Prima ancora della logica dello scambio degli equivalenti e delle forme di giustizia, che le sono proprie, esiste un qualcosa che è dovuto all’uomo perché è uomo, in forza della sua eminente dignità. Questo qualcosa dovuto comporta inseparabilmente la possibilità di sopravvivere e di dare un contributo attivo al bene comune dell’umanità. Nei contesti di Terzo Mondo conservano la loro validità (in certi casi è ancora un traguardo da raggiungere) proprio quegli obiettivi indicati dalla Rerum novarum, per evitare la riduzione del lavoro dell’uomo e dell’uomo stesso al livello di una semplice merce: il salario sufficiente per la vita della famiglia; le assicurazioni sociali per la vecchiaia e la disoccupazione; la tutela adeguata delle condizioni di lavoro.” ( 34).
da questa breve riflessione con sullo sfondo la Dottrina Sociale della Chiesa, mi sembra possa emerge con chiarezza che le questioni del lavoro , soprattutto in tempi di crisi come quelli che stiamo attraversando andrebbero trattate con meno superficialità, ma valutate nella loro complessità e che in una società in profonda trasformazione che modificherà tutti i nostri punti di riferimento, il nostro compito e quello di chi esercita ruoli pubblici e collettivi , sia quello del far “convivere”, e non il “dividere”.