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CORSO BIBLICO SUI SALMI

Ultimo Aggiornamento: 17/11/2012 17:45
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17/11/2012 16:36
 
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SALMO 63

"Il desiderio di Dio".

Salmo di Davide, quando dimorava nel deserto di Giuda. Gli ultimi due versetti non compaiono nel Breviario.

 

Definizione del salmo 63.

Il canto dell' amore mistico, la celebrazione dell' amore totale per Dio.

 

In questo salino la preghiera, che coinvolge tutto l'uomo (nefes), è vista come un itinerario di fede verso la nostra meta, Dio. E dalla partecipazione di tutto l'essere alla preghiera abbiamo un esempio negli ebrei al "muro del pianto", ove pregano con tutto il corpo (la Bibbia dice "persino le mie ossa...").

Tutto il mio essere, tutta la mia storia, la mia vita convergono verso il centro assoluto, verso la meta sicura della mia vita: Dio.

Il salmo ci presenta una spiritualità vitale, non certo la spiritualità di coloro che si accontentano del minimo per sopravvivere. L'orante si ritrova con una fame insaziabile e una sete(che è un'arsura profonda) che lo spingono a inseguire il Signore per impadronirsene. Si tratta della spiritualità più autentica, quella dell'orante che non si crede mai arrivato alla meta. E' persino una sofferenza per 1' anima totalmente appagata e, paradossalmente, mai pienamente appagata.

Il genere letterario.

Siamo di fronte a una composizione di genere misto, come quasi tutti i salmi finora letti, ma non confusa o disordinata. Sono riscontrabili il ringraziamento, la supplica, la fiducia, 1' inno regale e liturgico. E' una preghiera composita che va "dove ti porta il cuore" .

Alcuni interpreti sono propensi a credere che il nostro salmo sia una preghiera solenne elevata nel tempio, probabilmente, ma non necessariamente, da un re.

 

La struttura.

La struttura risente delle "ondate" del cuore e, conseguentemente, non è semplice nel testo ebraico (manca, ad esempio, una struttura metrica costante).

Il salmo 63 evoca, comunque, tre atteggiamenti tipici dell' uomo:

1 il cammino e la ricerca,

2 l' intimità con quanto si è cercato e trovato

3 la difesa di ciò che si è conquistato (la difesa contro gli avversari).

Pare condivisibile la seguente divisione strutturale:

I vv. 2-4.: Il canto della sete di Dio.

Contemplazione e lode nel tempio.

 

II vv. 5-9: Il canto della fame di Dio.

Veglia e lode nel tempio.

 

III vv. 10-12: Il canto del giudizio di Dio.

Gli avversari mi vogliono sottrarre quanto possiedo.

I simboli.

Ruotano tutti intorno al termine ebraico "nefes" l' essere vitale, la persona nella sua totalità) che è presente quattro volte nel salmo 63.

Nella versione allegata "nefes" viene sempre tradotto con "il mio essere", mentre nel testo della Bibbia di Gerusalemme leggiamo:

"anima" (v. 2);

"la mia bocca" (v. 6);

"anima" (v. 9);

"vita" (v. 10).

 

Vari sono i simboli presenti nella composizione:

1 ) Il simbolo della sete, con tutto il suo evidente significato in un paese arido come la Palestina.

L' arsura richiama il deserto e, ovviamente, l' acqua. Da una parte troviamo Dio che è 1'acqua, e dall' altra parte lo "sheol" con la mancanza assoluta di tutto.

Sarebbe bello rileggere a questo proposito la parabola del "ricco epulone e del povero Lazzaro" (Luca 16, 19 e segg.);

2) Il simbolo della fame che viene saziata;

3) I simboli somatici: la carne, gli occhi, le labbra, la bocca, la mano di Dio... Jahve è presentato con i suoi tipici attributi;

4) Il simbolo dello spazio. Un cammino va dall' esterno del tempio fino al "Santo dei Santi"

 

5) Il simbolo del tempo (cronologico), dato dall' alba e dalla notte.

Commento.

v. 1 -Salmo di Davide quando dimorava nel deserto di Giuda.

