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COMMENTO DELLA SECONDA LETTERA AI CORINTI

Ultimo Aggiornamento: 04/03/2012 22:30
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08/02/2012 22:44
 
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LO SPLENDORE DEL GLORIOSO VANGELO DI CRISTO

Un’abitazione da Dio. Paolo cammina incontro a Cristo, sa però che il sentiero, la via per raggiungere Cristo passa attraverso l’uomo. La via è l’evangelizzazione del mondo. Lui sa che questa vita terrena sarà disfatta. Dio sta preparando per tutti un’abitazione nuova nei cieli. Questa abitazione riguarderà il nostro corpo che risorgerà dalla terra tutto nuovo, spirituale, incorruttibile, glorioso. Sarà in tutto simile al corpo glorioso di Gesù Signore. Lui vorrebbe essere già come Cristo Gesù. È questo il sospiro della sua anima, è il desiderio del suo cuore. In lui c’è una sola volontà: essere al più presto con il Signore Gesù nella sua gloria. Paolo sa anche che presso il Signore bisogna andare da vestiti, non nudi, bisogna andare vestiti della Parola del Vangelo trasformata in vita, operata in ogni sua parte. Il Vangelo è ora la veste del cristiano e Cristo Gesù ci riconoscerà quando saremo al suo cospetto solo se saremo vestiti della sua Parola, solo se abbiamo trasformato ogni sua parola in nostra vita, in opera di obbedienza per la gloria del Padre suo. L’abitazione del cristiano è il regno dei cieli. È anche il suo nuovo corpo che egli indosserà nella risurrezione dei giusti e lo indosserà se sulla terra avrà indossato l’abito della Parola, la veste del Vangelo, in una obbedienza a tutta prova nei confronti del Padre nostro celeste.
Come sotto un peso. L’anima ora cammina verso il Signore, ma geme perché avverte il peso della concupiscenza e della superbia che gravano il suo corpo. Tuttavia il peso si può portare se in noi c’è il grande amore di Gesù Signore. Gesù stesso lo ha detto: “il mio peso è leggero, il mio giogo è soave. Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi ristorerò”. Si può vincere il peso del peccato che rallenta il cammino verso la realizzazione in noi della verità e quindi della libertà, se amiamo Cristo Gesù, se lo amiamo alla stessa maniera con la quale Gesù ama il Padre suo. Quello di Gesù è un amore così intenso, così grande, così universale che non ha esitato neanche per un istante a lasciarsi inchiodare sulla croce e ad offrire la vita per la redenzione dell’umanità. Se l’amore per Cristo crescerà ogni giorno in lui, sarà capace non solo di portare il peso, quanto anche di aiutare gli altri a portarlo, sapendo che solo vincendo il peccato, liberandosi dalla concupiscenza e dalla superbia sarà possibile camminare spediti verso Cristo Gesù, ma portando nel mondo il glorioso messaggio del Vangelo della salvezza.
La caparra dello Spirito Santo. Ora però siamo in esilio, siamo “lontano” dal Signore. La nostra patria è nei cieli, dobbiamo raggiungerla. Non la vediamo, sappiamo però che esiste. Lo sappiamo per fede. Essa è già nostra, il Signore ce l’ha concessa in eredità. Che sia già nostra lo attesta lo Spirito Santo, che il Signore ha dato ad ogni battezzato come caparra. La caparra, negli antichi negozi giuridici, era un pegno che si dava al proprietario della cosa, o della persona, ed era considerato come un contratto scritto, valevole da quel momento. In altri termini, nel momento in cui veniva data la caparra, la cosa, la persona diveniva proprietà di colui che aveva dato la caparra. Dio ha versato nei nostri cuori lo Spirito Santo. È lui la nostra caparra di vita eterna. Il regno dei cieli è già nostro, è già nostra proprietà, poiché il Signore ha pagato per noi la caparra, ha dato a noi stessi il suo Santo Spirito che deve avviarci verso il Paradiso, trasformandoci prima ad immagine di Gesù Signore, rendendoci in tutto simili a Lui, nella morte e nella vita, nell’obbedienza e nel sacrificio, nella verità e nell’amore, nella condivisione e nella solidarietà con il mondo intero. È questo il mistero della vita: la nostra eternità. È una eternità che l’uomo ha ricevuto in dono e che deve anche conquistarsi. Ha la caparra che gli attesta che essa sarà sicuramente sua, ma la caparra ha anche un’altra finalità, deve condurci nel Paradiso, trasformandoci ad immagine di Gesù Signore, creando in noi e portando a compimento l’uomo nuovo, fatto di verità e di carità, di saggezza e di intelligenza, fatto di tanta speranza che lui deve sviluppare e portare al massimo della fruttificazione. Dio diviene così punto di partenza, ma anche di arrivo.
