Il problema dei 3 corpi: Attraverso continenti e decadi, cinque amici geniali fanno scoperte sconvolgenti mentre le leggi della scienza si sgretolano ed emerge una minaccia esistenziale. Vieni a parlarne su TopManga.
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LA QUESTIONE DELLE IMMAGINI

Ultimo Aggiornamento: 27/01/2022 19:39
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23/07/2012 14:46
 
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 Per capire la questione delle immagini occorre tener presente che la Legge antica nel suo complesso è stata considerata superata dopo l'avvento di Cristo (cf Rom.6,14). 
Gesù,  come Egli dice, è venuto a portare a compimento la Legge ed i profeti ed ha instaurato una Nuova e più perfetta Alleanza. Le vecchie prescrizioni e norme (circa 600 !!!) continuano a servire solo per i tipi simbolici che mantengono. Se valessero ancora saremmo tenuti certamente alla osservanza delle abluzioni, della circoncisione, della rinuncia a certi alimenti, delle tante norme igieniche e sanitarie. Paolo invece afferma a più riprese quanto segue:
Efesini 2,15 ANNULLANDO, per mezzo della sua carne, la LEGGE fatta di prescrizioni e di decreti,...
Ebrei 9,10 tutte prescrizioni umane, VALIDE FINO AL TEMPO IN CUI SAREBBERO STATE RIFORMATE...
Le uniche cose che sono state mantenute valide, le troviamo ESPLICITAMENTE espresse nel Nuovo Testamento. Tra questi ci sono alcuni dei comandamenti dati a Mosè e in alcuni casi in forma diversa. 


Questi concetti li ha chiari perfino la wt come si può verificare al seguente link:
https://wol.jw.org/it/wol/d/r6/lp-i/1101989114?q=sono+soggetti+alle+leggi&p=par
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La Chiesa, giustamente ha ritenuto di riproporre solo i Comandamenti mantenuti da Cristo (Mt.19,18-19) e dagli apostoli e nella forma con cui essi li hanno riproposti ed osservati.

Ad esempio il comandamento antico ordinava di riposarsi il SABATO astenendosi da OGNI LAVORO.
La chiesa l'ha iniziato a celebrare non più di SABATO, come previsto nella Legge antica, ma di DOMENICA in cui veniva fatta la cosiddetta "frazione del pane" (At.20,7)  o anche quella che viene ricordata come una colletta fatta il primo giorno dopo il sabato in 1 Cor.16,2. Inotre si osservava il riposo festivo in maniera più libera, meno ossessionante, secondo l'esempio di Gesù, ricordando quanto da Lui enunciato e cioè che il "sabato" è per l'uomo e non l'uomo per il "sabato", il che vuol dire che il giorno di riposo e di ricarica spirituale,  è fatto a favore dell'uomo e non l'uomo a favore di esso. Ecco cosa precisava Paolo per rimarcare il modo diverso di concepire il SABATO: Colossesi 2,16-18
16 Nessuno dunque vi condanni più in fatto di cibo o di bevanda, o riguardo a feste, a noviluni e a SABATI:  tutte cose queste che sono ombra delle future; ma la realtà invece è Cristo! 

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Il comando di non commettere adulterio è stato inglobato alla luce del Nuovo Testamento con un camandamento più estensivo ed inclusivo: " non commettere atti impuri", che abbraccia una serie di atti legati alla sessualità e che vengono esplicitamente enunciati da s.Paolo nel Nuovo Testamento, come l'incesto 1Cor.5,1) la fornicazione (1 Cor.6,18), l'omosessualità (Rom.1,27), l'incontinenza (1Cor.7,2) .
Anche in questo caso la chiesa ha modificato il comandamento antico ma lo ha fatto IN BASE A QUANTO ESPLICITATO NEL NUOVO TESTAMENTO.

Già fin qui possiamo capire il perchè vi sia stata una rivisitazione dei Comandamenti.
Alla luce di quanto espresso, dobbiamo quindi inquadrare il comandamento di non fare immagini, per poter comprendere bene la questione.

In Esodo 20,4 vi è un DIVIETO ASSOLUTO per qualsiasi immagine.
Si rilegga il testo del Deut. e ci si accorgerà di quanto sia perentorio e non ammetta la rappresentazione di NESSUNA IMMAGINE.
Ecco il testo di Esodo 20,4:
 "Non ti farai idolo né IMMAGINE ALCUNA di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra."
Il testo è chiaro e non ammetteva NESSUNA raffigurazione, IN NESSUNA FORMA, di NESSUNA REALTA' presente in cielo, in terra o in alcun altro luogo.

Se noi cristiani fossimo ancora vincolati a tale DIVIETO ASSOLUTO,  non si potrebbe fare neppure una fotografia perchè NESSUNA rappresentazione, in NESSUNA FORMA sarebbe consentita, e neppure RAFFIGURAZIONI O ILLUSTRAZIONI della stessa Bibbia,  perchè anche in questo caso si tradirebbe il comando preciso così come era  espresso nel Vecchio Testamento.
Non si possono accampare attenuanti con i se ed i ma.
O si ritiene che la vecchia Legge è tuttora valida in tutte le sue singole parti, ed allora ci si dovrebbe astenere in maniera assoluta a produrre qualsiasi immagini, in qualsiasi forma, oppure si ritiene che la legge antica vada riconsiderata alla luce del Nuovo Testamento. Non vi sono altre vie di uscita dalla questione.  
Perchè questo ordinava il Comandamento antico. Inutile affermare ad esempio che  una fotografia, una illustrazione sono ben diversi da una statua.
Anche queste figure ed immagini sono  comprese ed espressamente VIETATE NEL COMANDAMENTO ANTICO.

Per questo allora occorre essere obiettivi. E qual'è questa obiettività?
E' il fatto che NOI SIAMO NELLA NUOVA ALLEANZA e perciò tutta la Legge antica deve essere ricosiderata alla luce di quanto Cristo e gli apostoli hanno mostrato.

IL DIVIETO DI FARSI IMMAGINI, NEL NUOVO TESTAMENTO NON LO RITROVIAMO MAI RIBADITO NE' ESPRESSO.

Cristo ha fatto tante precisazioni nel suo discorso sul monte (Mt. cap. da 5 a 7) e di alcuni comandamenti come "non uccidere" o non "commettere adulterio", ha precisato AVETE UDITO CHE FU DETTO, MA IO VI DICO,... ma del "non fare immagini", non ha mai fatto  neppure un accenno.  E neanche gli apostoli hanno parlato di Immagini.  Rimaneva certamente valido il concetto di non farsi degli idoli, cioè delle cose o delle realtà da contrapporre a Dio nella propria adorazione o nella priorità del valore ad essi attribuito, ma non parlarono di immagini.

Ecco quindi come mai già i primi cristiani rappresentavano nelle catacombe molti soggetti con molta libertà e non si facevano problema col comandamento di Es 20,4.
Cristo Dio si è fatto carne e quindi si è reso visibile; dunque rappresentabile.  Gli eventi del Vangelo, ed ogni singola frase è stata raffigurata in tutti i modi possibili, e permettono di rivivere o di avere subito sotto gli occhi le narrazioni evangeliche, in maniera diretta e che si possono imprimere maggiormante alla nostra considerazione e ai nostri cuori. Se ci si dovesse attenere al comando di Es.20,4 ci si priverebbe di una enorme possibilità di evangelizzazione che può avvenire proprio grazie alle raffigurazioni del Vangelo.

E' anche opportuno notare comunqe che le immagini erano proibite nel Vecchio Testamento quando il fine era quello di adorarle e non quando il fine era quello di rappresentare delle semplici creature come risulta nel caso del serpente di rame e le tante altre rappresentazioni che venivano ordinate da Dio stesso per l'abbellimento del tempio che Salomone gli dedicò. 
Pertanto le immagini idolatriche destinate all'adorazione, si oppongono in ogni caso al concetto di esclusività dell'adorazione dovuto a Dio, e quindi restano comunque proibite. Ma se le raffigurazioni sono un mezzo per esprimere l'appropriata forma di culto A CHI VI VIENE RAPPRESENTATO, possono essere un aiuto e non un impedimento.

In ogni caso è chiaro che col primo comandamento,  che resta in vigore perchè richiamato in vari modi nel Nuovo Testamento, si intende che l'adorazione non possa essere mai rivolta ad altri se non a Dio soltanto ("non avrai altro Dio al di fuori di me) e con esso si esclude quindi tutte le immagini idolatriche, a cui venga rivolta adorazione per se stesse, e si escludono le cose e le creature che vengono messe al posto di Dio o al pari di Lui nella nostra vita. (il denaro, il successo, i piaceri, ecc.).
Questa è la forma in cui la Chiesa include il concetto di non adorare le immagini, senza escludere che si possa fare delle immagini che servono per ricordare fatti o persone della storia sacra. E' appunto il modo migliore per essere consequenziali con la NUOVA ALLEANZA.
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E'  completamente errato dire che la Chiesa ha alterato i Comandamenti e nascosto la volontà di Dio.
Innanzitutto il Catechismo al paragrafo 2051 riporta testualmente il brano biblico di Esodo 20,2-17 e parallelo Deuteronomio 5,6-21, dove si enuciano i comandamenti, e poi dal paragrafo 2129 al 2132 si esamina specificamente il punto sulle immagini come riportato nel seguente testo:






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DOMANDE E RISPOSTE SULLE 
ICONE  

dal sito:

 Ikthys   

 

A cura del PATRIARCATO DI MOSCA DIOCESI DI CHERSONESO - DECANATO D'ITALIA 
PARROCCHIA CRISTIANA ORTODOSSA "SAN MASSIMO, VESCOVO DI TORINO"

 

