso, in effetti ama anche sé. Colui che non ha la vita da se stesso, muore amando sé: quindi non ama se stesso chi sacrifica la propria vita a questo amore. Colui, invece, che ama il principio della sua vita, tanto piú ama se stesso non amando sé, poiché trascura sé per amare colui dal quale deriva la propria vita.
Non siano dunque tra quelli che «amano se stessi», coloro che pascono le pecore di Cristo, per non pascerle come proprie, ma del Signore...
Tutte queste colpe e le altre simili, sia che si trovino riunite nello stesso uomo, sia che esercitino separatamente il loro dominio, alcune su certi uomini, alcune su altri, derivano tutte dalla stessa radice, cioè dall`amore «per se medesimi». Questo è il pericolo dal quale, sopra tutto, debbono stare in guardia coloro che pascono le pecore di Cristo, in modo da non ritrovarsi mai a cercare il proprio interesse invece dell`interesse di Cristo, o a tentare di trarre soddisfazione dei propri desideri dalle pecore per la cui salvezza è stato versato il sangue di Cristo. L`amore per Cristo deve tanto crescere in colui che pasce le sue pecore, sino a giungere a quell`ardore spirituale che gli farà vincere anche il naturale timore della morte, in modo che egli saprà morire proprio perché vuole vivere con Cristo. L`apostolo Paolo ci dice infatti di avere un grande desiderio di essere sciolto dai vincoli della carne, per ritrovarsi con Cristo (cf. Fil 1,23). Egli geme per il peso di questo corpo, ma non vuole essere spogliato, ma piuttosto sopravvestito, onde ciò che è mortale in lui sia assorbito dalla vita (cf. 2Cor 5,4).

(Agostino, Comment. in Ioan., 123, 5)
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19/04/2013 07:33
 
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IV DOMENICA DI PASQUA

Letture: Atti 13,14.43-52
Apocalisse 7,9.14b-17
Giovanni 10,27-30

1. La vita eterna

I Giudei attribuivano una grande importanza a quanto avevano domandato a Cristo. Se infatti egli avesse detto: Io sono Cristo, dato che essi ritenevano che Cristo fosse soltanto figlio di David, lo avrebbero accusato di volersi arrogare il potere regale. Ma piú importante è quanto egli rispose loro: a quelli che volevano far passare come delitto il dichiararsi figlio di David, egli dichiarò di essere Figlio di Dio. In qual modo? Ascoltate: "Rispose loro Gesú: «Già ve l`ho detto e non credete; le opere che io faccio in nome del Padre mio, rendono testimonianza in mio favore. Ma voi non credete perché non siete delle mie pecore»" (Gv 10,25-26).
Già avete appreso chi siano le pecore: siate nel numero delle sue pecore! Le pecore sono tali in quanto credono, in quanto seguono il loro pastore, non disprezzano colui che le redime, entrano per la porta, ne escono e trovano i pascoli: e sono pecore perché godono della vita eterna. E perché allora disse a costoro: «Non siete delle mie pecore»? Perché egli li vedeva predestinati alla morte eterna, e non riacquistati alla vita eterna col prezzo del suo sangue.
"Le mie pecore ascoltano la mia voce, e io le conosco, ed esse mi seguono; e io do loro la vita eterna" (Gv 10,27-28).
Ecco quali sono i pascoli. Se ben ricordate, egli aveva detto prima: «Ed entrerà e uscirà e troverà i pascoli». Siamo entrati credendo, usciamo morendo. Ma nello stesso modo in cui siamo entrati per la porta della fede, da fedeli anche usciamo dal corpo: usciamo per la stessa porta per poter trovare i pascoli. Questi eccellenti pascoli sono la vita eterna: qui l`erba non si inaridisce, sempre verdeggia, sempre è piena di vigore. Si dice di una certa erba che è sempre viva: essa si trova solo in quei pascoli. «La vita eterna - dice - do loro», cioè alle mie pecore. Voi cercate motivi per accusarmi, perché non pensate che alla vita presente.
"E non periranno in eterno" (Gv 10,27-28); sottintende: voi invece andrete nella morte eterna, perché non siete mie pecore. "Nessuno le rapirà di mano a me (ibid.)". Raddoppiate ora la vostra attenzione: "Il Padre mio che me le ha date, è piu potente di tutti" (Gv 10,29).
Che può fare il lupo? Che possono fare il ladro e il brigante? Essi non possono perdere che quelli che sono predestinati alla rovina. Ma quelle pecore di cui l`Apostolo dice: "Il Signore conosce i suoi" (2Tm 2,19), e ancora: "Quelli che ha conosciuti nella sua prescienza, quelli ha predestinati, e coloro che ha predestinati, li ha anche chiamati; quelli che ha chiamati li ha anche giustificati; e quelli che ha giustificati li ha anche glorificati" (Rm 8,29-30), queste pecore, dicevo, non potranno né essere rapite dal lupo, né asportate dal ladro, né uccise dal brigante. Colui che sa cosa ha pagato per esse, è sicuro delle sue pecore. E` questo il senso delle parole: «Nessuno le rapisce di mano a me».

(Agostino, Comment. in Ioan., 48, 4-6)


2. Cristo vuole riportarci all`unità

Cosí lo stesso "Figlio di Dio, Verbo di Dio" e nello stesso tempo "Mediatore di Dio e degli uomini" come "Figlio dell`uomo uguale al Padre" (1Tm 2,5) per l`unità della divinità e nostro simile per l`umanità che assunse, pregando il Padre per noi con la sua umanità, senza tacere tuttavia di essere con il Padre una sola cosa nella divinità, tra le altre cose dice: "Non soltanto per questi prego ma anche per quelli che crederanno in me, per la loro parola, affinché tutti siano una cosa sola, come tu sei in me, o Padre, ed io in te, affinché anche loro siano una cosa sola in noi; affinché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu mi desti, io l`ho data a loro affinché siano una cosa sola, come noi siamo una cosa sola" (Gv 17,20-22).
Non disse: «Che io e loro siamo una cosa sola», sebbene come capo della Chiesa ed essendo "la Chiesa" il "suo corpo" (Ef 5,23; Col 1,18) potesse dire: «Che io e loro siamo, non una cosa sola, ma uno solo», perché il "capo e il corpo è un solo Cristo" (1Tm 2,5; 1Cor 8,6; 12,20). Ma manifestando la sua divina consustanzialità con il Padre (riferendosi a questo, in un altro passo dice: "Io e il Padre siamo una sola cosa" ([Gv 10,30]), consustanzialità di un genere proprio a lui, cioè uguaglianza consustanziale nella medesima natura, vuole che i suoi siano "una sola cosa", ma in lui. Infatti in se stessi ne sarebbero incapaci, disuniti l`uno dall`altro dalle opposte volontà, dalle passioni, dall`immondezze dei peccati. Per questo sono purificati dal Mediatore per "essere una sola cosa" in lui, non solo nell`unità della natura, nella quale da uomini mortali "diventano uguali agli angeli" (Lc 20,36, Mt 22,30; Mc 12,25), ma anche per l`identità di una volontà che cospira in pieno accordo alla medesima beatitudine, fusa in qualche modo in un solo spirito dal fuoco della carità. E` questo il senso dell`espressione: "Che essi siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa"; come il Padre e il Figlio sono "una sola cosa" non solo per l`uguaglianza della sostanza, ma anche per la volontà, cosí questi che hanno il Figlio come Mediatore tra sé e Dio, siano una cosa sola non soltanto perché sono della stessa natura ma anche per la comunanza di uno stesso amore.

(Agostino, De Trinitate, 4, 8, 12 s.)


3. Gli insegnamenti teorici

Mosè insegna che all`inizio, "Dio fece il cielo e la terra" (Gen 1,1); egli disse queste parole perché conoscessimo la verità sulla Creazione e sul suo autore. E tutte le altre parole del Racconto della Creazione che sono state trascritte, sono state dette non perché le mettessimo in pratica, quanto piuttosto perché le contemplassimo. L`intera Sacra Scrittura corrobora questo insegnamento.
Lo stesso Salvatore, quantomeno, nei Vangeli ora prescrive obblighi da tradurre in pratica, ora fa sapere ciò che occorre conoscere e contemplare. Quando dice, infatti: "Imparate da me che sono mite ed umile di cuore, e troverete riposo alle anime vostre" (Mt 11,29), o ancora: "Se qualcuno vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua ogni giorno" (Lc 9,23; cf. Mt 16,24), egli lo dice perché noi lo si metta in pratica, esattamente come nel caso di: "Siate misericordosi e troverete misericordia" (Mt 5,7), come pure gli altri avvertimenti del genere.
Al contrario, le parole: "Io sono nel Padre e il Padre è in me" (Gv 14,10), oppure: "Il Padre e io siamo una sola cosa" (Gv 10,30), od anche: "Chi vede me, vede il Padre" (Gv 14,9), e del pari le altre rivelazioni inerenti la natura di Dio che si trovano nei due Testamenti, sono state dette e trascritte perché noi le contempliamo ed abbiamo di esse una conoscenza autentica e devota.