Graditi al Signore. Entra nella vita eterna colui che alla fine, quando l’anima si presenterà al cospetto del Signore viene trovato gradito al Padre nostro celeste. Dio si compiace di una sola cosa: dell’immagine di Gesù realizzata in noi, della santità di Cristo operante in noi, della sua carità con la quale abbiamo costruito la nostra città terrena. Camminando verso il Signore, desiderosi di essere a lui graditi dobbiamo riscoprire il mistero del corpo. Esso si deve trasformare in uno strumento di amore, di verità, di giustizia, di solidarietà, di obbedienza a Dio. Si deve trasformare in sacrificio e in oblazione, per il servizio dell’obbedienza a Dio. Come Cristo Gesù trasformò il suo corpo in strumento di propiziazione per tutto il genere umano, così deve anche dirsi del cristiano. Anche lui deve trasformare il suo corpo in una continua offerta, perché tutta la parola di Cristo si riversi nel mondo, tutta la sua obbedienza trasformi il suo corpo, lo innalzi sulla croce, lo offra a Dio per la redenzione e la salvezza di Dio per ogni uomo.
Il tribunale di Cristo. Alla sera della vita ognuno dovrà presentarsi dinanzi al tribunale di Cristo Signore, per essere giudicato. Il cammino deve essere fatto nella fede, secondo la fede. Per fede si intende, anzi si deve intendere una cosa sola: fondare la nostra vita solo ed esclusivamente sulla Parola del Signore, sul Vangelo della salvezza. La Parola viene predicata, insegnata; nella Parola veniamo formati. Prendendo ogni Parola che è uscita dalla bocca di Cristo e mettendola in pratica noi ci facciamo interamente ad immagine di Cristo Gesù. Oggi, purtroppo, la fede di molti risulta sfasata. È un miscuglio di verità umane e di Parola del Signore. La Parola del Signore però non viene presa nella sua integrità, semplicità, non viene accolta nel cuore per essere vissuta. A volte serve solo per dare valore a quanto noi diciamo; serve per confermare l’assenza della stessa Parola che è nel nostro cuore, per dare man forte al pensiero dell’uomo. Questa non è vera fede, perché non è retta fede. Questa è una fede sfasata. A volte è una fede contro Cristo, ma è sempre una fede da rifondare interamente. Se non si cammina con una fede forte, limpida, chiara, evidente, a tutta prova di sincerità e di verità, giusta, l’altro se ne accorge e non ci segue più. Un uomo è disposto a seguire un altro uomo solo se nota che in lui c’è un principio forte di azione. Il nostro principio forte è la fede nella Parola del Signore. Nel momento in cui la nostra fede è forte, è visibile, a causa della parola che a poco a poco trasforma la nostra esistenza terrena, gli altri, vedendoci, sono anche disposti a seguire la Persona che noi seguiamo, perché vede che il nostro cammino è reale, buono, giusto, santo, ma soprattutto è un cammino senza ambiguità, fatto di sincerità e di verità e di autentica comunione tra tutti i pellegrini che camminano verso la stessa meta, il regno eterno di Dio.