1. Che cos'è un'Icona? 

Un'icona (dal termine greco eikòna, "immagine") è un'immagine - di solito bidimensionale - di Cristo, dei Santi, degli Angeli, o di importanti eventi biblici, parabole, o eventi nella storia della Chiesa. San Gregorio il Dialogo (Papa di Roma attorno agli anni 590-604), parla delle Icone come di Sacra Scrittura per gli analfabeti: "Ciò che uno scritto presenta ai lettori, una raffigurazione lo presenta agli illetterati che la contemplano, poi che in essa anche gli ignoranti vedono ciò che dovrebbero seguire; in essa gli analfabeti leggono" (Epistola al Vescovo Sereno di Marsiglia, NPNF 2, Vol. XII, p. 53). A quanti vorrebbero suggerire che ciò non ha più alcuna rilevanza nella nostra era illuminata, vorremmo far considerare quanto è alto il nostro tasso di "analfabetismo di ritorno", e il fatto che anche le società più colte hanno un notevole segmento di analfabeti: i loro bambini piccoli! 
Le icone elevano le nostre menti dalle cose terrene a quelle celesti. San Giovanni Damasceno scrive: "siamo condotti da Icone percettibili alla contemplazione di quelle divine e spirituali" (PG 94:1261a). E mantenendo di fronte a noi la loro memoria attraverso le Icone, siamo pure ispirati a imitare la santità di quanti vi sono raffigurati. San Gregorio di Nissa (ca. 330-395) parlava di come non potesse passare "senza lacrime" di fronte a un'Icona di Abramo che sacrifica Isacco (PG 46: 572). Commentando su questo passo, fu notato nel Settimo Concilio Ecumenico, "Se a un simile Dottore l'immagine era d'aiuto e procurava lacrime, quanto più nel caso di persone ignoranti o semplici porterà compunzione e beneficio." (NPNF2, Vol.4, p. 539). 

2. I cristiani ortodossi pregano le Icone? 

I cristiani pregano in presenza di Icone (così come gli Israeliti pregavano in presenza di Icone nel Tempio), ma noi non preghiamo "le" immagini. (anche i cattolici NON pregano "le immagini")

3. Le Icone fanno miracoli? 

Per mettere questa domanda nella giusta prospettiva, consideriamo alcune altre domande: 

L'Arca dell'Alleanza faceva miracoli? (Gs 3: 15s; 1 Sam 4-6; 2 Sam 11-12) 

Il Serpente di Bronzo guariva chi era stato morso dai serpenti? (Num 21 :9) 

Le ossa del Profeta Eliseo risuscitarono un uomo dai morti? (2 Re 13:21) 

L'ombra di San Pietro guariva i malati? (At 5:15) 

I grembiuli e fazzoletti toccati da San Paolo guarivano gli infermi e scacciavano gli spiriti maligni? (At 19:12) 

La risposta a queste domande è: sì, in un certo senso. Nondimeno, per essere precisi, era (ed è) Dio che operava miracoli attraverso queste cose. Nel caso dell'Arca e del Serpente di Bronzo, abbiamo immagini che vengono usate per operare miracoli. Dio operò miracoli attraverso le reliquie del Profeta Eliseo, attraverso l'ombra di un Santo, e attraverso oggetti che avevano appena toccato un santo. Perché? Perché Dio onora quanti lo onorano (1 Sam 2:30), e perciò si compiace di operare miracoli attraverso i suoi Santi, anche attraverso questi mezzi indiretti. Il fatto che Dio possa santificare oggetti materiali non dovrebbe sorprendere alcuna persona che sia familiare con le Scritture. Per esempio, non solo l'Altare del Tempio era santo, ma pure tutto ciò che lo toccava era santo (Eso 29:37). Rifiutare la verità che Dio opera attraverso le cose materiali significa cadere nello gnosticismo. 
Perciò sì, in senso lato, le icone possono fare miracoli -ma per essere precisi, è Dio che opera miracoli attraverso le Icone, perché Egli onora quanti lo hanno onorato. 

4. I cristiani ortodossi adorano le icone? Qual'è la differenza tra "adorazione" e "venerazione"? 

I cristiani ortodossi non adorano le icone nel senso in cui la parola "adorazione" si usa comunemente in italiano. In traduzioni antiche (e in alcune traduzioni più recenti in cui i traduttori insistono a usare questa parola nel senso originale), si trova la parola "adorare" usata per tradurre il verbo greco proskyneo (letteralmente, "prosternarsi"). Nondimeno, bisogna comprendere che tale uso era molto più ampio di quello odierno. Spesso si usava questo verbo per indicare l'atto di onorare, venerare, riverire. Oggi si restringe il temine "adorazione" al senso del termine greco latrìa (che il Settimo Concilio Ecumenico aveva precisamente stabilito come culto che si deve solo a Dio, a differenza della venerazione dovuta ai santi). I cristiani ortodossi venerano le icone, vale a dire, rendono loro rispetto poiché sono oggetti santi, e poiché onorano ciò che le icone raffigurano. Noi non adoriamo le icone più di quanto un patriota non adori la sua bandiera. Il saluto alla bandiera non è esattamente lo stesso tipo di venerazione che diamo alle Icone, ma è proprio un tipo di venerazione. E così come non veneriamo il legno e la vernice, ma piuttosto le persone dipinte nelle Icone, i patrioti non venerano il tessuto e le tinture, ma piuttosto il paese rappresentato dalla bandiera. Queste furono le conclusioni del Settimo Concilio Ecumenico, che stabilì nel proprio Oros (decreto) quanto segue: "Poiché questo è il caso in questione, seguendo il sentiero regale e l'insegnamento divinamente ispirato dei nostri santi Padri e della Tradizione della Chiesa cattolica - poiché sappiamo che essa è ispirata dal Santo Spirito che in essa vive - decidiamo in tutta correttezza e dopo un completo esame che, così come la santa e vivifica Croce, allo stesso modo le sante e preziose Icone dipinte con colori, ornate con piccole pietre o con quant'altro è utile a questo scopo (epitedeios), debbano essere poste nelle sante chiese di Dio, sui vasi e paramenti sacri, su muri e tavole, nelle case e nelle strade, sia che esse siano Icone del nostro Dio e Salvatore, Gesù Cristo, o della nostra intemerata Signora e Sovrana, la santa Madre di Dio, o dei santi angeli e di santi e pii uomini. Ogni volta, infatti, che vediamo le loro rappresentazioni in immagine, siamo condotti, mentre le contempliamo, a rammentare i prototipi, progrediamo nell'amore per loro, e siamo indotti a venerarli ulteriormente baciando le icone e testimoniando la nostra venerazione (proskenesin), non la vera adorazione (latreian) che, secondo la nostra fede, è appropriata solo per l'unica natura divina, ma nello stesso modo in cui veneriamo l'immagine della preziosa e vivifica Croce, il santo Vangelo e gli altri oggetti sacri che onoriamo con incenso e lumi di candela secondo la pia usanza dei nostri antenati. L'onore reso all'immagine va infatti al suo prototipo, e la persona che venera un'Icona venera la persona che vi è rappresentata. Invero, tale è l'insegnamento dei nostri santi Padri e della Tradizione della santa Chiesa cattolica che ha propagato il Vangelo da un capo all'altro della terra." 
Gli ebrei capiscono la differenza tra venerazione e adorazione. Un pio ebreo bacia la Mezuzà sugli stipiti della sua porta, bacia il suo scialle da preghiera prima di indossarlo, bacia i tallenin (filatteri), prima di legarli alla fronte e al braccio. Bacia la Torah prima di leggerla nella Sinagoga. Senza dubbio Cristo fece le stesse cose, quando leggeva le Scritture in Sinagoga. Anche i primi cristiani capivano questa distinzione.

 

(Da notare che in questo, essendo uno dei Concili ai quali partecipò la Chiesa ancora unita, è quanto insegna l'attuale Catechismo Cattolico..)

[Modificato da Credente 21/07/2020 15:36]
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23/07/2012 14:47
 
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5. Il secondo comandamento non proibisce le icone? 

il problema relativo al secondo comandamento dipende da com'è tradotta la parola che indica le immagini. Se essa significa mere raffigurazioni, allora le immagini nel Tempio sarebbero violazioni di questo comandamento. La nostra guida migliore al significato della parola ebraica, tuttavia, è ciò che essa significava per gli ebrei: quando gli ebrei tradussero la Bibbia in greco, tradussero questo termine semplicemente come "eidoloi" , ovvero "idoli." Per di più, la parola ebraica pesel non viene mai usata in riferimento a qualsivoglia immagine nel Tempio. Perciò è chiaro che qui ci si riferisce a immagini pagane piuttosto che alle immagini in generale. Guardiamo più attentamente il passo scritturale in questione: "Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prosternerai davanti a loro e non li servirai." (Eso 20:4-5a). 
Ora, se prendiamo questo passo come riferimento a immagini di ogni genere, allora chiaramente i cherubini nel tempio violano questo comandamento. Se ci limitiamo ad applicarlo solo agli idoli, non esiste alcuna contraddizione. Inoltre, se il termine si applica a tutte le immagini - allora anche la foto sulla carta d'identità viola il comandamento, ed è un idolo. Così, o tutti i protestanti con la carta d'identità sono idolatri, oppure le icone non sono idoli. 
Lasciando da parte, per il momento, le sfumature del termine "immagini", limitiamoci a osservare che cosa ne dice il testo. Non farai x, non ti prosternerai a x, non adorerai x. Se x = immagini, allora il Tempio stesso viola il comandamento. Se x = idoli e non tutte le immagini, allora questo verso non contraddice le Icone nel Tempio, né le Icone ortodosse. 

6. Deuteronomio 4:14-19 non vieta forse le immagini di Dio? Come potete allora avere Icone di Cristo? 

Questo passo istruisce gli ebrei a non farsi immagini (false) di Diopoiché essi non hanno visto Dio. Come cristiani, tuttavia, noi crediamo che Dio si è incarnato nella persona di Gesù Cristo, e così possiamo raffigurare "ciò che abbiamo veduto con i nostri occhi" (1 Gv 1:1). Come disse San Giovanni Damasceno: "Fin dai tempi antichi, Dio l'incorporeo e l'incircoscritto non fu mai raffigurato. Ora, tuttavia, Quando Dio è stato visto rivestirsi di carne, e conversare con gli uomini, io faccio un'immagine del Dio che io vedo. Io non adoro la materia, adoro il Dio della materia, che per me è divenuto materia, e si è degnato di abitare nella materia, e ha portato la mia salvezza attraverso la materia. Non cesserò di onorare quella materia che opera la mia salvezza. La venero, seppure non come Dio. Come potrebbe Dio essere nato nel mondo da cose senza vita? E se il corpo di Dio è Dio per unione, allora è immutabile. La natura di Dio rimane la stesa di prima, mentre la carne creata nel tempo è vivificata da un'anima logica e razionale." 