(Didimo di Ales., In Zachariam, 3, 13-15)


4. Preghiera per la comunità cristiana

Dio della pace, che di due ci fa uno (Ef 2,14) e ci fonde l`uno con l`altro, che colloca i re sui troni e solleva i poveri dalla terra e innalza gli abietti dal nulla (Sal 112,7); che scelse David e lo prese dalle greggi di pecore (Sal 77,70), sebbene fosse l`ultimo dei figli di Jesse (1Sam 17,14); il quale riempie di forza la parola di quelli che annunziano il Vangelo (Sal 67,12), egli regga la nostra destra, la guidi secondo la sua volontà e la coroni di gloria (Sal 72,24), pascendo i pastori e guidando le guide; perché noi possiamo pascolare con sapienza il suo gregge... Dia lui virtù e fortezza al suo popolo (Sal 67,36) e si formi un gregge splendido e immacolato (Ef 5,27) degno dell`ovile del cielo, nella casa della gioia (Sal 86,7), nello splendore dei santi (Sal 109,3); perché tutti, gregge e pastori, possiamo cantare gloria (Sal 28,9), in Gesú Cristo nostro Signore, al quale sia ogni gloria nei secoli dei secoli. Amen.

(Gregorio di Nazianzo, Sermo 2, 117)


5. Non può avere Dio per padre chi non ha la Chiesa per madre

Ecco quanto il Signore ci dice ammonendoci: "Chi non è con me, è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde" (Mt 12,30). Colui che spezza la concordia, la pace di Cristo, è contro Cristo; e colui che raccoglie fuori della Chiesa, disperde la Chiesa di Cristo.
Il Signore dice: "Io e il Padre siamo uno" (Gv 10,30). E ancora sta scritto del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo: "E i tre sono uno" (1Gv 5,7). Ebbene, può forse esserci qualcuno che creda si possa dividere l`unità nella Chiesa, questa unità che viene dalla stabilità divina e che è legata ai misteri celesti, e penserà che si possa dissolvere per la divergenza di opposte volontà?
Chi non si tiene in questa unità, non si tiene nella legge di Dio, non si tiene nella fede del Padre e del Figlio, non si tiene nella vita e nella salvezza.

(Cipriano, De Unitate Ecclesiae, 6)


6. Inno a Cristo Signore

Freno di puledri indomati,
ala di uccelli smarriti,
timone sicuro delle navi,
Pastore di agnelli regali,
raduna i tuoi figli pieni di semplicità,
per lodare santamente,
per cantare sinceramente con labbra immacolate
al Capo dei pargoli, a Cristo.

Re dei santi e Verbo del Padre
nel piú alto dei cieli
che ogni cosa domini,
governatore della Sapienza,
sostegno nelle fatiche,
ripieno di gioia eterna,
Gesú, Salvatore del genere umano,
Pastore e aratore, timone e freno,
ala celeste della santa schiera.

Pescatore degli uomini mortali
da salvare dal mare di ogni malvagità,
Tu i santi pesci dall`onda nemica
con la dolcezza della vita attiri;
sii guida delle pecore assennate,
Pastore santo, sii il Capo,
o Re di fanciulli innocenti!

Le orme di Cristo sono via al cielo.
Parola eterna, età senza fine,
eterna luce, fonte di pietà.
Tu sei l`autore della virtù nella vita
che si conviene a quei che a Dio inneggiano.
Gesù Cristo, latte celeste
che dal dolce seno della Sposa,
dai doni della tua Sapienza scaturisce;
noi, tuoi figli, con labbra fresche
beviamo al seno della tua Parola
dissetati dalla rugiada dello Spirito.

In semplicità, nel cantico di lode
e con sincero inno, a Cristo Re
rendiamo il tributo santo per la scienza della vita.
Cantiamo insieme, con santa modestia,
cantiamo al Figlio onnipotente!
Noi, nati con Cristo, siamo il coro della pace.
Umile popolo di Dio, insieme,
tutti cantiamo lode al Dio della pace.

(Clemente di Ales., Hymn. ad Christ., passim)


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V DOMENICA DI PASQUA

Letture: Atti 14,20b-26
Apocalisse 21,1-5a
Giovanni 13,31-33a.34-35

1. Uomini nuovi in virtù del comandamento nuovo

Cristo ci ha dunque dato un nuovo comandamento, nel senso che ha detto di amarci l`un l`altro, cosí come egli ci ha amati. E` questo amore che ci rinnova, affinché diveniamo uomini nuovi, eredi del Nuovo Testamento, cantori di un nuovo cantico. Questo amore, fratelli, ha rinnovato anche i giusti dei tempi antichi, i patriarchi e i profeti, come piú tardi ha rinnovato i beati apostoli. Esso ora rinnova tutte le genti, e, di tutto il genere umano che è diffuso ovunque sulla terra, fa, riunendolo, un sol popolo nuovo, il corpo della nuova sposa del Figlio unigenito di Dio, della quale il Cantico dei Cantici dice: "Chi è colei che si alza splendente di candore?" (Ct 8,5, secondo i LXX). Essa è splendente di candore perché è rinnovata: da che cosa, se non dal nuovo comandamento? Ecco perché i suoi membri sono solleciti l`uno per l`altro e se uno soffre, soffrono con lui tutti; se uno è glorificato, gioiscono con lui tutti gli altri (cf. 1Cor 12,25-26). Essi ascoltano e praticano quanto dice il Signore: «Vi do un nuovo comandamento, che vi amiate gli uni gli altri», ma non come si amano quelli che cercano la corruzione, né come si amano gli uomini in quanto hanno la stessa natura umana, ma come si amano coloro che sono dèi e figli dell`Altissimo, e che mirano a divenire fratelli dell`unico Figlio suo, che si amano a vicenda dell`amore del quale egli li ha amati, che li porterà a giungere a quella meta dove egli sazierà tutti i loro desideri, nell`abbondanza di tutte le delizie (cf. Sal 102,5). Allora, ogni desiderio sarà soddisfatto, quando Dio sarà tutto in tutti (cf. 1Cor 15,28). Una tale meta non conoscerà fine. Nessuno muore là dove nessuno può giungere se prima non è morto per questo mondo, e non della comune morte nella quale il corpo è abbandonato dall`anima, ma della morte degli eletti. Quella morte che, mentre ancora siamo in questa carne mortale, eleva il cuore in alto nei cieli. E` di questa morte che l`Apostolo dice: "Perché voi siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio" (Col 3,3). Forse per la stessa ragione sta scritto: "L`amore è forte come la morte" (Ct 8,6).
E` grazie a questo amore che, pur restando ancora prigionieri di questo corpo corruttibile, noi moriamo per questo mondo, e la nostra vita si nasconde con Cristo in Dio; o, meglio, questo stesso amore è la nostra morte per il mondo, ed è vita con Dio. Se infatti parliamo di morte quando l`anima esce dal corpo, perché non dobbiamo parlare di morte quando il nostro amore esce da questo mondo? L`amore è quindi davvero forte come la morte. Che cosa è piú forte di questo amore che vince il mondo?
Ma non crediate, fratelli, che il Signore dicendo: «Vi do un nuovo comandamento, che vi amiate gli uni gli altri», abbia dimenticato quell`altro comandamento che ci è stato dato, che amiamo il Signore Dio nostro con tutto il cuore, con tutta l`anima e con tutto il nostro spirito. Può sembrare che egli lo abbia dimenticato, in quanto dice soltanto: «che vi amiate gli uni gli altri», come se il primo comandamento non avesse rapporti con quello che ordina di amare "il prossimo tuo come te stesso" (Mt 12,37-40).
A "questi due comandamenti" - disse il Signore, come narra Matteo - "si riduce tutta la legge e i profeti (ibid.)". Ma per chi bene li intende, ciascuno dei due comandamenti si ritrova nell`altro. Infatti, chi ama Dio non può disprezzare Dio stesso quando egli ordina di amare il prossimo; e colui che ama il prossimo di un amore spirituale, chi ama in lui se non Dio? Questo è quell`amore liberato da ogni affetto terreno, che il Signore caratterizza aggiungendo le parole: «come io ho amato voi». Che cosa, se non Dio, il Signore amò in noi? Non perché già lo possedessimo, ma perché lo potessimo possedere; per condurci, come poco prima ho detto, là dove Dio sarà tutto in tutti. E` in questo senso che, giustamente, si dice che il medico ama i suoi malati: e cosa ama in essi, se non quella salute che desidera ripristinare, e non certo la malattia che si sforza di scacciare?
Amiamoci dunque l`un l`altro, e, per quanto possiamo, a vicenda aiutiamoci a possedere Dio nei nostri cuori. Questo amore ci dona colui che ci dice: «Come io vi ho amati, anche voi amatevi gli uni gli altri» (Gv 13,34). Egli ci ha amati per renderci capaci di amarci a vicenda; questo ci ha concesso amandoci, che ci stringiamo con mutuo amore e, uniti quali membra da un sí dolce vincolo, siamo il corpo di un tanto augusto capo.
"In questo appunto tutti riconosceranno che voi siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Gv 13,35). E` come se avesse detto: Coloro che non sono miei discepoli, hanno in comune con voi altri doni, oltre la natura umana, la vita, i sensi, la ragione e tutti quei beni che sono propri anche degli animali; essi hanno anche il dono della conoscenza delle lingue, il potere di dare i sacramenti, quello di fare profezie; il dono della scienza o quello della fede, la capacità di distribuire ai poveri tutti i loro beni, e quella di sacrificare il loro corpo nelle fiamme. Ma se essi non hanno la carità, sono soltanto dei cembali squillanti: non sono niente, e tutti questi doni a loro niente giovano (cf..1Cor 13,1-3). Non è dunque in queste grazie, sia pure eccellenti, e che possono esser date anche a chi non è mio discepolo, ma è «in questo che tutti riconosceranno che voi siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri».

