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IL CORPO DI CRISTO SOTTO LE SPECIE DEL PANE E DEL VINO

Ultimo Aggiornamento: 24/10/2016 16:00
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07/06/2012 22:32
 
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La Chiesa insegna che la SOSTANZA del pane e del vino viene trasformata, e che restano solo gli "ACCIDENTI" sotto la "SPECIE" del pane e del vino.

Cosa intende la Chiesa col termine SOSTANZA?: è la materia fisica di cui sono costituiti pane e vino oppure è solo una loro qualità metafisica?

Cosa intende la Chiesa col termine "ACCIDENTI" del pane e del vino? : è sinonimo di "materia fisica", oppure dell'apparenza della sola forma, dimensione e proprietà del pane e del vino consacrati?

Cosa intende col termine "SPECIE" ? é la figura del pane e del vino o indica altro?

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07/06/2012 22:33
 
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Dal Concilio di Trento
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Eccellenza della santissima eucarestia sugli altri sacramenti.
La santissima eucarestia ha questo di comune con gli altri sacramenti: che è simbolo di una cosa sacra e forma visibile della grazia invisibile (213).
Tuttavia in essa vi è questo di eccellente e di singolare: che gli altri sacramenti hanno il potere di santificare solo quando uno li riceve, mentre nell'eucarestia vi è l'autore della santità già prima dell'uso. Difatti gli apostoli non avevano ancora ricevuto l'eucarestia dalla mano del Signore (214) e già Egli affermava che quello che Egli dava era il suo corpo. Sempre vi è stata nella chiesa di Dio questa fede, che, cioè, subito dopo la consacrazione, vi sia, sotto l'apparenza del pane e del vino, il vero corpo di nostro Signore e il suo vero sangue, insieme con la sua anima e divinità. In forza delle parole, il corpo è sotto la specie del pane e il sangue sotto la specie del vino; ma lo stesso corpo sotto la specie del vino, e il sangue sotto quella del pane, e l'anima sotto l'una e l'altra specie, in forza di quella naturale unione e concomitanza, per cui le parti di Cristo Signore, che ormai è risorto dai morti e non muore più (215), sono unite fra loro; ed inoltre la divinità per quella sua ammirabile unione ipostatica col corpo e con l'anima.
È quindi verissimo che sotto una sola specie si contiene tanto, quanto sotto l'una e l'altra. Cristo, infatti, è tutto e intero sotto la specie del pane e sotto qualsiasi parte di questa specie; e similmente è tutto sotto la specie del vino e sotto le sue parti.

La transustanziazione.
Poiché, poi, Cristo, nostro redentore, disse che era veramente il suo corpo ciò che dava sotto la specie del pane (216), perciò fu sempre persuasione, nella chiesa di Dio, - e lo dichiara ora di nuovo questo santo concilio - che con la consacrazione del pane e del vino si opera la trasformazione di tutta la sostanza del pane nella sostanza del corpo di Cristo, nostro signore (217), e di tutta la sostanza del vino nella sostanza del suo sangue.
Questa trasformazione, quindi, in modo adatto e proprio è chiamata dalla santa chiesa cattolica transustanziazione.

Vale la pena riportare qui, per intero, il brano sull'eucaristia della professione di fede proclamata da Paolo VI il 30 giugno 1968 alla chiusura dell'anno della fede:
«Noi crediamo che la Messa, celebrata dal sacerdote che rappresenta la persona di Cristo in virtù del potere ricevuto nel sacramento dell'ordine, e da lui offerta nel nome di Cristo e dei mèmbri del suo Corpo mistico, è il sacrificio del Calvario reso sacramentalmente presente sui nostri altari. Noi crediamo che, come il pane e il vino consacrati dal Signore nell'ultima cena sono stati convertiti nel suo corpo e nel suo sangue che di lì a poco sarebbero stati offerti per noi sulla croce, allo stesso modo il pane e il vino consacrati dal sacerdote sono convertiti nel corpo e nel sangue di Cristo gloriosamente regnante nel cielo; e crediamo che la misteriosa presenza del Signore, sotto quello che continua ad apparire come prima ai nostri sensi, è una presenza vera, reale e sostanziale.
Pertanto Cristo non può essere presente in questo sacramento se non mediante la conversione nel suo corpo della realtà stessa del pane e mediante la conversione nel suo sangue della realtà stessa del vino, mentre rimangono immutate soltanto le proprietà del pane e del vino percepite dai nostri sensi. Tale conversione misteriosa è chiamata dalla Chiesa, in maniera assai appropriata, tran-sustanziazione. Ogni spiegazione teologica, che tenti di penetrare in qualche modo questo mistero, per essere in accordo con la fede cattolica deve mantenere fermo che nella realtà obiettiva, indipendentemente dal nostro spirito, il pane e il vino han cessato di esistere dopo la consacrazione, sicché da quel momento sono il corpo e il sangue adorabili del Signore Gesù ad esser realmente dinanzi a noi sotto le specie sacramentali del pane e del vino, proprio come il Signore ha voluto, per donarsi a noi in nutrimento e per associarci all'unità del suo Corpo mistico.
L'unica ed invisibile esistenza del Signore glorioso nel cielo non è moltiplicata, ma è resa presente dal sacramento nei numerosi luoghi della terra dove si celebra la Messa. Dopo il sacrificio, tale esistenza rimane presente nel santo sacramento, che è, nel tabernacolo, il cuore vivente di ciascuna delle nostre chiese. Ed è per noi un dovere dolcissimo onorare e adorare nell'Ostia santa, che vedono i nostri occhi, il Verbo Incarnato, che essi non possono vedere e che, senza lasciare il cielo, si è reso presente dinanzi a noi».