7. Ma considerata la violenta opposizione che gli ebrei avevano per le immagini, come è possibile che i primi cristiani abbiano accettato le icone? 

Non solo si trova iconografia in tutte le catacombe cristiane, ma anche nelle catacombe ebraiche dello stesso periodo. Abbiamo anche le Icone ebraiche ben conservate di Dura-Europos, in una città distrutta dai persiani a metà del III secolo (cosa che mette ovviamente un limite a quanto recenti potessero essere queste icone). Spesso si prendono le vedute di Giuseppe Flavio sull'iconografia come la norma delle vedute ebraiche in materia, ma questo è scorretto e chiaramente inappropriato. Un testo specifico che è solitamente citato è un passo che si riferisce a un tumulto scoppiato quando i romani posero un'aquila imperiale sul cancello del Tempio. Questa storia non è così bianca e nera come alcuni vorrebbero pensare. Questi erano zeloti. Giuseppe Flavio, anche lui un ribelle, per quanto in seguito avesse cambiato bandiera e aiutato i romani, ne narra gli eventi. Giuseppe racconta come i romani avessero montato l'aquila sopra l'ingresso del Tempio, e il popolo la strappò come sacrilega - ma erano le immagini di animali per se a essere in questione, o piuttosto l'aquila romana sull'ingresso del Tempio? Il punto di vista di Giuseppe a proposito era così estremista che egli pensò che le statue di animali connesse al Tempio di Salomone fossero un peccato (Antichità, VIII, 7,5). 
L'attitudine globale degli ebrei verso l'arte religiosa non era neppure in parte così iconoclasta. Il Talmud Palestinese narra (in Abodah Zarah 48d) "Nei giorni di Rabbi Jochanan gli uomini incominciarono a dipingere figure sulle pareti, ed egli non lo impedì," e "Nei giorni di Rabbi Abbun gli uomini incominciarono a fare disegni a mosaico, ed egli non lo impedì." Inoltre, il Targum dello Pseudo-Gionata ripete il comandamento contro gli idoli, ma poi dice "nei vostri santuari potete tuttavia fare colonne di pietra incise con immagini e figure, ma non per adorarle." Inoltre, i libri sacri degli ebrei sono stati illustrati fin dai più antichi esemplari che abbiamo. Essi contengono illustrazioni di scene bibliche, molto simili a quelle ritrovate nella Sinagoga di Dura-Europos (e anche nella chiesa cristiana che si trovava nelle vicinanze). 
È importante notare che le più antiche Icone delle catacombe erano per la maggior parte scene dell'Antico Testamento, e Icone di Cristo. Il predominio di scene dell'Antico Testamento mostra come questa non era una pratica pagana cristianizzata dai convertiti, ma una pratica ebraica adottata dai cristiani. 

8. Se le Icone sono così importanti, perché non le troviamo nelle Scritture ? 

Ah, ma noi le troviamo davvero nelle Scritture: e ne troviamo un sacco! Considerate quante se ne trovano nel Tabernacolo e quindi nel Tempio. C'erano immagini di cherubini: 

Sull'Arca - Eso 25:18 

Sui veli del Tabernacolo - Eso 26: 1 

Sul velo del Santo dei Santi - Eso 26:31 

Due grandi Cherubini nel Santuario - 1 Re 6:23 

Sulle pareti - 1 Re 6:29 

Sulle porte - 1 Re 6:32 

E sul mobilio - 1 Re 7:29,36 

In breve, c'erano Icone dovunque uno si girasse. 

9. Perché c'erano solo Icone di Cherubini, e non di Santi? 

Il Tempio era un'immagine del Cielo, come rende chiaro San Paolo: "[i sacerdoti che servono nel tempio di Gerusalemme] attendono a un servizio che è una copia e un'ombra delle realtà celesti, secondo quanto fu detto da Dio a Mosè, quando stava per costruire la Tenda: Guarda, disse, di fare ogni cosa secondo il modello che ti è stato mostrato sul monte." (Eb 8:5; cfr. Eso 25:40). Prima che Cristo venisse nella carne trionfando sulla morte con la sua Risurrezione, i Santi dell'Antico Testamento non erano in presenza di Dio nel Cielo, ma erano nello Sheol (spesso tradotto come "la tomba", e tradotto "hades" (Ade) in greco). Prima della Risurrezione di Cristo, lo Sheol era il destino dei giusti e degli ingiusti (Gen 37:35; Is 38:10), anche se le loro condizioni non erano in alcun modo le stesse. Le possiamo vedere nella parabola raccontata da Cristo del ricco e di Lazzaro (Lc 16:19-31) e in Enoch 22: 8-15 (anche se il Libro di Enoch non è incluso nel Canone delle Sacre Scritture,è una parte venerabile della Santa Tradizione, ed è citato nell'Epistola di San Giuda, oltre che in molti scritti dei santi Padri): c'era un abisso che separava i giusti dagli ingiusti, e i giusti erano in uno stato di beatitudine, i malvagi erano (e sono) in uno stato di tormento - i giusti aspettavano la loro liberazione attraverso la Risurrezione di Cristo, mentre i malvagi aspettavano con paura il loro giudizio. E così, sotto l'antica alleanza, si dicevano preghiere solo per i dipartiti, poiché essi non erano ancora in cielo a intercedere per noi. Come disse San Paolo agli Ebrei mentre parlava dei Santi dell'Antico Testamento, "Eppure, tutti costoro, pur avendo ricevuto per la loro fede una buona testimonianza, non conseguirono la promessa: Dio aveva in vista qualcosa di meglio per noi, perché essi non ottenessero la perfezione senza di noi" (Eb 11:39-40). In Ebrei 12, San Paolo procede a mettere in contrasto la natura dell'Antica Alleanza (12:18s) con quella della Nuova (12:22s) - e tra le distinzioni che fa, dice che nella Nuova Alleanza "Voi vi siete invece accostati... agli spiriti dei giusti portati alla perfezione" (12:22-23). Come ci dicono sia le Scritture che il resto della Santa Tradizione, mentre il corpo di Cristo giaceva nella tomba, il suo spirito discese nello Sheol e proclamò la libertà ai prigionieri (Ef 4:8-10; 1 Pt 3:19,4:6; cfr. Mt 27:52-53). E questi Santi che hanno trionfato su questo mondo, ora regnano con Cristo nella Gloria (2 Tim 2: 12), e offrono continuamente preghiere per noi di fronte al Signore (Ap 5:8; cfr. il Martirio di Sant'Ignazio, cap 7: Sant'Ignazio era uno dei discepoli dell'Apostolo Giovanni, e fu fatto da lui Vescovo di Antiochia). E così, mentre nell'Antico Testamento il Tempio era immagine del cielo con i soli Cherubini a servire il Signore, nella Nuova Alleanza, i nostri Templi sono immagini del cielo con la grande nube dei testimoni che ora vi risiedono nella gloria.
 
continua...
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10. Va bene, ammettiamo che vi siano Icone di un certo tipo nelle Scritture, ma dov'è che agli Israeliti viene detto di venerarle? 

Le Scritture comandano agli Israeliti di prosternarsi di fronte all'Arca, che aveva due prominenti immagini di cherubini. Nel Salmo 99:5, c'è il comando: "inchinatevi di fronte allo sgabello dei suoi piedi..." Dovremmo notare prima di tutto che la parola usata per "inchinarsi" qui, è la stessa parola usata in Esodo 20:5, dove di dice di non prosternarsi agli idoli. E che cos'è lo "sgabello dei suoi piedi"? In 1 Cronache 28:2, Davide usa questa frase in riferimento all'Arca dell'Alleanza. Il Salmo 99 [98 nella Septuaginta] inizia parlando del Signore che "dimora sui Cherubini" (99:1), e termina con un invito ad "adorare sul suo monte santo" - cosa che rende ancora più chiaro che in tale contesto si sta parlando dell'Arca dell'Alleanza. Questa frase appare di nuovo nel Salmo 132:7, dove è preceduta dalla frase: "Andremo ai suoi tabernacoli" ed è seguita dalla frase: "Sorgi, Signore, nel luogo del tuo riposo; tu e l'Arca della tua forza." Curiosamente, questa frase si applica alla Croce negli offici della Chiesa, e la connessione non è accidentale - infatti era sull'Arca, sul seggio della grazia tra i Cherubini, che il sangue sacrificale era asperso per i peccati del popolo (Eso 25:22, Lev 16:15). 

11. Ma che dire del Serpente di bronzo? Non fu distrutto precisamente perche il popolo iniziò a venerarlo? 

Se guardate il passo in questione (2 Re 18:4), vedrete che il Serpente di bronzo non fu distrutto solo perché il popolo lo onorava, ma perché lo aveva trasformato in un dio serpente, chiamato "Nehushtan." 

12. Non vi furono iconoclasti nella Chiesa, ben prima che venissero alla luce i protestanti? 

È importante tenere a mente, quando si considera la questione delle Icone (e pertanto anche l'iconoclasmo), che questa comprende due questioni separate, che spesso vengono confuse: 

1) È ammissibile fare o avere icone? 

2) È ammissibile venerarle? 