(Agostino, Comment. in Ioann., 65, 1-3)


2. Fate in modo di non arrivare a Dio soli

Se credete d`aver fatto del progresso, tirate qualche altro con voi, cercate d`aver dei compagni nella via di Dio. Se uno di voi, fratelli, va al foro o alle terme e incontra uno che sta senza far niente, lo invita a fargli compagnia. E, allora, se andate verso Dio, fate in modo di non andarvi soli. Perciò fu scritto: "Chi ha sentito l`invito, dica a sua volta: Vieni!" (Ap 22,17), in modo che colui che ha sentito nel cuore il richiamo dell`amore divino, faccia sentire anche al suo prossimo la voce dell`invito. E può ben darsi ch`egli non abbia del pane da dare in elemosina, ma, se ha la lingua, ciò che può dare è molto di piú. Val certo di piú, infatti, ristorare con la parola un`anima immortale, che saziare con pane terreno una carne mortale. Fratelli, non negate al vostro prossimo l`elemosina della parola.

(Gregorio Magno, Hom., 6, 6)


3. La carità

Se anche tu desideri questa fede per prima otterrai la conoscenza del Padre. Dio, infatti, ha amato gli uomini. Per loro creò il mondo, a loro sottomise tutte le cose che sono sulla terra, a loro diede la parola e la ragione, solo a loro concesse di guardarlo, lo plasmò secondo la sua immagine (cf. Gen 1,26-27), per loro mandò suo Figlio unigenito (cf. 1Gv 4,9), loro annunziò il regno nel cielo (cf. Mt 25,34) e lo darà a quelli che l`hanno amato (cf.Gc 2,5). Conosciutolo hai idea di qual gioia sarai colmato? Come non amerai colui che tanto ti ha amato? Ad amarlo diventerai imitatore della sua bontà e non ti meravigliare se un uomo può diventare imitatore di Dio: lo può volendolo lui (l`uomo). Non si è felici nell`opprimere il prossimo, nel voler ottenere piú dei deboli, arricchirsi e tiranneggiare gli inferiori. In questo nessuno può imitare Dio sono cose lontane dalla sua grandezza! Ma chi prende su di sé il peso del prossimo (cf. Gal 6,2) e in ciò che è superiore cerca di beneficare l`inferiore; chi, dando ai bisognosi ciò che ha ricevuto da Dio, è come un Dio per i beneficati, egli è imitatore di Dio.

(Ep. ad Diognetum, 10)


4. Solitudine o Vita attiva?

Secondo la vostra capacità aiutatemi e date una mano a un oppresso, e che è per opposte vie attratto dall`istinto e dallo spirito. Quello suggerisce fuga, monti, solitudine, quiete del corpo e dell`anima, raccoglimento interiore e controllo dei sensi, in modo che, libero da ogni macchia, possa avere familiarità con Dio, brilli dello splendore dello Spirito, senza alcuna mescolanza di terreno turbamento, che impedisca la luce divina tanto che possiamo raggiungere la stessa fonte della luce e rimosso ogni specchio dalla verità, mettiamo fine a ogni nostro desiderio. Questo invece mi spinge a uscire, a provvedere alla pubblica utilità, a giovare a me stesso giovando agli altri, a far palese lo splendore di Dio e a portare a Dio un popolo eletto, una gente santa, un regaale sacerdozio (cf. 1Pt 2,9)... e mi dice che uno non deve guardare solo al suo vantaggio, ma deve tener conto anche degli altri. Cristo, infatti, sebbene potesse rimanere nell`onore della sua divintà, non solo si svuotò fino a prendere la forma di un servo (cf. Fil 2,7), ma senza badare alla sua umiliazione affrontò il supplizio della croce, per distruggere il peccato con le sue pene e debellare la morte con la sua morte (Eb 12,2). Le prime voci sono suggestioni dell`istinto personale, le seconde son segnalazioni dello Spirito.

(Gregorio di Nazianzo, Sermo ad Patrem, 12, 4)
[Modificato da Coordin. 02/05/2013 08:17]
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02/05/2013 08:15
 
