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OPERE CARNALI E FRUTTI SPIRITUALI

Ultimo Aggiornamento: 05/03/2012 21:41
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05/03/2012 21:41
 
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IL FRUTTO DELLO SPIRITO


C'è subito da notare che si parla di "frutto" e non di frutti. Il frutto è unico, è la capacità di camminare alla presenza di Dio, ma di volta in volta essa assume aspetti diversi: amore, pace, gioia, ecc.

Come aveva fatto nei versi precedenti per le opere della carne, ora Paolo prepara una lista di cose buone che sono frutto dello Spirito. Anche qui guardiamo a ciascuna parola.

Amore; La parola usata dal Nuovo Testamento è "Agape". Questa parola non è molto usata nel greco classico. In greco ci sono quattro parole diverse per tradurre l'italiano "Amore":

a) "Eros"; significa l'amore di un uomo per una ragazza; è un amore che ha in sé una forte passione. Nel NT Eros non è mai usato.

b) "Philia" è il caldo amore che noi proviamo per coloroc he ci sono più vicini o più cari; è una cosa del cuore. E' usata anche per descrivere interessi tipo musica, pittura ecc.

c) "Storge"; significa piuttosto affetto ed è usato specialmente per l'amore dei genitori e dei figli.

d) "Agape," il significato cristiano di questa parola è una benevolenza che non si può guadagnare o ripagare. Significa che nonostante tutti i difetti, le ingiustizie, le offese o le umiliazioni che un uomo può infleggerci, noi non cercheremo mai nient altro che il suo bene. Pertanto esso è un sentimento sia della mente che del cuore; coinvolge sia le emozioni che la volontà. Descrive lo sforzo, che si può fare solo con l'aiuto di Dio, di ricercare solo ciò che è meglio per ciascuno, anche per coloro che ci fanno del male.

Gioia; la parola greca è "chara," e il più delle volte descrive quella gioia che ha una base nella religione (vedi ad esempio sal.30:11; Rom.14:17; Rom.15:13; Fil.1:4; Fil.1:25). E' una gioia che non viene dalle cose terrene, né tanto meno dal trionfare sopra qualcuno. E' una gioia che ha le sue fondamenta in Dio.

Pace; Nel greco dei tempi di Paolo, questa parola ("eirene") aveva due significati interessanti: Era usata per descrivere la serenità di una nazione che si trova sotto il dominio di un imperatore buono, giusto e benevolo. Era usata anche per descrivere l'ordine in una città o in un villaggio. Ogni villaggio aveva un ufficiale chiamato il sovrintendente all'"eirene", il custode della pace pubblica. Normalmente nel NT "eirene" traduce l'ebraico "Shalom" e significa non solo libertà da problemi, ma presenza di ogni cosa necessaria per raggiungere la condizione migliore di un uomo. Qui significa quella tranquillità di cuore che deriva dalla coscienza che la nostra vita è nelle mani di Dio. E' interessante notare che "chara" ed "eirene" diventarono nomi molto comuni nella Chiesa antica.

Pazienza "Makrothumia"; Questa è una parola molto forte. L'autore del 1 libro dei Maccabei (1Macc.8:4) dice che i Romani diventarono padroni del mondo grazie alla loro "makrothumia", cioè attraverso quella costanza che non avrebbe mai fatto pace con un nemico, neppure in caso di sconfitta; una sorta di pazienza conquistatrice. Normalmente parlando, questa parola non è usata riguardo alle cose o agli eventi della vita, ma riguardo alle persone. San Giovanni Crisostomo dice che essa è la grazia dell'uomo che avrebbe la possibilità di vendicarsi ma non lo fa, l'uomo che è "lento all'ira". E' Molto significativo il fatto che questa parola nel NT è usata per descrivere l'attitudine di Dio nei confronti dell'uomo (Rom.2:4; Rom.9:22; 1Tim.1:16; 1Pt.3:20). Se Dio fosse un uomo avrebbe annientato il mondo già da molto tempo; ma egli ha una pazienza che sopporta tutti i nostri errori e non ci abbandonerà mai. Nel nostro comportamento verso gli altri, dobbiamo riprodurre questa attitudine amorevole, paziente, misericordiosa che Dio ha nei nostri confronti.

Benevolenza e bontà; sono parole strettamente collegate. La parola che traduciamo con benevolenza è "chrestotes." Essa è spesso tradotta anche con bontà. Qualcuno la traduce anche con "dolcezza". E' una bellissima parola. Plutarco dice che essa è molto più ampia che la giustizia. Il vino vecchio è chiamato "chrestos," "amabile." Il giogo di Cristo è chiamato "chrestos," (Mt.11:30), cioè non dà fastidio, L'idea è quella di una bontà che è anche gentilezza. Invece la parola che Paolo usa per "bontà" ("agathosune") è tipica della bibbia e non la si trova nel greco profano (Rom.15:14; Ef.5:9; 2Tess.1:11). E' la parola più ampia per rendere la bontà. La si può definire "una virtù equipaggiata di ogni cosa necessaria". Qual è la differenza tra le due parole? "Agathosune" ha la possibilità e capacità di richiamare e rimproverare, "chrestotes" può solo aiutare. Trench dice che Gesù dimostrò "agathosune" quando ripulì il tempio da tutti i venditori che lo avevano trasformato in un mercato, ma mostrò "chrestotes" quando fu gentile con la peccatrice che gli aveva unto i piedi. Il cristiano ha bisogno di quella bontà che sa essere contemporaneamente gentile ma decisa.

Fedeltà; questa parola ("pistis") è comunemente usata nel greco classico per "degno di fiducia". E' caratteristica dell'uomo del quale ti puoi fidare.

Mitezza; "praotes" E' la parola più difficile da tradurre. Nel Nuovo Testamento ha tre significati principali. (a) Il mite è colui che è sottomesso alla volontà di Dio (Mt.5:5; Mt.11:29; Mt.21:5). (b) E' anche un soggetto a cui si può insegnare, che non è troppo orgoglioso per imparare (Gd. 1:21). (c) Il più delle volte significa "mansueto" (1Cor.4:21; 2Cor.10:1; Ef.4:2). Aristotele definisce "praotes" l'uomo che non è né troppo facile all'ira né completamente esente da essa, la qualità dell'uomo che è sempre arrabbiato al momento giusto e mai al momento sbagliato. Una cosa che può rendere ancor più il senso è sapere che l'aggettivo "praus" è usato per un animale che viene domato e tenuto sotto controllo; quindi la parola parla di quel controllo di sé che solo Cristo può darci.

Dominio di sé; la parola è "egkrateia" e Platone la usa per indicare la padronanza di sé. E' lo spirito forte che ha messo sotto controllo i suoi desideri e la sua ricerca di piacere. E' usato per la disciplina che l'atleta impone al suo corpo (1Cor.9:25) ed è usato anche per il controllo che il Cristiano ha della sessualità (1Cor.7:9). Il greco profano usa questa parola per parlare dell'Imperatore capace di far sì che i propri interessi personali non influenzino le sue decisioni a favore del popolo. E' la virtù per la quale un uomo diventa così padrone di se stesso da essere pronto a diventare servo degli altri.

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Questa è la vita: che conoscano Te, solo vero Dio, e Colui che hai mandato, Gesù Cristo. Gv.17,3
 
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