1374 Il modo della presenza di Cristo sotto le specie eucaristiche è unico. Esso pone l'Eucaristia al di sopra di tutti i sacramenti e ne fa "quasi il coronamento della vita spirituale e il fine al quale tendono tutti i sacramenti" [San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, III, 73, 3]. Nel Santissimo Sacramento dell'Eucaristia è "contenuto veramente, realmente, sostanzialmente il Corpo e il Sangue di nostro Signore Gesù Cristo, con l'anima e la divinità e, quindi, il Cristo tutto intero " [Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1651]. "Tale presenza si dice" reale" non per esclusione, quasi che le altre non siano "reali", ma per antonomasia, perché è sostanziale, e in forza di essa Cristo, Uomo-Dio, tutto intero si fa presente" [Paolo VI, Lett. enc. Mysterium fidei].
Ma ancor più in dettaglio spiega la Misteryum Fidei :
…"Ma perché nessuno fraintenda questo modo di presenza, che supera le leggi della natura e costituisce nel suo genere il più grande dei miracoli, è necessario ascoltare docilmente la voce della chiesa docente e orante. Ora questa voce, che riecheggia continuamente la voce di Cristo, ci assicura che Cristo non si fa presente in questo sacramento se non per la conversione di tutta la sostanza del pane nel corpo di Cristo e di tutta la sostanza del vino nel suo sangue; conversione singolare e mirabile che la chiesa cattolica chiama giustamente e propriamente transustanziazione. Avvenuta la transustanziazione, le specie del pane e del vino senza dubbio acquistano un nuovo fine, non essendo più l'usuale pane e l'usuale bevanda, ma il segno di una cosa sacra e il segno di un alimento spirituale; ma intanto acquistano nuovo significato e nuovo fine in quanto contengono una nuova "realtà", che giustamente denominiamo ontologica. Giacché sotto le predette specie non c'è più quel che c'era prima, ma un'altra cosa del tutto diversa; e ciò non soltanto in base al giudizio della fede della chiesa, ma per la realtà oggettiva, poiché convertita la sostanza o natura del pane e del vino nel corpo e sangue di Cristo, nulla rimane più del pane e del vino che le sole specie, sotto le quali Cristo tutto intero è presente nella sua fisica "realtà" anche corporalmente, sebbene non allo stesso modo con cui i corpi sono nel luogo.
Per questo i padri ebbero gran cura di avvertire i fedeli che nel considerare questo augustissimo sacramento non si affidassero ai sensi, che rilevano le proprietà del pane e del vino, ma alle parole di Cristo, che hanno la forza di mutare, trasformare, "transelementare" il pane e il vino nel corpo e nel sangue di lui; invero, come spesso dicono i padri, la virtù che opera questo prodigio è la medesima virtù di Dio onnipotente, che al principio del tempo ha creato dal nulla l'universo. "Istruito in queste cose e munito di robustissima fede, dice s. Cirillo di Gerusalemme concludendo il discorso intorno ai misteri della fede, per cui quello che sembra pane, pane non è, nonostante la sensazione del gusto, ma è il corpo di Cristo; e quel che sembra vino, vino non è, a dispetto del gusto, ma è il sangue di Cristo...

 