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VI DOMENICA DI PASQUA

Letture: Atti 15,1-2.22-29
Apocalisse 21,10-14.22-23
Giovanni 14,23-29

1. La presenza dello Spirito

Lo Spirito Santo stesso è amore. Perciò Giovanni dice: "Dio è amore" (1Gv 4,8). Chi con tutto il cuore cerca Dio, ha già colui che ama. E nessuno potrebbe amare Dio, se non possedesse colui che ama. Ma, ecco, se a uno di voi si domandasse se egli ami Dio, egli fiduciosamente e con sicurezza risponderebbe di sí. Però a principio della lettura avete sentito che la Verità dice: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola" (Gv 14,23). La prova dell`amore è l`azione. Perciò Giovanni nella sua epistola dice anche: "Chi dice di amar Dio, ma non ne osserva i precetti, è bugiardo" (1Gv 4,20). Allora veramente amiamo Dio, quando restringiamo il nostro piacere a norma dei suoi comandamenti. Infatti chi corre ancora dietro a piaceri illeciti, non può dire d`amar Dio, alla cui volontà poi contraddice.
"E il Padre mio amerà lui, e verremo e metteremo casa presso di lui" (Gv 14,23). Pensate che festa, fratelli carissimi; avere in casa Dio! Certo, se venisse a casa vostra un ricco o un amico molto importante, voi vi affrettereste a pulir tutto, perché nulla ne turbi lo sguardo. Purifichi, dunque, le macchie delle opere, chi prepara a Dio la casa nella sua anima. Ma guardate meglio le parole: "Verremo e metteremo casa presso di lui". In alcuni, cioè, Dio vi entra, ma non vi si ferma, perché questi, attraverso la compunzione, fanno posto a Dio, ma, al momento della tentazione, si dimenticano della loro compunzione, e tornano al peccato, come se non l`avessero mai detestato. Invece colui che ama veramente Dio, ne osserva i comandamenti, e Dio entra nel suo cuore e vi rimane, perché l`amor di Dio riempie talmente il suo cuore, che al tempo della tentazione, non si muove. Questo, allora, ama davvero, poiché un piacere illecito non ne cambia la mente. Tanto piú uno si allontana dall`amore celeste, quanto piú s`ingolfa nei piaceri terrestri. Perciò è detto ancora: "Chi non mi ama, non osserva i miei comandamenti" (Gv 14,24). Rientrate in voi stessi, fratelli; esaminate se veramente amate Dio, ma non credete a voi stessi, se non avete la prova delle azioni. Guardate se con la lingua, col pensiero, con le azioni amate davvero il Creatore. L`amor di Dio non è mai ozioso. Se c`è, fa cose grandi; se non ci son le opere, non c`è amore.
"E le parole che avete udito, non son mie, ma del Padre che mi ha mandato" (Gv 14,24). Sapete, fratelli che chi parla è il Verbo del Padre, e perciò le parole che dice il Figlio, in realtà, son del Padre, perché il Figlio è Verbo del Padre. "Ho detto queste cose, mentre ero presso di voi"; come non starebbe presso di loro colui che, prima di salire al cielo, promette: "Sarò con voi fino alla fine del mondo" (Mt 28,20)? Il Verbo incarnato rimane e se ne va; se ne va col corpo, rimane con la divinità. Dice che sarebbe rimasto, perché sarebbe stato sempre presente col suo invisibile potere, ma se ne sarebbe andato con la sua visibilità corporale.
"Lo Spirito Santo Paraclito, che il Padre manderà nel mio nome, v`insegnerà tutto e vi ricorderà tutto quello che vi ho detto"(Gv 14,26). Sapete quasi tutti che la parola greca Paraclito, in latino significa avvocato o consolatore. E lo chiama avvocato, perché interviene presso il Padre in favore dei nostri delitti. Questo Spirito, che è una sola sostanza col Padre e con il Figlio, intercede per i peccatori, ed è lui stesso che intercede perché coloro che lui stesso ha riempito di sé, li muove a chiedere perdono. Perciò Paolo dice: "Lo stesso Spirito supplica per noi con gemiti indescrivibili" (Rm 8,26). Ma chi prega è inferiore a colui che è pregato; e come può lo Spirito pregare, se non è inferiore? Ma lo Spirito prega, perché spinge a pregare coloro che ha ripieni. Il medesimo Spirito è chiamato consolatore, perché mentre dispone i peccatori alla speranza del perdono, ne solleva l`animo dalla tristezza. Di questo Spirito poi giustamente si dice: "V`insegnerà ogni cosa", perché se lo Spirito non è vicino al cuore di chi ascolta, il discorso di chi insegna, non ha effetto. Non attribuite al maestro ciò che comprendete, perché se non sta dentro colui che insegna la lingua del maestro si agita a vuoto. Ecco voi sentite ugualmente la voce di uno che parla, ma non percepite tutti ugualmente il senso di ciò che è detto. Se dunque la parola è sempre la stessa, perché nei vostri cuori ve n`è una diversa intelligenza? Certo perché c`è un maestro interiore il quale istruisce alcuni in modo speciale. E di questa istruzione lo Spirito dice attraverso Giovanni: "Egli v`insegnerà tutto" (1Gv 2,27). La parola, quindi, non istruisce, se non interviene lo Spirito. Ma perché diciamo queste cose a proposito dell`istruzione data dagli uomini, quando lo stesso Creatore non istruisce gli uomini, se non attraverso lo Spirito? Certo, Caino, prima di uccidere il fratello, sentí la voce di Dio (Gen 4,7). Ma perché, a motivo delle sue colpe, sentì la voce, ma non ebbe l`unzione dello Spirito, udì la Parola di Dio, ma non la osservò. Bisogna ancora domandarsi perché del medesimo Spirito si dice: "Vi suggerirà tutto", se il suggerire è cosa di un inferiore? Ma poiché per suggerire a volte intendiamo somministrare, l`azione del suggerire è attribuita allo Spirito, non in quanto venga dal basso, ma perché viene dal buio. "Vi lascio la mia pace, vi do la mia pace". Qui lascio li do. La lascio a quelli che seguono, la do a quelli che arrivano.

(Gregorio Magno, Hom., 30, 1)


2. Il dono della pace

"La pace" - prosegue il Signore - "io vi lascio, io vi do la mia pace" (Gv 14,27).
Questo è ciò che leggiamo nel Profeta: «Aggiungo pace a pace»; egli andandosene ci lascia la pace, e la pace ci darà tornando alla fine dei secoli. La pace ci lascia in questo mondo, e la pace sua ci darà nel futuro regno. Ci lascia la pace, affinché noi, che restiamo qui, possiamo vincere i nostri nemici; e la pace ci darà laddove potremo vivere senza temere gli assalti dei nemici. Ci lascia qui la pace, affinché ci amiamo a vicenda; ci darà la sua pace lassú, dove non ci sarà alcun motivo di lite fra noi. Ci lascia la pace, affinché non giudichiamo a vicenda le nostre anime, finché siamo in questo mondo; e la sua pace ci darà quando egli scoprirà i piú segreti pensieri di ciascuno, e ciascuno riceverà allora da Dio le lodi che gli spetteranno (cf. 1Cor 4,5). Ebbene, è in lui e da lui che viene questa pace, sia quella che ci lascia per andare al Padre, sia quella che ci darà quando ci condurrà dal Padre. Ma cos`è che ci ha lasciato andandosene da noi, se non se stesso, che mai si allontanerà da noi? Egli stesso è infatti la nostra pace, egli che di due popoli ne fece uno solo (cf. Ef 2,14). Egli è per noi la pace, sia quando crediamo che egli è, sia quando lo vedremo qual è (cf. 1Gv 3,2). Se infatti egli non abbandona noi che peregriniamo in questo mondo lontani da lui, che siamo prigionieri di questo corpo corruttibile che appesantisce l`anima (cf. Sap 9,15), e che camminiamo verso di lui per mezzo della fede e non perché di lui abbiamo la chiara visione (cf. 2Cor 5,6-7), quanto maggiormente ci ricolmerà di sé, quando alfine perverremo a vederlo quale è? Ma perché, quando dice: «Vi lascio la pace», non dice: «la mia pace», mentre aggiunge «mia» quando dice: «vi do la mia pace»? Forse che il possessivo «mia» si deve intendere sottinteso, in modo che esso, che il Signore dice una volta sola, si possa riferire a tutte e due le volte che egli pronunzia la parola «pace»? Oppure in questo dettaglio è nascosto qualche significato misterioso, che si deve cercare, in modo che, bussando, ci venga aperto? Forse ha voluto che per sua pace, si intendesse solo quella che egli ha in sé? Quanto alla pace che egli ci ha lasciata in questo mondo, essa è piú nostra che sua. Egli, in se stesso, non ha alcun motivo di contesa, poiché assolutamente non ha in sé alcun peccato, mentre noi avremo una tale pace solo ora, finché diremo: "Rimetti a noi i nostri debiti" (Mt 6,12). Noi abbiamo quindi una certa pace, quando, nel nostro intimo, troviamo gioia nell`obbedire alla legge di Dio: ma questa pace non è piena, in quanto ci rendiamo conto che nelle nostre membra c`è un`altra legge, che è opposta alla legge della nostra anima (cf. Rm 7,22-23). E questa pace regna tra noi e in noi, quando crediamo all`amore reciproco e di questo amore ci amiamo l`un l`altro; ma questa pace non è piena, perché non possiamo vedere l`uno nell`intimo dei pensieri dell`altro, e perché ci formiamo un`opinione buona o cattiva di ciò che non è realmente in noi. Orbene, questa pace, sebbene ci sia stata lasciata dal Signore, è veramente la nostra: se non fosse per lui, non avremmo neppure questa pace, ma non è quella che egli ha. Se però tale la conserveremo sino alla fine, quale l`abbiamo ricevuta, avremo quella pace che egli ha, e in cui non avremo, tra noi e in noi, alcun motivo di contesa, e niente ci sarà nascosto all`uno e all`altro di quanto sta ora celato nei nostri cuori.

(Agostino, Comment. in Ioan., 77, 3 s.)


3. La pace è la tranquillità dell`ordine

Perciò, la pace del corpo è l`armonico concatenamento delle sue parti; la pace dell`anima irrazionale è la quiete ben regolata dei suoi appetiti; la pace dell`anima razionale è l`accordo ben ordinato di pensiero e azione; la pace dell`anima e del corpo è la vita e la sanità ben ordinate dell`essere animato; la pace dell`uomo mortale con Dio è l`obbedienza ben ordinata nella fede sotto la legge eterna; la pace degli uomini è la loro ordinata concordia; la pace della casa è la concordia unanime dei suoi abitanti nel comandamento e nell`obbedienza; la pace della città è la concordia ben ordinata dei cittadini nella legge e nell`obbedienza; la pace della città celeste è la comunità perfettamente ordinata e perfettamente armonica nel godimento di Dio e nella mutua gioia in Dio; la pace di tutte le cose è la tranquillità dell`ordine. L`ordine è la disposizione di esseri eguali e ineguali, che stabilisce a ciascuno il posto che gli conviene.