Appare evidente il tentativo di dare un'impronta davidica anche a questo salmo. La composizione riguarderebbe il periodo in cui Davide era spinto dalla guerriglia a fuggire, perchè ricercato da Saul, tanto da essere costretto, per sopravvivere, a mangiare i pani del sacrificio.

Con questa collocazione temporale si è voluta anche dare una precisazione: Davide avrebbe recitato il salmo 63 quando viveva ramingo e ricercato nel deserto, ma con una grande fiducia in Dio. E proprio con 1' esposizione delle sue sofferenze fisiche proclamava il suo desiderio di Dio.

Secondo alcuni studiosi il nostro salmo sarebbe il canto, nel Tempio, di un levita, che non possiede terra, che non ha altro sostegno se non Jahve ("Il Signore è mia parte di eredità" salmo 16).

 

 

SALMO 63 (62)

 

SETE, FAME,. DESIDERIO DI DI0:

IL CANTO DELL'AMORE MISTICO

 

O Dio mio:. mio dolce Iddio. / veglio: a te co' primi albori./,, Ili mio spirito,.e il mio corpo mio / arde a te con, molti amor. / Mi fu tempio una deserta / scabra, terra e senza umor. / Venni a te:, mi, fosse aperta / la tua gloria,. e il. tuo valor. / Piena vita, amor perfetto. / Le. tue grazie canterò / nel tuo nome benedetto / le mie mani innalzerò. / Pingue e dolce nutrimento / I'alma mia riempirà. / E del core il gioimento / Ie mie labbra ispirerà. / Per la notte in sulle piume /' io. pensai, Signor di te: / penserò dell'alba al lume; / perché fosti aiuto a me. / Sotto il vel delle tue penne / umilmente goderò. / II mio spirito a te s'attenne; / la tua destra mi levò. (Tommaseo N., Salmo LXIII, in Opere, a cura di A. Borlenghi, Milano-Napoli 1958, pp. 302-303).

 

 

1 Salmo. Di Davide. Quand'era nel deserto di Giuda.

2 Dio, Dio mio, dall'alba io desidero te solo,'

di te il mio essere ha sete,

la mia carne a te è protesa

come terra arida, assetata, senz'acqua.

3 Così nel santuario ti vorrei contemplare

e vedere la tua potenza e la tua gloria.

4 Perché il tuo amore è più dolce della vita;

le mie labbra ti celebreranno.

5 Così ti benedirò per tutta la mia vita,

nel tuo nome alzerò le mie mani.

6 Sazierò il mio essere come con carni succulente

sulle mie labbra canti di gioia, la mia bocca ti loderà.

7 Quando nel mio giaciglio di te mi ricordo,

medito su di te nelle veglie notturne ...

8 Perché tu sei stato il mio aiuto, .

canto di gioia all'ombra delle tue ali.

9 A te si stringe il mio essere

la tua destra mi sostiene.

10 Ma essi, che attentano al mio essere per rovinarlo,

scenderanno nelle profondità della terra,

11 saranno consegnati in mano alla spada,

saranno preda degli sciacalli.

12 II re gioirà in Dio ,

si glorierà chi giura in lui,

perché ai menzogneri verrà bloccata la bocca.

Salmo 63 - continuazione

vv.2-4 Lettura dei versetti nella versione della Bibbia di Gerusalemme.

Nel v.2 sono importantissimi i pronomi personali "io" e "tu" i quali ci dicono che la preghiera è proprio il rapporto io< >tu. Infatti la preghiera non è monologo, ma dialogo.

La preghiera di ascolto (Dio parla ed io taccio) è probabilmente la più alta e la più difficile in assoluto e non si può improvvisare, in quanto occorre un rapporto profondissimo col Signore, perchè il fedele non corra il rischio di porre delle domande e di rispondersi. Nella preghiera di ascolto entrano in gioco l'orante e Dio ed entrambi parlano e ascoltano.

Sono tre gli attori principali di questo versetto: "Dio", "1'orante" (nefes, owero tutta la persona) e "il tempo e lo spazio" (con l'accenno all'aurora e , poi, al deserto, alla terra arida, senz'acqua). . Il "nefes", proteso alla ricerca di Dio, scopre che senza il suo Signore egli è come terra arida, tanto che prova la sensazione della sete come se si trovasse nel deserto. L'arsura della terra "desertica arida, senz'acqua" viene indicata con un'iperbole tipicamente orientale (abbondanza di parole e di gesti per esprimere sentimenti e per descrivere situazioni).