LA PRESENZA DI CRISTO
NELL'EUCARESTIA
In una catechesi dei primi cristiani leggiamo: «Non pren­dere il pane e il vino eucaristici come elementi materiali e comuni. La Parola del Signore ci assicura che essi sono il suo corpo ed il suo sangue, e se anche i sensi ti suggerisco­no diversamente, ricorda che la fede ti insegna con certez­za la verità. Non giudicare con il palato, ma abbraccia la fede che ti assicura della degnazione di Cristo di donarti il suo corpo ed il suo sangue» (Cirillo di Gerusalemme, Catechesi mistagogiche 4,6; trad. it. Siena 1943). E san­t'Ambrogio si rivolge così ai neobattezzati: «Prima della consacrazione non era presente il corpo di Cristo, ma dopo la consacrazione, ve l'assicuro, oramai è il corpo di Cristo» (Sui sacramenti 4,16).
Cristo è presente alla Chiesa in molti modi, ma nell'Eucarestia la sua presenza è unica (CCC 1373). Nelle sue prediche e catechesi il Curato d'Ars si rivolgeva sem­pre al tabernacolo dicendo: «Lui è qui» Meglio di tutti i tentativi della teologia questa breve confessione di fede spie­ga ciò che vi è di speciale in questa presenza del Signore. Il Concilio di Trento dice che egli è presente «veramente, real­mente, sostanzialmente» (CCC 1374). Cristo è presente con corpo e sangue, divinità e umanità, con il suo sacrificio, la sua morte e resurrezione. L'Eucarestia è egli stesso vera­mente, non una parte, non un mero simbolo della sua pre­senza: egli stesso, non nella sua sembianza terrena, ma sotto le specie di «pane e vino», in «forma sacramentale», cioè nascosto ai sensi e tuttavia efficace e vero. Questa maniera della sua presenza «non si può apprendere coi sensi, ma con la sola fede» (san Tommaso d'Aquino; CCC 1381).
Solo nella fede comprendiamo l'evento tramite il quale Cristo realizza la sua presenza eucaristica, cioè la mutazio­ne del pane e del vino nel suo corpo e nel suo sangue. Come la presenza sacramentale di Cristo è unica, così è unica anche questa mutazione. Tutte le mutazioni accessibili alla nostra osservazione cambiano qualcosa di esistente: il metal­lo diventa incandescente, l'acqua gela, un artista dà forma ad una materia, gli uomini cambiano e tuttavia rimangono essi stessi. Qui si tratta di qualcosa di diverso: il pane e il vino non cambiano la loro forma, il loro gusto, le loro pro­prietà. Cambia la loro «sostanza»: «Questo è il mio corpo... questo è il mio sangue». Sotto le forme permanenti Cristo stesso si rende presente. I Padri paragonano questo avve­nimento alla creazione «dal nulla» (CCC 1373; 298): solo la potenza di Dio poteva realizzare ciò. La Parola di Cristo, annunciata dal sacerdote, opera quello che nessuna poten­za umana è capace di fare: «lo Spirito Santo irrompe e rea­lizza ciò che supera ogni parola e ogni pensiero» (san Giovanni Damasceno; CCC 1106).
Ci inginocchiamo davanti al tabernacolo, dopo l'eleva­zione, prima della Comunione: questi gesti sono giustificati solo se esprimono la consapevolezza che egli «è qui», tra di noi, nell'umile forma del pane spezzato.
325. Dopo la consacrazione che cos'é l'ostia?
Dopo la consacrazione l'ostia è il vero Corpo del Nostro Signor Gesù Cristo sotto le apparenze del pane.
326. Nel calice prima della consacrazione che cosa si contiene?
Nel calice prima della consacrazione si contiene vino con alcune gocce d'acqua.
327. Dopo la consacrazione che c'é nel calice?
Nel calice dopo la consacrazione c'é il vero Sangue del Nostro Signor Gesù Cristo sotto le apparenze del vino.
328. Quando diventano Corpo e Sangue di Gesù il pane e il vino?
Il pane e il vino diventano Corpo e Sangue di Gesù al momento della consacrazione.
329. Dopo la consacrazione non c'é più niente del pane e del vino?
Dopo la consacrazione non c'è più ne pane ne vino, ma ne restano solamente le specie o apparenze, senza la sostanza.
330. Che cosa sono le specie o apparenze?
Le specie o apparenze sono tutto ciò che cade sotto i sensi, come la figura, il colore, l'odore, il sapore del pane e del vino.
331. Sotto le apparenze del pane c'é solo il Corpo di Gesù Cristo, e sotto quelle del vino c'é solo il suo Sangue?
No, sotto le apparenze del pane c'é tutto Gesù Cristo, in Corpo, Sangue, Anima e Divinità; e così sotto quelle del vino.


obiezione
Tradizionalmente la parola che spiegava la presenza reale di Cristo nell'Eucarestia era "transustanziazione": gli "accidenti" (o "apparenze": colore, sapore…) del pane/vino restano intatti, ma cambia la "sostanza" dell'essere pane/vino che diventa la "sostanza" dell'essere carne/sangue. Noi oggi sappiamo che la materia non è fatta da accidenti e da sostanza, ma da atomi e da molecole; sappiamo anche che il pane non è una sostanza semplice, ma un miscuglio eterogeneo di tante sostanze: acqua, carboidrati, sali, proteine… La presenza di Cristo non si realizza nel mutamento della materialità dei legami chimici che costituiscono il pane, ma nella novità della relazione che quel pane stabilisce con noi. Quale novità?
(1)Il pane eucaristico è "memoriale" della cena del Signore. Non solo memoria, cioè riandare al passato, ma è rendere presente il passato. La Messa stabilisce una comunione tra noi e il Signore. È l'esperienza di una persona viva nel gesto del pasto!
(2)Il pane eucaristico è rinnovazione del "sacrifico" di Cristo sulla croce. L'aspetto centrale della croce non è il dolore, ma il dono. Il pane viene dato e condiviso, come Cristo in croce si dona per amore e nell'amore indica la strada della salvezza.
(3)Il pane eucaristico è segno della "trasfigurazione" di ogni realtà, attraverso la fatica del bene (ad esempio, nel lavoro), in luogo di risurrezione, cioè di pace e di felicità per la natura e per l'umanità intera. Contemplando quel pane, il cristiano riscopre il senso del suo "essere nel mondo".

 

Se qualcuno dice che, nel sacrosanto sacramento dell'eucarestia, resta la sostanza del pane e del vino con il corpo e il sangue di Nostro Signore Gesù Cristo, e nega questa meravigliosa e unica conversione di tutta la sostanza del pane nel corpo e del vino nel sangue, la quale lascia sussistere soltanto le specie del pane e del vino, conversione che la Chiesa chiama in modo appropriato transustanziazione, su di lui anatema.

È già! Nostro Signore è realmente presente con il suo corpo e con il suo sangue sotto le apparenze del pane e del vino consacrati dal Sacerdote. Il pane e il vino, pur conservando, in termini aristotelici, i loro accidenti (cioè l'apparenza di pane e di vino) nella loro essenza, cioè nella loro sostanza mutano, cambiano in modo da essere non più pane e vino ma corpo, sangue, anima e divinità di Gesù Cristo. Questo è il massimo di comprensione razionale a cui giungiamo; il passo successivo è la grande luce abbagliante del mistero della fede, per cui noi crediamo in questa presenza sostanziale e non simbolica o rappresentativa.

