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ROMA, SEDE del PRIMATO (Charles Journet)

Ultimo Aggiornamento: 18/11/2013 22:27
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16/06/2012 23:16
 
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Cerchiamo di capire quali possono essere i motivi. Luca, dopo la cattura di Pietro da parte delle guardie di Erode e lo scampato pericolo di morte a seguito della sua prodigiosa liberazione, descritta al capitolo 12 degli Atti, annota:

Atti 12,17: Pietro... andò in un altro luogo.

Un commento evangelico a questo versetto, desunto dalla Parola.net, dice:

.... Ed è, quasi certo che l'autore non ha voluto dir altro che questo: "Uscì dalla casa di Maria e si cercò altrove un rifugio più sicuro per meglio sfuggire alle ricerche della polizia". Qualunque altro rifugio, in Gerusalemme stessa, o nei dintorni, o a, Lidda, o a Ioppe, o in qualche altro luogo vicino, risponde meglio all'idea del testo;

Luca non scrive o NON VUOLE SCRIVERE il luogo dove Pietro si era recato:

Ho messo in evidenza che Pietro cercava un rifugio PER MEGLIO SFUGGIRE ALLE RICERCHE DELLA POLIZIA.

Luca, era ben consapevole di questo pericolo che Pietro correva, soprattutto in seguito al rischio di essere messo a morte. Le guardie e gli uomini del tempio, ricercavano soprattutto lui, non a caso, ma proprio per la sua posizione particolare. L'eliminazione di Pietro costituiva un obiettivo importante per togliere alla Chiesa nascente l'esponente di primo piano. Per questo la Chiesa aveva pregato per lui, e il Signore aveva accolto la loro preghiera: doveva avverarsi la profezia di Gesù: quando sarai vecchio un altro ti condurrà.... : Pietro non sarebbe morto da giovane, ma avrebbe dovuto servire Cristo fino alla vecchiaia.

Dopo il capitolo 15 degli Atti, in cui Luca riferisce che Pietro era a Gerusalemme dove fu convocato il primo Concilio, di lui non ci comunica altri fatti.

I motivi possono essere due: Luca, essendosi messo al seguito di Paolo, non aveva altre notizie su Pietro. Oppure le aveva ma preferì non parlarne per non segnalare la presenza di Pietro ovunque andasse.

In questa stessa ottica possiamo comprendere il motivo per cui troviamo la stessa circospezione nel non designare il luogo dove egli si trovasse, nella prima lettera dello stesso Pietro, (5,13).

Egli usa il nome Babilonia per indicare il luogo da cui scriveva; ma, è ragionevole pensare che Pietro non abbia fornito con tale indicazione il luogo reale dove si trovava ma abbia dato un appellativo, che verrà usato anche da Giovanni nell'apocalisse, per designare la città di Roma, dove imperava il paganesimo, e questo, ancora una volta,per non rivelare apertamente ad eventuali nemici la sua residenza.

La patristica ci offre diverse attestazioni della attività di Pietro a Roma e della presenza di Marco, che raccolse nell'omonimo vangelo i suoi insegnamenti.

Vediamo più in dettaglio la questione di Babilonia.


Vediamo intanto un commento di parte evangelica:

Il testo dice letteralmente: La coeletta in Babilonia. .... Le versioni siriaca, armena e vulgata portano addirittura: Lachiesa che..., come il msc. sinaitico. I saluti da chiesa a chiesa erano una delle manifestazioni dell'unità spirituale e della fraternità cristiana. ...". Nel Marco, chiamato qui da Pietro suo figliuolo sia perchè l'avesse condotto lui alla fede, essendo in relazione colla famiglia Atti 12:12 ,sia perchè Marco gli era molto affezionato, si suole con ragione vedere l'evangelista mentovato negli Atti e nelle Epistole: Aveva accompagnato Paolo e Barnaba di cui era cugino nel loro primo viaggio missionario, fino in Panfilia. Era stato cagione involontaria della separazione di Barnaba da Paolo e col primo aveva lavorato in Cipro Atti 15:37,39 .Più tardi lo si ritrova in compagnia di Paolo Filemone 24; 2Timoteo 4:11 e da Colossesi 4:10 risulta che ha dovuto tornare da Roma in Asia Minore. Egli non era quindi ignoto del tutto alle chiese e ciò spiega il saluto che manda loro per mezzo di Pietro di cui, secondo la tradizione (Papia, Clemente Al., Tertulliano), egli sarebbe stato l'interprete. Il nome geografico Babilonia è stato inteso in senso allegorico da alcuni interpreti antichi e moderni che vi hanno scorto la designazione di Roma considerata come persecutrice del popolo di Dio. Si cita in appoggio l'Apocalisse di Giovanni Apocalisse 14:8; 17:5,9; 18:2 ;>; ma la data più antica assegnata da una parte dei critici all'Apocalisse è il 69, mentre non va dimenticato che Ireneo, fra gli altri, la pone intorno al 95. Inoltre non risulta che negli ambienti giudeo-cristiani Roma fosse chiamata Babilonia prima della distruzione di Gerusalemme avvenuta nel 70. Ora l'Epistola dovette esser scritta prima.