Nella Bibbia l'arsura della terra è una maledizione perchè la terra arida non porta frutto. Spiritualmente I'arsura è espressione di un Dio lontano (Os. 2) e la sete è vista anche come "sete di Dio".

Allora, nella Bibbia troviamo I'arsura - maledizione, da una parte, e la sete - desiderio di Dio, dall'altra .

V. 3

Lettura dei due testi.

Ben evidente è la centralità del tempio, in cui 1'orante ha il migliore rapporto con il Signore che si rivela in pienezza, consentendo al credente di trovarsi in comunione profondissima con Lui (noi cattolici in Chiesa abbiamo la presenza piena di Dio nell'Eucarestia).

La ricerca di Jahve raggiunge 1'apice quando si perviene al tempio, dove si può sperimentare la presenza divina.

Nel testo ebraico del v.3 vengono usati due termini tecnici specifici della "visione":

a)"hazah", per indicare la "visione di rivelazione". I profeti sono chiamati "veggenti" (hozeh).

b)"ra'ah", per significare "contemplare per vedere".

La visione è un vedere con gli occhi dell'anima, mentre vengono sospesi tutti i sensi (vista, tatto, udito, ecc..).

Più profondo si rivela il rapporto con Dio e più si ha bisogno, si ha sete di Lui.

In questo versetto 1'oggetto della contemplazione è costituito da due attributi divini: la potenza e la gloria che si manifestano nella storia della salvezza.

Non dimentichiamo che il nostro è il Dio della storia, trascendente al massimo e praticamente irriconoscibile: perciò se ne possono conoscere solo gli attributi. Ma, a noi cristiani, Gesù Cristo ha rivelato il Padre, il vero volto di Dio. A noi Dio si è rivelato faccia a faccia, non certo come a Mosè.

V. 4

Lettura del versetto nel testo allegato.

L' amore di Jahvè è pienezza della vita, fonte della gioia,del bene, della lode. L'espressione "..il tuo amore è più dolce della vita" ci dice che l'amore divino ha un valore ben più grande di quello della nostra vita terrena. E per questo amore io posso sacrificare la mia vita.

Nella storia d'Israele spesso troviamo episodi che dimostrano quanto l'amore per Dio valga più della vita umana (per esempio, se il re ti ordina di mangiare carne di maiale, tu - piuttosto che venir meno ad una precisa prescrizione -ti farai uccidere). Anche nel martirio dei cristiani abbiamo la dimostrazione chiara che 1'amore di Dio " è più dolce della vita ".

vv. 5-9

"alzerò le mie mani": ecco il simbolo delle mani.

.La preghiera a mani alzate costituisce come un ponte tra Dio e 1'orante, quasi a facilitare 1'ingresso del Signore in noi e il nostro slancio verso Lui.

Osserviamo la posizione delle mani del sacerdote durante la celebrazione della messa il prete è un "pontifex", un ponte tra Dio e 1'uomo. E sono importantissimi i gesti simbolici delle sue mani. Le mani giunte, ad esempio, significano il congiungimento di tutte le energie dell'orante per indirizzarle verso il Signore.

Importante è anche la posizione del corpo durante la liturgia: lo stare in piedi manifesta la prontezza a ricevere un comando, un invito; lo stare in ginocchio esprime 1'atteggiamento di adorazione (necessario soprattutto durante la Consacrazione); la prostazione (il farsi piccolo) indica il sentimento della penitenza.

Quindi, nella liturgia i gesti hanno un valore profondissimo; nulla è casuale. Pensiamo soltanto ai gesti del sacerdote durante la consacrazione: lo stendere le mani, il tracciare il segno della Croce, sono segni tipici di un orante. Sono i gesti che porteranno alla massima rivelazione di Dio sulla terra, al mistero pasquale ripresentato.

Ponte tra il Signore e l'uomo le nostre mani non servono solo per chiedere, ma anche per lodare.

Lettura del v6 nel testo allegato.

Ecco, 1'orante fa un'esperienza stupenda: loda il Signore e viene completamente saziato.

