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POSSIAMO CREDERE NELLA REINCARNAZIONE ?

Ultimo Aggiornamento: 06/12/2023 11:47
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14/09/2012 12:39
 
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     Origene viene citato dai reincarnazionisti come esempio di sostenitore delle loro dottrine.
Ma vediamo come stanno le cose.

Origene si occupa di alcuni passi biblici che vengono addotti dagli gnostici come prova della reincarnazione. Nel suo commentario a san Giovanni prende in esame la complicata questione di Elia. In Gv 1,21 il Battista alla domanda: «Sei Elia?», risponde: «No». Eppure, secondo Luca, l'angelo del Signore rivela a Zaccaria che Giovanni opererà «con lo spirito e la forza di Elia» (Lc 1,11.17); e Gesù stesso in Mt 11,14 dice: «Egli è Elia che deve venire».

«Quanto alla prima domanda - commenta Origene - ( Contro Celsum III, 75, in Contro Celso, trad. di Aristide Colonna, UTET, Torino 1971, pp. 287-288.) qualcuno sosterrà che Giovanni non aveva coscienza di essere Elia: e forse di questo [passo] si serviranno coloro che su tali fondamenti aderiscono alla dottrina della metensomatosi, secondo cui l'anima si rivestirebbe di [nuovi] corpi obliando completamente le vite precedenti. Costoro aggiungeranno che anche alcuni tra i Giudei seguivano tale dottrina in quanto dicevano del Salvatore che era forse uno dei profeti antichi risorto non dalla tomba ina dalla nascita. Come avrebbero potuto infatti pensare che fosse uno dei profeti risorto dai morti, dal momento che Maria era indicata come sua madre e Giuseppe il falegname era ritenuto suo padre? [...] Un altro che sia però [veramente] uomo della Chiesa (ekkiésiastikos) respingerà decisamente come falsa la dottrina della metensomatosi e, quindi, non ammetterà che l'anima di Giovanni fosse una volta Elia, fondandosi sulle parole dell'angelo sopra citate, in cui si parla, a proposito della nascita di Giovanni, non di anima bensì di spirito e di potenza di Elia: "Egli andrà innanzi a lui con lo spìrito e la potenza di Elia, per riportare i cuori dei padri nei figli" (Lc 1,17). Egli è in grado di documentare la distinzione tra spirito e anima e tra quella che è detta potenza dello spirito e quella dell'anima con infiniti passi scritturali, che non è il caso qui e ora di citare in lungo e in largo, per non portare il discorso troppo per le lunghe. Basterò qui -a provare come la potenza sia distinta dallo spii no -quel passo: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, e la potenza dell'Altissimo ti adombrerà" (Lc 1,35). A provare che gli spiriti che sono nei profeti sono considerati, per così dire, proprietà dei profeti stessi, in quanto loro donati da Dio, basterà quel passo: "Ma gli spiriti dei profeti devono essere sottomessi ai profeti" (2 Cor 14,32): e quell'altro: "Lo spirito di Elia si è posato su Eliseo" (4 Re 2,15). E pertanto non è per nulla assurdo che Giovanni, il quale con questo spirito e questa potenza di Elia riporta i cuori dei padri nei figli, in virtù di questo spirito sia chiamato Elia che deve tornare. Costui proverà la sua affermazione anche con questo ragionamento: se il Dio dell'universo è fatto proprio dai santi fino al punto da esser chiamato loro Dio (è detto infatti "Dio di Abramo e Dio di Isacco e Dio di Giacobbe" [cfr. Es 3,6] ), a ben maggior ragione lo Spirito Santo è fatto proprio dai profeti tanto da esser chiamato Spirito dei profeti, per esempio, di Elia e di Isaia».( in loannem, libro VI, par. 64-68; Commento al Vangelo di Giovanni, a cura di Eugenio Corsim, UTET, Tonno 1968, pp 305-308.)

Elia - spiega in seguito Origene - non è morto, ma è stato assunto in cielo, quindi il suo ritorno non sarebbe una nuova incorporazione, ma il ritorno di un vivente.