E chiaro, a partire dall'Antico Testamento, che la risposta a entrambe le domande è .Mentre i protestanti, comunque, hanno obiezioni alla venerazione delle Icone, tipicamente non hanno da ridire sulla creazione o il possesso di immagini. Se lo facessero, non avrebbero opuscoli biblici illustrati, televisioni, o quadri... ma a parte gli Amish, si farebbe fatica a trovare un altro gruppo di protestanti che esclude regolarmente le immagini. I protestanti tipicamente hanno obiezioni alla venerazione delle immagini, ma curiosamente il tipo di argomentazioni e prove che usano si ritorcono quasi sempre contro ogni tipo di immagine, se la logica della loro linea di argomenti viene portata fino in fondo. 
Gli iconoclasti, spesso citati dai protestanti come sostenitori della loro posizione in materia, di fatto hanno argomenti che si oppongono ai loro. Da un lato, gli iconoclasti scomunicavano tutti quanti "si azzardavano a rappresentare con colori materiali..." Cristo o i Santi - una cosa che quasi tutti i protestanti fanno a loro voltaD'altro canto, scomunicavano anche tutti quanti "non confessano la santa e semprevergine Maria, veramente e realmente Madre di Dio, come più alta di ogni creatura visibile e invisibile, e non cercano con fede sincera le sue intercessioni, come colei che ha confidenza con Dio per averlo partorito..." e scomunicavano anche tutti quanti "negano il profitto dell'invocazione dei Santi..." (NPNF2, Vol. 14, p. 545s). Così, di fatto, i protestanti si trovano sotto un maggior numero di anatemi degli iconoclasti di quanti ne abbiano gli ortodossi. 
I protestanti potrebbero desiderare di trovare un certo sollievo nel fatto che per lo meno gli iconoclasti erano opposti alla venerazione delle immagini, ma la venerazione non fu mai una questione a se stante per gli iconoclasti. Essi erano opposti alla venerazione delle icone, solo perché erano opposti alle icone. Non si opponevano alla venerazione di oggetti sacri: gli iconoclasti veneravano la Croce, e non ne facevano mistero
I protestanti citano anche alcuni altri primi padri e primi scrittori ecclesiastici in sostegno della loro posizione. La maggior parte di queste citazioni sono semplici denuncie dell'idolatria, e non hanno nulla a che fare con le Icone. In quei pochi casi in cui le citazioni potrebbero essere plausibilmente interpretate come condanne delle Icone (e alcune delle quali, si può argomentare, sono interpolazioni iconoclastiche successive), una interpretazione coerente richiederebbe che non siano fatte immagini di alcun tipo... poiché, ancora una volta, l'obiezione che si trova in questi testi è rivolta alla creazione e al possesso di immagini. Nessuno di questi testi prende neppure in considerazione il tema della venerazione
I Canoni del Sinodo di Elvira sono spesso citati a sostegno di una posizione iconoclasta. Nel suo Canone 36, il concilio decretava: "Si ordina che non vi siano pitture nelle chiese, così che ciò che è venerato e adorato non sia raffigurato sulle pareti." Ma anche gli studiosi protestanti riconoscono che il significato del canone non è così chiaro come gli apologeti protestanti spesso suggeriscono: non è chiaro quale fosse l'occasione di questo canone, e non è chiaro che cosa cercasse di prevenire. A causa delle parole stesse del canone, è quasi certo che non si tratti di un bando assoluto alle immagini. Non è chiaro che cosa si proibisce, e soprattutto a quale fine. Le interpretazioni plausibili vanno da un mero divieto di immagini in chiesa, a una misura di precauzione per proteggere le Icone dai pagani (dato che il canone fu composto in tempi di persecuzione, ciò è certamente possibile). In ogni caso, il fatto è che le Icone erano in uso nelle chiese della Spagna prima del Sinodo di Elvira, e continuarono a essere usate in seguito, senza alcuna ulteriore prova di controversie. Inoltre, questo Sinodo ebbe un carattere meramente locale e non venne mai menzionato a livello ecumenico

13. Come sapete che non fossero gli iconoclasti quelli che mantenevano la più antica tradizione cristiana sulle icone? 

Da un lato, l'iconoclasmo avrebbe dovuto fiorire nei territori a dominio islamico... ma non lo fece. Il primo scoppio di iconoclasmo iniziò in territorio musulmano, anche se non si trattava di cristiani che distruggevano immagini, ma di musulmani che distruggevano immagini cristiane. C'è anche ragione di pensare che un'influenza musulmana ispirò gli imperatori iconoclasti (tutti provenivano da aree dell'impero in cui i musulmani avevano preso il sopravvento), ma il fatto è che le uniche parti della Chiesa in cui l'iconoclasmo prese piede furono quelle in cui gli imperatori iconoclasti poterono imporre la loro eresia sul popolo. In tutte le aree della Chiesa al di fuori della portata degli eserciti imperiali, la Chiesa si oppose agli iconoclasti e ruppe la comunione con loro. Uno degli oppositori più aperti degli iconoclasti fu San Giovanni Damasceno, che visse sotto il dominio musulmano, e per conseguenza ebbe a soffrire persecuzioni. Se la visione degli iconoclasti fosse stata davvero quella tradizionale, ci saremmo dovuti aspettare di vedere tale opinione come dominante tra i cristiani che vivevano sotto il dominio musulmano. Per lo meno, ci saremmo aspettati qualche iconoclasta sorto in mezzo a questi cristiani, ma di fatto era vero il contrario - non si udirono voci iconoclastiche dai territori sotto il dominio musulmano, nonostante gli ovvi vantaggi che tali cristiani avrebbero avuto con i loro governanti. 
Inoltre, prima della controversia iconoclasta, abbiamo ampie prove archeologiche che le Icone erano usate ovunque nella Chiesa, e se questa fosse stata una deviazione dalla Tradizione apostolica, ci dovremmo aspettare di trovare un'ampia controversia in materia dal primo momento in cui le Icone entrarono in uso, e che avrebbe dovuto intensificarsi mentre il loro uso diventava più comune. 
Tuttavia, non troviamo niente del genere. Di fatto, trenta anni prima della controversia iconoclasta, il Concilio Quinisesto stabilì un canone (Canone 82) riguardo a ciò che dovrebbe essere dipinto in certe Icone, ma senza il più pallido accenno a una controversia sulle Icone per se. 
Vi sono molte altre cose che mostrano la completa novità dell'eresia degli iconoclasti: essi si opponevano al monachesimo, nonostante il fatto che esso fosse stato indiscutibilmente accolto dalla Chiesa per secoli, si dilettavano a derubare i monaci, prendere le loro terre, forzarli a sposarsi, a mangiare carne, e a partecipare agli spettacoli pubblici (e quanti resistevano spesso erano gli spettacoli pubblici), contrariamente alle pratiche monastiche ben stabilite. Anche gli storici protestanti sono forzati ad ammettere che i santi uomini e donne del tempo erano sostenitori della venerazione delle Icone, e che gli Iconoclasti erano un partito piuttosto immorale e spietato
Si può essere iconoclasti solo se si crede - contrariamente a quanto dicono le Scritture - che la Chiesa possa cessare di esistere, poiché non c'è dubbio che la Chiesa abbia respinto l'iconoclasmo e usato icone da tempi remoti almeno come quelli dell'uso delle catacombe (che sono piene di icone cristiane). E questa opzione della Chiesa che cessa di esistere è di solito rifiutata dagli Evangelici ragionevoli.
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24/12/2012 10:14
 
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Il Catechismo della Chiesa Cattolica riporta con puntuale precisione l'insegnamento riguardante l'adorazione, dovuta solo a Dio, e la venerazione che può essere rivolta a persone che sono state fedeli a Dio.

dal CCC
2132 Il culto cristiano delle immagini non è contrario al primo comandamento che proscrive gli idoli. In effetti, “l'onore reso ad un'immagine appartiene a chi vi è rappresentato”, [San Basilio di Cesarea, Liber de Spiritu Sancto, 18, 45: PG 32, 149C] e “chi venera l'immagine, venera la realtà di chi in essa è riprodotto” [Concilio di Nicea II: Denz. -Schönm., 601; cf Concilio di Trento: ibid. , 1821-1825; Conc. Ecum. Vat. II: Sacrosanctum concilium 126; Id., Lumen gentium, 67]. L'onore tributato alle sacre immagini è una “venerazione rispettosa”, non un'adorazione che conviene solo a Dio.

 

Gli atti di culto non sono rivolti alle immagini considerate in se stesse, ma in quanto servono a raffigurare il Dio incarnato. Ora, il moto che si volge all'immagine in quanto immagine, non si ferma su di essa, ma tende alla realtà che essa rappresenta [San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II, 81, 3, ad 3].

adorazione

 

2096 Della virtù della religione, l'adorazione è l'atto principale. Adorare Dio, è riconoscerlo come Dio, come il Creatore e il Salvatore, il Signore e il Padrone di tutto ciò che esiste, l'Amore infinito e misericordioso. “Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adorerai” ( Lc 4,8 ), dice Gesù, citando il Deuteronomio [Cf Dt 6,13 ].

 2097 Adorare Dio è riconoscere, nel rispetto e nella sottomissione assoluta, il “nulla della creatura”, la quale non esiste che per Dio. Adorare Dio è, come Maria nel Magnificat, lodarlo, esaltarlo e umiliare se stessi, confessando con gratitudine che egli ha fatto grandi cose e che santo è il suo nome [Cf Lc 1,46-49 ]. L'adorazione del Dio Unico libera l'uomo dal ripiegamento su se stesso, dalla schiavitù del peccato e dall'idolatria del mondo.

 

 

 

[Modificato da Credente 24/12/2012 10:22]
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20/01/2013 15:56
 
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Nella devozione cattolica i santi sono oggetto di venerazione (gr. dulìa) e non di adorazione (gr. latria), che è dovuta solo e soltanto a Dio e che non può essere tributata ad una creatura, per quanto grande sia. Uno degli esempi più antichi della venerazione dei santi lo si è scoperto in seguito agli scavi di Cafarnao del 1968 , città di Simon Pietro secondo i vangeli. Sotto il pavimento di una chiesa dedicata all’apostolo sin dal V secolo (la più antica che si conoscesse in Palestina), si è trovata quella che gli archeologi hanno provato in modo indiscutibile essere appunto la casa di Pietro . Si tratta di una povera abitazione, simile in tutto alle altre che la circondano tranne che in un particolare: le mura sono coperte di affreschi e graffiti (in greco, in siriaco, in aramaico, in latino) con invocazioni a Pietro per chiederne la protezione . È accertato che la casa fu trasformata in luogo sacro sin dal primo secolo: è quindi la più antica “chiesa” cristiana conosciuta. Testimonia che prima del 100 (prima ancora, cioè, che la tradizione si fissasse completamente in testi scritti e definitivi) non solo già vigoreggiava il culto di Gesù ma giungeva a maturazione addirittura la “canonizzazione” dei suoi discépoli, già invocati come “santi” protettori.