Pertanto, dire che l'Ostia consacrata significa o rappresenta Gesù, anche laddove non lo si fa con intento ereticale ma solo per superficialità, costituisce sempre un grave errore in quanto l'espressione linguistica: "l'Ostia rappresenta o significa Gesù" non fa rilevare affatto che quel pane non è più pane ma Corpo di Cristo. Sant'Agostino avverte circa il linguaggio da utilizzare: "I filosofi, egli dice, parlano liberamente senza timore di offendere orecchi religiosi in cose molto difficili a capirsi. Noi invece dobbiamo parlare secondo una regola determinata, per evitare che la libertà di linguaggio ingeneri qualche opinione empia anche intorno al significato della parola". Teodoro di Mopsuestia (350 c.a-428), teologo della scuola antiochena, in questa materia testimone attendibile della fede della Chiesa, afferma: "Poiché il Signore non disse: questo è il simbolo del mio corpo e questo è il simbolo del mio sangue, ma: questo è il mio corpo e il mio sangue, ci ha insegnato a non considerare la natura della cosa presentata, ma che essa con l'azione di grazia si è tramutata in carne e sangue". E ancora Sant'Ambrogio richiama i suoi dicendo: "Persuadiamoci che questo non è ciò che la natura ha formato, ma ciò che la benedizione ha consacrato e che la forza della benedizione è maggiore della forza della natura, perché con la benedizione la stessa natura è mutata."


da http://digilander.libero.it/emava/sacramenti.htm#partegenerale

Il concetto di transustanziazione, mirabilmente spiegato, si trova in q. 75, a. 2 e q. 75, a. 4 (dove appare il termine). Dato che la presenza reale di Cristo non avviene per moto locale, non può avvenire che per conversione. E nulla può rimanere della sostanza precedente perché al sacramento si tributa culto di latria. Che poi non si tratti di "consostanziazione", come diceva Lutero, si prova facendo attenzione al fatto che nelle parole della consacrazione si dice "Questo è il mio corpo" non "Qui c'è il mio corpo". Con transustanziazione si intende che non è che muta la "forma" della sostanza pane, passando da forma del pane e a forma "corpo", ma sia la materia che la forma del pane e del vino vengono totalmente trasformate nella materia e nella forma "corpo e sangue di Cristo", per opera totalmente divina (poiché in tutte le trasformazioni naturali cambia la forma, ma non la materia: vapore, acqua, ghiaccio… etc.).