In Mt 14,1-2 Erode dice ai suoi cortigiani di Gesù: «Costui è Giovanni il Battista risuscitato dai morti». Da questo alcuni concludono che Erode credeva nella reincarnazione. Origene, nel commentario a Matteo, respinge questa interpretazione:

«Dirà poi qualcuno che Erode e certuni del popolo aderivano a quella falsa dottrina della trascorporazione [metensòmatòseòs pseudodoxia], dalla quale erano indotti a credere che costui fosse stato una volta Giovanni quando era nato ed era ritornato dai morti alla vita come Gesù, ma che tale falsa opinione [auté he pseudo-doxza\ sia da considerarsi probabile è impedito dal tempo di non più di sei mesi che è intercorso fra la nascita di Giovanni e quella di Gesù». (Commentanum inMatthaeum 10, 20 (inJacques-Paul Migne [a cura di]. Patrologia Greca, Pangi s.d., XIII, 887).

Spiegando il passo di Mt 15,21-28 a proposito dei cagnolini che raccolgono le briciole sotto la tavola, passo anch'esso interpretato in senso reincarnazionista (le anime dei cagnolini sarebbero anime di uomini caduti in corpi di animali), Origene fornisce una importante chiave di interpretazione metaforica della reincarnazione, che si riduce così a un'immagine da non prendersi alla lettera.

«Altri, completamente estranei alla dottrina della Chiesa [xenoi tou ekkiészastikou logou\, pensano che le anime passano dai corpi umani nei corpi di cani secondo la loro diversa malvagità: noi invece, che non troviamo niente di simile nella divina Scrittura, affermiamo che c'è un passaggio dalla condizione di più spirituali a quella di meno spirituali, e la si subisce per la troppa ignavia e negligenza. Slmilmente succede che una volontà povera di spirito per aver trascurato il Logos, si converta, così da diventare spirituale, come colui che una volta era cagnolino, bramoso di mangiare le briciole che cadevano dalla mensa dei suoi padroni, consegua lo stato di figlio. Poiché molto contribuisce la virtù a che uno divenga figlio di Dio, mentre il male, il furore delle parole violente e l'impudenza a far si che, secondo le parole della Scrittura, sia chiamato "cane". Allo stesso modo interpreterai gli altri nomi presi da animali privi di ragione».23

E Origene non respinge solo la reincarnazione di anime umane in corpi di animali, ma anche il passaggio da corpi umani ad altri corpi umani.

Contro Celsum IV, 17 «Se egli avesse compreso, qual destino attende l'anima nella eternità della vita futura, e che cosa si deve pensare veramente sulla sua essenza e sulla sua origine, egli [Celso] non avrebbe messo in burla, come fa, l'avvento di un essere immortale in un corpo mortale, inteso non secondo la dottrina platonica della trasmigrazione dell'anima, ma secondo una più alta speculazione» (trad cit di A Colonna, p 311)

Da questi testi si comprende bene che il pensiero di Origene riguardo alla reincarnazione è chiaro e segue l'insegnamento della Chiesa che respinge tale dottrina.

Documentazioni varie:

dal libro CRISTIANESIMO E REINCARNAZIONE di Pietro Cantoni (Pag.12-17)

La dottrina della reincarnazione era estranea nell’ebraismo veterotestamentario.

(Per la concezione ebraica veterotestamentaria) l'uomo non è un'anima a cui è aggiunto un corpo, cosi come non è neppure soltanto un corpo animato. Nella Sacra Scrittura è sottolineata prepotentemente l'unità dell'uomo, senza escludere la sopravvivenza di "qualcosa" dopo la morte. Una sopravvivenza però che tende a reintegrare l'unità perduta, tende cioè alla resurrezione "della carne", un evento che solo l'intervento di Dio può produrre.

Così è innegabile che la concezione biblica più arcaica conosce una sopravvivenza dell'uomo in uno stato umbratile. Ciò che sopravvive sono i refaim, i "deboli". Si tratta di una visione delle cose sostanzialmente uguale a quella omerica. I refaim stazionano nello Scheol, che si divide in settori diversi, secondo il comportamento degli uomini in vita. Si tratta però sempre di un luogo sotterraneo. I refaim sono inoperosi e incapaci di ricordare e conoscere qualcosa della vita terrena.

Nei testi dell'Antico Testamento e nell'antropologia che riflettono non vi è dunque posto per la reincarnazione. Sono i cabbalisti che ve l'hanno trovata -usando però solo di un metodo allegorico molto spinto - in un periodo lontanissimo da quello della redazione dei testi sacri.

In tutta la tradizione giudaica non troviamo niente di sicuro a monte dell'VIII-X secolo, se si eccettua il caso di Filone d'Alessandria (circa 20 a.C.-50 d.C.).6

"Non vi è la prova definitiva dell'esistenza della dottrina del gilgul (Letteralmente "giro" della ruota), è il termine ebraico per "reincarnazione". Nel Giudaismo durante il periodo del Secondo Tempio. Nel Talmud non vi è riferimento ad essa".

