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LA CHIESA DI FRONTE AI TOTALITARISMI

Ultimo Aggiornamento: 08/05/2022 10:55
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19/11/2013 14:50
 
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E il Führer disse: Pio XII è sovversivo


Il radiomessaggio del Natale 1942 fu visto come un pericolo da parte di Hitler:
un'analisi dello storico gesuita Giovanni Sale

 

Nel Natale di 60 anni fa Hitler tremò per quello che Papa Pio XII avrebbe detto nel messaggio radiofonico per la festa. Lo testimonia il fatto che «per evitare spiacevoli sorprese al suo Governo (o su richiesta dei suoi stessi superiori)», l'ambasciatore tedesco in Vaticano Diego von Berger mandò, alcuni giorni prima, un funzionario a chiedere alla Segreteria di Stato il testo sia di quel discorso, sia dell'altro che il Pontefice avrebbe rivolto alla Curia romana. Aveva, infatti, sentore che «pur conservando il tradizionale atteggiamento di imparzialità e senza nominare persone o situazioni particolari», Pacelli avrebbe «pronunciato parole severe nei confronti del "nuovo ordine europeo" instaurato dal nazismo».

Questo fatto, che emerge da fonti inedite, viene reso noto dallo storico gesuita padre Giovanni Sale in un articolo che appare sul numero in uscita de «La Civiltà Cattolica». In esso si fa luce su alcuni aspetti di quel famoso pronunciamento, che a tutt'oggi alcuni storici - come Michael Marrus, membro di parte ebraica della disciolta commissione di studi sul pontificato pacelliano durante la Seconda Guerra mondiale - continuano a definire «uno dei maggiori punti oscuri» nell'operato del Papa. 

Sale ricostruisce minuziosamente come, in realtà, a Berlino il messaggio fosse accolto con «aperta ostilità» dalle forze dell'Asse: considerato «sovversivo» e «contrario agli interessi della Germania», ne venne proibita la diffusione. E come esso scontentò pure gli Alleati, che ostentarono «freddezza»: Sale, infatti, dà conto delle pressioni concertate che nei mesi precedenti le diplomazie del mondo libero esercitarono sulla sede petrina, perché intervenisse contro Hitler citandolo direttamente. Infine, lo storico, a partire da dichiarazioni di più parti attestate da documenti, esprime delle considerazioni sul fatto che Pio XII «soggettivamente» sentiva di aver espresso chiaramente, nelle circostanze date, la propria condanna.

In effetti, pur se non nominato, il Führer considerò quel discorso un «attacco frontale» e le autorità tedesche reagirono con irritazione. Segno che il Papa aveva «fatto centro». Naturalmente, mentre nella stampa occidentale esso fu ricevuto con apprezzamento, quella tedesca non ne pubblicò una riga. Anzi, chi lo diffondeva era passibile di morte per attentato alla sicurezza dello Stato. 

Sale cita a riprova alcuni dispacci del nunzio a Berlino, Cesare Orsenigo, e la vicenda di un radiotelegrafista protestante che aveva rischiato la pelle per il fatto di possederne una copia. Dal canto loro gli Alleati erano a loro volta scontenti, poiché Pacelli aveva citato il peccato, non il peccatore, che era però chiaramente individuabile. Inglesi e americani (e pure il Vaticano) erano informati dello sterminio perpetrato contro gli ebrei. Anzi, pur essendo le notizie frammentarie e incomplete, soprattutto per l'entità, per il gesuita «fu la conoscenza di queste allarmanti e tragiche notizie, più che la pressione degli alleati», che spinse il Papa a denunciare «il massacro di tanti innocenti soltanto per motivi di nazionalità e di stirpe».

Per molti storici, con un giudizio a posteriori, furono parole tiepide, non "profetiche". Altri si spingono a parlare di deliberato e complice silenzio. Sale risponde alle accuse invocando sul piano fattuale le «reali difficoltà del momento storico». E sul piano della personalità di Pacelli ribadisce che egli pensava di aver agito in modo da dire "i fatti" (e li avrebbe, poi, ripetuti in giugno parlando ai cardinali) senza esporre cristiani ed ebrei a ulteriori rappresaglie. E se il suo carisma non fu "profetico" (ma la Chiesa è fatta di uomini, ricorda Sale), egli dimostrò di aver agito con discernimento sapienziale nei tempi duri che gli toccò vivere.

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