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COMMENTO DELLA SECONDA LETTERA AI CORINTI

Ultimo Aggiornamento: 04/03/2012 22:30
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15/02/2012 21:36
 
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FRUTTI DELL’ELEMOSINA

[10]Colui che somministra il seme al seminatore e il pane per il nutrimento, somministrerà e moltiplicherà anche la vostra semente e farà crescere i frutti della vostra giustizia.
Paolo sa quanto è difficile liberare il cuore dal suo egoismo; sa quali forti timori lo assalgono quando è il momento di aprirsi all’amore e alla carità; sa quali paure afferrano i suoi pensieri perché si astenga dal fare un’opera di bene secondo la legge della misericordia e della carità.
Per questo si serve di tutti i principi di fede messi a sua disposizione dalla Rivelazione, letta alla luce attuale dello Spirito Santo, perché con ogni modo e sotto ogni possibile prospettiva, convinca i Corinzi, e in loro, tutti i discepoli di Gesù, che la carità non è privazione, ma ricchezza, non è spoliazione, ma vestimento, non è impoverimento, ma arricchimento.
L’elemosina presso Dio non è un dare, ma un ricevere. Si dona per ricevere e si riceve in misura della larghezza con la quale ci siamo prodigati a donare.
Chi dona è Dio. L’uomo non può essere autore di doni. Egli non possiede nulla, non ha niente e chi non ha niente neanche può donare.
Su questo bisogna che vi sia concordanza nei pensieri e nel cuore. L’uomo è colui che nasce nudo dal grembo della madre, la stessa vita gli è stata data in dono e con la vita ogni altra cosa, a iniziare dal latte materno che lo nutre e lo sostenta per farlo crescere.
Questa è la verità sull’uomo. Affermare altre verità è pura bugia, falsità, menzogna. È dire cose che l’esistenza smentisce e la storia contraddice.
Tutto è dono di Dio. Tutto è grazia. Paolo vuole che la fede nella Provvidenza di Dio sia il cuore, la mente, il sentimento del cristiano.
È certezza. Quando un suo figlio seminerà il dono di Dio e lo seminerà in un solo modo: facendo l’elemosina, egli farà crescere e abbondare questo seme in modo che nulla venga a mancarci a noi.
Anzi è proprio come avviene in un campo di grano. Il contadino, o l’agricoltore, si priva di una parte di semente per avere nuovi raccolti.
Così dicasi dell’elemosina. Essa è vera e propria seminagione nel campo di Dio. Il Signore vede che noi abbiamo seminato con larghezza, in abbondanza, vede il nostro buon cuore, la forza di privarci noi di qualcosa. Tutto quello che noi avremo dato, Lui lo moltiplicherà perché nulla venga a mancare a noi e perché possiamo ancora seminare altra semente e raccogliere in abbondanza altro seme.
Così la vita del cristiano diviene una semina e una raccolta; si semina per avere la raccolta, si raccoglie per poter seminare ancora e ancora opere di misericordia e di carità.
È questa la giustizia che Dio vuole da tutti i suoi figli. Vuole che diventino strumento sulla terra del suo amore e della sua misericordia; vuole prima però che diventino uomini di fede. Essi devono credere che dietro ogni loro opera di carità c’è il Signore, il quale non solo dona quanto noi abbiamo dato, ma anche moltiplica il nostro dono, perché noi possiamo abbondare di tutto e possiamo ancora seminare il bene perché ogni nostro fratello sperimenti l’amore di Dio attraverso la nostra misericordia e la nostra carità.
[11]Così sarete ricchi per ogni generosità, la quale poi farà salire a Dio l'inno di ringraziamento per mezzo nostro.
Ancora un altro principio di fede. La carità rende ricco il cristiano perché possa essere generoso in ogni momento della sua vita e servire i fratelli secondo l’abbondanza del dono di Dio.
Questo merita di essere evidenziato. Dio vuole aiutare i nostri fratelli. Vuole dare loro di che nutrirsi, di che sostentarsi, di che vivere dignitosamente la loro vita.