I principali filosofi ebrei del Medioevo (per esempio Maimonide) l'hanno respinta.

In contrasto con la cospicua opposizione della filosofia, la trasmigrazione viene data per scontata nella Gabbala sin dalla sua prima espressione letteraria: ilSeferha-Bahir (tardo XII secolo, nella Francia meridionale) .9 II fatto che nel Bahirnon ci sia traccia di apologetica della dottrina deporrebbe a favore di una sua origine più antica, forse risalente addirittura alla fine del periodo del Secondo Tempio. È certo comunque che a partire dal Bahir la trasmigrazione diventa una delle dottrine più importanti della Cabbala.

"E un atto della misericordia divina che egli dia all'anima, che dovrebbe essere completamente annientata nell'inferno, una chance di purificarsi per mezzo di una nuova, anche se necessariamente dolorosa, migrazione". Questa è la concezione di Scèscet di Mercadell, un cabbalista catalano della scuola del Nachmanide.

Dal caso isolato di Filone tuttavia non si può assolutamente concludere a una reincarnazione diffusa in Israele come credenza popolare talmente radicata da essere data per scontata e da non meritare perciò nessuna particolare menzione. Un'affermazione categorica del genere sarebbe assolutamente gratuita, perché -come abbiamo già detto - noi possiamo risalire con certezza, nella documentazione sulla reincarnazione in ambiente giudaico, a parte il caso di Filone, non oltre l’VIII-X secolo d.C.

( Cfr idem, Le origini della Kabbala, cil ,pp 238-239 Scholem fa riferimento alla testimonianza di Sa'adia in polemica contro certi ebrei che sostengono teorie stravaganti di un autore arabo - Al Baghdadi -, il quale afferma che ci sono ebrei favoreli alla trasmigrazione delle anime e al Libro delle luci di Anan, considerato il precursore del Qaraitismo. Si tratta quindi di circoli marginali rispetto alla grande tradizione del Giudaismo).

Sarebbe poi anche altamente inverosimile perché, come nota acutamente K.Hoheisel: "Simili fenomeni sono assolutamente noti alla storia di Israele. Così il culto sulle alture appartenne evidentemente per secoli, nell'Israele preesilico, a ciò che era ovvio e quindi non propriamente tramandato. Ciò nondimeno era già, prima che la polemica dei profeti lo mettesse al centro dell'interesse, perlomeno un piccolo capitolo marginale nella storia religiosa di Israele", e comunque sempre degno di una qualche menzione. Ma di una qualche testimonianza chiara su una credenza nella reincarnazione non c'è proprio la minima traccia.

Nel periodo intratestamentano dobbiamo tuttavia valutare anche le testimonianze di Giuseppe Flavio (e 11-ca 38-dopo il 100 d.C.). Questi attribuisce ai farisei la credenza alla "potenza dei virtuosi di ritornare in vita".

Ma si tratta solo della credenza nella resurrezione dei corpi, come dimostra l'analogo termine di 2 Mac 7,9 e altri passi chiari. Giuseppe Flavio, nell’opera Antichità giudaiche (18,14) dice che gli esseni conducevano un tipo di vita simile a quella dei pitagorici. Ma anche qui non ci sono elementi per concludere a una credenza nella reincarnazione, soprattutto se si riflette sul fatto che le fonti dirette degli esseni che possediamo dopo i ritrovamenti di Qumràn non accennano minimamente a esistenze successive in corpi diversi, mentre sembra attestata la fede nella resurrezione.

In definitiva, l'unico punto dell'Antico Testamento dove troviamo una affermazione che presenta una qualche rilevanza per il nostro problema, è nel libro della Sapienza, dove leggiamo queste parole poste sulla bocca di Salomone:

"Ero un fanciullo di nobile indole, avevo avuto in sorte un'anima buona o piuttosto, essendo buono, ero entrato in un corpo senza macchia" (Sap 8,19-20).