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A seconda delle confessioni protestanti si trovano maggiori o minori riserve sulla preghiera verso i santi: la Chiesa anglicana, ad esempio, ha mantenuto un suo calendario dei santi e una ritualità vicina al Cattolicesimo. Anche le diverse chiese luterane hanno un calendario liturgico in cui vengono commemorati i santi. Il rivolgersi in preghiera ai santi è lasciato alla decisione dell'individuo, ma si pone l'accento sulla necessità che non diventi una pratica pubblica, della congregazione intera (ed infatti in quasi tutte le confessioni protestanti le chiese vengono intitolate ai Santi, proprio come avviene per quelle cattoliche ed ortodosse). I fedeli, come si è detto, devono confidare solo in Cristo per la loro salvezza.

L'opera di Walter Nigg, teologo protestante svizzero, dimostra come anche in ambito riformato si sia sentita, anche di recente, la necessità di un recupero della figura del santo.

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05/01/2014 18:45
 
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Abbiamo visto precedentemente come l'avere delle immagini non è di per sé vietato, l'immagine è vietata quando si attribuisce all'immagine stessa le proprietà e gli attributi di Dio, allora comprendiamo che Dio non vieta le immagini in quanto tali, ma le vieta quando ad esse ne viene attribuita l'adorazione come divinità, quell'adorazione che spetta esclusivamente a Lui.

Abbiamo fatto anche l'esempio del serpente di rame, il quale fin quanto è stato usato secondo il comando di Dio era lecito averlo, ma quando le fu attribuita l’adorazione con sacrifici offerti eccetera, allora quell'immagine è stata distrutta.

Allora comprendiamo la necessità di dare una giusta interpretazione ai termini, poiché, se non comprendiamo il significato dei termini ci rimane difficile comprendere ciò che termini stessi ci vogliono trasmettere.

In quanto al termine “adorazione”, ben sappiamo che tale termine sta ad indicare il riconoscimento totale, la propria dipendenza da Dio, e non mi pare che ci siano eccessive difficoltà nel comprendere tale termine, ciò che invece dobbiamo comprendere, e lo dobbiamo comprendere molto bene, è il significato della parola “Iconodulia”, tale parola è composta da icona e dulia, la prima significa immagine la quale si può affermare in senso generale, poiché per immagine si intende sia ciò che è raffigurato in un quadro, in un affresco, o in una statua.

La seconda Dulia indica venerazione, ma anche su tale termine sembra esserci una certa incertezza sul suo significato , cerchiamo dunque di comprendere la definizione di Dulia.

Tale termine indica “venerazione dovuta alle persone”, il quale è ben distinto dal termine Latria il quale indica “adorazione dovuta a Dio”, allora, se il termine Dulia indica venerazione e non adorazione, dobbiamo comprendere cosa significhi il termine venerazione.
Venerare significa fare oggetto di devozione, un profondo ossequio, grande rispetto, rendere omaggio.

Tale termine venerare ci sembrerà strano, ma lo adoperiamo molto ma molto spesso, facciamo qualche esempio.
A volte riferendoci una persona diciamo, venerabile maestro, oppure, quante volte diciamo alla nostra fidanzata o alla nostra amata moglie, ti venero, oppure usiamo l'esclamazione, nonostante che io ti venero su questo punto non siamo d'accordo, oppure, venerabile vecchietto, eccetera, allora si comprende bene che quando usiamo il termine venerare non lo si indica come il termine adorazione ma lo si indica come un qualcosa che mettiamo sopra a noi stessi, riconosciamo a questa persona quelle facoltà che possono aiutarci.

Allora comprendiamo bene l'attribuzione di questi due termini, latria il quale indica un esclusivo riferimento a Dio come colui che deve essere adorato, Dulia il quale termine indica venerazione, viene attribuito esclusivamente alle persone.
La differenza di questi due termini è sostanziale, non possiamo attribuire ad un termine il significato che proprio dell'altro, ciò, non è possibile.

Ora ci inoltreremo in quello che è l'argomentazione delle immagini nelle prime comunità cristiane, e come tale immagine venivano e vengono considerate dai cristiani.

Le prime comunità cristiane furono formate da persone ebraiche, ed essendo quindi ebree ben sapevano l’uso che se ne facevano di tali immagini, i primi cristiani ebrei frequentavano regolarmente il tempio, la sinagoga, l'osservanza delle varie leggi, delle norme, quindi non si creavano problemi quando entrando nel tempio lo vedevano arricchito di belle immagini, di angeli, di animali, di vegetali, comprendiamo anche che presso il popolo ebraico era sconosciuto il termine venerazione, ogni loro atto aveva come finalità l’adorazione, il motivo principale per cui non si poteva fare un'immagine di Dio in quanto nessuno ha mai visto Dio, e quindi Dio non può essere rappresentato, ma questo fino alla nascita di Cristo.

Dio il figlio, assumendo la natura umana ha permesso all'uomo di vedere Dio pur nella natura umana, e nella natura umana i primi cristiani rappresentavano l'immagine di Cristo la quale veicolava il cristiano all’adorazione del figlio di Dio che è Dio.

umentato dall'archeologia, in modo particolare nelle catacombe, luogo di sepoltura dei cristiani (e non di rifugio), interessante che, le raffigurazioni su Cristo erano espresse come il “Buon Pastore con l'agnello sulle spalle”, molte immagini su l'apostolo Pietro e Paolo, una rappresentazione numericamente maggiore è data dall'immagine della Madonna, sempre raffigurata con il bambino Gesù in braccio, una particolarità, la caratteristica che fa comprendere che tale immagine si riferisce alla Madonna è il fatto che il bambino è sempre rivolto con la faccia in avanti, verso colui che osserva.

Personalmente ho visitato in modo particolare la catacomba di Santa Priscilla (accedendo anche su parti non disponibili per il pubblico), la quale è ubicata alle porte di Roma in via salaria, interessante anche che, in questa catacomba viene raffigurata un'immagine della Madonna con il bambino la quale è stata datata come la più antica, risalente al secondo secolo dopo Cristo, e nelle catacombe abbiamo altre raffigurazioni nei primi cristiani, e queste lo possiamo vedere oltre alla catacomba di Santa Priscilla anche alle altre catacombe, come quella di San Sebastiano, di San Calisto e le altre la quale si trovano nelle zone limitrofe di Roma, si possono vedere nelle lastre che coprono i loculi le varie iconografie e simbolismi.

Da ciò si comprende che la raffigurazione e l'uso delle immagini da parte dei primi cristiani era un aspetto o quotidiano della loro vita
per comprendere ancora meglio la relazione che c'era tra le immagine e il loro uso da parte dei cristiani bisogna tener conto non solo delle scritture ma anche di ciò che è la Tradizione apostolica, non si può separare il Kerygma gesuano con ciò che è il vissuto quotidiano dei cristiani, il quale si innesta oltre nella scrittura ma anche nella liturgia, la quale risale al comando di Gesù quando disse “fate questo in memoria di me”.

L'immagine era dunque un aspetto quotidiano dei cristiano l'immagine era usata sia per adornare le tombe sia nell'aspetto liturgico quale poteva essere ad esempio l'uso del calice, ad esempio il filosofo cristiano Tertulliano il quale è vissuto 155 e 222 d.C. ebbe a dire come i cristiani adornavano i calici con le immagini del buon pastore, il quale fa riferimento a Gesù Cristo. (De pudicitia. 7,10).

Lo storico Eusebio di Cesarea vissuto tra il 265 e il 340 d.C. si dice di aver visto con i propri occhi le immagini dipinte di Gesù e dei santi apostoli Pietro e Paolo. (Historia ecclesiastica, VII, 18).
Evidentemente, i cristiani di quel tempo - e siamo in tempi antichissimi - utilizzavano le immagini di Gesù e dei santi. (santo= colui al quale gli sono state riconosciute le sue straordinarie virtù morali e religiose- vedremo meglio più avanti)

Siamo in epoca antichissima e già i cristiani si facevano immagini di Gesù Buon Pastore. Ma allora, questo vuoi dire che quando nelle nostre chiese fanno bella figura dipinti e statue di Gesù Buon Pastore, noi cattolici (ma anche gli ortodossi con le loro icone) non facciamo altro che imitare i primi cristiani, come è già stato detto, l’avere delle immagini non è di per se vietato, come d’altra parte non erano vietate nel culto divino del primo e secondo Tempio.

Presumo che fino a questo punto il non cattolico possa essere d’accordo, la questione dibattuta risulta essere la “Iconodulia”, cioè, rendere “Venerazione all’immagine”, ma anche su questo punto vedremo come tale termine è stato spesso mal interpretato.

Sappiamo che nel mondo protestante, ed in modo particolare dal terzo protestantesimo viene contestata come forma puramente inventata.
Nella riforma protestante, in modo particolare Zwingli e Calvino contestarono una pratica che fino ad allora era da tutti accettata, ritenendola non biblica a motivo della “Sola Scriptura” e rifiutando ciò che era la “Traditio”, la quale ha prodotto sia la Scrittura sia la Liturgia, se si dovesse assumere la sola scriptura allora si potrebbero giustificare o condannare aspetti del vissuto quotidiano i quali non erano riportati nella scrittura.

Cominciamo con il dire che nella Bibbia sono chiamati “santi” tutti quelli che hanno fatto la scelta cristiana, tutti i membri della comunità di Cristo. Tutti siamo santi perché Dio ci ha scelti, chiamandoci alla fede, separandoci dal mondo e dagli altri uomini. Santo vuoi dire infatti “separato”.
La nostra argomentazione sulla santità verde su coloro i quali si trovano in cielo, uomini e donne i quali hanno praticato delle virtù cristiane in modo straordinarie.