Si cita ancora la tradizione secondo la quale Pietro sarebbe morto a Roma; ma, anche ammettendo questa tradizione; non ne segue che non abbia potuto scrivere l'Epistola da Babilonia. D'altra parte lo stile semplice e piano della lettera, e il fatto che il suo autore non è uomo di accesa fantasia, parlano in favore del senso meramente geografico della parola. Babilonia era uno dei centri giudaici del tempo e le comunità delle rive dell'Eufrate avevano frequenti relazioni con Gerusalemme. Pietro si trovava dunque colà nel campo speciale assegnatogli secondo Galati 2:9 >. Vero è che Flavio Giuseppe riferisce che un 50000 Giudei furono espulsi da Babilonia per ordine di Claudio imperatore intorno al 41; ma non dice quanti siano rimasti, nè quanti siano tornati di poi nella città.

Ecco ora il commento tdg

A pagina 381 del libro Ragioniamo si trova la seguente domanda: "Pietro stava a Roma?".

Una simile domanda è retorica: lo si fa capire nel corso della "risposta". E spinge a dare risposta negativa. La quale - nel capitolo intitolato "Successione apostolica" - insinuerà che il papa non può essere successore di Pietro come vescovo di una città, Roma, in cui Pietro non sarebbe mai "stato". E a chi si convincesse di ciò il Corpo Direttivo potrebbe tranquillamente dire: "Vedi quanto è bugiarda la tua Chiesa? Ti ha fatto onorare il papa come ... successore di Pietro!".

Ecco la ...risposta che "Ragioniamo..." presenta alla domanda "Pietro stava a Roma?": ne diamo il testo integralmente, e facciamo, in parentesi, le dovute osservazioni.

"Roma è menzionata in nove versetti delle Sacre Scritture, nessuno dei quali dice che Pietro si trovasse lì". (Perché? Semplicemente perché non vi si tratta di Pietro! Del resto, NESSUNO di quei versetti dice che Pietro non "si trovasse lì".

Questa prima bordata del Corpo Direttivo non prova quindi nulla: ma provoca nel lettore una nuova spinta psicologica, che rinforza il dubbio inoculato dalla domanda "Pietro stava a Roma?"). "Primo Pietro 5:13" (cioè la 1^ lettera di S. Pietro) "indica che egli era a Babilonia". (In questo passo S. Pietro scrive: "Vi saluta la comunità che è in Babilonia"] "Questo era forse un riferimento allusivo a Roma? (Sì. Lo sanno tutti, anche il Corpo Direttivo che non osa negarlo esplicitamente; e si trincera dietro un’altra delle solite domande retoriche per insinuare una risposta negativa nei lettori.

Tutti gli storici seri sanno che da documenti letterari ineccepibili risulta quanto segue: i primi cristiani chiamavano spregiativamente "Babilonia" la città e lo stato romano; perché? perché Roma voleva distruggere la Chiesa - "nuova Gerusalemme" - così come l’antica Babilonia aveva distrutto Gerusalemme nel 586 a.C.; e anche perché a Roma vedevano la babele, la confusione delle lingue e dei culti pagani più disparati. San Pietro scriveva da Roma per dare animo ai cristiani perseguitati: e chiama "Babilonia" la capitale dello stato persecutore. Per di più: secondo la mentalità ebraica era "Babilonia" ogni realtà in contrasto con la fede.)

"Che egli si trovasse a Babilonia" (continua a dire il Corpo Direttivo che intende la città della Mesopotamia) "era coerente" (Non è vero: tra poco vedremo perché. Ma intanto il Corpo Direttivo comincia qui la ... "dimostrazione" diretta della sua ... "verità") "con l’incarico affidatogli di predicare ai giudei"(Dovunque fossero: e a Roma ve n’erano tanti che, impadronitisi del commercio, costrinsero i Romani ad adattare il calendario dividendo l’anno in settimane)"(come indicato in Galati 2:9), dal momento che Babilonia ospitava una folta comunità ebraica".(Quando? Al tempo di Pietro? Assolutamente no. Però al Corpo Direttivo serve far credere che proprio al tempo di Pietro "Babilonia ospitava una folta comunità ebraica": che importava, infatti, per le tesi del Corpo Direttivo se ciò si fosse verificato prima della nascita o dopo la morte di Pietro? Ed ecco come ai loro lettori, culturalmente indifesi, fanno credere che proprio un’autorevole opera giudaica dia la prova che al tempo di Pietro c’era a Babilonia "unauna folta comunità ebraica". Ecco la ... "prova":) "L’Encyclopaedia Judaica (Gerusalemme, 1971, Vol. 15, col. 755)" (Notate la ostentata accuratezza: serve a catturare la fiducia dei lettori?) "parlando della stesura del Talmud babilonese, menziona le ’grandi accademie [del giudaismo] a Babilonia’ durante l’era volgare". (Dunque questa sarebbe la prova: l’esistenza di "grandi accademie [del giudaismo] a Babilonia" durante la vita di Pietro-, periodo in cui sarebbe esistita a Babilonia "una folta comunità ebraica" a cui "era coerente" che Pietro predicasse: e questo si sarebbe verificato durante la "stesura del Talmud babilonese". Chi di voi sa cos’è il Talmud? Chi di voi sa a quale epoca risale la sua "stesura"? Ebbene: proprio approfittando della quasi generale ignoranza su tali dati - roba da specialisti! - il Corpo Direttivo ha imbastito la sua audacissima frode storica, esprimendosi - in quella pagina 381 - con accostamenti i quali fanno credere al lettore che il Talmud orientale sia stato composto a Babilonia proprio quando Pietro era in vita. Invece esso risale all’inizio del secolo V: cioè oltre 350 anni dopo la morte di Pietro!...