Questo testo è interpretato diversamente da cattolici e protestanti. La maggioranza degli esegeti protestanti (che ritengono il libro non canonico, cioè "apocrifo") non ha difficoltà a riconoscere che il versetto 20 insegna la preesistenza delle anime. Mentre vi è unanimità presso gli esegeti cattolici nel considerare che, se il versetto preso isolatamente potrebbe anche riflettere questa dottrina, ciò però contraddice apertamente il contesto (cfr. Sap 15,11 e 7,1-2) e non si compone con le dottrine preesistenzialiste di Platone o Filone da cui lo si vorrebbe influenzato. Infatti, a costoro è estranea una concezione secondo la quale all'anima è attribuito un corpo in funzione della sua bontà o cattiveria. Per Platone l'anima è inquinata dal suo contatto con il corpo e per Filone sono le anime cattive che entrano nei corpi. L'autore non avrebbe invece in vista altro scopo che quello di sottolineare il primato qualitativo dell'anima nel contesto di una creazione simultanea. Ammesso comunque (e non concesso) che si parli di preesistenza, anche in questo caso non vi è l’idea della reincarnazione.


I sostenitori della reincarnazione portano alcuni brani estrapolati dai padri della Chiesa come ad esempio:

SAN CLEMENTE ALESSANDRINO (150-220 d.C.)
Negli Stromata, vol. 3, p. 433 (Édition des Bénédictins), san Clemente afferma che, sebbene l’uomo sia stato creato dopo altri esseri, "la specie umana è più antica di tutte queste cose". Nel suo Protreptico (Esortazione ai pagani), scrive:
Noi esistevamo lungo tempo prima della fondazione del mondo; avevamo vita nello sguardo di Dio, perché il nostro destino è vivere in Lui. Noi siamo le creature ragionevoli del Verbo Divino; pertanto, abbiamo avuto esistenza fin dal principio, perché in principio era il Verbo… Non è per la prima volta che Egli si dimostra pietoso verso di noi quando erriamo, Egli ebbe pietà di noi fin dal principio
....

Clemente in verità si appoggia a ciò che dice s.Paolo in Ef.1,4: "...Egli ci elesse in lui (Gesù) PRIMA DELLACREAZIONE DELMONDO, perchè fossimo santi e immacolati....predestinandoci ad essere suoi figli adottivi..." ciò che intende dunque s.Clemente è completamente diverso dalla reincarnazione.


Il senso di quanto afferma Clemente Alessandrino in quelle parole del Protreptico, si comprendono ancora meglio alla luce dei seguenti brani in cui egli confuta le tesi di Giulio Cassiano e di Marcione, secondo i quali la condizione terrena dell’uomo è una discesa dell’anima decaduta in corpi degeneri:

Dagli Stromati III Cap 17/ 13 /14

quell'illustre signore (il docetista Giulio Cassiano) ritiene - in maniera troppo platonica! - che l'anima, divina di origine, effeminata dal desiderio, scenda dall'alto quaggiù alla generazione e alla morte .

Capitolo 17

Se la generazione è un male, dicano pure quei blasfemi che nel male era il Signore che ha partecipato della generazione, nel male la vergine che lo generò. Ahimè, che malvagi! Essi bestemmiano la volontà di Dio e il mistero della creazione quando inveiscono contro la generazione! Di qui il docetismo di Cassiano e di Marcione; di qui il " corpo psichico " di Valentino. Essi dicono: " L'uomo diventò simile al bestiame ", venendo all'accoppiamento. No: quando tutto preso dall'orgasmo vuoi montare su un letto altrui, allora sì l'uomo s'imbestia. " Divennero cavalli pazzi per le femmine: ognuno nitriva dietro la moglie del vicino". E il serpente poi avrebbe contratto dagli animali privi di ragione l'attitudine al consiglio insidioso * e avrebbe a poco a poco persuaso Adamo ad acconsentire all'unione con Èva, come se i progenitori non avessero avuto questa facoltà per natura, secondo alcuni pretendono: così si calunnia di nuovo la creazione d'aver foggiato la natura umana inferiore a quella dei bruti, al cui modello si sarebbero conformati i primi creati da Dio. Invece la natura stimolava loro, come i bruti, alla procreazione, ma essi si lasciarono eccitare prima di quanto fosse loro conveniente, giovani comperano, fuorviati da un inganno: e allora giusto fu il verdetto di Dio contro di loro, che non seppero attendere l'ordine della sua] volontà; ma santa è la generazione, per la quale si è formato il mondo, e gli esseri vivi, e le nature angeliche e le potenze e le anime e i comandamenti e la legge e il Vangelo e la "gnosi" di Dio! "Ogni carne è erba e ogni gloria di uomo è come fiore di erba; e l'erba si secca e il fiore cade, ma la parola del Signore dura", quella parola che ha consacrato la nostra anima e l'ha unita allo Spirito. E d'altra parte il piano divino che si attua per noi nella chiesa come poteva raggiungere il suo fine senza il corpo? Mentre Egli stesso, il "capo della chiesa", venne sulla terra nella carne, benché " brutto e malformato nell'aspetto ", insegnandoci così a volgere lo sguardo alla natura invisibile e incorporea della Causa divina.