(Agostino, De civit. Dei, 19, 13)


4. Lo Spirito Santo, Dono dl Dio alla Chiesa

E` alla Chiesa come tale, in effetti, che è stato dato il "Dono di Dio" (Gv 4,10), così come lo era stato il soffio per l`opera modellata (cf. Gen 2,7), affinché tutte le membra possano avervi parte ed esserne vivificate; è in essa che è stata deposta la comunione con Cristo, cioè lo Spirito Santo, caparra dell`incorruttibilità (cf. Ef 1,14; 2Cor 1,22), conferma della nostra fede (cf.Col 2,7) e scala della nostra ascensione a Dio (cf. Gen 28,12): infatti, come è detto, "nella Chiesa Dio ha posto gli uni come apostoli gli altri come profeti, ed altri ancora come dottori" (1Cor 1,12) e tutto il resto dell`opera dello Spirito (cf. 1Cor 12,11). Da questo Spirito sono dunque esclusi quanti, rifiutando di accorrere alla Chiesa, si privano da se stessi della vita con le loro false dottrine e le loro azioni riprovevoli. Infatti, là dove è la Chiesa, lí è del pari lo Spirito di Dio; e là dove è lo Spirito di Dio, lí è anche la Chiesa e tutte le grazie. E lo Spirito è Verità (cf. Gv 5,6).

(Ireneo di Lione, Adv. haer., 3, 24)
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07/05/2013 08:57
 
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SOLENNITA` DELL` ASCENSIONE DEL SIGNORE

 

Originariamente, la Chiesa celebrava l`Ascensione del Signore insieme con la solennità della Pentecoste. Conosce questa prassi la Chiesa di Gerusalemme ancora alla fine del secolo IV. Nel giorno lella Pentecoste, nel pomeriggio, i fedeli si recavano al Monte degli Ulivi dove, nella chiesa che ricordava l`Ascensione del Signore, si leggevano i brani della Sacra Scrittura riguardanti l`Ascensione, nonché si cantavano le antifone e gl`inni. Nella seconda metà del secolo IV l`Ascensione del Signore costituisce già una festa a parte e viene celebrata quaranta giorni dopo la Risurrezione; nel V secolo, è già comunemente conosciuta. Ne parla san Giovanni Crisostomo. Sant`Agostino scrive, che «il giorno di oggi viene festeggiato in tutto il mondo». Si sono conservate le omelie del papa Leone Magno pronunziate in questo giorno. Nel canone romano della Messa si ricorda l`Ascensione di Cristo chiamandola «gloriosa», ed i Sacramentari romani contengono formulari di Messa per questo giorno. Nel Medioevo, compare la processione, che doveva ricordare il cammino di Cristo con i discepoli verso il Monte degli Ulivi, quasi ad esprimere l`entrata trionfale del Salvatore in Cielo.

Nella cattedrale di Milano si innalzava il cero pasquale per simboleggiare l`Ascensione del Signore ed in alcune chiese tedesche si innalzava la Croce. Il costume della processione dura ancora oggi.

Dopo la sua Risurrezione, Cristo si manifestava ai discepoli ed ai loro occhi si è innalzato al Cielo. Lui, nostro Signore e Signore di tutto, il vincitore del peccato e della morte, oggi ascende al Cielo. Ha adempiuto l`opera di salvezza e adesso siede alla destra del Padre. E il Mediatore tra Dio e gli uomini e perciò, andando via, non ha lasciato l`uomo nell`abbassamento: egli ci precede nella patria celeste, in lui la nostra natura umana è stata già introdotta nella gloria. L`Ascensione di Gesú al Cielo è la nostra vittoria: ci dà la speranza che insieme con lui saremo nella stessa gloria. Siamo i membri del suo Corpo, per questo saremo uniti a Colui che è il nostro Capo.

L`Ascensione al Cielo del Signore è l`inizio della glorificazione dell`uomo, ma è anche l`impegno nella nuova vita. Giorno dopo giorno, dobbiamo cercare le cose di lassú, innalzarci con lo spirito alla vera patria, vivere desiderando il Cielo dove si trova Cristo, quale primo degli uomini. Il Cristo, che è salito al Cielo, rimane con noi tutti i giorni: vive nella sua Chiesa e attraverso la Chiesa continua l`opera della salvezza. Il Cristo salito al Cielo ritornerà nell`ultimo giorno, lo vedremo venire di nuovo.

 

O Cristo, scendendo dal cielo in terra,

come Dio facesti risorgere con te il genere umano

dalla schiavitú dell`inferno cui soggiaceva,

e per la sua Ascensione lo riconducesti al cielo

facendolo sedere con te sul trono del Padre tuo,

perché sei misericordioso ed amante degli uomini.

 

(Liturgia Bizantina, EE, n. 3151 )

 

 

1. Primo Discorso sull`Ascensione del Signore

 

Carissimi, questi giorni intercorsi tra la Risurrezione del Signore e la sua Ascensione non sono trascorsi nell`oziosità; grandi nisteri vi hanno invece ricevuto conferma, e grandi verità sono state svelate. E in questi giorni che viene abolita la paura di una morte temuta e viene proclamata non solo l`immortalità dell`anima, ma anche quella della carne. E` in questi giorni che viene infuso lo Spirito Santo in tutti gli apostoli attraverso il soffio del Signore (cf. Gv 20,22) e che, dopo aver ricevuto le chiavi del Regno, il beato apostolo Pietro si vede affidata, con preferenza sugli altri, la cura del gregge del Signore (cf. Gv 21,15-17). E in questi giorni che il Signore si affianca ai due discepoli in cammino (cf. Lc 24,13-35) e che, per sgombrare il terreno da ogni dubbio, contesta la lentezza a credere a coloro che tremano di spavento. I cuori che egli illumina sentono ardere la fiamma della fede, e quelli che erano tiepidi diventano ardenti quando il Signore apre loro le Scritture. Al momento della frazione del pane, si illuminano gli sguardi di coloro che siedono a mensa; i loro occhi si aprono per veder manifestata la gloria della loro natura, molto piú beatamente di quelli dei principi della nostra specie ai quali il crimine apporta confusione.

Tuttavia, dato che gli spiriti dei discepoli, in mezzo a queste meraviglie e ad altre ancora, continuavano a scaldarsi in inquieti pensieri, il Signore apparve in mezzo a loro e disse: La pace sia con voi (Lc 24,36; Gv 20,26). E perché non restasse in loro il pensiero che andavano rimuginando nella mente - credevano, infatti, di vedere un fantasma e non un corpo -, rimproverò loro i pensieri contrari al vero e mise sotto i loro occhi esitanti i segni della crocifissione che serbavano le sue mani e i suoi piedi, invitandoli a toccarli attentamente; aveva voluto conservare, infatti i segni dei chiodi e della lancia per guarire le ferite dei cuori infedeli. Cosí, non è da una fede esitante, bensì da una conoscenza molto certa, che affermeranno che la natura che stava per sedere alla destra del Padre, era la stessa che aveva riposato nel sepolcro.

Durante tutto questo tempo, carissimi, intercorso tra la Risurrezione del Signore e la sua Ascensione, ecco dunque a cosa volse le sue cure la Provvidenza di Dio; ecco ciò che essa volle insegnare; ecco ciò che essa mostrò agli occhi e ai cuori dei suoi; perciò si riconoscerà come veramente risorto il Signore Gesú Cristo che era davvero nato, aveva sofferto ed era morto. Così i beati Apostoli e tutti i discepoli, resi timorosi dalla sua morte sulla croce, e che avevano esitato a credere alla sua Risurrezione furono a tal punto riconfermati dall`evidenza della verità che quando il Signore si levò verso le altezze dei cieli, non solo non furono presi da tristezza alcuna, bensì furono ripieni da una grande gioia (cf. Lc 24,52). E, in verità, grande e ineffabile era la causa di quella gioia, allorché in presenza di una santa moltitudine, la natura umana saliva al di sopra delle creature celesti di ogni rango, superava gli ordini angelici e si elevava al di sopra della sublimità degli arcangeli (cf. Ef 1,21), non potendo trovare a livello alcuno, per elevato che fosse, la misura della sua esaltazione fintanto che non venne ammessa a prender posto alla destra dell`eterno Padre, che l`associava al suo trono di gloria dopo averla unita nel Figlio suo alla sua stessa natura.

L`Ascensione di Cristo è quindi la nostra stessa elevazione e là dove ci ha preceduti la gloria del capo, è chiamata altresì la speranza del corpo.