L'immagine delle carni grasse e succulente dà 1'idea della massima sazietà. Qui 1'amore di Dio diventa "sperimentale" perchè il salmista non usa un' immagine astratta, ma quella del banchetto che rende 1'idea della gioia. E per un uomo antico niente più del banchetto biblico rendeva 1'immagine della gioia: si mangia, si beve, si balla, si canta...

Pensiamo al banchetto dello sposalizio e avremo un'idea del festoso banchetto biblico.

vv.7-8

Lettura v_. 7

Questo salmo è iniziato all' alba, si è sviluppato durante il giorno con la festa del banchetto ed ora è calata la notte.

Immaginiamo di trovarci nel Tempio: il fedele è entrato al mattino, ha fatto le sue devozioni, ha celebrato un sacrificio di comunione, ha banchettato con i sacerdoti e con i suoi familiari e, finalmente, arriva la notte, che è di veglia nel santuario.

Bellissima è 1'espressione "medito su di Te nelle veglie notturne". Ritroviamo il verbo "meditare", già incontrato nel salmo 1,2, che significa "mormorare a fior di labbra" , "meditare muovendo le labbra".

Secondo 1'uso orientale, il fedele non medita silenziosamente: la Torah viene meditata ripetendola continuamente sotto voce.

Una annotazione interessante: tutto il primo anno di studio nelle università islamiche di teologia viene destinato alla memorizzazione; si imparano, cioè, a memoria il Corano e tutti i testi fondamentali delle altre religioni più importanti.

La preghiera del v.76 non è più lode cantata, ma "preghiera mormorata". E la quiete del Tempio dà una sicurezza totale, fa sentire 1'orante sotto--le ali protettrici del Signore (v. 8b: "all'ombra delle tue ali").

Ritroviamo qui 1'immagine dei cherubini collocati sull'Arca nel "Santo dei santi": i due angeli con le loro ali aperte (che si toccano) coprono e proteggono quanto di più sacro c'è nel Tempio.

Stiamo ormai arrivando all'intimità sempre più profonda con Dio, alla sicurezza totale.

V. 9

Il fedele si abbandona completamente al Signore.

Il versetto letteralmente recita: "tutto il mio essere rimane attaccato dietro a te".

In ebraico è usato il verbo "dabaq", caro al Deuteronomio, per indicare 1'adesione incrollabile alla Torah: io e la Torah siamo una cosa sola. Si raggiunge, così, una simbiosi perfetta: Dio e il fedele sono uniti inscindibilmente. L "io" e il "tu" da cui abbiamo preso le mosse inizialmente si sono ormai fusi insieme.

L'abbandono totale dell'orante al Signore trova la sua ragione nella mano destra divina , che è simbolo di potenza e di forza, di sostegno e di sicurezza. Tutto è fiducia e amore.

Lettura del v6 nel testo allegato.

Ecco, 1'orante fa un'esperienza stupenda: loda il Signore e viene completamente saziato.

L'immagine delle carni grasse e succulente dà 1'idea della massima sazietà. Qui 1'amore di Dio diventa "sperimentale" perchè il salmista non usa un' immagine astratta, ma quella del banchetto che rende 1'idea della gioia. E per un uomo antico niente più del banchetto biblico rendeva 1'immagine della gioia: si mangia, si beve, si balla, si canta...

Pensiamo al banchetto dello sposalizio e avremo un'idea del festoso banchetto biblico.

vv.7-8

Lettura v_. 7

Questo salmo è iniziato all' alba, si è sviluppato durante il giorno con la festa del banchetto ed ora è calata la notte.

Immaginiamo di trovarci nel Tempio: il fedele è entrato al mattino, ha fatto le sue devozioni, ha celebrato un sacrificio di comunione, ha banchettato con i sacerdoti e con i suoi familiari e, finalmente, arriva la notte, che è di veglia nel santuario.

Bellissima è 1'espressione "medito su di Te nelle veglie notturne". Ritroviamo il verbo "meditare", già incontrato nel salmo 1,2, che significa "mormorare a fior di labbra" , "meditare muovendo le labbra".

Secondo 1'uso orientale, il fedele non medita silenziosamente: la Torah viene meditata ripetendola continuamente sotto voce.