Convincere gli uomini. Nel suo cammino verso Dio, passando attraverso la via degli uomini, Paolo ha un solo intendimento: convincere gli uomini ad abbracciare il Vangelo, spronarli ad accogliere la Parola di vita che la predicazione semina nel loro cuore, al fine di farla sbocciare perché maturi una quantità grande di opere di giustizia, opere di fede, opere cioè che sono la trasformazione della Parola in carità, compassione, misericordia per ogni uomo. Nessuna convinzione può penetrare in un cuore se colui che la opera non è trovato degno di credibilità, non è visto nella sua giustizia, lontano da ogni ambiguità, da ogni doppiezza ed ipocrisia, da ogni lievito di malvagità e di iniquità. Su questo dobbiamo essere noi convinti per primi. Con gli uomini non si può giocare. L’altro sente il fiuto della nostra incoerenza e ci respinge, non solo non si fa convincere da noi, neanche lascia che noi gli possiamo parlare. La coerenza, e solo la coerenza, fa sì che noi possiamo essere convincenti presso i nostri fratelli. Quando non si è coerenti dinanzi a Dio, gli uomini che sono creature di Dio, non prestano ascolto al nostro dire. Essi sono solo assetati di verità, la verità vogliono, la verità ascoltano, però dall’uomo di verità e di carità. D’altronde un uomo che non è un vero uomo di verità e di carità, non dice parole di verità, non compie opere di carità perché il suo cuore parlerà sempre dall’abbondanza che c’è in lui. Chi vive con il peccato nel cuore, con l’incoerenza della mente non potrà mai fare opera di convincimento al Vangelo, non può perché l’altro se ne accorge e lo rifiuta. L’uomo sa distinguere sempre la verità di Dio dalla falsità e dalla menzogna degli uomini. Sa sempre distinguere il profumo di Cristo dal tanfo di satana. Il nostro fallimento nel convincimento risiede proprio in questo: mentre cerchiamo di parlare del profumo di Cristo noi altro non facciamo che puzzare di falsità, di incoerenza, di ambiguità. L’altro sente il nostro odore di peccato e ci respinge. Noi siamo di Dio, non possiamo essere di chi non è di Dio. Questo spiega il fallimento di tutta la nostra pastorale. Mentre parliamo di Dio, altro non mostriamo che le opere di satana che dimorano in noi. Il fallimento di tutta la pastorale non è negli uomini che non vogliono, è in noi che non siamo: non siamo di Cristo, non siamo di Dio Padre, non siamo dello Spirito Santo, non siamo il profumo di Cristo nel mondo.
L’amore di Cristo ci spinge. San Paolo ha un solo progetto di vita, un solo programma culturale da realizzare. Egli sa per fede che Cristo è morto per i nostri peccati ed è risuscitato per la nostra giustificazione. La vita di Cristo fu una vita tutta spesa per noi. Noi siamo stati ricolmati del suo amore. Se il suo amore è stato un amore per, se noi siamo mossi e spinti dal suo amore, anche il nostro amore deve essere un amore per. La domanda è una sola: per chi deve essere il nostro amore? La risposta è una sola: tutto per Cristo. La nostra vita non ha altro scopo se non quello di essere vissuta per Cristo che è morto ed è risuscitato per noi. Ma che significa vivere una vita per Cristo? Significa impiegare ogni momento del nostro tempo, ogni attimo della nostra terrena esistenza, per compiere la missione di Cristo in noi, per consentire a Cristo che possa nuovamente morire per noi e per noi risorgere. La nostra vita deve essere data tutta a Cristo perché lui la trasformi in uno strumento di amore, la trasformi in suo corpo, di cui servirsi, per portare sulla terra tutta la verità e tutto l’amore del Padre. Può la nostra vita essere, divenire strumento perfetto di Cristo, può trasformarsi il nostro corpo in suo corpo, per nuovamente morire e risorgere per la salvezza dell’umanità intera? Certo che lo può. Ad una condizione: che ci lasciamo muovere dal suo Santo Spirito. Senza lo Spirito nessuno potrà mai donare il proprio corpo a Cristo, la propria vita perché continui fino alla fine del mondo la missione di verità e di carità che il Padre gli ha affidato e che lui deve compiere fino alla consumazione dei secoli, la deve compiere attraverso il nostro corpo, la nostra anima, il nostro spirito. È questa la missione del cristiano nel mondo ed è questa la forma e la via perché si possa realizzare alla stessa maniera che fu di Gesù Signore.