Lasciamo dunque esplodere la nostra gioia come si deve e rallegriamoci in una fervorosa azione di grazie: oggi, infatti, non solo siamo confermati nel possesso del paradiso, ma siamo anche penetrati con Cristo nelle altezze dei cieli; abbiamo ricevuto piú dalla grazia ineffabile di Cristo di quanto non avevamo perduto per la gelosia del Maligno. Infatti, coloro che quel virulento nemico aveva scacciato dal primo soggiorno di felicità, il Figlio di Dio li ha incorporati a sé per collocarli in seguito alla destra del Padre.

 

(Leone Magno, Sermo 73 [60], 2-4)

 

 

2. La Risurrezione del Signore è la causa della nostra gioia

 

In occasione della festività pasquale, la Risurrezione del Signore si presentava come causa della nostra gioia; oggi, ricorre la sua Ascensione al cielo che ci offre nuovi motivi di gioia, in quanto commemoriamo e veneriamo, come si conviene, il giorno in cui l`umiltà della nostra natura è stata elevata in Cristo al di sopra di tutte le schiere celesti, al di sopra di tutti gli ordini angelici e oltre la sublimità di tutte le potenze (cf. Ef 1,21), fino a condividere il trono di Dio Padre. E su questa disposizione delle opere divine che siamo costituiti ed edificati; la grazia di Dio diviene, in verità, piú ammirevole quando fa sí che la fede non dubiti, che la speranza non vacilli, che la carità non si intiepidisca, allorché è scomparso dalla vista degli uomini ciò che, con la sua presenza sensibile, meritava di ispirare loro il rispetto. Tale è in effetti, la forza propria dei grandi spiriti, tale la luce propria delle anime eminentemente fedeli: essa consiste nel credere incrollabilmente ciò che non vedono con gli occhi del corpo e nel fissare il proprio desiderio là dove non può arrivare la vista. Ma una tale pietà come può nascere nei nostri cuori, o come possiamo essere giustificati dalla fede, se la nostra salvezza risiedesse solo in ciò che cade sotto i nostri occhi? Di qui, la parola detta dal Signore a quel tale che sembrava dubitare della Risurrezione di Cristo, ove non gli fosse stata offerta la possibilità di verificare con i propri occhi e di toccare con le proprie mani i segni della Passione nella carne [del Signore]: Perché mi hai veduto, hai creduto: beati coloro che pur non vedendo crederanno (Gv 20,29).

Per renderci capaci di questa beatitudine, carissimi, nostro Signore Gesú Cristo, dopo aver realizzato tutto ciò che era conforme alla predicazione del Vangelo e ai misteri della Nuova Alleanza, quaranta giorni dopo la sua Risurrezione, ascese al Cielo alla presenza dei discepoli. Mise cosí termine alla sua presenza corporale, per rimanere alla destra del Padre suo fino a che siano compiuti i tempi divinamente previsti perché si moltiplichino i figli della Chiesa e ritorni a giudicare i vivi e i morti, nella stessa carne nella quale è asceso. Ciò che si era potuto vedere del nostro Redentore è dunque passato nei misteri; e, affinché la fede divenga piú eccellente e piú ferma, l`istruzione è succeduta alla visione: è sulla di lui autorità che il coro dei credenti, illuminati dai raggi provenienti dall`alto, ormai faranno leva.

Su questa fede, che l`Ascensione del Signore aveva aumentata e che il dono dello Spirito Santo aveva fortificata, né le catene, né le prigioni, né la fame, né il fuoco, né le belve, né i raffinati supplizi di crudeli persecutori potranno prevalere per paura. Per questa fede, in tutto il mondo, non solo gli uomini, ma anche le donne; non solo i fanciulli, ma anche tenere vergini lotteranno fino alla effusione del sangue. Questa fede mise in fuga i demoni, scacciò le malattie, risuscitò i morti. Cosí, gli stessi santi Apostoli che, quantunque fortificati da tanti miracoli e istruiti da tanti discorsi, si erano nondimeno lasciati spaventare dall`atroce Passione del Signore e avevano accettato non senza esitazione la verità della sua Risurrezione, trassero dalla sua Ascensione un tal profitto che tutto ciò che prima costituiva motivo di paura ora diveniva soggetto di gioia. Tutta la contemplazione della loro anima li aveva elevati, in effetti, verso la divinità di Colui che sedeva alla destra del Padre; la vista del suo corpo non era piú ormai un ostacolo che potesse attardarli o impedir loro di fissare lo sguardo dello spirito su quella Verità che, scendendo verso di essi, non aveva lasciato il Padre suo, e che, ritornando verso quest`ultimo, non si era allontanata dai suoi discepoli...

Esultiamo dunque, carissimi, di una gioia spirituale e, rallegrandoci davanti al Signore in degna azione di grazie, eleviamo liberamente gli sguardi dei nostri cuori verso quelle altezze dove si trova Cristo. Le anime nostre sono chiamate in alto: non le appesantiscano i desideri terrestri; esse sono predestinate all`eternità. Non le accaparrino le cose destinate a perire: esse sono entrate nella via della verità. Non le trattenga un ingannevole fascino; in tal guisa, i fedeli trascorrano il tempo della vita presente sapendo di essere stranieri in viaggio in questa valle del mondo in cui, anche se li lusinga qualche vantaggio, non debbono attaccarvisi colpevolmente, bensí trascenderli con vigore.

 

(Leone Magno, Sermo 74 [61], 1-3.5)

 

 

3. Con Gesú si ascende solo in compagnia delle virtù

 

La terra e quanto essa contiene appartiene al Signore (Sal 23,1ss)

Che cosa avviene, dunque, di nuovo, o uomo, se il nostro Dio fu visto in terra, se visse con gli uomini? Egli stesso creò la terra e la stabilí [con leggi].

Per la qual cosa non è né cosa insolita, né assurda che il Signore venga presso le proprie creature.

Infatti, egli non si trova in un mondo straniero, ma proprio in quello che egli stesso stabilì e creò, che poggiò la terra sui mari e fece in modo che fosse situata nella posizione migliore presso il corso dei fiumi.

Per quale causa, poi, egli venne se non perché dopo averti liberato dalla voragine del peccato, ti conducesse sul monte, il carro del regno, cioè la pratica della virtù durante l`ascensione?

Non si può, infatti, ascendere su quel monte, se non ti servi delle virtù come compagne (di viaggio), e, con le mani pure da ogni colpa, e non macchiato da alcun delitto, con il cuore innocente non volgi il tuo animo a nessuna vanità e né inganni il tuo fratello con frode.

La benedizione è il premio di tale ascensione, e ad essa il Signore largisce la sua misericordia.

Questa è la generazione delle anime che lo cercano, di quelle che salgono in alto per mezzo della virtù, e di quelle che cercano il volto del Dio di Giacobbe.

La rimanente parte di questo salmo è piú sublime, forse, anche per il tono evangelico e la dottrina.

Infatti, il Vangelo del Signore narra le abitudini e la vita che egli condusse in terra, e il suo ritorno in Cielo.

Questo sommo Profeta, d`altronde, innalzandosi sopra se stesso, come se non fosse impedito da nessun peso del corpo, entra nei Celesti Poteri, e ci riferisce le loro voci, allorché, accompagnando il Signore che ritornava in Cielo, agli angeli che risiedono sulla terra, ai quali fu affidata la venuta nella vita umana, danno ordini in questo modo: Togliete, o principi, le vostre porte, e voi, porte eterne, elevatevi: entrerà il Re della gloria.

E poiché, dovunque, sarà presente colui che in se stesso contiene tutte le cose, misura (se stesso) secondo la capienza di quelli che lo ricevono; e né solamente, infatti, tra gli uomini si fa uomo, ma anche tra gli angeli si trova, e si libera alla loro natura: per questo i custodi delle porte interrogano il narratore: Chi è questo Re della gloria?

Rispondono loro e lo manifestano come forte e potente in battaglia, che combatterà contro colui che tratteneva la natura umana prigioniera nella schiavitú, e rovescerà colui che aveva il dominio della morte (Eb 2,14); in tal modo, debellato il pericolosissimo nemico, riconducesse il genere umano nella libertà e nella pace.

Di nuovo ripete le medesime voci.

Adempiuto, infatti, è già il mistero della morte e la vittoria è stata riportata sui nemici e contro di essi è stato rivolto il trofeo della croce.

Ascese in alto, conducendo prigioniera la schiavitú (Sal 67,19) colui che concesse agli uomini la vita, il regno, e questi importanti doni.