Capitolo 14

Ed ecco che egli vuoi forzare Paolo a sostenere che la generazione consiste in un inganno, là dove dice: " Temo che, come il serpente ingannò Èva, i vostri pensieri si corrompano traviando dalla semplicità che conduce a Cristo"

A vero dire il Signore venne, come tutti ammettono, "per [risanare] ciò che è perduto"

ma perduto non [perché calato] dall'alto fino alla nostra generazione qui sulla terra . La generazione è creata ed è creazione dell'Onnipotente, che non avrebbe mai fatto calare l'anima da una condizione migliore ad una peggiore. Il Salvatore venne per quelli che son perduti nei pensieri, venne per noi: i nostri pensieri si corruppero in seguito alla disobbedienza ai comandamenti, per la nostra avidità di piaceri. E ciò forse perché il nostro primo progenitore anticipò il tempo, cioè si lasciò eccitare alle lusinghe del matrimonio prima del momento stabilito, e peccò: poiché " chiunque guarda una donna per desiderarla ha già commesso adulterio con lei"

4. Così egli non attese il momento della volontà [divina]. Era dunque il medesimo Signore che anche allora condannava la concupiscenza che previene il matrimonio. E quando l' apostolo dice: "Rivestitevi dell'uomo nuovo, che è creato secondo Dio ", parla a noi, plasmati come siamo stati plasmati dalla volontà dell'Onnipotente, e parla di " vecchio " e " nuovo " non in rapporto a generazione o rinascita, ma alla vita condotta nella disobbedienza e nell'obbedienza.

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"Sopravvesti di pelle" chiama Cassiano i corpi: e qui dimostreremo poi che sono in errore lui e quanti la pensano come lui, quando intraprenderemo la spiegazione dell'origine dell'uomo come logica prosecuzione di ciò che deve essere detto prima. Poi dice: "Quelli che sono soggetti ai rè della terra generano e sono generati ", " invece la nostra patria è nel cielo, donde anche attendiamo il Salvatore". Che anche queste siano parole vere, pure noi lo sappiamo, giacché dobbiamo comportarci come " ospiti e pellegrini ", gli sposati come non sposati, i possidenti come non possidenti, quelli che hanno figli come padri di esseri mortali, come preparati a lasciare le ricchezze, a vivere pure senza moglie, se sarà necessario": non usando appassionatamente delle cose create, ma " con animo pieno di gratitudine " e sapendo di esserne superiori.

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Da quanto sopra si ricava che il pensiero di Clemente non ammette neppure la dottrina della preesistenza delle anime, ipotizzata da Origene. Questo risulta evidente leggendo tutti i capitoli dal 13 al 17 della terza parte degli Stromati.

I sostenitori della reincarnazione solitamente prendono isolatamente talune espressioni patristiche e gli fanno concludere cose diverse da quello che i padri volevano dire. Ma solo leggendo per intero il loro pensiero, e confrontandoli con altri loro scritti, si arriva a comprendere cosa effettivamente volevano dire.

La stessa operazione di estrapolazione fuori contesto e privo di ricostruzione critica fatta per Clemente è stata fatta per Agostino, Gerolamo, Gregorio di Nissa, Giustino ed altri, i cui scritti testimoniano esplicitamente o implicitamente che la dottrina sulla reincarnazione è estranea al pensiero della Chiesa primitiva e successiva.

I sostenitori della reincarnazione citano perfino Agostino:

 

DALLE CONFESSIONI DI SANT’AGOSTINO: “ Quando, Oh, Signore, ho io peccato? Quando ero nell'utero di mia madre o prima che io fossi? La mia infanzia seguirà ad altra età già morta? o prima ancora? E dove e chi io fui? Ho io peccato o i miei genitori?..." 
E in altra occasione dice: Il messaggio di Platone, il più puro, il più luminoso di tutta la filosofia, ha finalmente dissipato le tenebre dell’errore e ora traspare soprattutto attraverso Plotino, platonico così simile al suo maestro che crederesti abbiano vissuto l’uno insieme all’altro, o meglio (dato che così lungo periodo di tempo li separa) che Platone sia rinato nella persona di Plotino.

[Modificato da Credente 14/09/2012 12:40]
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Così non saremo più fanciulli in balìa delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, ingannati dagli uomini con quella astuzia che trascina all'errore. Ef.4,14
 
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