Non conoscere più nessuno secondo la carne. Per Paolo c’è un solo principio possibile di antropologia. Questo principio è Cristo Gesù. È il principio di ogni vera antropologia. Chi vuole conoscere l’uomo lo deve conoscere in Cristo. Cristo Gesù è l’Uomo nuovo, venuto sulla terra per fare nuovo l’uomo. Senza Cristo, l’uomo rimane nella sua vecchia natura, rimane sempre e solo figlio di Adamo. Quest’uomo vecchio viene governato dalla concupiscenza, dalla superbia della vita, dalla stoltezza e insipienza; viene governato dalla non sana e santa conoscenza del vero Dio e quindi manca in lui la nozione stessa del vero uomo. Prima Paolo conosceva gli uomini secondo la carne, secondo la loro discendenza di razza, di tribù, di lingua, di nazione; li conosceva secondo l’aspetto esteriore; ora invece vuole conoscere ogni uomo in Cristo. Chi vuole conoscere ogni uomo in Cristo deve prima di tutto sapere che ogni uomo è un chiamato alla salvezza, alla redenzione che si compie in Cristo Gesù. Deve quindi farsi missionario di Gesù. Come Gesù si è fatto missionario del Padre, così ogni discepolo di Gesù deve farsi missionario del suo Maestro e Signore; deve andare per terra e per mare a proclamare il Vangelo della salvezza. Inoltre, ed è questo il secondo principio della vera conoscenza secondo Cristo, chi vuole l’uomo nuovo deve farlo, alla stessa maniera di Cristo Gesù; deve farlo offrendo in Cristo, per Cristo e in Cristo, la sua vita in sacrificio, in olocausto, in obbedienza al Padre dei cieli, perché nel mondo si viva solo la Parola di Gesù Signore, che è Parola di Dio. Conoscere secondo Cristo significa far sì che ogni uomo diventi un solo corpo con Cristo, raggiunga la perfezione di Cristo, si immoli in Cristo per la redenzione del mondo.
Da Dio. Ogni uomo deve essere visto in Cristo. Vedendolo in Cristo, necessariamente lo si vede in Dio, nello Spirito Santo; lo si vede da Dio, per opera dello Spirito Santo. Chi è Dio per noi? Per noi Dio è la fonte della nostra riconciliazione, Cristo è il sacrificio della Riconciliazione, lo Spirito Santo colui che la attua nei cuori, in ogni uomo. La nostra riconciliazione ha pertanto una sua origine eterna. Essa scaturisce dal seno del Padre, in quell’istante eterno in cui Dio vide l’uomo da creare, lo vide peccatore, ribelle, disobbediente, vide Cristo e la sua incarnazione, vide lo strumento della riconciliazione. Tutto è dall’eternità, tutto però si compie nel tempo. Dall’eternità l’amore di Dio si riversa sull’umanità nell’atto della creazione, dall’eternità l’amore di Dio si riversa sull’umanità nell’atto della redenzione. Storicamente vi sono due atti, creazione e redenzione; eternamente vi è un solo atto in Dio che è simultaneamente di creazione e di redenzione, non essendoci in Dio alcuna conoscenza posteriore, storica, una conoscenza che nasce in Lui dallo svolgersi degli avvenimenti della storia. L’uomo è dall’eternità dell’amore di Dio, ma l’Amore eterno di Dio è Cristo Gesù. Quando Dio vide l’uomo da creare lo vide anche da redimere in Cristo Signore; vide Cristo Signore Redentore dell’uomo, vide il Verbo nella carne appeso alla croce, vide la volontà del Verbo e il suo sì eterno all’amore del Padre e per questo ha creato l’uomo non solo per Cristo, ma anche in vista di Cristo. Mistero sublime dell’Amore eterno del Padre ad immagine del quale ci ha creati e redenti, giustificati e anche salvati!
Redenzione per Cristo. Redenzione in Cristo. Redenzione con Cristo. Quando parliamo di Redenzione, generalmente la si vede come un atto compiuto da Cristo Gesù sull’altare della croce, realizzata in noi nel battesimo per opera dello Spirito Santo. Cristo è l’autore storico della riconciliazione dell’uomo con Dio. Poi è come se Cristo non fosse più necessario a noi. Dimentichiamo due altre verità essenziali: la Redenzione non è solo per Cristo, ma è anche in Cristo e con Cristo. È in Cristo perché si realizza e si compie in Lui, nel suo corpo; e con Cristo perché non c’è nessun attimo, nessun istante che noi possiamo camminare verso la fruttificazione della nostra redenzione, la santificazione e la beatitudine eterna nel cielo se non con Cristo. Il con però non deve essere inteso come una appartenenza esteriore, come un insieme, stare con Cristo, ma fuori di lui. Si sta con Cristo, ma in Lui; si è suo corpo e come suo corpo dobbiamo vivere, come suo corpo dobbiamo operare, come suo corpo dobbiamo morire, come suo corpo dobbiamo anche risuscitare. Come suo corpo dobbiamo compiere la missione che è del corpo di Cristo e nella stessa modalità del suo corpo dobbiamo portarla a compimento, morendo anche noi sulla croce, per risorgere con lui a novità di vita nell’ultimo giorno della storia. La redenzione per Cristo deve farsi redenzione in Cristo, una sola vita, una sola missione, una sola santità; la redenzione in Cristo deve farsi con Cristo, e qui il con diventa nella Chiesa, con la Chiesa, per la Chiesa.