Si pone dunque la domanda se, sia lecito “Venerare=Dulia” questi santi oppure si va contro la volontà di Dio e cadere automaticamente nell’ido-latria.

Prima di andare avanti mi pare giusto fare un distinguo.
L’argomentazione è valida solo se si crede all’Immortalità dell’Anima, è altresì evidente che varie religioni come i, Testimoni di Geova, gli Avventisti e qualche altri, non credono all’anima immortale, ma, oggettivamente non avrebbero nulla da ridire al fatto di avere delle immagini come decorazione, come d’altra parte non dovrebbero avere nulla da ridire sulle immagini decorative situate nel primo e secondo Tempio.

Ma, per chi crede all’immortalità dell’anima, crede anche che persone la cui vita è vissuta in santità siano in cielo con Dio, e di questo parliamo.

Nelle prime comunità cristiane emerse un aspetto molto particolare, ed esso era il “Martirio”. cioè il donare la vita per la fede, era considerato come la massima espressione dell’amore a Dio e della fede. Il martire era considerato un eroe della fede e tutta la comunità cristiana circondava di venerazione.

Il Libro degli Atti degli Apostoli, che possiamo considerare, oltre che Libro Sacro, anche la prima storia della Chiesa, narra, al capitolo 8, che dopo il martirio di Santo Stefano, “Persone pie seppellirono Stefano e fecero grande lutto per lui”.
Nella chiesa primitiva, proprio come facciamo noi cattolici, veniva ricordato l’anniversario della morte del martire e lo si pregava perché intercedesse presso Dio in favore dei vivi.

Non mancano i documenti, il primo che la storia ci ha tramandato ricorda il ‘giorno del martirio” di San Policarpo, che fu martirizzato il 23 febbraio dell’anno 155 a Smirne, nell’odierna Turchia.
Questo documento è stato scritto probabilmente nell’anno 177 dalla Comunità di Smirne e si intitola "Martirio di San Policarpo". E’ un documento che chiarisce bene la distinzione tra la adorazione da tributare a Cristo, perché è Dio e la venerazione da tributare ai martiri, perché sono stati discepoli e imitatori di Cristo.

Leggiamo, “Noi adoriamo lui [il Cristo] perché è Figlio di Dio, i martiri invece li amiamo come discepoli e imitatori del Signore(….). Pertanto il centurione, visto l’accanimento dei Giudei nella contesa, fece portare in mezzo il corpo e lo fece bruciare secondo costume pagano. Così non solo più tardi potemmo raccogliere le sue ossa, più preziose delle gemme più insigni e più stimabili dell’oro, e le collocammo in luogo conveniente. Quivi per quanto ci sarà possibile, ci raduneremo con gioia e allegrezza, per celebrare, con l’aiuto del Signore, il giorno natalizio del suo martirio, per rievocare la memoria di coloro che hanno combattuto prima di noi, e per tenere esercitati e pronti quelli che dovranno affrontare la lotta” (Dal martirio di San Policarpo, cc. 17 e 18).

Da questo prezioso e antichissimo documento appare chiaramente che nei primissimi tempi - siamo poco dopo la metà dei secondo secolo – i cristiani veneravano i martiri. i santi, raccoglievano e custodivano le loro reliquie, proprio come facciamo oggi noi cattolici.

I cristiani dei primi tempi raccoglievano. con religiosa pietà, quando ere possibile, le sacre spoglie dei martiri per seppellirle onoratamente, e poi celebravano il “dìes natalis”, cioè il giorno del martirio, con la Messa.

Lo storico Eusebio di Cesarea ci racconta che il senatore romano Astirio, presente al martirio del soldato Marino, “si pose sopra e spalle il cadavere, lo avvolse in scintillante e preziosa veste e con magnifica pompa lo collocò in una tomba conveniente” (Hist. Eccl., VII; 16).

A Cartagine i cristiani, dopo la morte di San Cipriano , presero di notte il corpo del martire e lo accompagnarono fra ceri e fiaccole con preghiere in solenne corteo fino al sepolcro.
I cristiani si radunavano sulla tomba, o, se questo non era possibile per via della persecuzione o per altre ragioni, per commemorare i martiri con la celebrazione eucaristica e con altri riti liturgici.

San Cipriano voleva che si tenesse conto del giorno della morte dei confessori della fede per celebrare la loro memoria. Si sa del martire Pionio arrestato in casa mentre celebrava il natalizio di San Policarpo.

Si comprende che tutti questi Santi/Martiri erano in una condizione di Grazia al cospetto di Dio, essi erano nella posizione di intercedere a nostro favore per i seguenti motivi.

Primo
Il sacrificio di Gesù Cristo ha reso possibile la redenzione del genere umano.
Secondo
La redenzione dell’uomo eleva l’uomo ad essere figlio di Dio
Terzo
La redenzione dell’uomo eleva l’uomo a Dio(Figlio) facendolo un suo fratello, facendosi carne ed assumendo la natura umana, il Figlio di Dio rende partecipe l’uomo alla filiazione di Dio, rendendo Dio/Figlio suo fratello “Primogenito”.

Comprendiamo dunque che l’intercessione di un Santo si fonda sempre sul sacrificio di Cristo e sulla sua filiazione di Dio.
Venerare un Santo significa rendergli omaggio, onore, riconoscimento, d’altra parte sono cose che facciamo quotidianamente anche ora, con vari personaggi che secondo noi sono in grado di aiutarci.

Venerare un Santo significa chiedergli di intercedere per noi, riflettiamo, se questo è vero nella nostra vita, non lo è in misura infinitamente maggiore nell’altra vita, la quale è la realtà e la nostra l’ombra?, se troviamo normale nella nostra vita chiedere a un personaggio importante di intercedere per noi presso tal dei tali, sicuri che sarà ascoltato tanto più lo sarà quel Santo che perorerà la nostra richiesta.

Quando il vescovo Ignazio d’Antiochia fu portato a Roma per essere martirizzato, egli chiese un’intercessione presso i cristiani di Roma, Ignazio ben sapeva che i cristiani di Roma avrebbero intercesso presso le autorità imperiali per salvargli la vita, ma, Ignazio non voleva essere salvato, quindi prega i fratelli di Roma di non intervenire, poiché voleva essere pasto per le belve affinché divenisse pane per Cristo.

San Paolo richiese spesso preghiere a suo favore dai vari fratelli, intercedere l’uno per l’altro era una consuetudine.

Efesini 6:18
“pregate in ogni tempo, per mezzo dello Spirito, con ogni preghiera e supplica; vegliate a questo scopo con ogni perseveranza. Pregate per tutti i santi”

Colossesi 4:3
“Pregate nello stesso tempo anche per noi, affinché Dio ci apra una porta per la parola, perché possiamo annunciare il mistero di Cristo, a motivo del quale mi trovo prigioniero”

1Tessalonicesi 5:25
“Fratelli, pregate per noi”.

Giacomo 5:16
“Confessate dunque i vostri peccati gli uni agli altri, pregate gli uni per gli altri affinché siate guariti; la preghiera del giusto ha una grande efficacia”.

Se dunque intercedere l’uno per l’altro era richiesto dal Signore, non ha più valore l’intercessione dei Santi, di coloro i quali già sono con Dio e che quindi si trovano in una posizione più eccelsa?
Un errore che spesso si fa è quello di pensare che pregando l’immagine si attribuisca alla medesima chissà quali proprietà, niente di più errato.

Dobbiamo comprendere prima di tutto che l’immagine raffigura sempre una persona vissuta, reale, e non qualcosa di fantasioso, immaginario, inoltre l’immagine ci ricorda la persona, stimola la nostra mente al ricordo delle sue virtù, all’amore manifestato verso Dio.
L’immagine è come il serpente di rame, “il Mezzo”, con il quale ci rapportiamo a colui il quale “Mezzo” rappresenta, facciamo un piccolo esempio per comprendere ciò.

Quanti di noi hanno delle foto dei propri cari morti, possono essere genitori, figli coniugi ecc. e dove poggiamo queste foto esse sono sempre ben visibili, in modo particolare di persone della cerchia famigliare, e ditemi, quante volte le avete prese, vi siete soffermati a guardarle, mentre nella vostra mente riemergevano i loro ricordi, ma contemporaneamente il vostro cuore vi suscitava emozioni intense, spingendovi in un atto d’amore a baciare l’immagine dei vostri cari.

Se qualcuno vi dicesse che non ci si rivolge all’immagine per venerarla, voi rispondeste che non baciate l’immagine in quanto immagine, ma baciate l’immagine in quanto ciò che l’immagine stessa rappresenta, ossia, i vostri cari, dunque, il bacio, l’affetto, le carezze date all'immagine sono date in realtà ai vostri cari la quale immagine rappresenta.

Ora, poniamo per amore dell’argomento, che un vostro caro, il coniuge, un figlio, un genitore, sia stato nella vita una persona di elevate virtù, una persona amante della famiglia, di Dio e discepolo di Cristo, non sarebbe questo vostro caro il quale ora è con Dio nella condizione più eccelsa di poter offrire a Dio le vostre preghiere?, se ciò è possibile qui nella nostra vita quotidiana lo sarà ancor maggiormente possibile per chi ora è in cielo con Dio.

Queste persone di elevata virtù, questi Santi potranno intercedere a vostro favore, come la Mamma di Gesù pregò suo figlio alle nozze di Cana in favore degli sposi rimasti senza vino.