Vuole servirsi di noi e per questo ci fa ricchi, ci fa abbondare di ogni dono. Questa ricchezza materiale deve divenire per il cristiano uno strumento, un mezzo perché Dio ami attraverso di lui e così Dio ama nel cristiano e attraverso il cristiano, ma ama in un modo assai singolare. Potrebbe essere Lui a dare ogni cosa ai nostri fratelli, invece vuole che siamo noi.
Lui arricchisce noi, perché noi possiamo manifestare la sua ricchezza con generosità in ogni circostanza della vita.
Forse raramente si pensa a questo modo così divino di operare. Non ci si vede quasi mai strumenti di Dio, soprattutto non si riesce ad entrare in questa mentalità di fede e cioè: che il Signore arricchisce noi per essere noi ricchi di misericordia e di amore.
Soprattutto quasi sempre si ignora il principio che governa la carità di Dio e che è non solo un principio di amore, quanto anche di più stretta giustizia. Su questo abbiamo già detto con dovizie e in abbondanza.
Ora è il caso di cogliere secondo verità il concetto espresso in questo versetto, concetto che non è del tutto facile da accogliere, soprattutto da vivere e da aiutare gli altri a farlo vivere.
Dio vuole che l’uomo manifesti il suo amore con ricchezza, non vuole che i suoi figli si comportino con i loro fratelli con ristrettezza, pochezza, miseria e estrema povertà. Vuole che essi manifestino tutta la ricchezza di Dio attraverso le loro opere.
Per fare questo devono animarsi di tanta fede e soprattutto di tanto amore, devono liberarsi da ogni paura e credere fermissimamente che Dio dona a noi tutta l’abbondanza dei suoi doni, perché noi manifestiamo la sua grandezza che benedice a larghe mani coloro che confidano in Lui.
Un cristiano che non manifesta la magnificenza di Dio, la ricchezza di Dio, l’abbondanza di Dio, un cristiano che vive il rapporto con gli altri secondo la più nera delle povertà, è sicuramente un cristiano senza fede, senza carità, senza fiducia nel Signore.
Questo cristiano non sa che Dio è creatore dal nulla di tutte le cose e che Lui non ha bisogno della terra per far fruttificare le piante, né del cielo per la pioggia, né del sole per il calore. Le sue vie sono così misteriose che nessun uomo ha mai potuto percepirne il mistero.
Tuttavia una cosa è certa: la carità a favore dei poveri è una ricca seminagione, i frutti che si raccoglieranno saranno veramente tanti, molti. Questo ci insegna la nostra fede. La moltitudine dei frutti raccolti ci serve per seminare ancora nel campo di Dio le opere del suo amore.
L’opera di carità poi ottiene un altro frutto. Coloro che sono stati beneficati rendono gloria a Dio, lo benedicono, lo esaltano, lo lodano per tutti i giorni della loro vita. Sanno che Dio è vicino a loro e non cessano di invocarlo perché continui ad assisterli; continuano a lodarlo per ogni atto di amore che si riversa su di loro.
L’opera di misericordia produce così un doppio frutto: un frutto di abbondanza per noi che abbiamo seminato, un frutto di lode e di benedizione che si innalza verso il Signore dai cuori che sono stati beneficiati, che hanno potuto usufruire del nostro aiuto e della nostra compassione perché potessero aver qualcosa che permettesse loro di continuare a vivere e a sperare. Questa è la grandezza materiale e spirituale dell’opera di misericordia. Senza tacere che sarà proprio essa ad aprirci le porte del regno dei cieli al momento della nostra morte.
[12]Perché l'adempimento di questo servizio sacro non provvede soltanto alle necessità dei santi, ma ha anche maggior valore per i molti ringraziamenti a Dio.
Paolo ritorna sul concetto espresso nel versetto precedente.