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07/06/2012 22:34
 
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B. S. Tommaso (III, qq. 73-83)
1. In generale (q. 73).
E' il sacramento dell'alimento spirituale (q. 73, a. 1).
Sacramentum tantum: pane e vino. Res: una è significata e contenuta nel sacramento, ed è Cristo stesso; l'altra è significata ma non contenuta nel sacramento ed è il Corpo mistico di Cristo, che da questo sacramento riceve la crescita e la conformazione al Suo capo (Cf soprattutto q. 80, a. 4), ossia la società dei santi. Res et sacramentum: il vero Corpo di Cristo immolato (si trova nella materia stessa del sacramento). Cf q. 73,a. 1, ad 2.
La figura dell'Agnello pasquale di Israele contiene la prefigurazione di tutti e tre: del sacramentum tantum in quanto veniva mangiato con i pani azzimi (la figura principale di esso, però, fu l'offerta di pane e vino di Melchisedek); della res in quanto protesse i figli di Israele dallo sterminatore (la figura principale di essa fu però la manna, che procurava ogni delizia); del sacramentum tantum in quanto veniva immolato (la figura principale di questo però era il sacrificio di espiazione nello Jom Kippùr). Cf q. 73, a. 6.
 A differenza di tutti gli altri sacramenti, che contengono la virtù santificatrice dello Spirito Santo, questo è un sacramento sacro in senso assoluto, perché la materia contiene non già una semplice virtù, ma Cristo stesso (q. 73, a. 1, ad 3) in Persona (q. 75, a. 1).
 Effetto del sacramento: unità del Corpo mistico (q. 73, a. 3).
 Come il Battesimo viene detto sacramento della fede, così l'Eucarestia viene detta sacramento della carità (q. 73, a. 3, ad 3).
 E' signum commemorativum in quanto sacrificio che ripresenta e commemora la Passione del Signore; è signum dimostrativum in quanto sinassi o comunione che realizza l'unità ecclesiale e l'unione del fedele con Cristo; è signum prognosticum in quanto prefigura la visione beatifica della Patria ed è pertanto viatico per potervi giungere ed Eucarestia al Padre (q. 73, a. 4).
2. La materia (q. 74).
ü Anche nelle specie (materia) sacramentali è espressa una simbologia molto forte. Anzitutto dalla separazione sacramentale del pane dal vino è significata la Passione di Cristo, che avvenne mediante la separazione del Sangue dal Corpo (signum commemorativum: sacrificio); inoltre gli uomini si nutrono, normalmente, di pane e di vino, il che significa che quei segni indicano la necessità di nutrire il proprio spirito con questo sacramento (signum dimostrativum: refezione spirituale); è poi significata l'unità della Chiesa che fluisce da molti fedeli, così come un solo pane si ottiene da molti chicchi ed il vino da molti grappoli; infine è significato il duplice effetto salvifico, sull'anima e sul corpo, di questo sacramento, poiché alla salvezza del corpo fa riferimento l'offerta del pane, mentre a quella dell'anima fa riferimento l'offerta del calice, e ciò perché il pane, come il corpo, nasce dalla terra mentre, come afferma il Levitico (17,14) "l'anima di ogni vivente sta nel sangue" (q. 74, a. 2).
3. La transustanziazione (q. 75).
ü Nel primo articolo si ha l'affermazione della presenza reale di Cristo in persona contro Berengario, spiegando e confutando l'errore di Berengario e cosa significa che la presenza di Cristo è reale e spirituale, cioè che il vero corpo di Cristo in persona è realmente presente ma non in modo fisico e corporeo (perché così è presente in Cielo): q. 75, a. 1, ad 1. In q. 75, a. 1, ad 3 l'Aquinate spiega che si tratta dello stesso Cristo presente in cielo, con l'unica differenza che occupa lo spazio in modo diverso da come lo occupano i corpi.
 Il concetto di transustanziazione, mirabilmente spiegato, si trova in q. 75, a. 2 e q. 75, a. 4 (dove appare il termine). Dato che la presenza reale di Cristo non avviene per moto locale, non può avvenire che per conversione. E nulla può rimanere della sostanza precedente perché al sacramento si tributa culto di latria. Che poi non si tratti di "consostanziazione", come diceva Lutero, si prova facendo attenzione al fatto che nelle parole della consacrazione si dice "Questo è il mio corpo" non "Qui c'è il mio corpo". Con transustanziazione si intende che non è che muta la "forma" della sostanza pane, passando da forma del pane e a forma "corpo", ma sia la materia che la forma del pane e del vino vengono totalmente trasformate nella materia e nella forma "corpo e sangue di Cristo", per opera totalmente divina (poiché in tutte le trasformazioni naturali cambia la forma, ma non la materia: vapore, acqua, ghiaccio… etc.).
4. La presenza reale (q. 76).
 Distinzione tra presenza in forza del sacramento e presenza per concomitanza naturale (art.1). Sotto il primo aspetto, sotto la specie del pane è presente il vero Corpo di Cristo, comprese le ossa, i tendini etc., mentre sotto la specie del vino è presente il vero Sangue di Cristo (ad 2). Sotto il secondo aspetto è presente tutto Cristo, in corpo, sangue, anima e divinità sotto ciascuna delle due specie, dal momento che sia il Corpo che il Sangue sono indissolubilmente uniti alla Seconda Persona della Santissima Trinità. La divinità infatti, non ha mai lasciato il Corpo di Cristo, neanche durante la sepoltura; e se, per ipotesi, si fosse celebrata una Messa il Sabato Santo, l'anima di Cristo non sarebbe stata presente nel Sacramento (ad 1)! Ecco perché la Chiesa non fa Messe il Venerdì Santo ed il Sabato Santo, ed ecco perché la divinità di Cristo è rimasta congiunta al Suo Corpo anche quando era un cadavere (cosa su cui San Tommaso insiste tanto a suo luogo). Inoltre se si fosse celebrata una Messa il Venerdì Santo, al Corpo non sarebbe stato unito, per concomitanza naturale, il Sangue (art.2). Il fondamento della presenza per concomitanza naturale è che due cose, quando sono realmente unite, non possono essere separate che dall'attività dell'intelletto. In ad 3 si spiega che la presenza reale del Corpo di Cristo non deriva dalla conversione delle dimensioni del pane in Corpo di Cristo, ma dalla conversione della sostanza pane in quella della sostanza Corpo. Ecco perché la presenza reale del Corpo di Cristo non è una presenza dimensionale secondo il modo della quantità. Ricapitolando: sotto le specie del pane è presente il Corpo di Cristo in forza del sacramento, mentre il Sangue, l'Anima e la Divinità (e le stesse dimensioni reali del Corpo di Cristo! Cf q. 76, aa. 3 e 4) sono presenti per concomitanza naturale; sotto le specie del vino è presente il Sangue di Cristo in forza del sacramento, mentre il Corpo, l'Anima e la Divinità sono presenti per concomitanza naturale (art. 2). Perché allora le due specie (dato che il "contenuto" di esse è identico)? Anzitutto perché la separazione del Corpo dal Sangue visibilizza il Sacrificio che si compie nella Messa e poi perché, in ordine agli effetti, il Corpo viene offerto per la salvezza del corpo, mentre il Sangue per la salvezza dell'anima (art. 2 ad 1).
 La presenza di Cristo tutto intero in ogni particella del pane e del vino (art. 3) è una conseguenza immediata e diretta del fatto che la presenza in forza del sacramento non è una presenza secondo il modo delle dimensioni, ma secondo il modo della sostanza a cui accedono, per concomitanza, le dimensioni (art. 4), il Sangue etc. Cf il magnifico esempio che l'Angelico fa in a. 4 ad 1, partendo dall'occhio umano. Se vede una pastarella, vede i suoi colori e le sue dimensioni, non il suo sapore. Eppure il sapore è percepito dall'immaginazione e dalla memoria in concomitanza con la vista della pastarella. Così vale per la presenza sostanziale del Corpo di Cristo (per sé, o in forza del sacramento) e delle dimensioni reali del Suo Corpo, con tutti i suoi accidenti (per accidens o per concomitanza naturale).
 Gli angeli, i santi ed i beati, cioè le intelligenze superiori vedono la presenza reale di Cristo nel sacramento così com'è, attraverso la partecipazione alla luce dell'intelletto divino, cioè alla luce dell'essenza divina che contemplano (perché la presenza reale non può essere scrutata da nessuna intelligenza creata). Gli uomini la vedono solo per mezzo della fede ed anche i demoni, non avendo la visione beatifica, vedono la presenza reale di Cristo vinti dall'evidenza della fede (art. 7).
5. La permanenza degli accidenti (q. 76).
 Gli accidenti rimangono senza soggetto per un miracolo della virtù divina: loro soggetto, infatti, non è né la sostanza del pane e del vino (che non esiste più), né la sostanza del Corpo e del Sangue di Cristo a cui non possono inerire quegli accidenti (art. 1). L'accidente della quantità (o dimensionale, come è evidente dal fatto che le specie occupano una superficie materiale) fa da soggetto a tutti gli altri accidenti, specie quelli della qualità: colore, sapore etc. (art. 2). In altre parole l'essere della sostanza pane si "trasferisce" agli accidenti del pane. Dal che ne consegue che l'ostia consacrata può agire sui sensi, per esempio mediante il gusto, e può corrompersi mediante polverizzazione ed in ogni caso in cui intervenga un cambiamento così profondo che avrebbe corrotto la sostanza del pane o del vino (artt. 3-4). Si può parlare di "pane" (parlando dell'Eucarestia) in due sensi: o intendendo con ciò le specie (che mantengono il nome della sostanza precedente) oppure dando a pane il senso mistico di "pane vivo disceso dal cielo" (art. 6, ad 1).
 La frazione del pane (che ricade solo sulla quantità) è simbolo della Passione di Cristo (art. 7).