Unico mistero: cristologico ed ecclesiologico. C’è un unico mistero che è insieme cristologico ed ecclesiologico. Chi dovesse vederla fuori di quest’unico mistero di salvezza, ha sicuramente un’idea errata della redenzione. Quella che lui professa non è sicuramente fede nell’unico mistero che è di Cristo e della Chiesa insieme. Sappiamo cosa significa redenzione per, con e in Cristo, dobbiamo anche imparare cosa significa redenzione per la Chiesa, con la Chiesa, nella Chiesa. Per la Chiesa significa che essa deve mettere tutta intera la sua vita attraverso la sua obbedienza a Dio e la missione evangelizzatrice, perché ogni figlio disperso venga portato nell’unico ovile del Signore. Nella Chiesa significa che ogni battezzato deve aderire esteriormente e interiormente, visibilmente e invisibilmente alla Chiesa. Deve essere membro della Chiesa, corpo della Chiesa, strumento della Chiesa per la salvezza del mondo. Con la Chiesa significa che c’è tutto il mistero di comunione che deve essere vissuto tra tutti i suoi membri e il mistero per Paolo consiste nello scambio dei doni, doni spirituali, doni materiali, doni del cielo e doni della terra. Quando una di queste tre modalità, che sono anche essenza e vita per la Chiesa, non viene vissuta, allora è il caso di pensare seriamente al fallimento della nostra appartenenza a Cristo. Non appartiene secondo verità a Cristo Gesù, chi non appartiene secondo verità alla Chiesa di Cristo Gesù. Non si può essere veritativamente per Cristo, con Cristo e in Cristo, se non si è veritativamente per la Chiesa, nella Chiesa, con la Chiesa.
La non imputazione delle colpe. La riconciliazione viene qui precisata come non imputazione delle nostre colpe. Questa imputazione concerne solo una parte dell’opera di Cristo Gesù. Questa parte si definisce come ritorno dell’uomo nella casa del Padre. Ma il ritorno non è come l’uscita dalla casa. Quando siamo usciti, siamo andati via da soli, siamo andati nella nostra semplice umanità, spogli però di ogni grazia, di ogni santità, immersi nella concupiscenza, sovraccarichi di superbia e di ogni stoltezza e insipienza. Il ritorno nella casa del Padre avviene in Cristo, con Cristo e per Cristo. Ritorniamo da corpo di Cristo, ritorniamo da figli nel Figlio, ritorniamo da eredi della vita eterna, ritorniamo con la caparra dello Spirito Santo che è stato versato su di noi, vi ritorniamo da esseri resi partecipi della divina natura. Questa è la nostra nuova condizione. Se da una parte la riconciliazione è la non imputazione delle nostre colpe, dall’altra essa si specifica e si definisce come creazione dell’uomo nuovo, come elevazione a dignità divina, come immersione nella grazia santificante, come tempio dello Spirito Santo, come dimora di Dio. Vi ritorniamo da essere cristificati, spiritualizzati, divinizzati. Questa è la nuova realtà dell’uomo, tutta da costruire, da edificare, da portare a compimento in noi, perché la riconciliazione termina il giorno della nostra risurrezione gloriosa, quando rivestiremo anche nel nostro corpo tutta la gloria che oggi splende nel corpo del Signore Gesù.