Una annotazione interessante: tutto il primo anno di studio nelle università islamiche di teologia viene destinato alla memorizzazione; si imparano, cioè, a memoria il Corano e tutti i testi fondamentali delle altre religioni più importanti.

La preghiera del v.76 non è più lode cantata, ma "preghiera mormorata". E la quiete del Tempio dà una sicurezza totale, fa sentire 1'orante sotto--le ali protettrici del Signore (v. 8b: "all'ombra delle tue ali").

Ritroviamo qui 1'immagine dei cherubini collocati sull'Arca nel "Santo dei santi": i due angeli con le loro ali aperte (che si toccano) coprono e proteggono quanto di più sacro c'è nel Tempio.

Stiamo ormai arrivando all'intimità sempre più profonda con Dio, alla sicurezza totale.

V. 9

Il fedele si abbandona completamente al Signore.

Il versetto letteralmente recita: "tutto il mio essere rimane attaccato dietro a te".

In ebraico è usato il verbo "dabaq", caro al Deuteronomio, per indicare 1'adesione incrollabile alla Torah: io e la Torah siamo una cosa sola. Si raggiunge, così, una simbiosi perfetta: Dio e il fedele sono uniti inscindibilmente. L "io" e il "tu" da cui abbiamo preso le mosse inizialmente si sono ormai fusi insieme.

L'abbandono totale dell'orante al Signore trova la sua ragione nella mano destra divina , che è simbolo di potenza e di forza, di sostegno e di sicurezza. Tutto è fiducia e amore.

vv. 10 - 12 Lettura. Sono versetti non contemplati nella "Liturgia delle ore" per il loro carattere violentemente imprecatorio.

Attorno all'area protetta del santuario, che è il luogo più sicuro per il fedele (rileggiamo, in proposito, il salmo 23 e il relativo commento), sono presenti i nemici che complottano, mentre nel Tempio oppure nella preghiera, nel rapporto intimo con Dio noi siamo difesi dai nemici, soprattutto dai nemici spirituali.

Alla preghiera fatta con il cuore rimane estranea la tentazione. E' sostanzialmente 1'esperienza vissuta da Gesù nell'orto degli ulivi dove ha drammaticamente pregato per affrontare la passione e la morte in croce. A1 contrario i discepoli dormono, non pregano e 1'ora della croce li trova impreparati.

L'amore che Dio ha per me diventa anche lotta inesorabile contro i miei nemici. .. .

V. 10

Come il fedele può disporre dell'area del Tempio, così gli infedeli hanno solamente il nulla, lo Sheol. Infatti il nemico, inteso come colui che tende agguati, ha davanti a sé 1'oblio eterno, la lontananza da Dio.

V. 1 1

La spada è strumento della giustizia divina e lo sciacallo è l'animale funebre per ­eccellenza (il dio della morte egiziano era rappresentato con la testa di sciacallo).

La sorte dell'empio è drammatica. Secondo le consuetudini orientali abbandonare un cadavere agli sciacalli significa negare la sepoltura e quindi quel minimo di sopravvivenza legato allo sheol.

V. 12

Ecco 1'invocazione monarchica della quale qualche studioso si serve per parlare di "salmo regale".

Il salmo personale del fedele ora diventa un coro liturgico. La dimensione comunitaria è sempre presente nei salmi; difatti il popolo ebreo ha un forte senso della comunità. Israele orante adesso canta liturgicamente.

Nel v. 12b troviamo il giuramento che ha come garanzia indiscutibile il nome del Signore, fonte primaria di ogni diritto. Per questo motivo prima di rendere testimonianza si giura nel nome di Dio.

V. 12~ - Ricordiamo che le maledizioni pronunciate mentendo si ritorcono contro colui che le aveva scagliate (rivedere il commento al salmo 58).

L'empio è menzognero, non riconosce la fedeltà divina e neppure quella umana; è ingannatore perchè non si attiene ai patti stipulati: sulla sua bocca, quindi, non ci sarà mai nulla di veritiero. Il suo modo di essere diventa modo di agire: 1'empio non solo "è" male, ma agisce male.

 

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Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Quegli rispose: «E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?». At 8,30
 
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