[Modificato da Coordin. 10/06/2012 12:05]
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Che cosa ha fatto dunque Gesù Cristo? Ha separato, per l'Eucarestia, l'ordine della sostanza dall'ordine della quantità. Nell'ordine cosmico nostro nessuno mai, che si sappia, neppure per miracolo, ha separato la sostanza dalla quantità, l'ordine della sostanza dall'ordine della quantità. Ciò che si converte nel Corpo e nel Sangue di N. S. Gesù Cristo è soltanto la sostanza del pane e del vino e non gli accidenti, non la quantità del pane e del vino.
Perché rimangono gli accidenti del pane e del vino? Per rendere un servizio. Che cos'è che rende presente, per esempio, questa tavola qui? Non è la sostanza della tavola: sarebbe indifferente allo spazio; è l'accidente di quantità, l'estensione.
Gli accidenti del pane e del vino, sostenuti direttamente da Dio e non più sostenuti dalla propria rispettiva sostanza, che non è rimasta perché è trasmutata, è transustanziata, fanno a Gesù Cristo il servizio che rendevano alla rispettiva sostanza del pane e del vino.
Con ogni consacrazione, con questa transustanziazione si offre a Gesù Cristo un altro complesso di accidenti che lo rendono presente, senza moltiplicare lui.
Come si comporta il mondo delle sostanze da solo, senza quantità? Si comporta rinnegando tutte quelle caratteristiche che sono proprie dell'ordine della quantità: la distanza, la moltiplicazione, la divisione, la passibilità di fronte agli agenti esterni che suppongono la superficie estesa per ricevere la passione. Ecco perché è lo stesso Gesù che è in cielo, lo stesso, non un duplicato, ecco perché è qui e in tutto il mondo. Quando si spezza l'Osta consacrata non si divide Cristo, un po' come un frammento di specchio riflette la luce come lo specchio intero.

Meraviglioso effetto dell'Eucarestia è la consacrazione dell'ambiente in cui noi viviamo. Nel tabernacolo c'è Gesù: questo mondo riceve dalla presenza di Cristo eucaristico una consacrazione generale universale.
Con la transustanziazione è mantenuto l'equilibrio cosmico: nel cosmo tutto è quantitativo e tutto avviene attraverso l'accidens quantitatis: la quantità del pane rimane; se ci fosse una diminuzione di quantità nel nostro cosmo, avremmo necessariamente, per azione e reazione, un contraccolpo che non si sarebbe mai più esaurito.
Una presenza, quella dell'Eucarestia, silenziosa e apparentemente modesta, ma divinamente dinamica, infinitamente irradiante ed attiva. Il sole è una piccola immagine di questo: tutto quello che verdeggia, che vive, vive perché il sole splende.
(Cf G. SIRI, Esercizi Spirituali, Bologna 1962).