Dio si è dato a Cristo. Cristo si è consegnato nelle mani della Chiesa. Come il Padre ha consegnato tutto il suo amore a Cristo perché lo trasformasse in un frutto di amore per tutta l’umanità, così è di Cristo. Egli ha trasformato il suo amore in un frutto perenne di salvezza. Questo frutto lo ha consegnato alla Chiesa perché lo faccia a sua volta fruttificare e lo doni al mondo, al fine di ottenere la salvezza. Cristo è ora interamente nelle mani della Chiesa. La Chiesa in Cristo deve trasformarsi e divenire ogni giorno di più mistero di via, di vita, di verità. Come Cristo, la Chiesa deve dire al mondo intero: Io sono la via, la verità, la vita. Come Cristo è l’ambasciatore del Padre, così la Chiesa deve essere l’ambasciatrice di Cristo. Deve andare presso ogni uomo per annunziargli il lieto messaggio della salvezza, deve dargli il frutto dell’amore di Cristo, ma deve darglielo facendolo maturare come frutto di amore che sgorga dalla sua obbedienza a Dio, dal suo sacrificio, dalla sua immolazione a favore della salvezza di ogni uomo. Deve far sì che con grido accorato, con una predicazione che si fa supplica, inviti ogni uomo a lasciarsi riconciliare con Dio, in Cristo Gesù. È missione grande quella della Chiesa. È la missione di Cristo che deve continuare ancora, che deve raggiungere tutti gli uomini, di tutti i tempi; è la missione però che deve farsi allo stesso modo in cui la fece Cristo Signore. Cristo Signore vive in relazione al Padre. Il suo sì è un sì eterno al Padre, ma anche un sì storico totale, pieno, di morte di croce. Quello della Chiesa deve essere un sì pieno a Cristo, un sì totale che si fa dono della sua vita perché ogni altro uomo entri nella vita. Quello della Chiesa è il mistero di Cristo via, verità e vita che deve viversi pienamente nel suo seno, totalmente in ogni suo figlio, in modo che ogni uomo possa vedere Cristo Gesù a lui contemporaneo e sul Volto della Chiesa contemplare il Volto dell’amore infinito e sconfinato, eterno e crocifisso del suo Redentore. La vera natura della Chiesa è una sola; essa è giustizia di Dio sulla terra e nel cielo. È giustizia di Dio allo stesso modo che è Cristo Gesù: strumento attraverso cui la giustizia con la quale Dio ci rende giusti si compie in ogni uomo per la sua ministerialità, strumentalità, il suo sacrificio e la sua oblazione. Come Dio trattò da peccato, da sacrificio per il peccato, il suo Figlio unigenito, così deve trattare la Chiesa, deve costituirla, renderla sacrificio per il peccato, oblazione di santità, olocausto di amore per il mondo intero.
Invito senza verità. Verità senza invito. A tutta questa ricchezza di grazia e di verità, corrisponde un serio pericolo in molti cristiani: a volte c’è un invito a seguire Cristo, ma senza verità; a volte invece c’è una verità che viene annunziata, ma senza invito, senza quella supplica accorata che chiama ogni uomo a penitenza e a conversione. La missione della Chiesa si compie quando verità e invito rimangono insieme, sono l’unica forma della missione della Chiesa. Su questo bisogna oggi insistere tanto. Il pericolo oggi è assai latente, nascosto, quasi invisibile. Non ci si sta accorgendo infatti che sovente al nostro invito manca il dono della verità, manca il dono della vita, manca il dono della via. Questo ha però una sua origine. C’è un tradimento di Cristo operato dai suoi discepoli, c’è un distacco dalla fonte della vita per cui non solo non si dona la grazia e la verità, non si è nemmeno capaci di donarla. Il dono della grazia e della verità non è esteriore a noi, bensì interiore. Solo chi si trasforma in grazia e in verità, solo chi diviene in Cristo via, verità e vita, solo costui potrà invitare ogni uomo e dare la Verità, dare Cristo verità che salva la sua vita. Lo stesso ragionamento vale per l’altro pericolo: quello di dare la verità senza invito. Questa verità è anch’essa fuori dell’uomo; è una verità concettuale, è una verità metafisica. Neanche questa verità salva, neanche a questa verità si invita, perché colui che la dice, la dice, ma la pensa fuori di sé, non serve a lui, non servirà neanche agli altri. Il cristiano deve divenire figura visibile dell’invisibile Dio se vuole operare redenzione e salvezza attorno a sé. Lo potrà divenire ad una sola condizione: che si trasformi interiormente ed esteriormente ad immagine di Gesù, si faccia in tutto simile a Lui nell’amore, nella verità, nella fede, nell’obbedienza, nel sacrificio.
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Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?». Quegli rispose: «E come lo potrei, se nessuno mi istruisce?». At 8,30
 
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