Molti altri esempi si potrebbero portare, resta un fatto, con il quale terminiamo la nostra conversazione, utilizzare immagini sacre, venerare i santi che vi sono rappresentati è cosa gradita a Dio, non contraria all'insegnamento della Bibbia e in sintonia con quello che i cristiani hanno sempre fatto, fin dai tempi della Chiesa primitiva.
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11/01/2014 00:06
 
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1 - L'Iscrizione di Rufina si trova a Roma dove "la Chiesa grandissima e antichissima e conosciuta da tutti fu fondata e stabilita dai gloriosissimi Apostoli Pietro e Paolo" (S. Ireneo).
Nel cimitero o catacombe di Callisto si conserva un'iscrizione in marmo. A parere degli esperti essa risale al terzo secolo dopo Cristo, prima cioè di Costantino. L'iscrizione ricorda il nome di una certa Rufina Irene e sotto il nome è raffigurata o incisa una croce. E' assurdo pensare che sia un simbolo religioso pagano. Le catacombe erano cimiteri dei cristiani e alcune volte anche luoghi di riunione per i loro riti religiosi. E i cristiani non adoravano il dio-sole e la sua croce, bensì Cristo Signore morto sulla Croce per la salvezza del mondo

2 - L'affresco degli Aurelii. Pure a Roma, nella tomba detta degli Aurelii, si conserva ancora un affresco o disegno a cui gli studiosi assegnano una data anteriore all'iscrizione di Rufina. L'affresco rappresenta un personaggio che mostra una croce.


La croce di Ercolano (anteriore al 79 d.C.)

Ercolano è una cittadina a pochi chilometri da Napoli alle falde del Vesuvio piena di vita e di fiori come era ai tempi dei Romani. Ma è una nuova Ercolano.
L'antica fu sepolta assieme a Pompei sotto le ceneri del Vesuvio nella grande eruzione del 79 dopo Cristo. Ma lentamente è stata dissepolta almeno in parte.

In quest'opera di ricupero, nell'anno 1937, fu fatta una sensazionale scoperta. Sulla parete d'una modesta stanzetta fu trovato un riquadro o incassatura di stucco a forma di croce a doppio braccio. Dopo lungo e attento studio il direttore degli scavi, prof. A. Maiuri, sostenne che si trattava d'una croce cristiana. Con lui si sono schierati altri insigni archeologi.

Naturalmente altri hanno sollevato obiezioni e riserve. Ma di fatto non si è potuto trovare nulla di positivo che spiegasse in modo soddisfacente lo importante reperto. La sola spiegazione convincente è che siamo in presenza d'una Croce cristiana venerata a Ercolano a meno di quarant'anni dalla morte di Cristo.
Questa spiegazione è suffragata dal fatto che era possibile a Ercolano la presenza d'una chiesa domestica (Romani 16, 5) o comunità cristiana prima del 79 dopo Cristo. Infatti, san Paolo, qualche decennio prima della grande eruzione vesuviana era passato per Pozzuoli (Atti 28, 13-14), dov'era stato accolto da fratelli nella fede. Ed Ercolano dista sola pochi chilometri da Pozzuoli.


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26/10/2016 18:48
 
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Cos’ha detto Gesù sulle immagini?


Il culto alle immagini: vedere Cristo paragonarsi al serpente di bronzo può lasciare perplessi molti cristiani



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In NESSUNO dei quattro Vangeli Gesù cita in modo negativo le immagini religiose. Questo è particolarmente interessante se consideriamo che certi cristiani parlano praticamente solo di questo.


Anche quando ha elencato i comandamenti (come in Mt 22,36-38, Mc 12,28-30 e Mt 19,17-19), Gesù non ha citato la questione delle immagini. Questo non porta nessuno a dubitare del fatto che il divieto dell’uso delle immagini non sia parte essenziale e inalienabile dei Dieci Comandamenti?


“’Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti’. Ed egli chiese: ‘Quali?’ Gesù rispose: ‘Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, onora il padre e la madre, ama il prossimo tuo come te stesso’” (Mt 19, 17-19).


E l’unica volta – l’UNICA! – in cui la Bibbia parla di Cristo che si riferisce alle immagini religiose, non le condanna ma LEGA LA SUA PERSONA AL SIMBOLISMO DI QUELL’IMMAGINE: “E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna” (Gv 3, 14-15).


Si tratta del serpente di bronzo che Dio ordinò a Mosè di fabbricare e di porre su un palo. Quando gli israeliti morsi da serpenti velenosi guardavano il serpente di bronzo, si salvavano dalla morte. Cristo si paragona a quel serpente, perché adorando il Dio Crocifisso gli uomini avvelenati dal peccato si liberano dalla morte eterna dell’anima.


Gesù si è paragonato a un’immagine fatta da mani umane! Sono certo che molti fratelli non cattolici, anche avendo letto questo passo già mille volte, non si siano mai soffermati a vedere la realtà da questo punto di vista. Prevedo un po’ di angoscia in qualche cuore…


Questa Parola uscita dalla bocca di Cristo basta per indicare che il buon uso delle immagini religiose è possibile. Se le immagini fossero negative, pensate che Gesù avrebbe detto – come invece ha fatto – che è stato ben rappresentato da una di loro?


Il divieto dell’uso delle immagini è stato circostanziale


“Ma Dio ha ordinato di distruggere il serpente di bronzo perché gli israeliti avevano iniziato a idolatrarlo”. Questa obiezione è facile da sfatare. Dio conosce il futuro, vero? Ovviamente, sapeva che anni dopo il senso dell’immagine del serpente sarebbe stato pervertito e che sarebbe stata oggetto di idolatria. Nonostante questo, ha ordinato la creazione dell’immagine e l’ha usata come canale per distribuire grazie al popolo di Israele.


Questa decisione da parte di Dio si giustifica solo con una logica: quella per cui l’effetto collaterale successivo della confusione idolatra era inferiore al bene che l’immagine del serpente di bronzo avrebbe fatto al popolo (non solo con la guarigione, ma anche con la sua forza simbolica, prefigurando il Messia sulla croce).


Questo evidenzia che Dio ha proibito le immagini in forma CIRCOSTANZIALE (alcune leggi dell’Antica Alleanza si confermano nella Nuova Alleanza, sono eterne, mentre altre diventano obsolete perché erano circostanziali, ovvero avevano validità solo in una data circostanza). In quel momento specifico della storia del popolo di Dio, quindi, non conveniva l’esistenza delle immagini, perché il popolo confondeva tra la fede nel vero Dio e la fede in divinità create dall’immaginazione umana. Era una realtà culturale sfavorevole all’utilizzo delle immagini.


Ma se Dio, in un determinato momento della Storia della Salvezza, ha considerato che l’immagine religiosa fosse positiva e conveniente per il popolo, non potrebbe, in un altro momento della Storia della Salvezza, considerare che questo strumento dovrebbe essere usato di nuovo per il bene delle anime?


La risposta è SÌ! Perché è questo che è avvenuto, gradualmente, nella vita della Chiesa delle origini.


Le immagini di santi nella Chiesa primitiva


Le numerose immagini di personaggi biblici nelle catacombe mostrano che la comunità cristiana non prendeva più alla lettera il divieto esposto nell’Esodo di non fabbricare immagini. A quegli affreschi (molti dei quali risalenti al II e al III secolo) veniva reso un culto come accade oggi da parte dei cattolici? Non lo sappiamo, ma la loro esistenza mostra che l’interpretazione sulla questione della fabbricazione delle immagini stava cambiando nella Chiesa.


Nel Nuovo Testamento resta la condanna eterna dell’idolatria. Cosa significa? Che il cristiano non può partecipare al culto di altre religioni, né deve confondere il Dio onnipotente con il sole, le montagne o gli animali e adorare quelle cose come se fossero Dio. Per questo San Paolo dice:


“Hanno cambiato la gloria dell’incorruttibile Dio con l’immagine e la figura dell’uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili. Perciò Dio li ha abbandonati all’impurità secondo i desideri del loro cuore, sì da disonorare fra di loro i propri corpi, poiché essi hanno cambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno venerato e adorato la creatura al posto del creatore, che è benedetto nei secoli. Amen” (Rom 1, 23-25)


3

Fino al IV secolo, il cristianesimo era proibito nell’Impero romano. Non c’erano templi in cui si potesse sviluppare l’arte religiosa, e sarebbe stato molto rischioso tenere immagini religiose in casa.


Questo scenario cambiò radicalmente dal momento in cui l’imperatore Costantino, nell’anno 313, diede libertà di culto ai cristiani, che poterono allora erigere i loro primi templi, in cui si iniziò a sviluppare l’arte religiosa, anche attraverso sculture.


Il papa, con il potere delle chiavi che Gesù ha consegato a Pietro, ha legato le immagini dei santi ai cieli, affermando la loro utilità per l’edificazione delle anime. Facendo questo, non ha contrariato la verità rivelata dalla Bibbia (non può farlo!), ma ha dato alla questione la sua corretta interpretazione.




[Modificato da Credente 26/10/2016 18:51]
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23/02/2019 14:50
 
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L’IMMAGINE DI “DIO PADRE” nell'iconografia




Tutti ricordano le immagini michelangiolesche della Cappella Sistina e tutti sanno che Dio Padre, nelle scene della creazione, è rappresentato come un austero e potente vegliardo con barba e capelli bianchi  (VEDI IMMAGINE).


E’ la tipica iconografia della prima Persona della SS. Trinità e la ritroviamo in tante altre raffigurazioni. Ma non è sempre stato così, anzi: nei primi tredici secoli dell’era cristiana Dio Padre non poteva neanche essere rappresentato.


La Chiesa infatti si era trovata davanti al divieto veterotestamentario di raffigurare Dio: “Non ti farai idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel cielo”  (Esodo 20,4). 


Tale comandamento divino era stato dato a Israele contro l’idolatria delle altre religioni. Il Dio di Israele, l’unico vero Dio, era totalmente trascendente.


Tuttavia un tale divieto – acquisito e rispettato dai cristiani – non impedì loro di ricorrere alle immagini per illustrare le vicende evangeliche che sono terrene e non impedì loro di venerare quelle immagini sacre.


Se ne trova spiegata la ragione teologica nella Summadi san Tommaso d’Aquino 


“Del Dio vero, essendo esso incorporeo, non si poteva fare alcuna immagine materiale, poiché come dice il Damasceno ‘è cosa sommamente stolta ed empia raffigurare ciò che è divino’. Ma poiché nel nuovo Testamento Dio si è incarnato, può essere adorato nella sua immagine corporea ”.