vediamo ora cosa succede quando questo pane arriva sull'altare ed è consacrato dal sacerdote. La dottrina cattolica lo esprime con una parola: transustanziazione, con cui la Chiesa ha espresso la sua fede. Che cosa vuol dire transustanziazione? Vuol dire che al momento della consacrazione il pane cessa d'essere pane e diventa corpo di Cristo; la sostanza del pane, cioè, la sua realtà profonda che si percepisce, non con gli occhi, ma con la mente, cede il posto alla sostanza, o meglio alla persona, divina che è Cristo risorto e vivo, anche se le apparenze esterne (gli "accidenti") restano quelle del pane.
Per capire la transustanziazione, chiediamo aiuto ad una parola ad essa imparentata e che c'è più familiare, la parola trasformazione. Trasformazione significa passare da una forma ad un'altra, transustanziazione passare da una sostanza ad un'altra. Facciamo un esempio, vedendo una signora uscire dal parrucchiere con un'acconciatura tutta nuova, viene spontaneo a volte esclamare: "Che trasformazione!"; nessuno si sogna di esclamare: "Che transustanziazione!". Giustamente. Sono cambiati, infatti, la sua forma e l'aspetto esterno, ma non il suo essere profondo e la sua personalità. Se era intelligente prima, lo è ora; se non lo era prima, non lo è neppure ora. Sono cambiate le apparenze, non la sostanza.
Nell'Eucaristia avviene certamente il contrario: cambia la sostanza, ma non le apparenze. Il pane è transustanziato, ma non trasformato; le apparenze, infatti (forma, sapore, colore, peso), restano quelle di prima, mentre è cambiata la realtà profonda, è diventato corpo di Cristo. Si è realizzata la promessa di Gesù ascoltata all'inizio: "Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo".
Ecco come Paolo VI spiegava, con un linguaggio più vicino all'uomo d'oggi, ciò che avviene al momento della consacrazione: "Questo simbolo sacro della vita umana, che è il pane, volle scegliere Cristo per farne simbolo, ancor più sacro, di sé. Lo ha transustanziato, ma non gli ha tolto il suo potere espressivo, anzi, ha elevato questo potere espressivo ad un significato nuovo, ad un significato superiore, ad un significato mistico, religioso, divino. Ne ha fato scala per una ascensione che trascende il livello naturale. Come un suono diventa voce, e come la voce diventa parola, diventa pensiero, diventa verità; così il segno del pane è passato, dall'umile e pio essere suo, a significare un mistero; è diventato sacramento, ha acquistato il potere di dimostrare presente il corpo di Cristo" (Discorso tenuto nella festa del Corpus Domini del 1959).
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[Modificato da Coordin. 07/06/2012 22:46]
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07/06/2012 22:39
 
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La domanda, in sintesi era questa:
Cosa intende la Chiesa con i termini "SOSTANZA", "ACCIDENTI" e "SPECIE", e cosa avviene della materia che costituisce il pane e il vino dopo la consacrazione?

La risposta:

Il termine SOSTANZA e ACCIDENTI appartengono alla filosofia ancor prima che alla teologia. La filosofia ha spesso sostenuto che noi in realtà non conosciamo affatto le cose, ma solo come esse si presentano: la loro sostanza insomma ci sfugge. Delle cose conosciamo infatti solo ciò che i sensi ci dicono,ma i sensi sono solo qualcosa di soggettivo, limitato e imperfetto. Il termine MATERIA, che lei usa, appartiene invece più alla scienza, che alla fine riconduce agli atomi la conoscenza delle cose, anche se la fisica moderna (meccanica quantistica) ha di nuovo introdotto il principio di non conoscibilità perfetta delle particelle (principio di indeterminazione dei quanti).
In filosofia la sostanza è LA COSA IN SE', indipendentemente dalla mia conoscenza di essa o dalla mia limitata e imperfetta capacità di percezione, sia sensoriale che intellettiva.
GLI ACCIDENTI sono invece ciò che mi appare della materia, il suo aspetto cosi come i miei sensi percepiscono e la mia mente coglie.
Nella TRANSUSTANZIAZIONE, come dice il termine, vi è un mutamento totale della sostanza in altra sostanza: la cosa in sè non è più la sostanza del pane e del vino, anche se gli accidenti mi fanno ancora percepire pane e vino. E gli atomi, si chiederà lei? Se potessi con un microscopio osservare la struttura molecolare dell'ostia consacrata, non mi accorgerei di alcuna variazione, perchè anche questo tipo di osservazione riguarderebbe i sensi.
Solo nel caso dei MIRACOLI EUCARISTICI (circa 500 casi documentati in Italia) è possibile osservare parte della transustanziazione perchè anche gli accidenti sono stati modificati in quelli della carne e del sangue.
La Chiesa tuttavia sostiene che il miracolo eucaristico avviene sempre, ad ogni consacrazione, pur non essendo visibile.
Le SPECIE non sono altro che il genere di appartenenza degli "ingredienti" eucaristici, che sono appunto il pane e il vino.
Per il resto la rimando al Catechismo della Chiesa Cattolica.

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In parole più povere, la materia del pane e del vino, dopo la
consacrazione continua ad apparire esattamente come prima, ma del pane e
del vino non rimane nulla.
Cristo infatti è Signore di tutto e quindi anche della materia. E' ben in
grado di assumere la materia del pane rendondola materia per il suo Corpo
anche se la struttura molecolare di essa appare invariata . Cosicchè noi lo
percepiamo come pane ma non è più pane bensì completamente Corpo di
Cristo.

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10/06/2012 15:30
 
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MT.26.26 PRENDETE E MANGIATE QUESTO E’ IL MIO CORPO…E’ IL MIO SANGUE…

1COR.11.26 CHIUNQUE IN MODO INDEGNO MANGIA IL PANE O BEVE IL CALICE DEL SIGNORE, SARA’ REO DEL CORPO E DEL SANGUE…

1COR.10.16 IL CALICE…NON E’ FORSE COMUNIONE COL SANGUE DI CRISTO?…TUTTI PARTECIPIAMO INFATTI DELL’UNICO PANE.