L’opera di carità serve alle necessità dei santi. I santi sono i cristiani. Si è già detto perché i cristiani sono santi, possono essere chiamati santi, ma soprattutto perché devono essere santi.
Merita però una considerazione a parte la definizione della carità che si trova in questo versetto. Essa è detta servizio sacro. È servizio sacro come la predicazione, la celebrazione dei divini misteri.
D’altronde non dovrebbe esserci alcuna differenza tra la celebrazione della Santa Messa, o degli altri sacramenti e le opere di misericordia corporali e spirituali.
Il motivo è semplice, ma non sempre evidente per molti cuori. Cosa è la Santa Messa se non l’opera della carità di Cristo che diede tutto se stesso al Padre, seminando il suo corpo nella terra, perché fosse reso spirituale e glorioso dalla sua risurrezione?
Cosa sono gli altri sacramenti se non il dono di grazia e di Spirito Santo che l’atto di amore di Cristo Gesù ha conquistato per noi sulla croce?
Cosa è l’opera di carità se non una vera e propria privazione di ciò che abbiamo per darlo ai fratelli? Non deve essere per tutti l’opera di carità una piccola morte a noi stessi, alle nostre passioni, perché gli altri abbiano ciò che a noi non serve strettamente parlando?
La carità del cristiano deve raggiungere la perfezione di Cristo. Cosa che avviene non quando il cristiano da qualcosa di ciò che possiede ai poveri; questo è solo l’inizio dell’opera della carità. Questa raggiunge la sua perfezione quando il cristiano non solo dona le cose, ma anche e soprattutto l’intera sua vita. Così come ha fatto Cristo deve fare anche lui, altrimenti non è un buon imitatore del Maestro.
Ecco perché l’opera di carità viene chiamata: servizio sacro. Perché è veramente un dono di amore a Dio, dono delle cose e dell’intera vita, perché il Signore possa manifestare la sua misericordia verso ogni uomo.
Quando poi l’opera di misericordia compiuta si trasforma in un inno di ringraziamento e di benedizione per il Signore, essa ha raggiunto il suo scopo. È testimonianza d’amore verso i fratelli e attestazione di lode e di ringraziamento per il Signore nostro Dio.
È veramente una mentalità nuova che dobbiamo creare. Dobbiamo trasformare il cuore e la coscienza, la mente e lo spirito, i sentimenti e le riflessioni. Tutto deve essere cambiato in noi se vogliamo vivere come il Signore ci ha comandato, secondo l’esempio che lui ci ha lasciato e il suo esempio è assai eloquente: Egli ha dato tutto di sé, finanche il suo corpo e il suo sangue, perché noi potessimo entrare in comunione di vita.
In fondo, la carità altro non è che vera comunione di vita, vera partecipazione al mistero degli altri uomini, vera condivisione della loro sorte, autentica testimonianza dell’amore che Dio ha per loro, amore però che deve essere dato attraverso di noi.
Da questa comunione con gli uomini nasce e si innalza verso il Cielo la comunione con Dio e questa altro non è che ringraziamento, lode, benedizione.
[13]A causa della bella prova di questo servizio essi ringrazieranno Dio per la vostra obbedienza e accettazione del Vangelo di Cristo, e per la generosità della vostra comunione con loro e con tutti;
Ancora viene ribadito il tema del ringraziamento e della lode verso il Signore.
Qui la carità viene rivelata come obbedienza e accettazione del Vangelo di Cristo; viene manifestata come principio per un sano e retto ringraziamento al Signore; viene spiegata come allargamento della comunione, ma anche vita secondo il principio della comunione.
È obbedienza perché tutto il Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo è una vocazione all’amore ed è anche un comandamento di amore e per amore.
Obbedire a Cristo per Paolo significa amare; amare però non secondo gli uomini, ma secondo Dio e l’amore secondo Dio ha una sola realtà: la croce di Cristo, o il Crocifisso sulla croce.