Il cristianesimo si fonda infatti sull’annuncio di Dio fatto uomo: la sua storia salvifica è un insieme di avvenimenti che si narrano nei Vangeli e che si possono rappresentare, per questo nella Chiesa le immagini acquisteranno una funzione fondamentale e la civiltà cristiana, nel corso dei secoli, sarà una vera e propria esaltazione delle immagini.


Restava fermo tuttavia il veto sulla rappresentazione di Dio Padre, il quale dai cristiani fu raffigurato, per tredici secoli, con il volto e l’aspetto di Cristo, perché, nel Vangelo, Gesù stesso proclama la sua perfetta comunione con il Padre: “Chi vede me vede il Padre” (Gv. 14,9), “Io e il Padre siamo una cosa sola”  (Gv. 10,30). Infatti san Paolo commenta: “Egli è l‘immagine di Dio invisibile”  (Colossesi 1, 15; 2 Corinzi, 4, 4). 


“E’ su queste autorità” scrive Alessandra Gianni “che i teologi e i padri della Chiesa consentiranno la rappresentazioni di Dio cristomorfo”. 


Un esempio meraviglioso è costituito dai mosaici di Monreale (XII secolo) dove Dio Padre viene raffigurato, nei diversi giorni della creazione, con il volto di Gesù (VEDI IMMAGINE).


Per secoli, nel mondo bizantino e in quello latino, Dio Padre è stato rappresentato attraverso Gesù oppure ricorrendo al simbolo della mano che si affaccia dal cielo, la dextera Patris, segno di Dio che interviene nella storia umana, che dunque diventa sacra. 


Ma allora quando e perché Dio Padre ha assunto l’aspetto di un vegliardo con barba e capelli bianchi? E com’è stato possibile, per l’arte sacra, superare totalmente un divieto che affonda addirittura in un comandamento biblico e che era stato osservato fedelmente per secoli nella Chiesa?


Alessandra Gianniaffronta precisamente queste domande nel saggio “L’inizio dell’iconografia di Dio Padre”, pubblicato su “Iconographica. Studies in the History of Images” (XVII/2018).


Seguendo questa indagine si scopre che le prime rappresentazioni di Dio Padre come vegliardo si trovano in alcune miniature bolognesi del quarto decennio del XIV secolo.


Progressivamente la nuova iconografia comincerà ad affacciarsi anche nella pittura destinata al popolo, si affermerà definitivamente nel quarto decennio del XV secolo e “sostanzialmente non si troverà più il cristomorfismo dal quinto decennio del Quattrocento in avanti”.


Qual è la ragione di una svolta così importante nell’iconografia cristiana, considerata la sua delicata implicazione biblica? 


Per quanto possa apparire sorprendente non c’è nessun pronunciamento ufficiale della Chiesa che autorizzi direttamente una tale svolta iconografica e nei tanti studi degli storici dell’arte che l’hanno analizzata non è mai stata fornita una spiegazione.


Il merito del saggio di Alessandra Gianni è quello di proporre delle ipotesi che finalmente potrebbero storicamente spiegare perché la nuova iconografia si è pian piano affermata e alla fine si è imposta.


L’autrice ne ricerca le ragioni nella storia della Chiesa di quegli anni, non essendo neanche immaginabile che una tale “innovazione” possa essere dovuta all’estro di qualche miniatore o qualche pittore.


La committenza ecclesiastica infatti era ben consapevole delle implicazioni teologiche  delle rappresentazioni sacre e della loro delicata funzione catechetica e liturgica (basti ricordare la vicenda dell’iconoclastia).


L’autrice trova che proprio nella storia della Chiesa di quegli anni accaddero eventi che, in effetti, potrebbero spiegare perché, nel giro di pochi lustri, si ha una tale svolta epocale nella rappresentabilità di Dio Padre.


“L’inizio sperimentale della rappresentazione di Dio Padre nelle miniature bolognesi degli anni Trenta” osserva “può essere collegato all’ istituzione della festività della SS. Trinità voluta nel 1334da papa Giovanni XXII, ma ancor più alla disputa sulla visione beatifica, cioè sul destino delle anime elette dopo la morte, che dal 1331 al 1336 coinvolse tutta la cristianità. La controversia fu scatenata da alcuni sermoni pronunciati da papa Giovanni XXII nella cattedrale di Notre-Dame-des-Doms per la festività di Ognissanti nei quali egli sosteneva che le anime dei beati in cielo non vedevano e non avrebbero visto Dio faccia a faccia prima del Giudizio universale e che avrebbero goduto soltanto della contemplazione dell’umanità di Cristo secondo l’autorità delle scritture (Apocalisse 6, 9). Questa ipotesi veniva a contrapporsi alla riflessione teologica precedente basata sui testi biblici che aveva stabilito invece che esse vedono subito il volto di Dio così come egli è. Papa Giovanni fu costretto a ritrattare questo pronunciamento ritenuto eretico e il successivo papa Benedetto XII il 29 gennaio 1336 emise ad Avignone la costituzione Benedictus Deus con la quale stabilivache i santi ‘videro e vedono l’essenza divina con visione intuitiva e facciale’”. 


E’ significativo che “esattamentenegli stessi anni in cui si svolgeva questo dibattito, che vide contrapporsi papi, re, imperatore, teologi nella curia pontificia e nelle università e predicatori dai pulpiti, si abbiano in codici di diritto canonico le prime testimonianze del cambiamento nel modo di raffigurare Dio Padre”. 


L’affermazione definitiva della nuova iconografia di Dio Padre, poi, è concomitante, nel secolo successivo, con un altro straordinario evento ecclesiale: il Concilio di Ferrara Firenze (1438-39) che intendeva addirittura risolvere lo scisma con la chiesa greca. 


Com’è noto uno dei nodi era rappresentato dalla disputa relativa al “Filioque”  del Credo, che concerneva la definizione teologica dei rapporti fra le Persone della Santissima Trinità e i rispettivi “ruoli”.


Vi fu un eccezionale sforzo teologico documentato dalle bolle di unione delle diverse chiese emanate da Eugenio IV, dove fra l’altro si leggono passi in cui si sottolineache “il Padre non è il Figlio o lo Spirito santo, che il Figlio non è il Padre o lo Spirito santo, che lo Spirito santo non è il Padre o il Figlio; ma che il Padre è soltanto Padre, il Figlio è soltanto Figlio, lo Spirito santo è soltanto Spirito santo”. 


“E’ lecito pensare che la ridefinizione puntuale dei rapporti fra le Persone della Trinità, esito delle discussioni del concilio” osserva Alessandra Gianni “abbia spinto le committenze negli anni successivi a differenziare l’iconografia del Padre e del Figlio per rendere più comprensibile la diversità nell’unità delle Persone”.  


E’ probabilmente da questi eventi ecclesiali che viene l’immagine artistica di Dio Padre come oggi la conosciamo.


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Antonio Socci




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27/01/2022 19:39
 
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Concludendo:
Nella Bibbia Dio ha mai comandato l'uso di immagini sacre?
Si. Dio ha comandato di scolpire figure di cherubini sull'Arca dell'Alleanza (Esodo 25,18-22; 35,35; 36,35) e, per salvare dalla morte il popolo eletto durante il cammino nel deserto, ordinò di fare un serpente di rame, affinché chiunque lo guardava veniva guarito dal veleno inflittogli dal morso dei serpenti (Numeri 21,4-9).
Che significato hanno queste raffigurazioni?
I cherubini rappresentano la divina presenza (Esodo 25,10-22; Salmi 99,1), mentre il serpente di rame è prefigurazione simbolica del Cristo crocifisso (Giovanni 3,14-15).
Nel Tempio di Gerusalemme vi furono mai delle raffigurazioni?
Si. Vi furono raffigurazioni di cherubini, di buoi e di leoni (1Re 6,23-35; 7,27-37; 2Cronache 3,7-14; 4,3-4).
Dio condannò quelle cose?
No. Dio non le condannò, ma le santificò assieme al tempio (1Re 9,1-3).
Ma allora perché Dio col Decalogo condanna la raffigurazione di tutto ciò che si trova in cielo, in terra e nelle acque, se poi egli stesso ne comanda l'uso?
Dio col Decalogo condanna l'idolatria, cioè l'adorazione di falsi dèi, e il culto reso a loro mediante raffigurazioni che li rappresentano. Infatti il serpente di rame che Dio stesso ordinò di lavorare, venne poi distrutto da Ezechia, perché il popolo cominciò a idolatrarlo (2Re 18,4). Dio non condanna le raffigurazioni di per sé – soprattutto se utilizzate per il culto dell'unico vero Dio – ma condanna l'idolatria.
Quindi i cattolici e gli ortodossi commettono peccato di idolatria quando onorano le loro sculture e icone sacre?
No. Cattolici e ortodossi non commettono peccato di idolatria perché non onorano quelle raffigurazioni di per sé, ma onorano ciò che vi è rappresentato con quella figura. A Dio e ai santi viene dato onore, non alla raffigurazione che li rappresenta.
Onorare la creatura è un atto di idolatria?
No. Onorare la creatura non è un atto di idolatria. La parola di Dio insegna a onorare anche la creatura: genitori (Esodo 20,12), medici (Siracide 38,1-3), vescovi (Luca 10,16), e tutti i membri della Chiesa (1Corinzi 12,26). Ad esempio, nel vangelo Gesù afferma che se uno lo serve, costui verrà onorato dal Padre (Giovanni 12,26). I Santi che stanno nella gloria del cielo, hanno servito Dio nel suo Cristo e sono onorati dal Padre. Ora, se Dio onora i Santi che stanno nella gloria del cielo, giustamente possiamo e dobbiamo onorarli anche noi. Giustamente la Chiesa celebra la memoria dei Santi e ne proclama le lodi.
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Così non saremo più fanciulli in balìa delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, ingannati dagli uomini con quella astuzia che trascina all'errore. Ef.4,14
 
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