1 COR.11,29 ….MANGIA E BEVE UN GIUDIZIO DI CONDANNA, SE NON DISCERNE IL CORPO DEL SIGNORE…PER QUESTO MOLTI SONO MALATI E MUOIONO…



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13/06/2012 08:44
 
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Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio». Dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.
Prendete, questo è il mio corpo. La parola iniziale è precisa e nitida come un ordine: prendete. Incalzante come una dichiarazione: nelle mani, nella bocca, nell'intimo tuo voglio stare, come pane.
Qui è il miracolo, il batticuore, lo scopo: prendete. Gesù non chiede ai discepoli di adorare, contemplare, pregare quel Pane, ma chiede come prima cosa di tendere le mani, di prendere, stringere, fare proprio il suo corpo che, come il pane che mangio, si fa cellula del mio corpo, respiro, gesto, pensiero. Si trasforma in me e mi trasforma a sua somiglianza.
In quella invocazione «prendete» si esprime tutto il bisogno di Gesù Cristo di entrare in una comunione senza ostacoli, senza paure, senza secondi fini. Dio in me: il mio cuore lo assorbe, lui assorbe il mio cuore, e diventiamo una cosa sola. Lo esprime con una formula felice san Leone Magno: la nostra partecipazione al corpo e al sangue di Cristo non tende ad altro che a trasformarci in quello che riceviamo.
E allora capiamo che Dio non è venuto nel mondo con il solo obiettivo di togliere i nostri peccati, visione riduttiva, sia di Dio che dell'uomo.
Il suo progetto è molto più grande, più alto, più potente: portare cielo nella terra, Dio nell'uomo, vita immensa in questa vita piccola. Molto più del perdono dei peccati è venuto a dare: è venuto a dare se stesso.
Come uno sposo che si dà alla sposa. Siamo abituati a pensare Dio come Padre, portatore di quell'amore che ci è necessario per nascere; ma Dio è anche madre, che nutre di sé, del suo corpo i suoi figli. Ed è anche sposo, amore libero che cerca corrispondenza, che ci rende suoi partners, simili a lui.
Dice Gesù nel vangelo: i miei discepoli non digiunano finché lo sposo è con loro. E l'incontro con lui è come per gli amanti del Cantico: dono e giubilo, intensità e tenerezza, fecondità e fedeltà.
Nel suo corpo Gesù ci da tutta la sua storia, di come amava, come piangeva, come gioiva, ciò che lo univa agli altri: parola, sguardo, gesto, ascolto, cuore.
Prendete questo corpo, vuol dire: fate vostro questo mio modo di stare nel mondo, anche voi braccia aperte inviate alla terra.
Perché il corpo di Cristo non sta solo nell'Eucaristia, Dio si è vestito d'umanità, al punto che l'umanità intera è la carne di Dio: quello che avete fatto a uno di questi l'avete fatto a me. Il Corpo di Cristo è sull'altare dell'Eucaristia, il corpo di Cristo è sull'altare del fratello, dei poveri, piccoli, forestieri, ammalati, anziani, disabili, le persone sole, quelle colpite dal terremoto di questi giorni.
Che possiamo tutti diventare ciò che riceviamo: Corpo di Cristo. E sarà l'inizio di un umile e magnifico viaggio verso lo Sposo si è fatto sposo dell'ultimo fratello.
(Letture: Esodo 24,3-8; Salmo 115; Ebrei 9, 11-15; Marco 14,12-16.22-26)
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24/10/2016 16:00
 
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“In uno dei quaderni del diario tenuto durante la prima persecuzione subita a opera di uomini di Chiesa, che dubitavano della buona fede di Padre Pio, tra la fine degli anni ’20 e l’inizio degli anni ’30, il frate di Pietrelcina chiede a Gesù stesso che cosa sia la Messa.
Una pagina pubblicata da Francobaldo Chiocci e Luciano Cirri in Padre Pio, storia di una vittima su cui dovrebbero riflettere tutti:

«Pensate che il sacerdote che mi chiama tra le Sue mani ha un potere che neanche a Mia Madre concessi; riflettete che se, invece di un sacrestano, servissero il sacerdote i più eccelsi serafini, non sarebbero abbastanza degni di stargli vicino. […] E degno allora starsene alla Messa pensando altro che a Me?

[…] Considerate l’Altare non per quello che lo hanno fatto gli uomini, ma per quello che vale, dato dalla Mia presenza mistica, ma reale. […] Guardate l’Ostia, vedrete Me umiliato per voi; guardate il Calice in cui il Mio Sangue ritorna sulla terra ricco com’è di ogni benedizione. Offritemi, offritemi al Padre, per questo Io torno tra voi. […] Se vi dicessero: “Andiamo in Palestina a conoscere i luoghi santi dove Gesù ha vissuto e dove è morto”, il vostro cuore sussulterebbe, è vero? Eppure l’Altare sul quale Io scendo ora è più della Palestina, perché da questa me ne sono partito venti secoli fa e sull’altare Io ritorno tutti i giorni vivo, vero, reale, sebbene nascosto, ma sono Io, proprio Io che palpito tra le mani del Mio ministro, Io torno a voi, non simbolicamente, oh no, bensì veramente; ve lo dico ancora; veramente […]. Getsemani, Calvario, Altare! Tre luoghi di cui l’ultimo, l’Altare, è la somma del primo e del secondo; sono tre luoghi, ma uno soltanto è Colui che vi troverete.

[…] Portate i vostri cuori sul corporale santo che sorregge il Mio Corpo; tuffatevi in quel Calice divino che contiene il Mio Sangue. È lì che l’Amore stringerà il Creatore, il Redentore, la vostra Vittima ai vostri spiriti; è lì che celebrerete la gloria Mia nell’umiliazione infinita di Me stesso. Venite all’Altare, guardate Me, pensate intensamente a Me […]»”.

(da A. Gnocchi, M. Palmaro, L’ULTIMA MESSA DI P. PIO, pp. 73-74)


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