Obbedire a Cristo vuol dire farsi vittima di amore per il mondo intero. È questa la vocazione del cristiano. Compiendo la sua vocazione egli obbedisce a Cristo Gesù. La nostra obbedienza è alla Parola del Vangelo e il Vangelo altro non è che la regola suprema che ci insegna come amare Dio e come amare il prossimo.
È accettazione del Vangelo di Cristo perché tutto il Vangelo altro non insegna che essere caritatevoli ed amare con lo stesso amore con il quale Cristo ci ha amato.
Un cristiano che dice di amare, di credere, di obbedire, di ascoltare la Parola di Gesù, il suo glorioso Vangelo, deve sapere che tutto questo si concretizza nell’opera di carità. Il Vangelo è carità, perché Dio è carità. Chi sta nel Vangelo deve stare nella carità e solo chi è nella carità è nel Vangelo.
Questa è l’essenza della nostra fede. Su questo è necessaria molta formazione, molta attenzione, tanta preoccupazione e sollecitudine al fine di aiutare tutti i cuori ad entrare nella sapienza della carità.
È allargamento della comunione perché l’opera di carità ci fa uscire da noi stessi, anzi ci conduce ad una morte lenta per amore dei fratelli, a consegnare loro tutta intera la nostra vita perché da questa consegna nasca la vera vita per loro, che non è soltanto vita materiale, ma soprattutto spirituale.
Un cristiano egoista è un non cristiano, anche se è stato battezzato, ha ricevuto e riceve gli altri sacramenti della fede.
È un non cristiano, perché lo Spirito del Signore lo ha conformato a Cristo Gesù, lo ha assimilato a Lui e lui è il dono dell’amore di Dio all’umanità; attraverso questo dono d’amore ha messo in comunione gli uomini con Dio e Dio con gli uomini e questo per opera dello Spirito Santo. Ha messo anche gli uomini in comunione tra di loro. È la sua una comunione di grazia, di verità, di esemplarità, nella carità.
Altra nota caratteristica della carità è la generosità. Una carità che non è generosa non è assolutamente carità. Anche questo va detto, ma soprattutto va osservato.
[14]e pregando per voi manifesteranno il loro affetto a causa della straordinaria grazia di Dio effusa sopra di voi.
Viene espresso ora un concetto che in qualche modo conosciamo già. Vale però la pena specificarlo ulteriormente a causa della verità superiore che esso contiene e manifesta.
Quando un uomo fa la carità e la fa con generosità, l’altro cosa pensa? Pensa che Dio abbia voluto benedire il suo benefattore, lo abbia voluto arricchire di ogni bene e di ogni benedizione celeste.
Nella preghiera che si innalza verso il cielo a causa di un’opera di carità si rivelano e si manifestano due misteri.
Il primo mistero è quello dell’affetto che viene accresciuto tra chi fa la carità e chi la riceve. Gli uni e gli altri sono legati da un sincero affetto, che permette che ogni qualvolta si ripresenti l’occasione, si risponda con la stessa larghezza di amore concreto.
C’è non solo un ringraziamento, ma anche un solo affetto. L’affetto è amore. All’amore che dona corrisponde l’affetto di chi riceve. L’affetto è manifestazione di amore. Poiché il povero non può dare nulla al ricco, se non la ricchezza del suo cuore, la ricchezza del cuore del povero dovrebbe essere la sua preghiera, la sua benedizione, il suo continuo ringraziamento a Dio perché ci è venuto incontro attraverso i nostri fratelli nella fede.
Il secondo mistero è la confessione di Dio che opera cose mirabili attraverso i suoi santi.
È Dio l’autore della carità. È Lui perché ha effuso sopra i loro benefattori l’abbondanza della sua grazia e dei suoi doni. Se Dio non li avesse arricchiti, loro avrebbero potuto fare poco o niente.
Questa verità viene confessata attraverso l’inno di ringraziamento che si innalza dal cuore del beneficiato e va diritto verso il Cielo, va incontro al Signore per lodarlo e benedirlo a causa della sua multiforme grazia con la quale li ha beneficati.