Quanta audacia! E quanta fiducia ha il Corpo Direttivo nell’ignoranza dei suoi lettori! Qualsiasi storico serio può confermare la nostra data. C’è da aggiungere che anche il Corpo Direttivo la conosceva, e che la conosceva già da decenni: infatti, a pagina 75 del suo volume "Preparato per ogni opera buona" - edito in inglese nel 1946 - ha scritto:"Secondo una voce autorevole, il Talmud Babilonese risale al 420 d.C.". Quindi, ben 39 anni prima di pubblicare "Ragioniamo..." il Corpo Direttivo sapeva che "la stesura del Talmud babilonese", risalente al 420 d.C., non poteva in alcun modo provare la presenza a Babilonia di "una folta comunità ebraica" al tempo di Pietro (alla quale fosse "coerente" che egli predicasse): questo non significa forse MENTIRE SAPENDO DI MENTIRE? E che il Corpo Direttivo sapesse di mentire lo dimostra l’ultima espressione: "durante l’era volgare": vorrebbe essere una disinvolta scappatoia; ma con chi funziona? Con chi non sa che "l’era volgare" dura da quasi 2000 anni, essendo nul’altro che l’epoca dopo Cristo; con chi non è capace di accorgersi che accostare "la stesura del Talmud Babilonese" "le ’grandi accademie [del giudaismo] a Babilonia durante l’era volgare" non ha nessun senso: infatti, equivarrebbe a dire: l’Encyclopaedia Judaica, "parlando della stesura del Talmud Babilonese" nel 420 d.C., "menziona le 'grandi accademie [del giudaismo] a Babilonia' durante i 2000 anni dell’era cristiana. Che significa? Quindi la scappatoia funziona solo con chi si lascia persuadere da un non-senso. Però che dire di chi si approfitta dell’incapacità critica di tali persone? Cosa avranno pensato di questa ... citazione i redattori dell’Encyclopaedia Judaica? Se ne saranno ... rallegrati? Vi avranno visto attuata la raccomandazione fatta dal Corpo Direttivo a pagina 155 del suo "Manuale per la Scuola di Ministero Teocratico"?

<DIR> <DIR>

Ogni evidenza deve essere usata onestamente. Non togliete una citazione dal contesto. Accertatevi che ciò che volete dire sia esattamente ciò che l’autorità citata voleva dire". - Manuale per la Scuola di Ministero Teocratico, p.155, §11.(Cfr. Matteo 23:3b).

</DIR></DIR>

(<http://www.infotdgeova.it/citazioni.htm>) Le "do l’autorizzazione a citare dal mio libro 'I Testimoni di Geova non hanno la Bibbia', a patto che ogni citazione sia accurata ed esattissima. ... L. Minuti".

Riguardo alla città mesopotamica di Babilonia dalla storia apprendiamo quanto segue:

Seleuco I (304-280) ed Antioco I (280-261) fecero costruire la nuova città di Seleucia (sul fiume Tigri), con l'intento di soppiantare la vecchia Babilonia (sull'Eufrate). Nel 275 a.C. fu quindi emanato un editto in base al quale tutti i babilonesi avrebbero dovuto lasciare Babilonia per recarsi a Seleucia: le mura e le fortezze di Babilonia furono smantellate e la sua vita economica e politica venne ridotta ai minimi termini. Babilonia continuò però a vivere perché non fu abbandonata da tutti. Verso il 120 a.C. i seleucidi entrarono in guerra con i Parti, popolo situato ad oriente della Persia: la città fu abbandonata, i resti di quella che era stata una grande città furono rasi al suolo e la rovina di Babilonia fu completa.

Flavio Giuseppe riferisce che un 50000 Giudei furono espulsi da Babilonia per ordine di Claudio imperatore intorno al 41 d.C.

Nel 116 d.C. Traiano svernò a Babilonia, ma secondo gli storici del tempo la città era ormai diventata un cumulo di macerie.

Da quanto sopra, è ragionevole pensare che Pietro abbia scritto la sua lettera proprio da Roma.

 

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