Poste per lui, di nuovo si debbono spalancare le porte.

Gli vanno incontro i nostri custodi, i quali impongono di chiudere le porte, affinché di nuovo consegua la gloria in essi.

Ma essi non conoscono colui che si è rivestito della veste macchiata della nostra vita, i cui abiti sono rossi dal torchio dei peccati degli uomini.

Perciò, di nuovo i suoi compagni sono interrogati da quelle parole: Chi è questo Re della gloria? Ma non sarà risposto piú: Forte, potente in battaglia, ma il Signore delle potenze, che ottenne il dominio del mondo, che assomma in sé tutte le cose, che in tutte possiede le prime, che restituí tutte le cose all`antica condizione, questi è il re della gloria.

 

(Gregorio di Nissa, Sermo de Ascens., passim)

 

 

4. Il corpo di Cristo è in cielo com`era sulla terra

 

Mi domandi «se il corpo del Signore abbia adesso le ossa e il sangue con tutte le altre fattezze fisiche»...

Dio può prolungare ovunque e per tutto il tempo che vorrà l`incorruttibilità di qualsiasi corpo. Io quindi credo che il corpo del Signore si trova nel cielo nello stesso identico stato in cui era sulla terra al momento della sua ascensione al cielo. Infatti ai suoi discepoli, i quali, come si legge nel Vangelo, dubitavano della sua risurrezione (cf. Lc 24,37) e credevano che fosse uno spirito e non già un corpo quello che vedevano, il Signore disse: Osservate le mie mani e i miei piedi; palpate ed osservate, poiché lo spirito non ha né ossa né carne, come vedete che ho io (Lc 24,39). Come l`avevano toccato i suoi discepoli con le loro mani mentre era sulla terra, cosí i loro sguardi lo accompagnarono mentre saliva al cielo. S`intese allora la voce di un angelo dire: Egli tornerà cosí come lo avete visto salire al cielo (At 1,11).

 

(Agostino, Epist. 205, 1.2 )

 

 

5. Vigilanza cristiana

 

Perciò, fratelli dilettissimi, occorre che col cuore ci volgiamo là dove crediamo che Egli sia asceso col corpo. Fuggiamo i desideri terreni, nulla più ci diletti quaggiú, poiché abbiamo un Padre nei cieli. E ciò noi dobbiamo considerare attentamente, poiché Colui che mite salí in cielo tornerà terribile; e tutto ciò che ci insegnò con mansuetudine, esigerà da noi con severità. Nessuno, dunque, tenga in poco conto il tempo dovuto alla penitenza; nessuno, mentre è nel pieno delle proprie forze, trascuri se stesso, poiché il nostro Redentore quando verrà a giudicarci sarà tanto piú severo quanto piú paziente è stato con noi prima del giudizio. Pertanto, fratelli, fate questo tra voi e su questo meditate assiduamente. Sebbene l`animo, sconvolto dalle passioni terrene, sia ancora incerto, tuttavia adesso gettate l`ancora della vostra speranza verso la patria eterna, fortificate nella vera luce i propositi dell`animo. Ecco abbiamo sentito che il Signore è asceso al cielo. Perciò meditiamo sempre su ciò in cui crediamo. E se ancora siamo trattenuti qui dall`impedimento del corpo, tuttavia seguiamo Lui con passi d`amore. Non può lasciare insoddisfatto il nostro desiderio Colui che ce l`ha ispirato, Gesú Cristo Nostro Signore.

 

(Gregorio Magno, Hom. 2, 29, 11)

 

 

6. Vivere per le cose di lassú

 

Oggi, come avete sentito, fratelli, Nostro Signore Gesú Cristo è salito in cielo: salga con lui anche il nostro cuore. Ascoltiamo l`Apostolo che dice: Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassú, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassú, non a quelle della terra (Col 3,1-2). Infatti, come egli è salito [in cielo] e non si è allontanato da noi, cosí anche noi siamo già lassú con lui, sebbene nel nostro corpo non sia ancora accaduto ciò che ci viene promesso. Egli ormai è stato innalzato sopra i cieli. In verità, non dobbiamo disperare di raggiungere la perfetta ed angelica dimora celeste, per il fatto che egli ha detto: Eppure nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell`uomo che è disceso dal cielo (Gv 3,13). Ma ciò è stato detto perché siamo uniti a lui: egli è infatti il nostro capo e noi il suo corpo. Se, quinli, egli sale in cielo, noi non ci separiamo da lui. Colui che è disceso dal cielo non ci nega il cielo; ma in un certo modo ci dice: «Siate le mie membra, se volete salire in cielo». Dunque fortifichiamoci intanto in ciò che piú desideriamo vivamente. Meditiamo in terra ciò che ci aspettiamo [di trovare] nei cieli. Allora ci spoglieremo della carne mortale, ora spogliamoci dell`uomo vecchio. Un corpo leggero si alzerà nell`alto dei cieli, se il peso dei peccati non opprimerà lo spirito.

 

(Agostino, Sermo 263, 2)

 

 

7. Inno per la festa dell`Ascensione

 

Eterno, Altissimo Signore,

che hai redento il mondo;

tu, distrutto il regno della morte,

hai fatto trionfar la grazia.

 

Alla destra del Padre tu sali,

o Gesú, quale giudice tu siedi;

non dalla terra, ma dal ciel tu hai

ricevuto ogni tuo potere.

 

Tu sali per accogliere l`omaggio

del mondo triplice creato,

celeste, terrestre ed infernale,

che, sottomesso, a te il ginocchio piega.

 

Tremano gli angeli vedendo

la sorte capovolta dei mortali:

pecca l`uomo, redime l`Uomo;

regna Dio, l`Uomo Dio.

 

Nostra gioia sii tu che in ciel n`attendi

per farti premio a noi; tu che governi

con la destra la macchina del mondo

tu che oltrepassi ogni mondana gioia.

 

Quaggiú rimasti, noi ti supplichiamo,

le nostre colpe nell`oblio perdona,

in alto i cuori verso te solleva

porgi l`aiuto di tua superna grazia.

 

Sicché quando improvviso tornerai

giudice sulle nubi luminoso,

le meritate pene allontanate,

le perdute corone a noi ridar tu possa.

 

A te, Signor, sia gloria

risorto dalle strette della morte,

e al Padre, e al Santo Spirito,

ora e nei secoli perenni. Amen.

 

(Aeterne Rex altissime, Ascensione, liturgia horarum, hymn. ad off. lectionis)

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16/05/2013 06:53
 
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PENTECOSTE

Letture: Atti 2,1-1
1 Corinti 12,3b-7.12-13
Giovanni 20,19-23

1. Gli apostoli vicari di Gesú Cristo

"Disse loro di nuovo: La pace sia con voi" (Gv 20,19).
Spesso raccomanda loro la pace, perché la perfezione della fede cristiana consiste nella pace e nell`amore. Perciò lo stesso discepolo dice: "In questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se vi amerete l`un l`altro. Come il Padre ha mandato me cosí io mando voi" (Gv 13,35). Vi costituisco miei vicari, vi mando in mia vece, vi affido il mio uffiicio; vi mando a insegnare, a predicare, a battezzare, a salvare, a glorificare il mio nome e quello del Padre. Ciò detto soffiò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo, l`aiuto del quale vi renderà capaci di portare questo peso. E forse soffiò proprio perché comprendessimo che lo Spirito Santo procede come dal Padre così anche da lui. Qualcuno forse si domanderà se fu in questa circostanza che diede ai suoi discepoli lo Spirito Santo. Si, ma non in quella pienezza in cui lo avrebbe dato poi. Il discorso aperto con la pace continua: "A chi rimetterete i peccati, saranno rimessi; se non li rimetterete, non saranno rimessi" (Gv 20,22). I peccati che rimetterete o col Battesimo o con la Confessione, saranno rimessi; ma quelli che non perdonerete sia per motivo di infedeltà, o per mancanza di penitenza, o per mancanza di sottomissione, non saranno perdonati.