L’opera di carità diviene via attraverso la quale l’uomo si apre a Dio, via anche per mezzo della quale l’uomo viene visto nella sua dignità. È questa visione secondo la fede che si ha dell’uomo che incrementa tra gli stessi uomini la comunione, la solidarietà, la condivisione, l’aiuto vicendevole.
D’altronde Gesù non l’aveva forse detto nel Vangelo? “Vedano le vostre opere buone e glorifichino il Padre vostro celeste”.
Quando un uomo vede il bene che l’altro uomo gli fa, si avvicina a Dio, perché si apre all’uomo, si avvicina all’uomo, perché lo vede come un amico, un fratello, una persona cui vuole bene e glielo dimostra aiutandolo.
[15]Grazie a Dio per questo suo ineffabile dono!
Poiché la carità produce tutta questa ricchezza di grazia e di verità nel cuore dei fratelli e in più si trasforma in un inno di lode e di benedizione, altro non si può fare se non ringraziare Dio per questo ineffabile dono.
Come si può constatare Paolo riporta tutto in Dio, tutto conduce nella verità. La verità è una sola: ogni bene che l’uomo fa è dono dell’amore di Dio, un frutto della sua grazia in Dio.
Al dono di Dio l’uomo risponde con il rendimento di grazie, con la benedizione, con dare a Lui tutta la gloria. Niente è dall’uomo, tutto è di Dio. Dio sia benedetto, lodato e ringraziato per i secoli eterni.
Non tutti possono avere questo spirito di fede. Per possederlo bisogna essere illuminati dalla saggezza e sapienza dello Spirito Santo, occorre in noi quel sovrano suo consiglio che sa dirigere la nostra mente nei meandri oscuri della storia al fine di vedere l’opera di Dio in modo da poterlo ringraziare sempre.
Il fatto che l’uomo contemporaneo abbia perso questo spirito di saggezza e sapienza sta a indicarci come ci sia una grave caduta dalla trascendenza e tutto ormai si risolva nell’immanenza. Tutto è dall’uomo e tutto è per lui.
Questa visione immanentistica della vita non giova alla fede cristiana che è tutta trascendenza, confessione della misericordia di Dio che avvolge ogni cosa e della sua grazia che tutto rinnova.
La Chiesa deve mettere ogni impegno a educare i suoi figli a vedere in ogni cosa la multiforme grazia di Dio che interviene nella loro vita. Una volta vista la grazia, deve adoperarsi a trasformare questa visione di fede in un inno di lode, di benedizione, di glorificazione del nostro Dio e Signore.
Dall’impegno di ogni responsabile di pastorale, dalla sollecitudine per la verità che deve animare tutti i ministri della Parola, è possibile realizzare quest’opera di alta educazione ad una visione sempre secondo la fede. Ma i primi ad essere pervasi di questa visione soprannaturale delle cose devono essere proprio loro, quelli cioè che sono i formatori.
Da loro bisogna partire, da loro iniziare. Se la loro visione di fede è perfetta, potranno con facilità formare gli altri a possederla. Se loro invece per primi si lasciano conquistare da una visione terrena, antropologica di tutta la realtà, come potranno inculcare agli altri ciò che non è nel loro cuore, non esiste nella loro mente? Per questo è cosa buona, giusta e santa iniziare da loro. Saranno poi loro a iniziare la formazione dei cuori alla verità di Dio, di Cristo e dello Spirito Santo. Per loro tramite la verità si impossesserà dei cuori e delle menti e una nuova umanità nascerà sulla terra, nascerà l’umanità che vede se stessa in Dio e nel suo mistero di grazia e di verità, ma vedrà anche se stessa che si sarà trasformata in una voce corale che benedice, ringrazia, esalta, celebra il suo Signore per tutte le grazie che giorno per giorno le concede, lo celebra e lo loda perché tutto è grazia e tutto è un dono del suo amore misericordioso e santo.
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Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Quegli rispose: «E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?». At 8,30
 
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