(Bruno di Segni, In Ioan., 3, 21)


2. Lo Spirito è la luce dei credenti

Troni e Dominazioni, Principati e Potestà potrebbero condurre vita beata se non vedessero continuamente il volto del Padre che è nei cieli (cf. Mt 18,10)? Ora, tale visione non può aversi senza lo Spirito. Infatti, se di notte tu allontani da te la candela, i tuoi occhi restano ciechi, le potenze inerti, i valori indistinti, e l`oro, al pari del ferro, verrebbe calpestato per ignoranza.
Analogamente, nell`ordine intellettuale, è impossibile condurre a termine una vita conforme alla legge; cosí come è impossibile, in verità, serbare la disciplina nell`esercito senza un comandante o tenere gli accordi in un coro senza il maestro...
Ben ragionando, se ne può concludere che, anche al tempo in cui farà la sua attesa comparsa dall`alto dei cieli il Signore, lo Spirito Santo vi sarà associato, al dire di taluni; sarà là anche lui nel giorno della rivelazione del Signore (cf. Rm 2,5), quando il beato e unico Sovrano (cf. 1Tm 6,15) giudicherà la terra con giustizia.
In effetti, chi potrebbe essere così ignorante circa i beni che Dio prepara per coloro che ne risultano degni, da non vedere nella corona dei giusti la grazia dello Spirito, allora offerta piú abbondante e piú perfetta, nel momento in cui la gloria spirituale verrà distribuita a ciascuno in rapporto ai suoi atti virtuosi?

(Basilio di Cesarea, De Spiritu Sancto, 16, 38.40)


3. Il potere di perdonare non è personale di Pietro, è della Chiesa

Il Signore Gesú, come sapete, prima della Passione, scelse dei discepoli, che chiamò apostoli. Tra questi solo Pietro meritò di agire a nome di tutta la Chiesa. Per questa rappresentanza di tutta la Chiesa gli fu detto: "Ti darò le chiavi del regno dei cieli" (Mt 16,19). Queste chiavi non furono date a un uomo solo, ma all`unità della Chiesa. Questo mette in evidenza la prerogativa di Pietro, il quale espresse l`universalità e l`unità della Chiesa, quando gli fu detto do a te, ciò che è dato a tutti. Infatti, perché sappiate che tutta la Chiesa ha ricevuto le chiavi del regno dei cieli, sentite che cosa il Signore dice a tutti gli apostoli: "Ricevete lo Spirito Santo. Se rimetterete a qualcuno i suoi peccati, gli saranno rimessi, ma se li riterrete, saranno ritenuti" (Gv 20,22). Questo appartiene alle chiavi di cui fu detto: "Ciò che avrete sciolto in terra, sarà sciolto anche in cielo ciò che avrete legato in terra, rimarrà legato anche in cielo". Ma queste parole furon dette a Pietro. Perché ti renda conto che Pietro rappresentava tutta la Chiesa, senti che cosa sia detto a lui e che cosa a tutti i fedeli: Se un tuo fratello avrà peccato contro di te, rimproveralo da solo a solo. Se non ti darà ascolto, prendi uno o due testimoni; sta scritto, infatti: "Ogni questione la si risolva con la testimonianza di due o tre persone. Se non darà ascolto neanche a questi, deferiscilo alla Chiesa; se non darà ascolto neanche a questa, consideralo come un pagano o un estraneo. Ve lo dico io che quanto avrete legato in terra, sarà legato anche in cielo, e quanto avrete sciolto sulla terra, sarà sciolto anche in cielo" (Mt 18,15ss). La colomba lega e la colomba scioglie; l`edificio che sta sopra la pietra lega e scioglie.
Stiano accorti quelli che sono legati; stiano accorti quelli che sono sciolti. Quelli che sono stati sciolti, badino a non farsi legare; quelli che sono legati, preghino per essere sciolti. "Ognuno è stretto dai vincoli dei suoi peccati" (Pr 5,22); e al di fuori di questa Chiesa non si scioglie niente. A un morto di quattro giorni vien detto: "Lazzaro, vieni fuori"! E quello esce dalla tomba, legato mani e piedi. Il Signore lo sveglia, perché il morto esca dalla tomba; tocca il cuore, perché la confessione del peccato venga fuori. Ma è ancora un po` legato. Il Signore, dunque, dopo che Lazzaro era uscito dalla tomba, ai suoi discepoli, ai quali aveva detto: "Ciò che avrete sciolto sulla terra, sarà sciolto anche in cielo", dice: "Scioglietelo e lasciatelo andare" (Gv 11,43). Da sé solo lo risuscitò, ma lo sciolse per mezzo dei discepoli.
La fortezza della Chiesa è poi significata in Pietro. Seguí il Signore che andava alla sua Passione, e venne fuori la sua debolezza, poiché interrogato da una donnetta, disse che non conosceva il Signore. Eccoti quel grande amante diventato in un istante un rinnegatore. Ritrovò se stesso, colui che aveva cosí orgogliosamente pensato di se stesso. Aveva detto, come sapete: "Signore, starò con te fino alla morte: e se dovrò morire, morrò per te". E il Signore disse al presuntuoso: "Tu rischierai la tua vita per me? "Sentimi bene: Prima che canti il gallo, mi rinnegherai tre volte" (Mt 26,33; Gv 13,37). Le cose andarono come aveva detto il Medico; non avrebbe potuto mai avverarsi ciò che il malato aveva preteso. Ma poi? Il Signore lo guardò. E` scritto cosí, cosí dice il Vangelo: "Il Signore lo guardò, e uscí fuori e pianse amaramente" (Lc 22,61). Uscì fuori, cioè confessò il suo peccato. Pianse amaramente, colui che sapeva amare. All`amarezza del dolore, tenne dietro la dolcezza dell`amore.

(Agostino, Sermo 295, 2-3)


4. La molteplicità delle lingue non è piú necessaria

Che forse non c`è lo Spirito Santo? Chi pensa cosí non è degno di riceverlo. C`è e adesso. Perché, allora, nessuno parla tutte le lingue, come quella volta coloro che ne furono ripieni? Perché? Perché ciò che quel fatto voleva significare, ora si è compiuto. E che cosa è questo? La Chiesa allora era tutta in una sola casa, ricevette lo Spirito Santo: era solo in pochi uomini, ma era nelle lingue di tutto il mondo. Ecco che cosa voleva dire quel fatto. Che quella piccola Chiesa parlasse le lingue di tutte le genti; infatti, che cosa è se non questa realtà di questa nostra Chiesa, che da oriente a occidente parla con le lingue di tutti i popoli? Oggi si avvera ciò che allora si accennava. Sentimmo, vediamo. "Senti, figlia, e vedi" (Sal 44,11); fu detto: Ascolta la promessa, vedine l`adempimento. Il tuo Dio non ti ha ingannato, non ti ha ingannato il tuo Sposo, non ti ha ingannato colui che ti ha fatto la dote col suo sangue; non ti ha ingannato colui che da brutta ti ha fatto bella e da immonda ti ha fatto vergine immacolata. A te stessa tu sei stata promessa; promessa in pochi, adempita in molti.

(Agostino, Sermo 267, 3)


5. La pace frutto della carità

Non è davvero una nobile impresa reclamare la pace a parole e distruggerla a fatti. Si dice di tendere a una cosa e se ne ottiene l`effetto contrario! A parole si dice: andiamo d`accordo!, e di fatto, poi, si esige la sottomissione dell`altro.
La pace la voglio anch`io; e non solo la desidero, ma la imploro! Ma intendo la pace di Cristo, la pace autentica, una pace senza residui di ostilità, una pace che non covi in sé la guerra; non la pace che soggioga gli avversari, ma quella che ci unisce in amicizia!
Perché diamo il nome di pace alla tirannia? Perché non rendiamo ad ogni cosa il suo nome appropriato? C`è odio? Allora diciamo che c`è ostilità! Solo dove c`è carità diciamo che c`è pace! Io la Chiesa non la lacero, no! E neppure mi taglio fuori dalla comunione dei Padri! Fin da quand`ero in fasce, se posso esprimermi cosí, sono stato nutrito col latte del cattolicesimo. E penso che nessuno appartiene di piú alla Chiesa di chi non è mai stato eretico. Non conosco, però, una pace che possa fare a meno della carità, o una comunione che possa prescindere dalla pace. Nel Vangelo leggiamo: "Se stai offrendo la tua offerta all`altare e Ií ti viene in mente che un tuo fratello ha qualcosa contro di te lascia lí l`offerta, davanti all`altare, e va` prima a riconciliarti con tuo fratello; poi ritorna pure a fare la tua offerta" (Mt 5,23-24).
Se quando non siamo in pace non possiamo fare la nostra offerta, pensa tu, a maggior ragione, se possiamo ricevere il Corpo di Cristo! Che razza di coscienza è la mia se rispondo "Amen" dopo aver ricevuto l`Eucaristia di Cristo, mentre invece dubito della carità di chi me la porge?

(Girolamo, Epist, 82, 2)
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